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giovedì 30 settembre 2010

Tutela e uso del territorio


La proposta di legge regionale di iniziativa popolare sulle norme per il governo del territorio, promossa da Italia Nostra e da alcuni comitati di cittadini toscani, accomunati nella difesa del territorio, del paesaggio, dei centri storici, verrà illustrata da Mario Bencivenni nell'incontro che si terrà alle Baracche dell'Isolotto via Aceri 1, domenica prossima 3 ottobre alle ore 10,30.



 



Questa proposta di legge è ispirata ai principi enunciati dal gruppo di lavoro coordinato dall’urbanista Edoardo Salzano: «Il governo del territorio, qualunque sia lo specifico campo al quale si riferisce, deve essere esercitato ponendo come obbiettivo di ogni atto di conservazione e trasformazione, il benessere dei cittadini, il miglioramento delle condizioni di qualità, sicurezza, e fruibilità collettiva del territorio, dando priorità alla conservazione della natura, alla gestione prudente degli ecosistemi e delle risorse primarie, alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale, alla qualità degli spazi urbani, dell’architettura, delle infrastrutture. A tal fine gli obiettivi di conservazione, tutela e valorizzazione fanno parte irrinunciabile di ogni atto di governo suscettibile di incidere sulle condizioni dell’ambiente urbano, del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale».



                                                                                     La Comunità dell'Isolotto Firenze



PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE DI INIZIATIVA POPOLARE
Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1
(Norme per il governo del territorio)
_______________________________________________________________________



Relazione illustrativa



Questa proposta di revisione della L.R. n.1/2005 è avanzata dall’associazione ambientalista Italia Nostra e da alcuni comitati di cittadini toscani, accomunati nella difesa del territorio, del paesaggio, dei centri storici contro discutibili scelte urbanistiche, edilizie, infrastrutturali che hanno frequentemente vanificato, se non apertamente contraddetto, gli stessi principi generali affermati dalla legislazione regionale vigente.
Ci siamo concentrati su alcuni nodi da noi ritenuti particolarmente critici, proponendo modifiche che impediscano che nel passaggio dai livelli più generali alle specifiche applicazioni territoriali, si vanifichino e si contraddicano proprio i principi fondamentali della legge.
Il principale di questi nodi è l’attuale decentramento decisionale in materia urbanistica dalla Regione ai Comuni, una sorta di “devoluzione” che, mentre grava i Comuni di un eccesso di responsabilità e compiti, conferisce loro, nella realtà, un potere praticamente illimitato che, sempre più spesso viene condizionato dalle esigenze della speculazione immobiliare.
Il fatto poi che la legge vigente non preveda alcuna verifica di coerenza fra piani urbanistici a diversa scala territoriale ha consentito vere e proprie mostruosità urbanistiche (si vedano, ad esempio, i casi eclatanti di Monticchiello, di Fiesole e di Campi Bisenzio). Proprio per questo riteniamo che sia necessario introdurre nella legge la verifica della compatibilità urbanistica, cioè l’accertamento della coerenza della pianificazione comunale con i principi del Piano di indirizzo territoriale della Regione (PIT). Questa modifica non rintroduce affatto un principio di gerarchia tra gli enti né contraddice i principi che hanno portato alle modifiche al titolo V della Costituzione, cioè la necessità di attribuire una maggiore autonomia ai Comuni. Si tratta solo di mettere in atto una urbanistica che non sia schizofrenica ma nella quale, secondo il criterio della co-pianificazione, ciascun ente si assume le responsabilità che gli competono, secondo il proprio livello.
Altro nodo importante della legge vigente è rappresentato dalle modalità con le quali viene consentita la partecipazione dei cittadini alle scelte che si operano sul loro territorio, spesso caratterizzate da mancanza di trasparenza e da debolezza degli istituti preposti (Garante della partecipazione), nonché dal fatto che, in molti casi, le scelte che contano vengono generate da altri istituti (Accordi, Conferenze, Protocolli) che sfuggono a qualsiasi controllo da parte dei cittadini.
Mediante alcune proposte relative al Garante, abbiamo inteso rafforzare il ruolo della partecipazione, rendendo l’istituto più indipendente e collegiale e affermandone il carattere di “terzietà” rispetto ai portatori di interessi coinvolti.
Abbiamo infine affrontato il nodo della perequazione oggi intesa come prassi urbanistica che, facendo salvi comunque e dovunque i diritti edificatori di un proprietario, consente, quando non vi sia conformità al Piano, di trasferirli in altri parti del territorio prescelte in base a criteri non specificati. Anche con riferimento a una recente sentenza del TAR Lazio che stabilisce l’illegittimità di questa prassi, abbiamo proposto di consentire la perequazione solo all’interno di ambiti specifici già approvati dalla pianificazione urbanistica attuativa.
Questa proposta di revisione è ispirata ai principi enunciati nella proposta di legge presentata nel maggio 2006 dal gruppo di lavoro coordinato dall’urbanista Edoardo Salzano: «Il governo del territorio, qualunque sia lo specifico campo al quale si riferisce, viene esercitato ponendo come obbiettivo di ogni atto di conservazione e trasformazione, il benessere dei cittadini, il miglioramento delle condizioni di qualità, sicurezza, e fruibilità collettiva del territorio, dando priorità alla conservazione della natura, alla gestione prudente degli ecosistemi e delle risorse primarie, alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale, alla qualità degli spazi urbani, dell’architettura, delle infrastrutture. A tal fine gli obiettivi di conservazione, tutela e valorizzazione fanno parte irrinunciabile di ogni atto di governo suscettibile di incidere sulle condizioni dell’ambiente urbano, del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale».




PREAMBOLO



Visto l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
Visto l’articolo 4, comma 1, lettere l) e m), dello Statuto;
Vista la legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio);



Considerato quanto segue:
1. Che il primo quinquennio di applicazione della Legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1, ha evidenziato non solo rilevanti dubbi interpretativi e difformità attuative concernenti numerose disposizioni di importanza primaria, ma ha soprattutto fatto registrare effetti negativi nella qualità della pianificazione urbanistica e nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente;
2. Che i punti critici dell’attuale meccanismo sono da individuarsi nelle modalità in cui si è concretamente realizzato il cosiddetto “decentramento decisionale” nei riguardi dei Comuni, che da un lato ha spesso eluso le esigenze conoscitive e di partecipazione dei cittadini nella messa a punto della pianificazione urbanistica, e dall’altro ha privato la Regione di reali poteri di coordinamento e controllo delle scelte operate dagli Enti locali  sull’assetto del territorio;
3. Che è quindi indispensabile rivedere in profondità tali meccanismi, mediante una diversa e più equilibrata distribuzione dei poteri e delle responsabilità in capo ai diversi soggetti che interagiscono nel processo di pianificazione degli assetti del territorio, a partire dalla specifica scala territoriale che li contraddistingue. Questo processo dovrà riguardare non solo la fase di assunzione delle opzioni strategiche (Piani strutturali), ma anche gli ulteriori passaggi a valle di essa: in particolare la messa a punto dei Regolamenti Urbanistici, Regolamenti edilizi e dei Piani attuativi, con particolare attenzione ai meccanismi della cosiddetta “perequazione”;



 
si approva la presente legge:




Art. 1
Modifiche al Titolo I (Disposizioni generali) della l.r. 1/2005




1. Al comma 2 dell’articolo 1 della l.r. 1/2005, dopo la parola “Regione”, sono aggiunte le seguenti parole: “di concerto ed in accordo con gli strumenti normativi statali, con particolare riguardo alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali”.



2.  All’articolo 2 della l.r. 1/2005, è aggiunto il seguente comma 2 bis: 
“2 bis.  Per territorio si intende un patrimonio comune non negoziabile in quanto non riproducibile e non fungibile, volto al perseguimento prioritario di interessi collettivi,  secondo criteri che considerino la priorità della tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale dello stesso territorio, da preservare anche per le generazioni future.”.



3.  All’articolo 3 della l.r. 1/2005, il comma 5 è sostituito dal seguente: 
“5.  Insediamenti che comportino consumo di nuovo suolo sono ammissibili solo quando sia deliberata la utilità improcrastinabile per l’intera collettività della funzione che si intende insediare, assieme alla verificata e dimostrata impossibilità di utilizzare, per la funzione da insediare, strutture o contenitori esistenti.”.



4.   All’articolo 4 della l.r. 1/2005, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Le invarianti strutturali, intese come elementi fondamentali del paesaggio e dell’ambiente naturale storicizzato, non possono riferirsi ad opere od interventi pianificati o realizzati ovvero a contenuti di protocolli, intese, accordi di programma o di pianificazione, conferenze di servizi e simili.”



5.   All’articolo 5 della l.r. 1/2005, sono aggiunte, alla fine del comma 1, le seguenti parole: “che si deve conformare agli strumenti normativi statali, con particolare riguardo alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali.”



