Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 16 marzo 2014
Quale educazione per i nostri figli ?!
riflessioni del gruppo genitori
Introduzione
Il vangelo dice che Gesù “Cresceva in età, sapienza e grazia’.
Noi vorremmo che i nostri figli, e tutti i figli, crescessero in età, sapienza, e alla parola ‘grazia’ diamo il significato di libertà, serenità, autonomia, senso critico, creatività, equilibrio, complessità e molto altro. Vorremmo che crescessero capaci di relazionarsi con gli altri e di stare bene anche da soli. Capaci di trovare soluzioni già sperimentate da altri e di inventarne di proprie. Capaci di superare le frustrazioni e di contare sulle proprie risorse, capaci di chiedere aiuto quando ne hanno davvero bisogno. Capaci di sentire e dare nome ai sentimenti propri e degli altri. Capaci di rispetto di sé stessi e di ognuno.
Abbiamo però la percezione che il mondo degli adulti, dai genitori alla scuola, sia invece in difficoltà rispetto alle esigenze e ai bisogni dei ragazzi. E che gli adulti, carenti di autentica ‘autorevolezza’ spesso oscillino fra modi ‘autoritari’ e modi ‘permissivi’ creando una sorta di schizofrenia.
1.Letture dai Vangeli, dai poeti Gibran e Tognolini
Abbiamo scelto questi due brani del Vangelo perché affrontano il tema – fondamentale oggi nell’attuale rapporto ragazzi–adulti all’interno della scuola e non solo - della “credibilità” e dell’”autorevolezza” di chi assume ruoli di maestro.
Ci sembra che dal Vangelo emerga chiaro che la vera credibilità sta non nell’apparenza di titoli e onori, ma nella capacità di dare esempi concreti e di viverli in prima persona.
Essere credibili : In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. [..] Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato. [dal Vangelo di Matteo]
[…] si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». […] Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.
[dal Vangelo di Giovanni]
2. Abbiamo visto insieme il documentario “La education prohibida” e ve lo raccontiamo
La Educaziono Prohibida è un documentario realizzato dall’argentino German Doin Campos che racconta, anche attraverso una lunga serie di interviste a insegnati ed educatori, tutti i mali dell’istruzione pubblica per come è concepita e organizzata nei paesi occidentali.
Il documentario è stato prodotto in proprio dopo aver realizzato una raccolta fondi collettiva su internet che ha coinvolto circa 700 cofinanziatori e raccolto quasi 50.000 euro. Il documentario è stato poi reso disponibile sulla rete in forma totalmente gratuita.
“A tutti i bambini e i giovani che vogliono crescere in libertà”. Questa è la dedica del film che appare mentre la voce narrante inizia a raccontare il mito della caverna di Platone: gli uomini, legati all’interno di una caverna devono guardare tutto il giorno le ombre proiettate da alcune sagome che passano ciclicamente davanti a un focolare; tra questi, un individuo, più scaltro degli altri, riesce a liberarsi e scappa per osservare la realtà.
Campos usa il mito come incipit alla sua critica alla scuola pubblica. Una scuola che non tiene conto dei singoli individui, che uniforma le persone e le appiattisce con un obsoleto sistema di valutazione per ottenere un insegnamento vuoto, noioso e inutile.
La prima accusa è contro il sistema. Sistema di per sé incoerente perché da un lato afferma che l’essere umano va stimolato alla pace, alla felicità, alla cooperazione, all’uguaglianza, alla libertà e alla solidarietà mentre a scuola ciò che viene trasmesso è la competizione, la concorrenza, la discriminazione, l’individualismo, il materialismo e la violenza emozionale.
La colpa non è assegnata agli insegnanti ma al sistema scolastico. In tale sistema non esiste più l’insegnamento in base alle esigenze del ragazzo o in vista dell’apprendimento in sé. L’unica cosa importante è il programma. Un piano di studi scelto dal sistema. Un elenco di studi da seguire, completare e del quale va verificato il corretto apprendimento.
