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martedì 31 marzo 2009

Peppino Englaro

Domenica 29 marzo 2009, alle baracche verdi



v. nella colonna sinistra l'audio integrale dell'assemblea domenicale (da Radio radicale)

Peppino Englaro

Domenica 29 marzo 2009, alle baracche verdi



v. nella colonna sinistra l'audio integrale dell'assemblea domenicale (da Radio radicale)

martedì 24 marzo 2009

Testamento biologico e amore per la vita

 questo il tema


che  socializzeremo nell'incontro eucaristico comunitario domenica prossima 29 marzo 2009 ore 10,30, a cui parteciperà Beppino Englaro. 

Parteciperanno anche rappresentanti di altre comunità ecclesiali e parrocchie e dell'Associazione Liberi di decidere. L'incontro si svolgerà alle "Baracche" dell'Isolotto, via degli Aceri 1 Firenze, autobus n. 9, tel. 055711362.


"La morte fa parte della vita: amare la vita vuol dire amare anche la sua finitezza": è questo il messaggio più pregnante che ci ha offerto e continuerà a donarci Eluana. Beppino Englaro ha raccolto quelle precise parole da "Eluana nel pieno della giovinezza" e ha speso la vita per liberarle dagli impedimenti culturali contribuendo in maniera decisa e produttiva a farle divenire senso comune,  capaci  di informare positivamente le relazioni e la politica. Ma la consapevolezza di Eluana non è piovuta dal cielo. Al tempo in cui  lei poco più che ventenne esprimeva quella consapevolezza, il tema della riapproriazione della morte come parte della vita stava diffondendosi sull'onda lunga del vento del '68. A dimostrazione che il '68 fu veramente un imponente processo storico di trasformazione globale della società che andava a incidere nel profondo fino al senso della vita e della morte e non una folata velleitaria senza  passato e senza futuro. L'Archivio storico della Comunità dell'Isolotto conserva un numero del Notiziario (n.251 - giugno 1990) dal titolo "La morte fra tabù e riappropriazione: il tema  della morte nella Bibbia e nel percorso comunitario di ricerca esistenziale". Quella socializzazione fu una tappa importante della crescita comunitaria. Del tutto inconsapevolmente ci animava una  sorprendente consonanza con Eluana che a quel tempo aveva vent'anni: era nata nel 1970. E' una dimostrazione che la consapevolezza di Eluana non era isolata ma faceva parte di una maturazione collettiva che stava lentamente penetrando negli ambienti più aperti della società, sia laici che religiosi.

Ma la consapevolezza è la grande nemica del potere. Il quale si nutre di disperazione, paura, rassegnazione e sottomissione. Come la speranza prendeva forma di consapevolezza a livello mondiale, così anche la strategia per annullarla fu globale. Ed ora siamo alla resa dei conti decisiva. Tutto questo è in gioco oggi nel confronto estremo sul senso della vita e della morte e sulla sovranità della  persona nutrita di relazioni come soggetto morale titolare di un diritto inalienabile a decidere di se stesso.

L'etica laica è una pratica che, includendo questo cruciale aspetto delle scelte personali, si spinge oltre, supera con la forza della "normalità" le barriere erette dai poteri assoluti. Il "se stesso" entra in una stretta e vitale relazione con gli altri "se", in una faticosa ricerca collettiva di risposte sul senso più profondo e generale dell'esperienza umana: la vita, la morte, la giustizia sociale ed economica, la riconciliazione con la natura.

Beppino e con lui Eluana, saranno con noi tra noi in questo spirito di  continua e positiva ricerca.


                                                                La Comunità dell'Isolotto - Firenze

Testamento biologico e amore per la vita

 questo il tema


che  socializzeremo nell'incontro eucaristico comunitario domenica prossima 29 marzo 2009 ore 10,30, a cui parteciperà Beppino Englaro. 

Parteciperanno anche rappresentanti di altre comunità ecclesiali e parrocchie e dell'Associazione Liberi di decidere. L'incontro si svolgerà alle "Baracche" dell'Isolotto, via degli Aceri 1 Firenze, autobus n. 9, tel. 055711362.


"La morte fa parte della vita: amare la vita vuol dire amare anche la sua finitezza": è questo il messaggio più pregnante che ci ha offerto e continuerà a donarci Eluana. Beppino Englaro ha raccolto quelle precise parole da "Eluana nel pieno della giovinezza" e ha speso la vita per liberarle dagli impedimenti culturali contribuendo in maniera decisa e produttiva a farle divenire senso comune,  capaci  di informare positivamente le relazioni e la politica. Ma la consapevolezza di Eluana non è piovuta dal cielo. Al tempo in cui  lei poco più che ventenne esprimeva quella consapevolezza, il tema della riapproriazione della morte come parte della vita stava diffondendosi sull'onda lunga del vento del '68. A dimostrazione che il '68 fu veramente un imponente processo storico di trasformazione globale della società che andava a incidere nel profondo fino al senso della vita e della morte e non una folata velleitaria senza  passato e senza futuro. L'Archivio storico della Comunità dell'Isolotto conserva un numero del Notiziario (n.251 - giugno 1990) dal titolo "La morte fra tabù e riappropriazione: il tema  della morte nella Bibbia e nel percorso comunitario di ricerca esistenziale". Quella socializzazione fu una tappa importante della crescita comunitaria. Del tutto inconsapevolmente ci animava una  sorprendente consonanza con Eluana che a quel tempo aveva vent'anni: era nata nel 1970. E' una dimostrazione che la consapevolezza di Eluana non era isolata ma faceva parte di una maturazione collettiva che stava lentamente penetrando negli ambienti più aperti della società, sia laici che religiosi.