 



Art. 2
Modifiche al Titolo II (Norme procedurali comuni)
della l.r. 1/2005




1.  All’articolo 19 della l.r. 1/2005,  il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2.  Ai fini di cui al comma 1, la Regione istituisce iI garante  della comunicazione come organo permanente di garanzia per tutti i procedimenti di pianificazione urbanistica e di governo del territorio che prevedono un coinvolgimento della Regione, a qualsiasi titolo ed in qualsiasi fase del procedimento. Il garante deve essere individuato all’esterno fra personalità che non siano, o che non siano stati nell’ultimo quinquennio, consulenti dell’ Enti, e che siano dotate di titoli nel campo della cultura e della pianificazione del territorio e nelle procedure amministrative di partecipazione, al fine di garantire il carattere di terzietà nel procedimento di formazione e approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio. Con apposito regolamento viene disciplinato l’esercizio delle funzioni del garante della comunicazione.”.



2.  All’articolo 19 della l.r. 1/2005, al comma 2 bis, è soppresso il primo periodo, che recita: ”Non può essere nominato garante della comunicazione il responsabile del procedimento di cui al capo II del presente titolo”.



3.  All’articolo 19 della l.r. 1/2005, è aggiunto il seguente comma 2 bis:
“2 bis.  Ai fini di cui al comma 1, i comuni e le provincie istituiscono un comitato di garanzia della comunicazione, costituito da un massimo di tre garanti per i procedimenti più complessi quali l’elaborazione dei piani territoriali di coordinamento della provincia, dei piani strutturali, dei regolamenti urbanistici, e delle loro varianti, e da un solo garante per i procedimenti più semplici. I garanti della comunicazione devono essere individuati all’esterno fra personalità che non siano, o che non siano stati nell’ultimo quinquennio, consulenti degli enti interessati e che siano dotate di titoli nel campo della cultura e della pianificazione del territorio e nelle procedure amministrative di partecipazione, al fine di garantire il carattere di terzietà nel procedimento di formazione e approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio. I garanti della comunicazione possono essere scelti dai legali rappresentanti per lo specifico territorio di almeno due associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi della legge n. 394/1991. Con apposito regolamento, o con atto amministrativo equipollente,  l’ente disciplina l’esercizio delle funzioni dei garanti della comunicazione.  L’incarico di garante è assunto a titolo gratuito, eccetto il rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività, salvo diversa deliberazione dell’ente interessato.”.



4.  All’articolo 20 della l.r. 1/2005,  il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2.  I garanti della comunicazione assicurano la partecipazione dei cittadini a tutti i momenti di  formazione e di controllo, dalla fase progettuale e istruttoria fino a quella decisionale ed  attuativa, di ogni intervento che abbia rilevanza per il territorio.  In sede di assunzione dei provvedimenti per l'adozione ed approvazione degli strumenti e degli atti di governo del territorio, i garanti sono tenuti ad analizzare ed a presentare le proposte e le indicazioni dei cittadini che dovranno essere prese in considerazione nella fase di formazione delle scelte relative al territorio dagli organi competenti, oltre che a provvedere alla stesura di un rapporto sulla attività svolta.”.




5.   All’articolo 20 della l.r. 1/2005, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3.  I comuni, le province e la regione assicurano ai garanti della comunicazione la disponibilità di adeguate risorse, ai fini dell’esercizio effettivo ed efficace della relativa funzione, compresi sportelli unici e strumenti on-line dove in tempo reale e semplice i cittadini possano accedere agli atti relativi ai procedimenti della pianificazione territoriale e del governo del territorio.”.




Art. 3
Modifiche al Titolo III (Gli accordi, le intese interistituzionali e le strutture del governo del territorio) della l.r. 1/2005



 
1.   All’articolo 22 della l.r. 1/2005, alla fine del comma 1, è aggiunta la frase seguente: 
 “Contestualmente alla trasmissione del progetto agli enti convocati, il soggetto promotore dà comunicazione pubblica della convocazione della conferenza dei servizi, affinché i cittadini interessati, nel numero stabilito dai garanti della comunicazione, possano inviare alla conferenza loro rappresentanti di comprovata competenza in materia con diritto di interlocuzione e di proposta.”.
 
2.   All’articolo 23 della l.r. 1/2005, al comma 1, dopo le parole “delle altre amministrazioni partecipanti all’intesa” sono aggiunte le seguenti parole: “nonché dei rappresentanti dei cittadini di cui all’ articolo 22, comma 1”. 



3.   All’articolo 24 della l.r. 1/2005, al comma 2, dopo la lettera c), è aggiunta una ulteriore lettera c bis):
“ c bis) tre membri in rappresentanza dei cittadini, di comprovata competenza in materia con diritto di interlocuzione e di proposta.”.




Art. 4 
Modifiche al Capo III bis (Disposizioni in materia di porti  e approdi turistici) del Titolo IV (Disposizioni generali per la tutela e l’uso del territorio), della l.r. 1/2005




1.   All’articolo 47 bis della l.r. 1/2005, il comma 3 è sostituito dal seguente:
 “3.  Le previsioni di nuovi porti e/o di ampliamento o riqualificazione di quelli esistenti necessitano, per la loro realizzazione, di specifica localizzazione conforme già presente negli strumenti della pianificazione territoriale regionale, provinciale e comunale, di cui non sono consentite variazioni parziali riguardanti le stesse previsioni, ma solo, eventualmente, rielaborazioni generali dello strumento interessato e ad intervalli minimi di non meno di cinque anni.”.




Art. 5 
Modifiche al Titolo V (Atti, soggetti, funzioni) della l.r. 1/05
                                              
1.   All’articolo 48 della l.r. 1/2005, il comma 6 è sostituito dal seguente:
 “6.  La Giunta regionale definisce le competenze e le modalità per verificare la rispondenza e la conformità al piano di indirizzo territoriale degli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica delle Province e dei Comuni di appartenenza, e le loro varianti, prima dell’ adozione dei suddetti strumenti. Il procedimento di verifica deve completarsi entro il termine massimo di tre mesi dalla trasmissione della relativa documentazione agli uffici regionali.  Qualora sia riscontrata, con atto motivato, la non conformità degli strumenti di pianificazione della Provincia e dei Comuni, i suddetti strumenti vengono sospesi fino al loro adeguamento, certificato da un nuovo parere di conformità, salvo quanto previsto dall’articolo 50.”.



2.    All’articolo 48 della l.r. 1/2005, è aggiunto il seguente comma 6 bis:
“6 bis. Per lo svolgimento dell’istruttoria di cui al comma 6 concernente gli strumenti urbanistici comunali, la Regione acquisisce il parere della Provincia competente, per una verifica di  coerenza di detti strumenti con la pianificazione territoriale sovracomunale e provinciale.”



3.  All’articolo 51 della l.r. 1/2005 è aggiunto il seguente comma 5 bis:
“5 bis.  Prima dell’adozione del Piano territoriale di coordinamento, le Province trasmettono il Piano alla Giunta Regionale per una verifica di conformità agli strumenti regionali.



4.   All’articolo 53 della l.r. 1/2005, è aggiunto il seguente comma 4 bis:
 “4 bis.  Prima dell’adozione del piano strutturale, i Comuni trasmettono il piano alla Giunta regionale, per una verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovracomunale.  Entro novanta giorni dal ricevimento dell’atto, la Giunta regionale esprime le proprie osservazioni ed eventuali richieste di modifica che devono essere recepite dai Comuni i quali sottopongono il piano strutturale modificato ad un nuovo parere di conformità della Giunta regionale.”.



5.   All’articolo 55 della l.r. 1/2005, è aggiunto il seguente comma 4 bis:
 “4 bis.  Prima dell’adozione del regolamento urbanistico, i Comuni trasmettono il regolamento, assieme al piano strutturale approvato, ai competenti organi della Giunta Regionale, per una verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovracomunale. Entro novanta giorni dal ricevimento dell’atto, la Giunta regionale esprime le proprie osservazioni ed eventuali richieste di modifica che devono essere recepite dai Comuni i quali sottopongono il regolamento urbanistico modificato ad un nuovo parere di conformità della Giunta regionale.”.



6.   All’articolo 56 della l.r. 1/2005, al comma 1, dopo le parole “interventi pubblici e privati” sono aggiunte le seguenti parole: ” da realizzarsi anche mediante piani attuativi”.



7.  All’articolo 56 della l.r. 1/2005, al comma 2, dopo la lettera d), è inserita la lettera d bis):
“d bis)   le opere pubbliche da realizzare; ”.



8.  All’articolo 56 della l.r. 1/2005, al comma 2, al termine della lettera g), sono aggiunte le seguenti parole: “da inserire in apposita convenzione.”