“Sembra un addestramento canino. Questa non è educazione” dichiara Carlos Wernicke della Fondazione Holismo. Tutti gli intervistati ribadiscono le medesime cose: ciò che manca alla gelida scuola occidentale è in primo luogo l’amore. Amore per gli studenti. Amore per l’istruzione. Ogni alunno ha un proprio metodo di apprendimento e in particolare i bambini apprendono molto di più attraverso l’esperienza. Se lasciati liberi di scoprire, provare, osservare e costruire, attraverso la propria creatività arrivano a livelli di apprendimento superiori a quelli di qualsivoglia adulto.
Il film poi fa una critica serrata al sistema che assegna un’etichetta di problematicità (‘Dislessia’, ‘iperattività’, ‘ansia’ etc) a quei ragazzi che non si adattano perfettamente o velocemente al sistema stesso: nella grande maggioranza dei casi questi ragazzi non segnalano una reale patologia ma la necessità di altri percorsi di apprendimento.
Il film continua mostrando a grandi linee l’evoluzione storica del sistema di istruzione:
nell’antichità ad Atene la scuola – per i pochi che vi accedevano – era basata sull’osservazione, sulla retorica e sul dialogo. D’altra parte a Sparta i bambini erano educati alla guerra attraverso violenze e pratiche di puro rigore.
L’istruzione è poi stata gestita dalla chiesa fino ad arrivare alla fine del ’700 quando in Prussia nasce un sistema scolastico con lo scopo di creare un popolo suddito e disciplinato che possa servire il regno e sia pronto a fare il buon soldato. Questo sistema si propagò rapidamente in ogni società occidentale sino ad arrivare ai giorni nostri.
A questo punto Carlos Calvo Munoz fa una curiosa ed efficace metafora: la scuola è la mappa, l’educazione è il terreno da cartografare. Il problema nasce quando non si crede più al terreno, a ciò che si vede e si tocca, ma diventa più importante la mappa. Il sistema che ci siamo costruiti e dentro al quale ci sentiamo sicuri.
Il film prosegue ribadendo queste tesi mentre sullo sfondo si sviluppa la storia di un gruppo di ragazzi all’ultimo anno di liceo che vogliono appendere manifesti e far circolare le notizie circa lo stato dell’educazione nel loro istituto e nel mondo. Chiedono una nuova scuola, dove i ragazzi abbiano maggior voce in capitolo e l’apprendimento non si fermi dietro al banco. All’inizio trovano delle resistenze ma poi alla fine riescono a coinvolgere i compagni e i professori riuscendo a far comprendere il loro punto di vista.
Il finale è aperto; Campos non indica una soluzione, non propone una alternativa concreta; ma probabilmente era proprio questo che voleva: lanciare una provocazione, attivare una discussione e lasciare aperte tante possibili soluzioni e percorsi.
Tante sono state le critiche fatte a Campos – di approssimazione, di schematismo, di mancata conoscenza o presentazione dei nuovi metodi di insegnamento presenti negli attuali sistemi di istruzione e di mancanza di una propria proposta concreta alternativa.
Ma molti sono stati anche gli apprezzamenti: hanno visto e scaricato il film da internet oltre 4 milioni di persone che sono venute a conoscenza del film attraverso un grandissimo ‘passaparola’, e certamente queste persone si staranno interrogando su questi temi come abbiamo fatto noi in questi giorni.
DSA- Disturbi Specifici di Apprendimento
Disgrafia, dislessia, discalculia e disortografia sono difficoltà di alcuni ragazzi nell’espressione scritta, nella lettura e nel fare i calcoli. Secondo una definizione scientifica, i Disturbi Specifici di Apprendimento, sono un problema diffuso tra bambini e ragazzi. Se non diagnosticati per tempo e in modo corretto, possono incidere pesantemente sul rendimento scolastico causando spesso abbandoni precoci. Per favorire un corretto approccio scolastico ai bambini con questi problemi, è stata approvata una legge specifica per differenziare i DSA dalle forme di handicap fisico: l’obiettivo è fare in modo che questi disturbi vengano diagnosticati in modo adeguato e che i ragazzi ricevano il giusto sostegno.