Ma la consapevolezza è la grande nemica del potere. Il quale si nutre di disperazione, paura, rassegnazione e sottomissione. Come la speranza prendeva forma di consapevolezza a livello mondiale, così anche la strategia per annullarla fu globale. Ed ora siamo alla resa dei conti decisiva. Tutto questo è in gioco oggi nel confronto estremo sul senso della vita e della morte e sulla sovranità della  persona nutrita di relazioni come soggetto morale titolare di un diritto inalienabile a decidere di se stesso.

L'etica laica è una pratica che, includendo questo cruciale aspetto delle scelte personali, si spinge oltre, supera con la forza della "normalità" le barriere erette dai poteri assoluti. Il "se stesso" entra in una stretta e vitale relazione con gli altri "se", in una faticosa ricerca collettiva di risposte sul senso più profondo e generale dell'esperienza umana: la vita, la morte, la giustizia sociale ed economica, la riconciliazione con la natura.

Beppino e con lui Eluana, saranno con noi tra noi in questo spirito di  continua e positiva ricerca.


                                                                La Comunità dell'Isolotto - Firenze

sabato 21 marzo 2009

Ateismo

In Germania


In Germania, per una pluralità di motivi, una campagna ateista non può avere l'effetto che conta di avere in un paese quale l'Italia, la Spagna, la Gran Bretagna.

In Italia, una campagna ateista fa leva sul sentimento anticlericale, in Germania questo sarebbe impossibile per due motivi principali: Sino dai tempi della monarchia prussiana, l'ordinamento statale in tutta la Germania (cioè, già prima dell'unificazione nel 1871) è stato laico -cosa indispensabile in un paese composto per metà da protestanti (maggioranza luterana, minoranza riformista) e per metà da cattolici. Il codice civile regola le relazioni tra i cittadini, i precetti religiosi quelle tra i fedeli della medesima comunità religiosa e le due sfere sono tenute separate (esempio: il matrimonio è valido solo se concluso civilmente, la cerimonia religiosa che si potrà aggiungere alla procedura civile, è una scelta personale; idem per il divorzio, che dev'essere pronunciato da un tribunale civile, prescindendo dalla condanna e dal non-riconoscimento da parte della Chiesa Cattolica).

Questo fa dell'adesione religiosa un fatto privato, di scelta individuale. Di conseguenza, anche la scelta ateista è un fatto privato, non si presta a diventare un programma per l'azione collettiva, che trasformerebbe l'ateismo in una scelta collettiva e quindi, in una nuova comunità pseudo-confessionale.


Trovato qui

Ateismo

In Germania


In Germania, per una pluralità di motivi, una campagna ateista non può avere l'effetto che conta di avere in un paese quale l'Italia, la Spagna, la Gran Bretagna.

In Italia, una campagna ateista fa leva sul sentimento anticlericale, in Germania questo sarebbe impossibile per due motivi principali: Sino dai tempi della monarchia prussiana, l'ordinamento statale in tutta la Germania (cioè, già prima dell'unificazione nel 1871) è stato laico -cosa indispensabile in un paese composto per metà da protestanti (maggioranza luterana, minoranza riformista) e per metà da cattolici. Il codice civile regola le relazioni tra i cittadini, i precetti religiosi quelle tra i fedeli della medesima comunità religiosa e le due sfere sono tenute separate (esempio: il matrimonio è valido solo se concluso civilmente, la cerimonia religiosa che si potrà aggiungere alla procedura civile, è una scelta personale; idem per il divorzio, che dev'essere pronunciato da un tribunale civile, prescindendo dalla condanna e dal non-riconoscimento da parte della Chiesa Cattolica).

Questo fa dell'adesione religiosa un fatto privato, di scelta individuale. Di conseguenza, anche la scelta ateista è un fatto privato, non si presta a diventare un programma per l'azione collettiva, che trasformerebbe l'ateismo in una scelta collettiva e quindi, in una nuova comunità pseudo-confessionale.


Trovato qui

venerdì 20 marzo 2009

TESTAMENTO BIOLOGICO


Nell'incontro comunitario, domenica prossima 22 marzo ore 10,30, alle barache dell'Isolotto via degli Aceri 1 Firenze,   


riprenderemo il tema del testamento biologico per riflettere insieme su "TESTAMENTO BIOLOGICO FRA ETICA INDIVIDUALE ED ETICA COMUNIATRIA".

 

                                                                                La Comunità dell'Isolotto

TESTAMENTO BIOLOGICO


Nell'incontro comunitario, domenica prossima 22 marzo ore 10,30, alle barache dell'Isolotto via degli Aceri 1 Firenze,   


riprenderemo il tema del testamento biologico per riflettere insieme su "TESTAMENTO BIOLOGICO FRA ETICA INDIVIDUALE ED ETICA COMUNIATRIA".