9.  Dopo l’articolo 57 della l.r. 1/2005, è inserito il seguente articolo 57 bis:
“Art. 57 bis
(Programmi complessi di riqualificazione insediativa)



1.  I programmi complessi di riqualificazione insediativa costituiscono strumenti di programmazione attuativa che puntano sulle qualità delle prestazioni del sistema insediativo e che sono caratterizzati da una pluralità di funzioni, di tipologie di intervento e di operatori, con il coinvolgimento di risorse pubbliche e private. Essi possono contenere veri e propri piani attuativi, anche se il loro ambito è più vasto.
2.  I programmi complessi di riqualificazione insediativa sono localizzati all’interno degli ambiti di cui all’articolo 55, comma 2, lettera i).
3.  I programmi di riqualificazione insediativa comprendono, in particolare:
a) programmi integrati di intervento di cui all’articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
b) programmi di recupero urbano di cui all’articolo 11 della legge 4 dicembre 1993, n. 493;
c) società di trasformazione urbana di cui all’articolo 17, comma 59, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
d) contratti di quartiere di cui al decreto Ministro dei Lavori pubblici del 22 ottobre 1997 e al decreto Ministro Infrastrutture e Trasporti del 30 dicembre 2002;
e) ogni altro programma di riqualificazione insediativa individuato ai sensi della legislazione statale.”.



10.   All’articolo 58 della l.r. 1/2005, alla fine del comma 3, è aggiunta la seguente lettera e bis): 
e bis) le aree che devono rimanere in edificate.”.



11.   All’articolo 60 della l.r. 1/2005, al comma 1, le parole “in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica” sono sostituite con le parole: “esclusivamente all’interno degli ambiti definiti dai piani attuativi, attribuendo i potenziali diritti edificatori sulla base della percentuale del terreno di proprietà, indipendentemente dal futuro utilizzo dello stesso”.
 
12.   I commi 2 e 3 dell’articolo 60 della l.r. 1/2005 sono abrogati.




Art. 6
Modifiche al Capo IV (Finalità, contenuti e procedure di approvazione dei piani attuativi) del Titolo V della l.r. 1/2005




1.  Il comma 4 dell’articolo 65 della l.r. 1/2005  è abrogato.



2. All’articolo 67 della l.r. 1/2005, al comma 1, dopo le parole “I piani attuativi contengono”, sono aggiunte le parole: “, previa quantificazione e localizzazione delle aree da cedere gratuitamente al Comune”.  



3. All’articolo 67 della l.r. 1/2005, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2.  Il piano attuativo è inoltre corredato:
a) dalla convenzione  da sottoscrivere con i privati, contenente tutti gli obblighi di questi ultimi nei confronti del Comune, fra i quali la cessione gratuita delle aree, la assunzione degli oneri di urbanizzazione, e la facoltà di poterli scomputare mediante la realizzazione di opere di urbanizzazione.
b) dal quadro conoscitivo di riferimento;
c) dalla normativa tecnica di attuazione;
d) dalla relazione illustrativa;
e) da una relazione di fattibilità.”.



4. Il comma 7 dell’articolo 69 della l.r. 1/2005 è abrogato.



5. L’articolo 70 della l.r. 1/2005 è abrogato.



      6.   L’articolo 74 della l.r. 1/2005 è abrogato.



 



                                                    Art. 7
Modifiche al Capo IV (Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela paesaggistica) del Titolo VI della l.r. 1/2005




1.   All’articolo 89 della l.r. 1/2005, al comma 2,  alla fine sono aggiunte le parole:
“e da tre membri scelti fra cittadini con documentata competenza in materia ambientale”.



2.   All’articolo 89 della l.r. 1/2005, al comma 4, le parole “due membri” sono sostituite con le parole  “quattro membri”.



3.   All’articolo 89 della l.r. 1/2005, comma 7, le parole “dei membri” sono sostituite con le parole: “dei  tre membri esperti”.




 


mercoledì 29 settembre 2010

I fiorentini cambiano la città





28 settembre ore 21: cento assemblee in contemporanea: qui.

L'assemblea che si è svolta alle Baracche verdi: qui. (apri al report n.24).
 



Il report n.24: qui.
Questo il testo del report n.24 che riguarda il destino della vecchia biblioteca di viale dei Pini dismessa 2 anni fa e le considerazioni con proposte sulla situazione del Viale dei bambini:



NEL 2014 VORREMMO CHE IN QUESTO LUOGO:



BIBLIOTECA
Riprendessero i servizi e la funzione di presidio territoriale della biblioteca Isolotto Luciano Gori; (richiesta
espressa all'unanimità per il mantenimento delle funzioni precedenti - prestito, spazio autogestito, emeroteca,
sezione ragazzi, wi-fi internet, multimedialità -);
Ci fosse una gestione delle attività condivisa fra amministrazione e volontariato;
Ci si orientasse per una soluzione di ripristino con manutenzione ordinaria (essenziale per riapertura in tempi
brevi e certi)
Fosse, in alternativa alla precedente, realizzata una costruzione sul tipo di quello della Comunità dell'Isolotto
nella quale si svolge questo incontro (via degli Aceri 1)



VIALE BAMBINI
Fosse realizzata una più puntuale e maggiore manutenzione (Pavimentazione, alberature, illuminazione) in
modo da assicurare sicurezza e maggiore controllo;
Venissero creati spazi per attività ludiche in età sopra i sei anni (che comprendesse ad esempio un campetto
per calcio libero)
Si attivassero iniziative di animazione, in particolare per la buona stagione, anche coinvolgendo le realtà
socialmente attive nella zona
Fossero riqualificati gli spazi e le funzioni di Piazza dell'Isolotto (anche come raccordo viale Pini-viale Bambini).
Fossero risolte le problematiche legate all'area cani.


lunedì 27 settembre 2010

Allenati alla vita




Imparare a sperare non a sparare!

Non c’è futuro senza educazione alla pace

Nei licei della scuola italiana, già colpita da tagli e provvedimenti inaccettabili, stanno partendo corsi paramilitari, validi come crediti formativi, dal titolo “Allenati alla vita”. Sconcertati dall'incredibile decisione dei ministeri della Difesa e dell’Istruzione, intendiamo affermare che questa iniziativa risulta altamente dannosa perché estranea alla finalità della scuola e stravolge il contenuto del progetto “Cittadinanza e Costituzione” o quello di altre iniziative come “La pace si fa a scuola”. Tra i temi proposti, spiccano la cultura militare, armi e tiro, i mezzi dell’esercito, sopravvivenza in ambienti ostili e, addirittura, la difesa nucleare (concetto ormai improponibile nel panorama giuridico internazionale che, già nel 1963, Giovanni XXIII considerava assurdo, “alienum a ratione”; l’Italia, tra l’altro, ha ratificato il Trattato di Non proliferazione per il disarmo nucleare globale).

Siamo di fronte a una novità pericolosa, antiformativa e antipedagogica. Insegnare-imparare a sparare non è compito della scuola della Repubblica Italiana dove risplende l’articolo 11 della Costituzione e dove sono maturate ipotesi di difesa nonviolenta anche tramite corpi civili di pace che non vengono adeguatamente organizzati perché il governo preferisce investire 20 milioni di euro per la “mini naja” (progetto “Vivi la Difesa”, presentato come strumento di “cultura della pace”). Vengono così tagliati i finanziamenti al Servizio civile nazionale col rischio di far seccare le radici piantate negli anni ’85, ’92, ’98, 2001 e 2004 a favore della “Difesa civile non armata e nonviolenta”.

Chi lotta contro la piaga dei bambini soldato nei paesi in guerra non può accettare la nascita a casa propria degli "studenti guerrieri". Chi vuole contrastare il bullismo non può pensare di farlo in modo paramilitare. Nel clima attuale, basato sul governo della paura, tali progetti possono solo diffondere l’idea della violenza armata come strumento normale di soluzione dei conflitti (con la convinzione che la guerra è un sistema naturale e necessario di convivenza). Consolidano l’idea del nemico da eliminare. Alimentano i pregiudizi e ne creano di nuovi. Manipolano le emozioni. Porteranno molti a farsi legge da sé, a praticare la legge del più forte. Una scuola che accogliesse simili progetti non aiuterebbe certo i giovani a usare la forza della ragione anziché la ragione della forza.

E' bene ricordare il motto nonviolento: se vuoi la pace prepara la pace.
Nel respingere tali istanze, genitori, famiglie, dirigenti scolastici, docenti e alunni sviluppino programmi educativi collegandosi alla Tavola della pace (ad esempio “Ospita una persona: incontra un popolo” e “La mia scuola per la pace”, patto siglato il 4 ottobre 2007 tra Ministero della Pubblica Istruzione e il convento di Assisi); rilancino il programma degli “Interventi civili di pace per la prevenzione e trasformazione dei conflitti” (partito nel 2008 grazie a un accordo tra 7 associazioni, il Comune di Firenze e il Ministero Affari Esteri) e riprendano l’originaria impostazione di “Cittadinanza e Costituzione”.