Che cosa dice la legge
La legge 170/10 ovvero –Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico- è nata come una evoluzione alla Legge Quadro sulla disabilità (104/92 destinata ai ragazzi con disabilità fisica) e se ne differenzia perché riguarda il diritto allo studio tutelato in modo diverso. Le norme sulla disabilità della legge 104/92 riguardano l’apprendimento da parte di studenti con Bisogni Educativi Speciali i quali presuppongono la stesura di un piano didattico individualizzato e l’affiancamento di un docente di sostegno. Nella nuova legge, prima di tutto vengono considerate disabilità la disgrafia, discalculia e dislessia, poi vengono indicate le finalità (interventi precoci, sensibilizzazioni delle famiglie e diritto all’inclusione scolastica), vengono formalizzate le certificazioni da parte delle ASL e indicate le attività formative per il personale docente. Viene stabilito inoltre come gli alunni con diagnosi DSA possano accedere a mezzi compensativi e dispensativi, come il computer e che possano disporre di tempi più lunghi per lo svolgimento delle prove.
La nostra esperienza
Una professoressa di Matilde in prima media, ad un colloquio, mi disse -“Ma lei è sicura che Matilde lo voglia?”- Questo è stato l’inizio del nostro “travaglio” per arrivare alla famigerata certificazione.
Fin dalle elementari per Matilde la scuola significa fatica, una grande fatica. Ha fatto enormi sforzi per arrivare a risultati “accettabili” e classificabili con l’indispensabile 6 in pagella. La bambina dai test previsti dal Ministero non rientrava nelle classificazioni nette di dislessia, discalculia o disgrafia, risultava “borderline”. Quindi non era previsto un Piano Didattico Personalizzato, lo sforzo andava fatto da lei e da noi genitori.
Arrivata alle medie, per Matilde l’impegno si fa più serio e a metà della seconda decidiamo di approfondire e ci rechiamo da uno psicologo specialista in problemi dell’apprendimento.
La diagnosi ancora una volta è “aspecifica”: Matilde non rientra in nessuna delle quattro specifiche problematiche tutelate per legge. Esiste però il “Disturbo Aspecifico” del quale parla ampliamente la dichiarazione dell’allora Ministro all’Istruzione Francesco Profumo, secondo la quale anche lei può ottenere una certificazione. La dichiarazione nelle parole è molto bella, se non a tratti utopistica: “Gli alunni con disabilità si trovano inseriti in un contesto sempre più variegato, dove la discriminazione tradizionale – alunni con disabilità/alunni senza – non rispecchia pienamente la complessa realtà delle nostre classi. Anzi è opportuno assumere un approccio decisamente educativo, per il quale l’identificazione degli alunni con disabilità non avviene sulla base della eventuale certificazione, che certamente mantiene utilità per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso tempo rischia di mantenerli in una cornice ristretta. […] E’ rilevante l’apporto del modello diagnostico internazionale dell’OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale. In questo senso ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici e sociali rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta. Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione e ciò anche mediante un approfondimento delle relative competenze degli insegnanti.”
Nella Dichiarazione si parla anche degli alunni con “Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività”, per i quali dovremmo aprire un un altro importante capitolo, e di alcune tipologie di disturbi, non esplicitati dalla legge 170/10 che danno diritto ad usufruire delle stesse misure previste per i DSA.
Tutte queste “classificazioni” ci fanno girare la testa e se Matilde abbia o meno ottenuto benefici dalla certificazione, ancora siamo a chiedercelo. Nel concreto, come conseguenza alla certificazione, Matilde dovrebbe ottenere dagli insegnanti un atteggiamento di rispetto delle sue caratteristiche, può usufruire di strumenti compensativi, come la calcolatrice, schemi preparati a casa, formule. Può essere dispensata dal fare tutti gli esercizi richiesti da un compito in classe, può essere valutata su quelli che riesce a fare e può usufruire di tempi maggiori. Il problema è che lei la maggior parte delle volte questi “mezzi compensativi o dispensativi” non vuole usarli. Si vergogna nei confronti dei compagni, teme di far loro un’ingiustizia e di essere agevolata..(..è sicura che Matilde lo voglia?).