 

                                                                                La Comunità dell'Isolotto

giovedì 19 marzo 2009

INSIEME PER L'AMBIENTE

Isolotto rifiuti zero


a seguito della nascita del  coordinamento "INSIEME PER L'AMBIENTE ISOLOTTO-RIFIUTIZERO" dal 27 Marzo in Piazza dell'Isolotto sarà presente un eco-furgone per la raccolta dell'olio usato ed altro  allego volantino : informa tutti quelli che conosci.


Insieme per l’ambiente

Segreteria del Coordinamento:


Baracche verdi -Via degli Aceri 1 - 50142 Firenze


Tel e fax:. 055.711362


email:


isolottorifiutizero@gmail.com

*****************************************************



.


QUELL’ OLIO CHE INQUINA LA BUONA ACQUA

PASSAPAROLA



Quando hai usato l’olio per friggere non gettarlo negli scarichi di casa, raccoglilo in un contenitore di plastica.


Dal


27 marzo, ogni Venerdi, dalle ore 10,00 alle ore 12,00,

in piazza dell’Isolotto troverai un furgone di Quadrifoglio che lo raccoglie e lo ricicla


Lo stesso furgone raccoglie anche:


pile, bombolette spray, lampadine, piccoli elettrodomestici, toner, cartucce di stampanti, batterie.


. Avrai fatto una buona azione per salvare l’ambiente.


Isolotto – Rifiuti Zero

INSIEME PER L'AMBIENTE

Isolotto rifiuti zero


a seguito della nascita del  coordinamento "INSIEME PER L'AMBIENTE ISOLOTTO-RIFIUTIZERO" dal 27 Marzo in Piazza dell'Isolotto sarà presente un eco-furgone per la raccolta dell'olio usato ed altro  allego volantino : informa tutti quelli che conosci.


Insieme per l’ambiente

Segreteria del Coordinamento:


Baracche verdi -Via degli Aceri 1 - 50142 Firenze


Tel e fax:. 055.711362


email:


isolottorifiutizero@gmail.com

*****************************************************



.


QUELL’ OLIO CHE INQUINA LA BUONA ACQUA

PASSAPAROLA



Quando hai usato l’olio per friggere non gettarlo negli scarichi di casa, raccoglilo in un contenitore di plastica.


Dal


27 marzo, ogni Venerdi, dalle ore 10,00 alle ore 12,00,

in piazza dell’Isolotto troverai un furgone di Quadrifoglio che lo raccoglie e lo ricicla


Lo stesso furgone raccoglie anche:


pile, bombolette spray, lampadine, piccoli elettrodomestici, toner, cartucce di stampanti, batterie.


. Avrai fatto una buona azione per salvare l’ambiente.


Isolotto – Rifiuti Zero

martedì 17 marzo 2009

Insieme alle

Un percorso di educazione etica-religiosa-laica.




 2008-2009: Insieme alle "baracche"  

Domenica 15 marzo 2009 - Il senso del bene e del male attraverso le animazioni di quattro racconti della saggezza antica: il serpente che credeva di diventare buono smettendo di sibilare e l'uomo che smise di odiare quando meno se lo aspettava (ambedue i racconti dalla cultura orientale-buddista); Caino e Abele - nessuno tocchi Caino (dalla cultura biblica-ebraica); la donna che non fu lapidata - chi è senza peccato scagli la prima pietra (dalla cultura evangelica-cristiana).


Così cresciamo insieme: piccoli e grandi

e cresce insieme il nostro essere: mente, corpo, emozioni, relazioni

e crescono insieme le pagine del nostro quaderno dell'alfabeto animato

e cresce insieme la gioia di vivere e il bisogno di ritrovarsi


Foto dell'incontro

Insieme alle

Un percorso di educazione etica-religiosa-laica.




 2008-2009: Insieme alle "baracche"  

Domenica 15 marzo 2009 - Il senso del bene e del male attraverso le animazioni di quattro racconti della saggezza antica: il serpente che credeva di diventare buono smettendo di sibilare e l'uomo che smise di odiare quando meno se lo aspettava (ambedue i racconti dalla cultura orientale-buddista); Caino e Abele - nessuno tocchi Caino (dalla cultura biblica-ebraica); la donna che non fu lapidata - chi è senza peccato scagli la prima pietra (dalla cultura evangelica-cristiana).


Così cresciamo insieme: piccoli e grandi

e cresce insieme il nostro essere: mente, corpo, emozioni, relazioni

e crescono insieme le pagine del nostro quaderno dell'alfabeto animato

e cresce insieme la gioia di vivere e il bisogno di ritrovarsi


Foto dell'incontro

giovedì 12 marzo 2009

Ma la Chiesa è un’altra cosa

INFORMAFIRENZE Mensile di informazione – anno VII n. 3 marzo 2009

Pag.9

(200.000 copie in distribuzione postale gratuita a tutte le famiglie di Firenze)




«Ma la Chiesa è un’altra cosa»

di Gianni Somigli


Conversazione con Don Enzo Mazzi, della Comunità di Base dell’Isolotto

Eluana e il Vaticano. I diritti e il Vangelo. I politici e la magistratura. I sondini e le ingerenze. Beppino Englaro e il generale Cadorna. La finitezza della vita e la riappropriazione della morte. Il buio e un fiammifero. I valori e la violenza. Le domande e le risposte.