In molti luoghi la scuola è e può essere ancora laboratorio di pace dove è possibile esplorare le mappe della nonviolenza, accostare volti ed esperienze, organizzare iniziative di solidarietà o riflessioni operative su bambini soldato, infanzia negata, dignità della donna, pena di morte, guerre dimenticate, mine antipersona, disarmo chimico o nucleare, malattie e accesso ai farmaci, immigrazione, diritto internazionale, acqua bene comune, commercio equo e solidale, sobrietà e nuovi stili di vita.

Il compito di una scuola seria e serena è quello di educarci alla pace come costruzione di una vita bella e buona, ricca di amicizie e di relazioni, animata dalla fresca energia della nonviolenza, aperta alla speranza. Non ci può essere futuro senza educazione alla pace.

Firenze, 26 settembre 2010
Pax Christi Italia

Allenati alla vita




Imparare a sperare non a sparare!

Non c’è futuro senza educazione alla pace

Nei licei della scuola italiana, già colpita da tagli e provvedimenti inaccettabili, stanno partendo corsi paramilitari, validi come crediti formativi, dal titolo “Allenati alla vita”. Sconcertati dall'incredibile decisione dei ministeri della Difesa e dell’Istruzione, intendiamo affermare che questa iniziativa risulta altamente dannosa perché estranea alla finalità della scuola e stravolge il contenuto del progetto “Cittadinanza e Costituzione” o quello di altre iniziative come “La pace si fa a scuola”. Tra i temi proposti, spiccano la cultura militare, armi e tiro, i mezzi dell’esercito, sopravvivenza in ambienti ostili e, addirittura, la difesa nucleare (concetto ormai improponibile nel panorama giuridico internazionale che, già nel 1963, Giovanni XXIII considerava assurdo, “alienum a ratione”; l’Italia, tra l’altro, ha ratificato il Trattato di Non proliferazione per il disarmo nucleare globale).

Siamo di fronte a una novità pericolosa, antiformativa e antipedagogica. Insegnare-imparare a sparare non è compito della scuola della Repubblica Italiana dove risplende l’articolo 11 della Costituzione e dove sono maturate ipotesi di difesa nonviolenta anche tramite corpi civili di pace che non vengono adeguatamente organizzati perché il governo preferisce investire 20 milioni di euro per la “mini naja” (progetto “Vivi la Difesa”, presentato come strumento di “cultura della pace”). Vengono così tagliati i finanziamenti al Servizio civile nazionale col rischio di far seccare le radici piantate negli anni ’85, ’92, ’98, 2001 e 2004 a favore della “Difesa civile non armata e nonviolenta”.

Chi lotta contro la piaga dei bambini soldato nei paesi in guerra non può accettare la nascita a casa propria degli "studenti guerrieri". Chi vuole contrastare il bullismo non può pensare di farlo in modo paramilitare. Nel clima attuale, basato sul governo della paura, tali progetti possono solo diffondere l’idea della violenza armata come strumento normale di soluzione dei conflitti (con la convinzione che la guerra è un sistema naturale e necessario di convivenza). Consolidano l’idea del nemico da eliminare. Alimentano i pregiudizi e ne creano di nuovi. Manipolano le emozioni. Porteranno molti a farsi legge da sé, a praticare la legge del più forte. Una scuola che accogliesse simili progetti non aiuterebbe certo i giovani a usare la forza della ragione anziché la ragione della forza.

E' bene ricordare il motto nonviolento: se vuoi la pace prepara la pace.
Nel respingere tali istanze, genitori, famiglie, dirigenti scolastici, docenti e alunni sviluppino programmi educativi collegandosi alla Tavola della pace (ad esempio “Ospita una persona: incontra un popolo” e “La mia scuola per la pace”, patto siglato il 4 ottobre 2007 tra Ministero della Pubblica Istruzione e il convento di Assisi); rilancino il programma degli “Interventi civili di pace per la prevenzione e trasformazione dei conflitti” (partito nel 2008 grazie a un accordo tra 7 associazioni, il Comune di Firenze e il Ministero Affari Esteri) e riprendano l’originaria impostazione di “Cittadinanza e Costituzione”.

In molti luoghi la scuola è e può essere ancora laboratorio di pace dove è possibile esplorare le mappe della nonviolenza, accostare volti ed esperienze, organizzare iniziative di solidarietà o riflessioni operative su bambini soldato, infanzia negata, dignità della donna, pena di morte, guerre dimenticate, mine antipersona, disarmo chimico o nucleare, malattie e accesso ai farmaci, immigrazione, diritto internazionale, acqua bene comune, commercio equo e solidale, sobrietà e nuovi stili di vita.

Il compito di una scuola seria e serena è quello di educarci alla pace come costruzione di una vita bella e buona, ricca di amicizie e di relazioni, animata dalla fresca energia della nonviolenza, aperta alla speranza. Non ci può essere futuro senza educazione alla pace.

Firenze, 26 settembre 2010
Pax Christi Italia

Quale città vogliamo?

 Comunità dell’Isolotto
Via degli Aceri, 1 Firenze
Tel./fax 055711362
 
 


Resoconto/documento
della Assemblea comunitaria domenica 19 settembre 2010 sul tema:
Quale città vogliamo? E’ possibile fare in modo che la consultazione sul piano strutturale fiorentino sia una vera partecipazione di cittadini coscienti di essere protagonisti delle scelte che riguardano la città?
 
La socializzazione, alla quale hanno contribuito anche alcuni consiglieri del Q4, è stata introdotta da alcune persone della Comunità che a nome di tutti avevano partecipato al percorso partecipativo al piano strutturale.
 
Il brano evangelico “Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” è stato applicato secondo la prassi comunitaria all’etica della centralità della persona umana: la città deve essere fatta per l’uomo e non viceversa.
Sono state perciò valutate come condivisibili nelle intenzioni le seguenti parole tratte dalle conclusioni del documento definitivo sul piano strutturale proposto dal Comune di Firenze:
 