L’esperienza che stiamo facendo ci pone tanti interrogativi. E’ giusto che le diverse caratteristiche dei bambini e dei ragazzi vengano classificate come “disturbi”? C’è qualcosa di diverso che si possa fare per affrontare dal dentro le sempre maggiori problematiche che si presentano? Possiamo solo individuare patologie a cui offrire una cura esterna o possiamo mettere in discussione il sistema scolastico più in profondità?
Qualche spunto di riflessione e letture
Gabriel Garcia Marquez per i 50 anni di MAFALDA di Quino ha scritto:
“In ogni suo libro, da anni, Quino ci sta dimostrando che i bambini sono i depositari della saggezza. Quello che è triste per il mondo è che man mano che crescono perdono l’uso della ragione, a scuola dimenticano ciò che sapevano alla nascita, si sposano senza amore, lavorano per denaro, si puliscono i denti, si tagliano le unghie e alla fine diventati adulti miserevoli non affogano in un bicchier d’acqua, ma in un piatto di minestra”.
Domenico Starnone in occasione della rappresentazione teatrale “La Scuola”tratto dal suo libro “Ex cattedra” ha detto : […] Non si può fare una scuola senza ottimi insegnanti. Non c’è generazione che non si consideri migliore di quella seguente. Eppure ogni mutazione antropologica dice che il mondo sta cambiando e che il buon maestro resta quello che sa fare dei suoi allievi non persone identiche a lui, ma diverse e migliori.
Al centenario dalla nascita di Marguerite Duras, esce in Italia per la prima volta il racconto “Ah Ernesto”, dove la scrittrice immagina la favola di Ernesto, un bambino che vuole distinguere tra sapere e conoscenza, che predilige l’esperienza diretta alla teoria sui banchi di scuola. La follia di Ernesto è voler disporre di una libertà strabordante, eccessiva, rivoluzionaria in un mondo totalmente assoggettato al consenso. E’ il suo rifiuto di ogni valore prestabilito, nella sua volontà di distruggere e sabotare il sapere per ritrovare l’innocenza universale.
“Ernesto va a scuola per la prima volta. Torna, va dritto da sua madre e dichiara:
-“Non tornerò più a scuola”-
-“Perché?”- dice la madre
-“Perché sì, a scuola mi insegnano cose che non so”-
I genitori di Ernesto si recano dal maestro insieme al figlio:
-“Rifiuti di istruirti, perchè?”- chiede il maestro
-”Perché non ne vale la pena..”-
-“Allora come saprai leggere, scrivere e contare, come saprai una qualsiasi cosa?
-“Io saprò”-
-“Si , ma come?”-
-“Oh…per forza di cose”-
Diritto all'educazione
Se mi insegni, io lo imparo
Se mi parli, mi è più chiaro
Se lo fai, mi entra in testa
Se con me tu impari, resta
Se mi insegni, io lo imparo
Se mi parli, mi è più chiaro
Se lo fai, mi entra in testa
Se con me tu impari, resta
[di Bruno Tognolini]
Il vero maestro non elargisce il suo sapere
ma piuttosto il suo amore e la sua fiducia
Allora un maestro disse: Parlaci dell'Insegnamento.
Ed egli disse:
Nessuno può rivelarvi se non quello che già cova semiaddormentato nell'albore della vostra conoscenza.
Il maestro che passeggia all'ombra del tempio, tra i seguaci, non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fiducia.
Se egli è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente.
L'astronomo può parlarvi di come intende lo spazio, ma non può darvi il vostro proprio intendimento.