Sconvolto, nauseato, rattristato, incredulo. Così mi sento negli ultimi tempi. Un po’ come d’autunno sugli alberi le foglie. Frustato da folate gelide di ipocrisia, graffiato da raffiche di dichiarazioni politiche, vescovili, giornalistiche. Dibattiti presunti, con-fusione reale. Pressappochismo imperante. Domande e dubbi, tanti. Risposte poche, rarissime. Ma forzatamente salde, disperatamente radicate, come se ogni presa di po-sizione, ora da una parte, ora dall’altra, a mo’ di cacciavite dessero, una volta, poi una volta, poi un’altra ancora, una stretta per rinsaldarle, queste convinzioni maldestra-mente arruffate, disperatamente salde. Sorvolando sul giusto e lo sbagliato. Ignorando se quella luce che seguo sia un faro o una lucciola, un fuoco fatuo.

Le mode del momento sono segnate dalle parole. Espressioni che si appiccicano o-vunque, almeno fino alla prossima moda, fino al prossimo momento, vomitate come titoli, medaglie al disvalore, etichette. Ultima moda, ultimo momento, ultima meda-glia: “Libertà di coscienza”. Un po’ come: “Dialogo”. Un po’ come: “Riforme”. Pa-role. Contenitori lessicali senza contenuto.

Sconvolto, nauseato, frastornato. Mi chiedo: davvero succede tutto questo, ora e qui, nel mio Paese, un Paese civile, e occidentale, con un Governo “liberale”, baluardo di democrazia, di libertà, di cui esso è il Popolo... Ma com’è possibile? Dov’è lo scher-zo?

Brancolo in un’aspra selva selvaggia e forte, in preda al dubbio e all’incredulità. Ma-cino passi lenti e incerti. Inciampo. Sobbalzo. Ogni ramo nasconde domande destabi-lizzanti. Dal marcio dei tronchi fetidi non nascono foglie, ma minacciose e stridenti insinuazioni intellettuali. La situazione si aggrava, di ora in ora: vi prego, infilatemi nel naso un sondino, pretendo la somministrazione forzata di frasi sensate. Di sobrie-tà e di equilibrio.

L’epicentro del marasma si fissa intorno a una parola: ingerenza. Anzi no: Chiesa. Neanche: Fede. Forse, però. Perché nel buio della selva avverto che sì, è una parola, ma no, non riesco a distinguerla. È una parola e sono mille. Eccola là, la vedo, nasco-sta dietro le dita secche di ramo scarno. Una parola di mille parole. Cangiante. Cupa. Contenitore lessicale strabordante contenuti e contraddizioni.

Logica, mi dico. Ci vuole logica. Ma Fede e Logica si escludono a vicenda, per defi-nizione. Eppure, ci sono proposizioni, non dogmi, ma prese di posizione, che per quanto mi ci arrovelli, rimangono paradossi. Indifendibili passaggi illogici che si ba-sano sul nulla. Nemmeno sulla Fede.


“Solo Dio decide quando finisce una vita”. Ma allora è Dio che ha messo un sondino nello stomaco di Eluana, attraverso il suo naso, non i medici? Non è stato l’Uomo, ma Dio? No, sai, perché invece a me pare Dio avesse già deciso diciassette anni fa.

E questo è solo uno dei paradossi che non riesco a spiegarmi. Sono ingenuo. In altri tempi mi avrebbero chiamato Candido. O Idiota.

Devo cercare qualcuno con cui parlare. Dicono che il confronto arricchisce. Credo che dipenda dalla persona con cui ci confrontiamo. Nel mio caso, dovrei trovare qualcuno che pensi. Che conosca le situazioni, che sappia come stanno le cose, ma che non parli “per partito preso”. Né per compiacermi.

Qualcuno che conosca i sentieri di questa selva oscura, dove non sono affatto solo, ma dove brancola una mormorante folla silenziosa: persone che si guardano in cagne-sco, riempiendo gli angusti spazi col rumore di denti digrignanti e di urla: “Assassini! Assassini!”.

Mi guardo intorno. Cerco, scruto, guardo. Per quanto mi impegni, vedo solo bandiere sventolate, vessilli di colori diversi portati alti da una massa informe di personaggi di chissà dove, chissà quando.

Quando ormai mi vedo costretto all’eterno sonno della ragione irragionevole, leggo, su un sito o forse su un giornale, di un noto prete di Firenze, o meglio dell’Isolotto. Uno di quei sacerdoti che ti fa ancora voler bene alla Chiesa, almeno come concetto. Sì, ho deciso: è con lui che voglio parlare. È a lui che voglio porre le mie domande. E le mie domande sulle sue risposte.

Voglio presentarmi da lui, da uomo dubbioso, senza accondiscendenze reciproche, senza compiacimenti, senza preconcetti e pregiudizi.

È così che mi presento. Salve, don Enzo Mazzi. Sono Gianni Somigli, giornalista, ma più di tutto sono uno che ha tanti dubbi e che cerca qualche verità intorno a cui co-struire qualche certezza; verità, dico. Per ora va bene con la minuscola. Un passo alla volta.