[…] pensiamo a quale città vogliamo realizzare insieme. Ma per interrogarsi su una simile prospettiva non possiamo partire dai singoli progetti, dalla tecnica La prima domanda da porsi è di natura politica, e cioè: in quale città vogliamo vivere?
Quali sono le caratteristiche “umane”, prima ancora che architettoniche, che vogliamo dare al nostro territorio? La centralità dell’uomo è, del resto, una tradizione fondante per Firenze, che ne è informata nella sua prima essenza: le sue strade, i suoi edifici storici parlano chiaramente di un’umanità privilegiata sull’arte, ma anzi di arte al servizio dell’uomo, per esaltarne la bellezza e le capacità.
Cosa vogliamo fare di questa nostra città è il punto di partenza per proseguire lungo la strada che da secoli la nostra comunità si è prefissa. E la parola comunità non viene usata a caso: è proprio per sottolineare il valore comunitario che una città possiede, che vogliamo pensare a Firenze come un luogo di incontro e non semplicemente di convivenza.
Il degrado peggiore che dobbiamo combattere non è strutturale, ma sociale: si chiama solitudine. Per questo non partiamo dai volumi ma dagli spazi per stabilire la nostra Firenze futura. Il vero progetto parte da qui: dalle piazze e dai giardini.
Da un’immagine della città che corrisponda alla comunità che la abita: una città viva e vivace, compatta e capace di incontrarsi. Una città che discute, che fa del dialogo il suo primo strumento di civiltà. Una città che accompagna e non separa: la città della fratellanza, della solidarietà. Firenze è tutto questo: vogliamo che la mappa che la disegna ne riproduca le caratteristiche sociali prima ancora che morfologiche. Vogliamo che le architetture che ne delineano il profilo ne stimolino la vera essenza. E non il contrario. Una città insomma a misura d’uomo, che vede in esso la ragione del suo essere. […]
Sono condivisibili oltre alle affermazioni generiche anche alcune affermazioni più specifiche, ad esempio quelle riguardanti il riuso dei cosiddetti “contenitori dismessi”, il potenziamento della rete ciclabile e del trasporto pubblico con rete tramviaria ed è certamente ad effetto e da giudicare favorevolmente l’affermazione che il piano strutturale ha l’obiettivo di “consumo zero di suolo”.
Questa ultima affermazione però è contraddittoria con alcune proposte del piano, la più eclatante delle quali riguarda la realizzazione della cosiddetta “cittadella viola”: sorge quindi il dubbio se le buone intenzioni scritte e affermate potranno davvero attuarsi, o se ancora una volta si dovrà assistere al disconoscimento dei buoni propositi.
E qui è stata rilevata l’importanza della partecipazione. Proprio perché l’idea della partecipazione è profondamente radicata in chi frequenta la Comunità dell’Isolotto, non ci convince la modalità che è stata seguita per il percorso partecipativo al piano strutturale: troppo affrettato, senza momenti di conoscenza e approfondimento prima della fase di espressione delle opinioni su una materia così importante e complessa.
Non sono stati previsti momenti specifici per i giovani ai quali sarà consegnata la città che questo piano strutturale prefigura e non sono stati previste iniziative nelle scuole o in altri momenti educativi per coinvolgere i bambini in forma attiva.
Non ci convince anzi ci colpisce e ci preoccupa una visione verticistica che di fatto mette da parte le funzioni e le competenze dei Quartieri, i quali sono stati voluti da un forte movimento di base come strumento di coagulo della partecipazione responsabile creativa e che restano il tramite ideale e più prossimo fra i cittadini e l’Amministrazione.
Ci lascia quantomeno sconcertati l’assenza di pianificazione con i Comuni vicini (in particolare Scandicci e Sesto Fiorentino) che pare si siano mossi in totale autonomia (come in parte è anche giusto), con il risultato che le amministrazioni comunali di Firenze, Sesto e Scandicci danno l’immagine di coltivare ognuna il proprio orticello e di non aver voluto creare una occasione di visione comune sulle parti di territorio confinanti.
L’idea di città che ci piace è quella di una città fatta dall’uomo (e dalla donna!) per l’uomo, realizzata dalla creatività collettiva per le esigenze di socialità, un luogo in cui sia possibile e piacevole vivere bene: non una Disneyland per benestanti o un soprammobile da custodire nel salotto buono o un oggetto di politiche decise dall’alto, dal leader decisionista di turno; ma un posto dove tutti possano lavorare, studiare, passare il tempo, divertirsi, curare la salute, reinserirsi nella società attraverso strutture adeguate, dopo esperienze distruttive ed emarginanti, partecipare da cittadini attivi e non solo passivi fruitori di servizi, al più consultati solo in modo formale e non di rado populistico, ma creatori di politiche costruttive, di iniziative dal basso, di un associazionismo solidale che va assunto come soggetto politico di primaria importanza.
Esprime appieno i nostri sentimenti e la nostra consolidata prassi Gustavo Zagrebelsky nel suo intervento sulla democrazia tenuto alla Festa dei Democratici a Torino:
“La società civile esiste, ma è un´altra cosa: è l´insieme delle persone, delle associazioni, dei gruppi di coloro che dedicano o sarebbero disposti, se solo ne intravedessero l´utilità e la possibilità, se i canali di partecipazione politica non fossero secchi o inospitali, a dedicare spontaneamente e gratuitamente passione, competenze e risorse a ciò che chiamiamo il bene comune... Quando si parla di politica e di sua crisi, perché l´attenzione non si rivolge a questo potenziale serbatoio di energie? Non per colonizzarle, ma per trarne, rispettandone la libertà, gli impulsi vitali. In fin dei conti, sono questi “servitori civili”, quelli che più di altri conoscono i problemi e le difficoltà reali della vita nella nostra società. C´è più sapienza pratica lì che in tanti studi accademici, libri, dossier che spesso si pagano fior di quattrini per rimanere a giacere impilati….”.


 
                                                           La Comunità dell’Isolotto

Quale città vogliamo?

 Comunità dell’Isolotto
Via degli Aceri, 1 Firenze
Tel./fax 055711362
 
 


Resoconto/documento
della Assemblea comunitaria domenica 19 settembre 2010 sul tema:
Quale città vogliamo? E’ possibile fare in modo che la consultazione sul piano strutturale fiorentino sia una vera partecipazione di cittadini coscienti di essere protagonisti delle scelte che riguardano la città?
 
La socializzazione, alla quale hanno contribuito anche alcuni consiglieri del Q4, è stata introdotta da alcune persone della Comunità che a nome di tutti avevano partecipato al percorso partecipativo al piano strutturale.
 
Il brano evangelico “Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” è stato applicato secondo la prassi comunitaria all’etica della centralità della persona umana: la città deve essere fatta per l’uomo e non viceversa.
Sono state perciò valutate come condivisibili nelle intenzioni le seguenti parole tratte dalle conclusioni del documento definitivo sul piano strutturale proposto dal Comune di Firenze:
 
[…] pensiamo a quale città vogliamo realizzare insieme. Ma per interrogarsi su una simile prospettiva non possiamo partire dai singoli progetti, dalla tecnica La prima domanda da porsi è di natura politica, e cioè: in quale città vogliamo vivere?
Quali sono le caratteristiche “umane”, prima ancora che architettoniche, che vogliamo dare al nostro territorio? La centralità dell’uomo è, del resto, una tradizione fondante per Firenze, che ne è informata nella sua prima essenza: le sue strade, i suoi edifici storici parlano chiaramente di un’umanità privilegiata sull’arte, ma anzi di arte al servizio dell’uomo, per esaltarne la bellezza e le capacità.
Cosa vogliamo fare di questa nostra città è il punto di partenza per proseguire lungo la strada che da secoli la nostra comunità si è prefissa. E la parola comunità non viene usata a caso: è proprio per sottolineare il valore comunitario che una città possiede, che vogliamo pensare a Firenze come un luogo di incontro e non semplicemente di convivenza.
Il degrado peggiore che dobbiamo combattere non è strutturale, ma sociale: si chiama solitudine. Per questo non partiamo dai volumi ma dagli spazi per stabilire la nostra Firenze futura. Il vero progetto parte da qui: dalle piazze e dai giardini.
Da un’immagine della città che corrisponda alla comunità che la abita: una città viva e vivace, compatta e capace di incontrarsi. Una città che discute, che fa del dialogo il suo primo strumento di civiltà. Una città che accompagna e non separa: la città della fratellanza, della solidarietà. Firenze è tutto questo: vogliamo che la mappa che la disegna ne riproduca le caratteristiche sociali prima ancora che morfologiche. Vogliamo che le architetture che ne delineano il profilo ne stimolino la vera essenza. E non il contrario. Una città insomma a misura d’uomo, che vede in esso la ragione del suo essere. […]
Sono condivisibili oltre alle affermazioni generiche anche alcune affermazioni più specifiche, ad esempio quelle riguardanti il riuso dei cosiddetti “contenitori dismessi”, il potenziamento della rete ciclabile e del trasporto pubblico con rete tramviaria ed è certamente ad effetto e da giudicare favorevolmente l’affermazione che il piano strutturale ha l’obiettivo di “consumo zero di suolo”.
Questa ultima affermazione però è contraddittoria con alcune proposte del piano, la più eclatante delle quali riguarda la realizzazione della cosiddetta “cittadella viola”: sorge quindi il dubbio se le buone intenzioni scritte e affermate potranno davvero attuarsi, o se ancora una volta si dovrà assistere al disconoscimento dei buoni propositi.
E qui è stata rilevata l’importanza della partecipazione. Proprio perché l’idea della partecipazione è profondamente radicata in chi frequenta la Comunità dell’Isolotto, non ci convince la modalità che è stata seguita per il percorso partecipativo al piano strutturale: troppo affrettato, senza momenti di conoscenza e approfondimento prima della fase di espressione delle opinioni su una materia così importante e complessa.
Non sono stati previsti momenti specifici per i giovani ai quali sarà consegnata la città che questo piano strutturale prefigura e non sono stati previste iniziative nelle scuole o in altri momenti educativi per coinvolgere i bambini in forma attiva.
Non ci convince anzi ci colpisce e ci preoccupa una visione verticistica che di fatto mette da parte le funzioni e le competenze dei Quartieri, i quali sono stati voluti da un forte movimento di base come strumento di coagulo della partecipazione responsabile creativa e che restano il tramite ideale e più prossimo fra i cittadini e l’Amministrazione.
Ci lascia quantomeno sconcertati l’assenza di pianificazione con i Comuni vicini (in particolare Scandicci e Sesto Fiorentino) che pare si siano mossi in totale autonomia (come in parte è anche giusto), con il risultato che le amministrazioni comunali di Firenze, Sesto e Scandicci danno l’immagine di coltivare ognuna il proprio orticello e di non aver voluto creare una occasione di visione comune sulle parti di territorio confinanti.
L’idea di città che ci piace è quella di una città fatta dall’uomo (e dalla donna!) per l’uomo, realizzata dalla creatività collettiva per le esigenze di socialità, un luogo in cui sia possibile e piacevole vivere bene: non una Disneyland per benestanti o un soprammobile da custodire nel salotto buono o un oggetto di politiche decise dall’alto, dal leader decisionista di turno; ma un posto dove tutti possano lavorare, studiare, passare il tempo, divertirsi, curare la salute, reinserirsi nella società attraverso strutture adeguate, dopo esperienze distruttive ed emarginanti, partecipare da cittadini attivi e non solo passivi fruitori di servizi, al più consultati solo in modo formale e non di rado populistico, ma creatori di politiche costruttive, di iniziative dal basso, di un associazionismo solidale che va assunto come soggetto politico di primaria importanza.
Esprime appieno i nostri sentimenti e la nostra consolidata prassi Gustavo Zagrebelsky nel suo intervento sulla democrazia tenuto alla Festa dei Democratici a Torino:
“La società civile esiste, ma è un´altra cosa: è l´insieme delle persone, delle associazioni, dei gruppi di coloro che dedicano o sarebbero disposti, se solo ne intravedessero l´utilità e la possibilità, se i canali di partecipazione politica non fossero secchi o inospitali, a dedicare spontaneamente e gratuitamente passione, competenze e risorse a ciò che chiamiamo il bene comune... Quando si parla di politica e di sua crisi, perché l´attenzione non si rivolge a questo potenziale serbatoio di energie? Non per colonizzarle, ma per trarne, rispettandone la libertà, gli impulsi vitali. In fin dei conti, sono questi “servitori civili”, quelli che più di altri conoscono i problemi e le difficoltà reali della vita nella nostra società. C´è più sapienza pratica lì che in tanti studi accademici, libri, dossier che spesso si pagano fior di quattrini per rimanere a giacere impilati….”.