Il musicista può cantarvi il ritmo che è dovunque nel mondo, ma non può darvi l'orecchio che ferma il ritmo, né la voce che gli fa eco.
E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi le ragioni dei pesi e delle misure, ma non può condurvi laggiù.
Perché la visione d'un uomo non può prestare le sue ali a un altro uomo.
E come ciascuno di voi sta da solo nella sapienza di Dio, così ciascuno di voi deve essere solo nel suo conoscere Dio e nel comprendere la terra.
[dal libro “Il profeta” di Gibran Kahlil]
Ed egli disse:
Nessuno può rivelarvi se non quello che già cova semiaddormentato nell'albore della vostra conoscenza.
Il maestro che passeggia all'ombra del tempio, tra i seguaci, non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fiducia.
Se egli è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente.
L'astronomo può parlarvi di come intende lo spazio, ma non può darvi il vostro proprio intendimento.
Il musicista può cantarvi il ritmo che è dovunque nel mondo, ma non può darvi l'orecchio che ferma il ritmo, né la voce che gli fa eco.
E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi le ragioni dei pesi e delle misure, ma non può condurvi laggiù.
Perché la visione d'un uomo non può prestare le sue ali a un altro uomo.
E come ciascuno di voi sta da solo nella sapienza di Dio, così ciascuno di voi deve essere solo nel suo conoscere Dio e nel comprendere la terra.
[dal libro “Il profeta” di Gibran Kahlil]
Questa terza maschile, per diversi motivi, è particolarmente difficile. Gli alunni sono spesso distratti, non si interessano alle lezioni che preparo scrupolosamente, “dimenticano” di far firmare ai genitori le osservazioni sul comportamento, “dimenticano” di acquistare i quaderni… In compenso tengono in classe una disciplina passiva che mi sgomenta : fermi come statue, coi cervelli inerti, spesso non restituiscono nemmeno il sorriso. Forse hanno paura di me, perché quando voglio conversare con loro nei momenti di ricreazione, esaurite le notiziole superficiali, si chiudono in un gelido silenzio che non riesco a rompere.
A volte, dalla finestra, li osservo quando escono sulla strada : oltrepassata la soglia è un libero volo, le bocche mute parlano e gridano: sono felici. Indubbiamente per questi ragazzi la scuola è un sacrificio; il loro comportamento lo dimostra. Ma quale è la causa ? E’ facile attribuirla alla scarsa volontà e al carattere dei ragazzi; e se fosse altrove, ad esempio nella organizzazione della scuola stessa ?
Tanto nella società come nella scuola credo che non ci possano essere che due modi di vivere : o la sottomissione a un capo non eletto, oppure un sistema in cui la libertà di ognuno sia rispettata, condizionata solo dalle necessità di tutti.
Il paternalismo nella società degli adulti come nella scuola non e che una forma insidiosa dell’autoritarismo che concede una finta libertà. Se la scuola non deve soltanto istruire ma anche e soprattutto educare, formando cioè il cittadino capace di inserirsi nella società col diritto di esporre le proprie idee e col dovere di ascoltare le opinioni degli altri, questa scuola fondata sull’autorità del maestro e la sottomissione dello scolaro non assolve al suo compito perché è staccata dalla vita.
Ma come cambiare le cose ? con quali mezzi ?
[Mario Lodi, C’è speranza se questo accade al Vho, 1963]
“… una prima serie di capitoli sarà dedicata alle tue “fonti educative” più immediate. Tu penserai subito a tuo padre, a tua madre, alla scuola e alla televisione. Invece non è così. Le tue fonti educative più immediate sono mute, materiali, oggettuali, inerti, puramente presenti. Eppure ti parlano. Hanno un loro linguaggio di cui tu, come i tuoi compagni, sei un ottimo decifratore. Parlo degli oggetti, delle cose, delle realtà fisiche che ti circondano. Il linguaggio delle cose, da cui tu hai ricevuto la tua prima educazione, non è una rottura di scatole, te l’assicuro.