Don Mazzi, tutti invocano il silenzio. Per me, è ipocrisia. Io sento come non mai il bisogno di parlare e di ascoltare. Ma ho le idee sempre più confuse. Ci sono ragiona-menti che mi sembrano così illogici, ma che condizionano, anche contro la loro vo-lontà e le loro credenze, la vita di milioni di persone. Pure la mia. Le posso esporre qualcuno di questi angosciosi e tormentati punti interrogativi?


R. Amo e apprezzo gli interrogativi. Fin dal Seminario, quando insieme ad altri, ad esempio don Lorenzo Milani mio compagno di banco, cercavamo spiragli di speran-za nel granitico blocco della teologia dogmatica e pastorale. Ambedue abbiamo tro-vato ostacoli a non finire, ma anche una grande libertà, grazie all’incontro con tante persone in ricerca, oltre tutti i dogmatismi, sia religiosi che laici. È questa la comu-nità di base. Anche quella dell’Isolotto. Gente in ricerca tenendosi per mano.


Bene. Dunque: chi sceglie quando finisce la vita, Dio o l’Uomo?


R. Nella domanda non le sembra che ci sia un allineamento alla certezza, data per scontata sia nel dogma che nel senso comune, che Dio e l’uomo sono realtà separate e quasi contrapposte? Alla frase “Dio o l’uomo”, io preferisco “Dio e l’uomo”, e meglio ancora “Dio e l’uomo e la donna”. E implicita nella domanda vedo un’altra certezza: la separazione e contrapposizione fra la vita e la morte. Non sarebbe il ca-so di metterci un grosso interrogativo?


Ma sì, uno più o in meno non fa differenza ormai. Quale insegnamento devo trarre dalla storia di Eluana?


R. Che la morte fa parte della vita. Ecco il messaggio che ci ha offerto e continuerà a donarci Eluana. Beppino Englaro ha raccolto questa consapevolezza, quelle precise parole dalla figlia “nel pieno della giovinezza”, e ha speso la vita per liberare queste parole dagli impedimenti culturali, contribuendo a farle divenire senso comune, ca-paci di informare positivamente.

C’è una sottovalutazione, forse un’incomprensione, del messaggio di Beppino Engla-ro. La vita è sacra in quanto parte di un tutto in divenire, che comprende finitezza e morte.

La cultura sacrale, invece, separa la vita dalla sua finitezza. La vita viene sacralizza-ta come dimensione astratta, contrapposta alla dimensione altrettanto astratta della morte. Il Vangelo è un grande messaggio di liberazione dalla cultura sacrale (sacro = separato), che contrappone Dio all’uomo, la vita alla propria finitezza.


La finitezza fa parte della vita. Negare in atti pratici tale finitezza, prolungando una vita effettivamente finita attraverso quel famoso “sondino”, non è come sfidare Dio, negando una decisione divina?


R. Il sondino in sé è una cosa positiva: è una protesi. Ci sono pareri diversi se sia te-rapia medica o sostegno vitale. Ma per me questo è secondario.

Il sondino diventa sopruso etico, pratica violenta e accanimento terapeutico, se viene imposto dai medici o dalla legge. Nessuno può impormi con la forza di mangiare o di bere, col cucchiaio, con l’imbuto, tanto più col sondino. L’imposizione dell’alimentazione è una violenza inaudita, tanto più grave quando viene praticata a persone incapaci di difendersi.

Il problema nasce quando non si è in grado di rifiutare l’alimentazione forzata. Bep-pino Englaro ha testimoniato e dimostrato come la figlia, prima dell’incidente, aves-se chiaramente manifestato la propria volontà di rifiutare l’alimentazione se si fosse trovata nella condizione di coma irreversibile o di vita vegetativa. Tutti i gradi della magistratura, che hanno indagato a fondo, gli hanno creduto. Certo, possiamo dubi-tare, perché anche la magistratura non è mica infallibile. Quello che non è giusto è però trasformare il dubbio in fanatismo: continuare a imporre a Eluana l’alimentazione con la forza sarebbe stata una violenza.


Don Mazzi, sicuramente è colpa mia. Sicuramente sono un ingenuo. Ma sembra solo a me, o tutte queste vicende hanno un odore di mera strumentalizzazione politica?


R. C’è la strumentalizzazione, certo. C’è però anche un’ancestrale paura della morte priva di positiva elaborazione.


Si parlava prima della finitezza della vita. Ma perché la Morte fa così paura? Mi chiedo e le chiedo: perché la paura della Morte è così utile, e a chi?


R. Siamo stati abituati fin da piccoli a considerare la morte come punizione per il peccato. Una specie di condanna a morte dell’umanità intera divenuta peccatrice, un’esecuzione capitale che solo Dio ha il diritto di eseguire. La mostruosità distrutti-va della violenza nasce da lì, dalla mostruosità di quella “condanna a morte”, dalla violenta espropriazione della nostra responsabilità.


La invito a riflettere insieme a me. Credo alle parole di Bagnasco: la Chiesa non in-terferisce con la vita politica italiana, ha detto. Poi leggo di telefonate “tra le due sponde del Tevere”, di interventi, scomuniche e anatemi, di plausi al Governo e di-spiacere per il Quirinale. Sono ingenuo, sì. Ma...