 
                                                           La Comunità dell’Isolotto

venerdì 24 settembre 2010

Pietro Mirabelli





Pietro Mirabelli mitico RLS dei cantieri CAVET (TAV Bologna-Firenze) è morto, per una beffa del destino proprio come mai avrebbe voluto: per un infortunio sul lavoro in galleria. Pietro aveva 3 mesi fa abbandonato l'Italia e la Toscana, andando a lavorare in Svizzera dove i livelli di sicurezza sul lavoro sono forse ancora più bassi che da noi.


Era deluso per le sconfitte personali e collettive e per i troppi bocconi amari che aveva dovuto ingoiare. In realtà sconfitto era tutto quel gruppo di persone che si era coagulato intorno a lui e alla sua battaglia COERENTE e  inflessibile per la difesa dei diritti, della dignità del lavoro oltre che della salute e sicurezza dei lavoratori. Medicina Democratica (Beppe ed io), Idra (Girolamo), il PRC (Paolo e Daniela) che era nel suo momento migliore e un gruppo di giovani ( Simona,Stefano, Natalia, Duccio,Lara e qualche altro ancora credo) della Facoltà di Scienze Politiche di Firenze.


Pietro ebbe l'intuizione che altri non ebbero (vedi il sindacato con cui fu a lungo in rotta):  aggredire l'organizzazione (capitalistica) del lavoro che vuole gli uomini schiavi, di orari,turni (il ciclo continuo) e ritmi forsennati.


Ci ha trascinati in una battaglia che forse era persa in partenza (le forze erano impari) ma che è valso la pena combattere. Personalmente sono grato a Pietro che mi ha costretto ad uscire dal mio guscio  di medico che aveva un po' tirato i rami in barca. Abbiamo lavorato in gruppo per anni coinvolgendo le Università, scienziati di fama internazionale (come il prof Giovanni Costa esperto di orari e turni) sempre attenti alle proposte e alle obiezioni  di Pietro. Sono stati anni intensi e sono stati scritti libri e girati documentari.


Anche le istituzioni di solito pigre e burocratiche, vedi ASL,  hanno dovuto fare la loro parte.Del resto  Pietro era inesorabile nell'evidenziare ritardi ed errori di tutti noi.


Ora che Pietro non c'è più siamo tutti più poveri e smarriti...nei cantieri si lavora anche 12-13 ore e in qualche caso anche di più. La dignità dei lavoratori è calpestata.


La controparte non ha solo vinto, ma riesce a farsi le leggi che vuole, a violare, anzi a violentare  la Costituzione  in tutti i modi.


In nome di Pietro è necessario resistere:chi ancora la pensa diversamente non può permettere che Pietro e soprattutto le sue idee finiscano nell'oblio.


In fondo la controparte, come disse Salvador Allende, ha la forza, ma non la ragione. Per cui.....


GRAZIE PIETRO 


                                                  Gino Carpentiero MD Firenze

Pietro Mirabelli





Pietro Mirabelli mitico RLS dei cantieri CAVET (TAV Bologna-Firenze) è morto, per una beffa del destino proprio come mai avrebbe voluto: per un infortunio sul lavoro in galleria. Pietro aveva 3 mesi fa abbandonato l'Italia e la Toscana, andando a lavorare in Svizzera dove i livelli di sicurezza sul lavoro sono forse ancora più bassi che da noi.


Era deluso per le sconfitte personali e collettive e per i troppi bocconi amari che aveva dovuto ingoiare. In realtà sconfitto era tutto quel gruppo di persone che si era coagulato intorno a lui e alla sua battaglia COERENTE e  inflessibile per la difesa dei diritti, della dignità del lavoro oltre che della salute e sicurezza dei lavoratori. Medicina Democratica (Beppe ed io), Idra (Girolamo), il PRC (Paolo e Daniela) che era nel suo momento migliore e un gruppo di giovani ( Simona,Stefano, Natalia, Duccio,Lara e qualche altro ancora credo) della Facoltà di Scienze Politiche di Firenze.


Pietro ebbe l'intuizione che altri non ebbero (vedi il sindacato con cui fu a lungo in rotta):  aggredire l'organizzazione (capitalistica) del lavoro che vuole gli uomini schiavi, di orari,turni (il ciclo continuo) e ritmi forsennati.


Ci ha trascinati in una battaglia che forse era persa in partenza (le forze erano impari) ma che è valso la pena combattere. Personalmente sono grato a Pietro che mi ha costretto ad uscire dal mio guscio  di medico che aveva un po' tirato i rami in barca. Abbiamo lavorato in gruppo per anni coinvolgendo le Università, scienziati di fama internazionale (come il prof Giovanni Costa esperto di orari e turni) sempre attenti alle proposte e alle obiezioni  di Pietro. Sono stati anni intensi e sono stati scritti libri e girati documentari.


Anche le istituzioni di solito pigre e burocratiche, vedi ASL,  hanno dovuto fare la loro parte.Del resto  Pietro era inesorabile nell'evidenziare ritardi ed errori di tutti noi.


Ora che Pietro non c'è più siamo tutti più poveri e smarriti...nei cantieri si lavora anche 12-13 ore e in qualche caso anche di più. La dignità dei lavoratori è calpestata.


La controparte non ha solo vinto, ma riesce a farsi le leggi che vuole, a violare, anzi a violentare  la Costituzione  in tutti i modi.


In nome di Pietro è necessario resistere:chi ancora la pensa diversamente non può permettere che Pietro e soprattutto le sue idee finiscano nell'oblio.


In fondo la controparte, come disse Salvador Allende, ha la forza, ma non la ragione. Per cui.....


GRAZIE PIETRO 


                                                  Gino Carpentiero MD Firenze

venerdì 17 settembre 2010

Quale città vogliamo?


Quale città vogliamo? E’ possibile fare in modo che la consultazione sul piano strutturale fiorentino sia una vera partecipazione di cittadini coscienti di essere protagonisti della scelte che riguardano la città?


Di questo si parlerà nell’incontro introdotto da Luisella Salimbeni e Maurizio Dolfi, alle “Baracche” dell’Isolotto Firenze, via Aceri 1, domenica 19 settembre ore 10,30. Interverrà Renzo Pampaloni consigliere del Q4 di Firenze responsabile della Commissione Assetto del territorio.
 


 


Luis Macas, intellettuale quichua ecuadoriano, afferma:
“La politica organizza l’esistente: non crea realtà nuove. L’unica cosa che può cambiare in profondità l’esistente consiste nel creare e nel porre nella realtà data realtà nuove, che mettono in discussione l’esistente e con la loro presenza lo portano a ristrutturarsi. La principale e decisiva attività trasformatrice è l’attività creativa, quella capace di introdurre effettive novità storiche”.
Forse la sua intuizione vale anche per noi. La sentiamo vera e in sintonia con tante nostre esperienze. Ma nel concreto e in particolare di fronte alla consultazione sul piano strutturale fiorentino, che significa “attività creativa”?
 
Barac Obamanella sua visita in Ghana il giorno 11 luglio 2009 ha concluso così il suo discorso nell’affollato Parlamento:
“Il mondo sarà come voi lo costruite. Voi avete la forza per chiamare il vostri leader a render conto del proprio operato, per costruire istituzioni che siano a servizio del popolo. Potete sconfiggere le malattie, mettere fine ai conflitti e creare il cambiamento partendo dal basso. Potete farlo. Sì, voi potete. Perché ora la storia sta cambiando”.
Quella piccola frase, “creare il cambiamento partendo dal basso”, è un orizzonte nuovo che si apre non solo in Ghana, non solo in Africa, ma nel mondo intero. Anche questo lo avvertiamo come una conferma della validità di quanto da anni l’anima creativa e solidale della città sta faticosamente cercando di realizzare. E ci domandiamo come andare avanti in concreto.
 