Dopo la serie di capitoli dedicati al linguaggio pedagogico delle cose (o merci, o beni di consumo), dedicherò una lunga sezione del libro a parlarti dei tuoi compagni, che sono, sia ben chiaro, i tuoi veri educatori. Essi sono portatori, inconsapevoli e perciò tanto più prepotenti, di valori assolutamente nuovi, che solo tu e loro vivete. Noi – i vostri padri - ne siamo esclusi. Quei valori, anzi, sono intraducibili nel nostro linguaggio.
I tuoi compagni vivono esistenzialmente valori nuovi rispetto a quelli vissuti e codificati dagli adulti. E’ in ciò che consiste la loro forza. E’ attraverso quel qualcosa di nuovo che essi, con il loro modo di essere e di comportarsi, vanificano il conformismo pedagogico degli adulti e si impongono come i veri reciproci maestri. La loro novità non detta, e neanche pensata, ma solo vissuta, andando oltre il mondo degli adulti, lo contesta anche quando lo accetta totalmente. Tu sei schiacciato da questa novità ed è questa novità che costituisce il nucleo della tua ansia di apprendere. Essa non può esserti insegnata dagli adulti, e quindi tu, pur ascoltando gli adulti, pur mettendoci la tutta la buona volontà ad assimilare il sapere dei padri, in realtà hai una sola assillante avidità : quella di condividere con i tuoi compagni, apprendendola da loro ossessivamente ogni giorno, questa novità. Insomma, i tuoi compagni sono i depositari e i portatori di quei valori che sono gli unici che ti interessano.
Terza parte del nostro trattato saranno i due genitori: che sono i tuoi educatori ufficiali, se non ancora i tuoi diseducatori. Tuttavia, come vedremo, tra la loro intenzione pedagogica nei tuoi riguardi e la realizzazione di tale intenzione c’è un diaframma il cui spessore è immenso: si tratta del tuo rapporto di amore e di odio con essi.
Passeremo poi alla scuola, cioè a quell’insieme organizzativo e culturale che ti ha completamente diseducato, e ti pone qui davanti a me come un povero idiota, umiliato, anzi degradato, incapace a capire, chiuso in una morsa di meschinità mentale che, fra l’altro, ti angoscia. L’antiscuola (cioè la polemica contro la scuola) non è meno diseducativa. Essa ti impone un conformismo non meno degradante ed angosciante di quello della scuola.
Ti parlerò prima dei tuoi maestri elementari e poi dei tuoi professori: questi duplicati dei padri e delle madri, autori della tua diseducazione.
Proseguendo esamineremo la stampa e la televisione, questi spaventosi organi pedagogici privi di alcuna alternativa.
[…] La mia cultura mi pone in un atteggiamento critico rispetto alle “cose” moderne intese come segni linguistici. La tua cultura, invece, ti fa accettare quelle cose moderne come naturali, e ascoltare il loro insegnamento come assoluto. Io potrò cercare di scalfire, o almeno di mettere in dubbio, ciò che ti insegnano genitori, maestri, televisioni, giornali e soprattutto ragazzi tuoi coetanei. Ma sono assolutamente impotente contro ciò che ti hanno insegnato e ti insegnano le cose. Il loro linguaggio è inarticolato e assolutamente rigido: dunque inarticolato e rigido è lo spirito del tuo apprendimento e delle opinioni non verbali che in te, attraverso quell’apprendimento, si sono formate. Su questo siamo due estranei, che nulla può avvicinare.”
[Pier Paolo Pasolini, lettere luterane, 1975]
Una scuola grande come il mondo
C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri e professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.
Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così…
Si impara a parlare, a giocare,
a dormire, a svegliarsi,
a voler bene e perfino
ad arrabbiarsi.
Ci sono esami tutti i momenti,
ma non ci sono ripetenti:
nessuno può fermarsi a dieci anni,
a quindici, a venti,
e riposare un pochino.
Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa
è sempre più importante
di quel che si sa già.
Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
apri gli occhi e anche tu sarai promosso!
Gianni Rodari