R. Il Vaticano è uno Stato in tutto e per tutto. Il papa è un monarca assoluto. In Ita-lia, poi, è uno Stato nello Stato. La Chiesa è un’altra cosa. La Chiesa siamo tutti noi che scegliamo di esserlo. Ce l’ha insegnato il Concilio e prima ancora il Vangelo.


Politici, preti, papi, medici, attori, giornalisti, passanti: tutti, pur invocando il solito silenzio, hanno detto qualcosa su questa vicenda. Una vicenda al cui centro è stata messa Eluana. Secondo me, il vero protagonista, invece è Beppino Englaro.

Io mi sono fatto una mia idea. Un po’ romantica, magari tardo-risorgimentale. Per me Beppino Englaro è un vero eroe. Diciassette anni di battaglie. In confronto, Cadorna era un organizzatore di picnic, e Porta Pia fu una passeggiata di salute: oggi le canno-nate vengono dall’altra parte della breccia. Qual è il suo pensiero verso il mio eroe, Beppino Englaro?


R. Trovo una mirabile consonanza fra il messaggio del Vangelo, o di altre religioni come il buddismo, e il messaggio di Beppino Englaro, che testimonia l’impostazione di vita di sua figlia. Ma la consapevolezza di Eluana non è piovuta dal cielo.

Nei tempi in cui lei era nel pieno della sua giovinezza, il tema della riappropriazione della morte come parte della vita stava diffondendosi sull’onda lunga dal vento del ‘68. Nell’archivio storico della Comunità dell’Isolotto, ho ritrovato un numero del Notiziario (251 – giugno 1990) dal titolo “La morte fra tabù e riappropriazione: il tema della morte nella Bibbia e nel percorso comunitario di ricerca esistenziale”.

Ci animava una sorprendente consonanza con i pensieri di una giovane Eluana: in quei tempi, aveva vent’anni. Col Notiziario, era riportata una poesia, scritta in occa-sione della morte di una cara amica, Pina, da un giovane della comunità cristiana di base di Pettorano sul Gizio, a noi molto vicina.

Tra l’altro, dice: «Vennero gli uomini dalla faccia rugata e dagli occhi insinceri. A regalare le scatole vuote con dentro l’estrema bugia: “Pina è morta”. Ci eravamo detti: “Quello che conta è non morire prima di morire. Non venderemo mai la vita per vivere”. Mai abbiamo dato retta. Mai abbiamo perso tempo a dare ascolto agli gnomi dagli occhi insinceri e la faccia mascherata da dottori, preti, maestri e senato-ri. Mai. Entrai ad ascoltarti ancora, nella stanza dove ti avevano rinchiusa durante l’agonia. “Non è questa la morte che mi fa paura, ma quella che mietono le mummie del potere”».

È una dimostrazione che l’elaborazione della morte come parte della vita e non come punizione per il peccato stava lentamente penetrando negli ambienti più aperti della società, sia laici che religiosi.


Il suo giudizio su Beppino è piuttosto simile al mio, allora...


R. La solidarietà verso di lui si esprime in forme di pietà umana per la sua sofferen-za. La lucida consapevolezza di Eluana, testimoniata dal padre, portata con forza dentro la società, testimoniata e difesa anche a prezzo dell’accusa infamante di omi-cidio, legittimata dalla magistratura, obbliga l’etica tradizionale a interrogarsi. Ma, soprattutto, aiuta tutti noi, la società intera, nella nostra ricerca esistenziale, spiri-tuale e religiosa.

Ci sono voluti quattrocento anni perché un papa, Wojtyla, riconoscesse che Galileo fu “sincero credente più perspicace dei suoi avversari teologi (cardinali e papi) in campo etico”. Eluana è tutti noi, è ogni donna e ogni uomo che cerca la liberazione.

Si dovrà aspettare altrettanto perché sia riconosciuto il grande illuminato amore per la vita insito nella scelta di Eluana e di suo padre, e perché sia scoperta la miopia dei loro avversari?


Eh no, don Mazzi, come dicono nei film polizieschi, qua le domande le faccio io. An-che se, le dico la verità: per me, se le cose vanno avanti (o indietro) di questo passo, non ci vorranno quattrocento anni ma almeno otto o novecento. A andare bene.

Ringrazio don Mazzi, mi congedo dopo la ricca e fitta chiaccherata. Non so bene se ho risolto i miei dubbi. Avverto però una sensazione leggera, come se fossi un po’ più ricco di prima.

Certo, non avrò la mappa che conduce a “riveder le stelle”, forse. Tuttavia, tra le ma-ni stringo un bel fiammifero. Continuando a fare e a farmi domande, magari riesco ad accenderlo. E nel buio, magari, riesco a trovare il sentiero. A uscire da ‘sta cavolo di selva. Con le mie gambe, con la mia testa, con le mie risposte.


       Gianni Somigli

Ma la Chiesa è un’altra cosa

INFORMAFIRENZE Mensile di informazione – anno VII n. 3 marzo 2009

Pag.9

(200.000 copie in distribuzione postale gratuita a tutte le famiglie di Firenze)




«Ma la Chiesa è un’altra cosa»

di Gianni Somigli


Conversazione con Don Enzo Mazzi, della Comunità di Base dell’Isolotto

Eluana e il Vaticano. I diritti e il Vangelo. I politici e la magistratura. I sondini e le ingerenze. Beppino Englaro e il generale Cadorna. La finitezza della vita e la riappropriazione della morte. Il buio e un fiammifero. I valori e la violenza. Le domande e le risposte.