Gustavo Zagrebelsky nel suo intervento sulla democrazia tenuto sabato 11 settembre alla Festa dei Democratici a Torino ha detto fra l’altro:
“La società civile esiste, ma è un´altra cosa: è l´insieme delle persone, delle associazioni, dei gruppi di coloro che dedicano o sarebbero disposti, se solo ne intravedessero l´utilità e la possibilità, se i canali di partecipazione politica non fossero secchi o inospitali, a dedicare spontaneamente e gratuitamente passione, competenze e risorse a ciò che chiamiamo il bene comune. Quante sono le persone, singole e insieme ad altre, che a partire dalle tante e diverse esperienze, in tutti gli ambiti della vita sociale, a iniziare dai più umili e a diretto contatto con i suoi drammi e le sue tragedie, sarebbero disposte a dare qualcosa di sé, non per un proprio utile immediato, ma per opere di più ampio impegno che riguardano la qualità, per l´appunto civile, della società in cui noi, i nostri figli e nipoti si trovano e troveranno a vivere? Da quel che mi par di vedere, tantissime. Quando si parla di politica e di sua crisi, perché l´attenzione non si rivolge a questo potenziale serbatoio di energie? Non per colonizzarle, ma per trarne, rispettandone la libertà, gli impulsi vitali. In fin dei conti, sono questi “servitori civili”, quelli che più di altri conoscono i problemi e le difficoltà reali della vita nella nostra società. C´è più sapienza pratica lì che in tanti studi accademici, libri, dossier che spesso si pagano fior di quattrini per rimanere a giacere impilati. Perché c´è così poca attenzione e apertura, anzi spesso disprezzo, verso questo mondo? La risposta alla domanda formulata sopra è semplice: la scarsa attenzione, se non l´ostilità, dipende dalla difesa di rendite di posizione politica che sarebbero insidiate dall´apertura. Non c´è da fare tanti giri di parole: è la sempiterna tendenza oligarchica del potere costituito”.
Ma in pratica, nella situazione concreta, come si affronta positivamente il rapporto con questa “tendenza oligarchica” che può essere in agguato anche nelle consultazioni formali?
 

                                                                                   La Comunità dell'Isolotto Firenze



Quale città vogliamo?


Quale città vogliamo? E’ possibile fare in modo che la consultazione sul piano strutturale fiorentino sia una vera partecipazione di cittadini coscienti di essere protagonisti della scelte che riguardano la città?


Di questo si parlerà nell’incontro introdotto da Luisella Salimbeni e Maurizio Dolfi, alle “Baracche” dell’Isolotto Firenze, via Aceri 1, domenica 19 settembre ore 10,30. Interverrà Renzo Pampaloni consigliere del Q4 di Firenze responsabile della Commissione Assetto del territorio.
 


 


Luis Macas, intellettuale quichua ecuadoriano, afferma:
“La politica organizza l’esistente: non crea realtà nuove. L’unica cosa che può cambiare in profondità l’esistente consiste nel creare e nel porre nella realtà data realtà nuove, che mettono in discussione l’esistente e con la loro presenza lo portano a ristrutturarsi. La principale e decisiva attività trasformatrice è l’attività creativa, quella capace di introdurre effettive novità storiche”.
Forse la sua intuizione vale anche per noi. La sentiamo vera e in sintonia con tante nostre esperienze. Ma nel concreto e in particolare di fronte alla consultazione sul piano strutturale fiorentino, che significa “attività creativa”?
 
Barac Obamanella sua visita in Ghana il giorno 11 luglio 2009 ha concluso così il suo discorso nell’affollato Parlamento:
“Il mondo sarà come voi lo costruite. Voi avete la forza per chiamare il vostri leader a render conto del proprio operato, per costruire istituzioni che siano a servizio del popolo. Potete sconfiggere le malattie, mettere fine ai conflitti e creare il cambiamento partendo dal basso. Potete farlo. Sì, voi potete. Perché ora la storia sta cambiando”.
Quella piccola frase, “creare il cambiamento partendo dal basso”, è un orizzonte nuovo che si apre non solo in Ghana, non solo in Africa, ma nel mondo intero. Anche questo lo avvertiamo come una conferma della validità di quanto da anni l’anima creativa e solidale della città sta faticosamente cercando di realizzare. E ci domandiamo come andare avanti in concreto.
 
Gustavo Zagrebelsky nel suo intervento sulla democrazia tenuto sabato 11 settembre alla Festa dei Democratici a Torino ha detto fra l’altro:
“La società civile esiste, ma è un´altra cosa: è l´insieme delle persone, delle associazioni, dei gruppi di coloro che dedicano o sarebbero disposti, se solo ne intravedessero l´utilità e la possibilità, se i canali di partecipazione politica non fossero secchi o inospitali, a dedicare spontaneamente e gratuitamente passione, competenze e risorse a ciò che chiamiamo il bene comune. Quante sono le persone, singole e insieme ad altre, che a partire dalle tante e diverse esperienze, in tutti gli ambiti della vita sociale, a iniziare dai più umili e a diretto contatto con i suoi drammi e le sue tragedie, sarebbero disposte a dare qualcosa di sé, non per un proprio utile immediato, ma per opere di più ampio impegno che riguardano la qualità, per l´appunto civile, della società in cui noi, i nostri figli e nipoti si trovano e troveranno a vivere? Da quel che mi par di vedere, tantissime. Quando si parla di politica e di sua crisi, perché l´attenzione non si rivolge a questo potenziale serbatoio di energie? Non per colonizzarle, ma per trarne, rispettandone la libertà, gli impulsi vitali. In fin dei conti, sono questi “servitori civili”, quelli che più di altri conoscono i problemi e le difficoltà reali della vita nella nostra società. C´è più sapienza pratica lì che in tanti studi accademici, libri, dossier che spesso si pagano fior di quattrini per rimanere a giacere impilati. Perché c´è così poca attenzione e apertura, anzi spesso disprezzo, verso questo mondo? La risposta alla domanda formulata sopra è semplice: la scarsa attenzione, se non l´ostilità, dipende dalla difesa di rendite di posizione politica che sarebbero insidiate dall´apertura. Non c´è da fare tanti giri di parole: è la sempiterna tendenza oligarchica del potere costituito”.
Ma in pratica, nella situazione concreta, come si affronta positivamente il rapporto con questa “tendenza oligarchica” che può essere in agguato anche nelle consultazioni formali?
 

                                                                                   La Comunità dell'Isolotto Firenze



mercoledì 15 settembre 2010

Quando la storia non va avanti


Un brano estratto dall’intervento di Camillo Benso Conte di Cavour al Parlamento subalpino a sostegno della Commissione di inchiesta sulle ingerenze del clero nelle elezioni del 1857, ossia 13 anni prima della presa di Porta Pia


 


"Ma quando il clero, riconquistata ed assicurata la libertà, vuol combattere per riacquistare gli antichi privilegi, per far tornare indietro la società, per impedire il normale e regolare sviluppo della civiltà moderna, allora è da deplorare il suo intervento nelle lotte politiche (...). Io ho troppa fede nel principio del progresso e della libertà per temere che possa essere posto a cimento in una lotta condotta con armi puramente legali. Se la libertà ha potuto fare dei progressi immensi quando aveva a lottare contro il clero e le classi privilegiate, e la libertà era in certo modo inerme, come mai potrei temere che ora essa potesse correre vero pericolo se avesse a combattere i suoi avversari ad armi uguali? (…) Ma se io non temo le lotte politiche, quando siano combattute con armi legali, non posso dire altrettanto, ove il clero potesse impunemente valersi delle armi spirituali di cui è investito per ben altri uffizi che per trionfare questo o quell’altro politico candidato. Oh! Allora veramente la lotta non sarebbe più uguale; ed ove si lasciasse in questo terreno pigliare piede e assoldarsi l’uso di queste armi spirituali, la società correrebbe i più gravi pericoli, la lotta da legale correrebbe rischio di trasformarsi in lotta materiale”. 

Quando la storia non va avanti


Un brano estratto dall’intervento di Camillo Benso Conte di Cavour al Parlamento subalpino a sostegno della Commissione di inchiesta sulle ingerenze del clero nelle elezioni del 1857, ossia 13 anni prima della presa di Porta Pia


 


"Ma quando il clero, riconquistata ed assicurata la libertà, vuol combattere per riacquistare gli antichi privilegi, per far tornare indietro la società, per impedire il normale e regolare sviluppo della civiltà moderna, allora è da deplorare il suo intervento nelle lotte politiche (...). Io ho troppa fede nel principio del progresso e della libertà per temere che possa essere posto a cimento in una lotta condotta con armi puramente legali. Se la libertà ha potuto fare dei progressi immensi quando aveva a lottare contro il clero e le classi privilegiate, e la libertà era in certo modo inerme, come mai potrei temere che ora essa potesse correre vero pericolo se avesse a combattere i suoi avversari ad armi uguali? (…) Ma se io non temo le lotte politiche, quando siano combattute con armi legali, non posso dire altrettanto, ove il clero potesse impunemente valersi delle armi spirituali di cui è investito per ben altri uffizi che per trionfare questo o quell’altro politico candidato. Oh! Allora veramente la lotta non sarebbe più uguale; ed ove si lasciasse in questo terreno pigliare piede e assoldarsi l’uso di queste armi spirituali, la società correrebbe i più gravi pericoli, la lotta da legale correrebbe rischio di trasformarsi in lotta materiale”. 

lunedì 13 settembre 2010

Laicità delle Istituzioni

Al Sindaco di Roma
Gianni Alemanno
sindaco@comune.roma.it
 
Al Presidente della Regione Lazio
Renata Polverini
presidente@regione.lazio.it
 
Al Presidente della provincia di Roma
Nicola Zingaretti
segreteria.presidente@provincia.roma.it
 
p.c.  Ai consiglieri comunali,regionali, provinciali.
 
La Consulta Romana, come rappresentante della realtà associativa laica romana,  richiede una serie di formali ed ufficiali contatti con le Istituzioni Comunali,  con la Provincia e con la Regione Lazio  per  presentare  alcuni quesiti ritenuti importanti e qualificanti per l’affermazione della laicità delle istituzioni nella nostra città, provincia, regione.
 
Richieste per l'affermazione della laicità delle istituzioni
 
Questo documento viene presentato dalla Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni in nome e per conto di tutte le associazioni laiche aderenti all’associazione ed a nome di tutti i cittadini che si riconoscono nei principi fondanti della Costituzione Italiana.
 



  1. In ordine ai riti di passaggio, si chiede:


 
a) Che nei singoli Municipi sia prevista una dignitosa sala per la celebrazione dei matrimoni civili, in modo da non obbligare i cittadini che scelgono questo rito non siano costretti a lunghe file al Campidoglio o alle Terme di Caracalla (soli luoghi oggi predisposti).
b) Che si prevedano norme apposite che consentano ai cittadini che scelgono il matrimonio civile di celebrarlo anche in luoghi privati così come consentito ai fedeli di religioni che abbiano stipulato un’Intesa con lo Stato (e ai Cattolici ai sensi del Concordato).
c)  Che nei singoli Municipi sia predisposta una Sala per il Commiato.
 
2.    In ordine al testamento biologico, si chiede:

L'istituzione presso tutti i Municipi di Roma ed in tutti i comuni del Lazio di un registro telematico per le dichiarazioni anticipate di volontà in tema di trattamenti sanitari e di sostegno vitale, onoranze funebri, cremazioni, dispersione delle ceneri, donazione degli organi.
 
3.    In ordine all’interruzione di gravidanza, si chiede:
 



  1. Che venga promossa all’interno delle strutture preposte la presenza di medici non obiettori in modo da garantire un servizio più adeguato a tutte le donne che richiedono un’interruzione di gravidanza.


 
b)   Che i protocolli clinici in merito alla pillola abortiva RU486 ne prevedano la somministrazione secondo il giudizio del personale medico e la volontà della donna e non richiedano necessariamente il ricovero ospedaliero. In subordine che vengano effettuati in day hospital in tutti i reparti di interruzione volontaria di gravidanza dove si applica la 194, che sono, pertanto, idonei a praticare l’aborto farmacologico, senza alcuna necessità nel numero di posti letto dedicati.
 
4.    In ordine ai finanziamenti e alle agevolazioni fiscali alle associazioni a carattere religioso
 
Si chiede una trasparenza completa sui trasferimenti alle associazioni a carattere religioso o gestite direttamente o indirettamente da associazioni a carattere religioso, comprendente un elenco esaustivo di tutti i finanziamenti diretti ed indiretti comprendenti fra l'altro:



  • Finanziamenti ad associazioni religiose.


  • Finanziamenti ad enti di cura.


  • Finanziamenti ad enti di istruzione, nella fattispecie a:


  • scuole materne,


  • scuole primarie e secondarie,


  • Enti di istruzione professionale


  • Università


  • Finanziamenti ad associazioni sportive.


  • Finanziamenti ad associazioni ed enti culturali


  • Concessione di esenzioni parziali o totali in materia fiscale.


  • Concessione di privilegi  relativamente all'utilizzo di beni e/o servizi.


  • Trasferimenti di bilancio da Istituzioni pubbliche ad Istituzioni religiose a qualunque titolo.


  • Ogni altro trasferimento, diretto o indiretto, non incluso nell'elenco precedente.


 



  1. In ordine al settore istruzione, si chiede:


 



  1. (Regione, Provincia, Comune) La promozione ed il sostegno di attività interculturali, che prescindano dalle diverse appartenenze religiose e rappresentino occasione di approccio a culture altre rispetto al pensiero dominante, senza tuttavia entrare nel merito di valutazioni didattico - educative di pertinenza delle singole istituzioni scolastiche (ad es. imposizione del tetto del 30% di alunni/e stranieri/e per classe).


  2. (Comune) L’introduzione di "menu etnici" nelle mense scolastiche, visti come momento di confronto tra mondi diversi, e conclusivi di attività didattiche.


  3. (Regione, Provincia, Comune) Provvedimenti rivolti agli alunni/e nomadi (in particolare, collegamenti e mezzi di trasporto adeguati), affinché i nuovi insediamenti non li privino della frequenza scolastica, ma anzi quest’ultima possa allargarsi a una scolarizzazione oltre quella di base.


  4. (Comune) L’attuazione di attività alternative alla religione cattolica per chi non si avvale dell’IRC nelle scuole dell’infanzia comunali, come previsto nella scheda di iscrizione.


  5. (Regione, Provincia, Comune) che ciascun organo nell’ambito delle proprie competenze si faccia garante della non esposizione ed ostentazione di simboli religiosi nei locali scolastici.


  6. Per quanto riguarda le Scuole dell'Infanzia comunali  chiediamo:


  7. Il pieno rispetto dei diritti di coloro che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica e l’attuazione delle attività  alternative,così come stabilito nei testi normativi.


  8. Che il Comune e i Municipi  controllino capillarmente se tale disposizione viene in realtà rispettata, e che sia istituito un apposito sportello dove i genitori,  possano far pervenire le denunce di inadempienze, affinché  non si vedano costretti a una scelta confliggente con la propria libertà di coscienza non avendo di fatto alternative.


 



  1. Istituzione di un “Sportello Informativo su temi laici”


 
Riteniamo che ciascuna Istituzione, nell'ambito del proprio livello di competenza istituzionale, debba farsi carico di istituire uno “sportello laico”  al quale tutti i cittadini possano accedere per trovare soluzioni o indicazioni concrete (procedure da seguire, logistica a disposizione, cerimonie, etc.) alle loro istanze su materie come:
 
Il commiato laico, l’accanimento terapeutico, la conservazione di cellule, cordone ombelicale, cremazione e dispersione delle ceneri, l’aborto, le adozioni, le celebrazioni di feste civili, il crocifisso nei locali pubblici, i diritti degli immigrati, i diritti degli omosessuali, la donazione di organi, la fecondazione assistita, l’insegnamento della religione e l’insegnamento alternativo, il matrimonio civile, la pillola abortiva e quella del giorno dopo,il registro delle dichiarazioni anticipate di volontà di fine vita, la separazione legale e il divorzio, le unioni di fatto, il 5 x 1000, etc.).
 



  • Richiediamo, pertanto, l’istituzione di uno “Sportello laico”  in grado di raccogliere le istanze di quei cittadini che abbiano esigenze sui temi elencati.


 
Carlo Cosmelli
Coordinatore della Consulta Laica Romana
Roma 31-8-2010
 
Le associazioni aderenti alla Consulta:
. AFFI Associazione Federativa Femminista Internazionale.
. Arcigay Roma.
. ARCo Associazione per la Ricerca e la Comunicazione.
. Associazione culturale Altrevie.
. Associazione Libera uscita – Sede di Roma.
. Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” - Sezione di Roma.
. Carta 89.
. Cemea del Mezzogiorno.
. CGIL Roma e Lazio - Ufficio Nuovi Diritti.
. Com Nuovi Tempi – Confronti.
. CRIDES Centro Romano d'Iniziativa per la Difesa dei Diritti nella Scuola.
. Democrazia laica.
. FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti Roma e Lazio.
. Fondazione Critica Liberale.
. Fondazione Religions-Free Bancale Onlus.
. Gruppo Martin Buber, Ebrei per la pace.
. Italialaica.it
. Lettera Internazionale.
. Liberacittadinanza – Sede di Roma.
. Libertà e Giustizia – Circolo di Roma.
. Noi siamo Chiesa – Roma.
. Società Laica e Plurale.
 


Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni


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