Sconvolto, nauseato, rattristato, incredulo. Così mi sento negli ultimi tempi. Un po’ come d’autunno sugli alberi le foglie. Frustato da folate gelide di ipocrisia, graffiato da raffiche di dichiarazioni politiche, vescovili, giornalistiche. Dibattiti presunti, con-fusione reale. Pressappochismo imperante. Domande e dubbi, tanti. Risposte poche, rarissime. Ma forzatamente salde, disperatamente radicate, come se ogni presa di po-sizione, ora da una parte, ora dall’altra, a mo’ di cacciavite dessero, una volta, poi una volta, poi un’altra ancora, una stretta per rinsaldarle, queste convinzioni maldestra-mente arruffate, disperatamente salde. Sorvolando sul giusto e lo sbagliato. Ignorando se quella luce che seguo sia un faro o una lucciola, un fuoco fatuo.

Le mode del momento sono segnate dalle parole. Espressioni che si appiccicano o-vunque, almeno fino alla prossima moda, fino al prossimo momento, vomitate come titoli, medaglie al disvalore, etichette. Ultima moda, ultimo momento, ultima meda-glia: “Libertà di coscienza”. Un po’ come: “Dialogo”. Un po’ come: “Riforme”. Pa-role. Contenitori lessicali senza contenuto.

Sconvolto, nauseato, frastornato. Mi chiedo: davvero succede tutto questo, ora e qui, nel mio Paese, un Paese civile, e occidentale, con un Governo “liberale”, baluardo di democrazia, di libertà, di cui esso è il Popolo... Ma com’è possibile? Dov’è lo scher-zo?

Brancolo in un’aspra selva selvaggia e forte, in preda al dubbio e all’incredulità. Ma-cino passi lenti e incerti. Inciampo. Sobbalzo. Ogni ramo nasconde domande destabi-lizzanti. Dal marcio dei tronchi fetidi non nascono foglie, ma minacciose e stridenti insinuazioni intellettuali. La situazione si aggrava, di ora in ora: vi prego, infilatemi nel naso un sondino, pretendo la somministrazione forzata di frasi sensate. Di sobrie-tà e di equilibrio.

L’epicentro del marasma si fissa intorno a una parola: ingerenza. Anzi no: Chiesa. Neanche: Fede. Forse, però. Perché nel buio della selva avverto che sì, è una parola, ma no, non riesco a distinguerla. È una parola e sono mille. Eccola là, la vedo, nasco-sta dietro le dita secche di ramo scarno. Una parola di mille parole. Cangiante. Cupa. Contenitore lessicale strabordante contenuti e contraddizioni.

Logica, mi dico. Ci vuole logica. Ma Fede e Logica si escludono a vicenda, per defi-nizione. Eppure, ci sono proposizioni, non dogmi, ma prese di posizione, che per quanto mi ci arrovelli, rimangono paradossi. Indifendibili passaggi illogici che si ba-sano sul nulla. Nemmeno sulla Fede.


“Solo Dio decide quando finisce una vita”. Ma allora è Dio che ha messo un sondino nello stomaco di Eluana, attraverso il suo naso, non i medici? Non è stato l’Uomo, ma Dio? No, sai, perché invece a me pare Dio avesse già deciso diciassette anni fa.

E questo è solo uno dei paradossi che non riesco a spiegarmi. Sono ingenuo. In altri tempi mi avrebbero chiamato Candido. O Idiota.

Devo cercare qualcuno con cui parlare. Dicono che il confronto arricchisce. Credo che dipenda dalla persona con cui ci confrontiamo. Nel mio caso, dovrei trovare qualcuno che pensi. Che conosca le situazioni, che sappia come stanno le cose, ma che non parli “per partito preso”. Né per compiacermi.

Qualcuno che conosca i sentieri di questa selva oscura, dove non sono affatto solo, ma dove brancola una mormorante folla silenziosa: persone che si guardano in cagne-sco, riempiendo gli angusti spazi col rumore di denti digrignanti e di urla: “Assassini! Assassini!”.

Mi guardo intorno. Cerco, scruto, guardo. Per quanto mi impegni, vedo solo bandiere sventolate, vessilli di colori diversi portati alti da una massa informe di personaggi di chissà dove, chissà quando.

Quando ormai mi vedo costretto all’eterno sonno della ragione irragionevole, leggo, su un sito o forse su un giornale, di un noto prete di Firenze, o meglio dell’Isolotto. Uno di quei sacerdoti che ti fa ancora voler bene alla Chiesa, almeno come concetto. Sì, ho deciso: è con lui che voglio parlare. È a lui che voglio porre le mie domande. E le mie domande sulle sue risposte.

Voglio presentarmi da lui, da uomo dubbioso, senza accondiscendenze reciproche, senza compiacimenti, senza preconcetti e pregiudizi.

È così che mi presento. Salve, don Enzo Mazzi. Sono Gianni Somigli, giornalista, ma più di tutto sono uno che ha tanti dubbi e che cerca qualche verità intorno a cui co-struire qualche certezza; verità, dico. Per ora va bene con la minuscola. Un passo alla volta.


Don Mazzi, tutti invocano il silenzio. Per me, è ipocrisia. Io sento come non mai il bisogno di parlare e di ascoltare. Ma ho le idee sempre più confuse. Ci sono ragiona-menti che mi sembrano così illogici, ma che condizionano, anche contro la loro vo-lontà e le loro credenze, la vita di milioni di persone. Pure la mia. Le posso esporre qualcuno di questi angosciosi e tormentati punti interrogativi?


R. Amo e apprezzo gli interrogativi. Fin dal Seminario, quando insieme ad altri, ad esempio don Lorenzo Milani mio compagno di banco, cercavamo spiragli di speran-za nel granitico blocco della teologia dogmatica e pastorale. Ambedue abbiamo tro-vato ostacoli a non finire, ma anche una grande libertà, grazie all’incontro con tante persone in ricerca, oltre tutti i dogmatismi, sia religiosi che laici. È questa la comu-nità di base. Anche quella dell’Isolotto. Gente in ricerca tenendosi per mano.


Bene. Dunque: chi sceglie quando finisce la vita, Dio o l’Uomo?


R. Nella domanda non le sembra che ci sia un allineamento alla certezza, data per scontata sia nel dogma che nel senso comune, che Dio e l’uomo sono realtà separate e quasi contrapposte? Alla frase “Dio o l’uomo”, io preferisco “Dio e l’uomo”, e meglio ancora “Dio e l’uomo e la donna”. E implicita nella domanda vedo un’altra certezza: la separazione e contrapposizione fra la vita e la morte. Non sarebbe il ca-so di metterci un grosso interrogativo?


Ma sì, uno più o in meno non fa differenza ormai. Quale insegnamento devo trarre dalla storia di Eluana?


R. Che la morte fa parte della vita. Ecco il messaggio che ci ha offerto e continuerà a donarci Eluana. Beppino Englaro ha raccolto questa consapevolezza, quelle precise parole dalla figlia “nel pieno della giovinezza”, e ha speso la vita per liberare queste parole dagli impedimenti culturali, contribuendo a farle divenire senso comune, ca-paci di informare positivamente.

C’è una sottovalutazione, forse un’incomprensione, del messaggio di Beppino Engla-ro. La vita è sacra in quanto parte di un tutto in divenire, che comprende finitezza e morte.

La cultura sacrale, invece, separa la vita dalla sua finitezza. La vita viene sacralizza-ta come dimensione astratta, contrapposta alla dimensione altrettanto astratta della morte. Il Vangelo è un grande messaggio di liberazione dalla cultura sacrale (sacro = separato), che contrappone Dio all’uomo, la vita alla propria finitezza.


La finitezza fa parte della vita. Negare in atti pratici tale finitezza, prolungando una vita effettivamente finita attraverso quel famoso “sondino”, non è come sfidare Dio, negando una decisione divina?


R. Il sondino in sé è una cosa positiva: è una protesi. Ci sono pareri diversi se sia te-rapia medica o sostegno vitale. Ma per me questo è secondario.

Il sondino diventa sopruso etico, pratica violenta e accanimento terapeutico, se viene imposto dai medici o dalla legge. Nessuno può impormi con la forza di mangiare o di bere, col cucchiaio, con l’imbuto, tanto più col sondino. L’imposizione dell’alimentazione è una violenza inaudita, tanto più grave quando viene praticata a persone incapaci di difendersi.

Il problema nasce quando non si è in grado di rifiutare l’alimentazione forzata. Bep-pino Englaro ha testimoniato e dimostrato come la figlia, prima dell’incidente, aves-se chiaramente manifestato la propria volontà di rifiutare l’alimentazione se si fosse trovata nella condizione di coma irreversibile o di vita vegetativa. Tutti i gradi della magistratura, che hanno indagato a fondo, gli hanno creduto. Certo, possiamo dubi-tare, perché anche la magistratura non è mica infallibile. Quello che non è giusto è però trasformare il dubbio in fanatismo: continuare a imporre a Eluana l’alimentazione con la forza sarebbe stata una violenza.


Don Mazzi, sicuramente è colpa mia. Sicuramente sono un ingenuo. Ma sembra solo a me, o tutte queste vicende hanno un odore di mera strumentalizzazione politica?


R. C’è la strumentalizzazione, certo. C’è però anche un’ancestrale paura della morte priva di positiva elaborazione.


Si parlava prima della finitezza della vita. Ma perché la Morte fa così paura? Mi chiedo e le chiedo: perché la paura della Morte è così utile, e a chi?


R. Siamo stati abituati fin da piccoli a considerare la morte come punizione per il peccato. Una specie di condanna a morte dell’umanità intera divenuta peccatrice, un’esecuzione capitale che solo Dio ha il diritto di eseguire. La mostruosità distrutti-va della violenza nasce da lì, dalla mostruosità di quella “condanna a morte”, dalla violenta espropriazione della nostra responsabilità.


La invito a riflettere insieme a me. Credo alle parole di Bagnasco: la Chiesa non in-terferisce con la vita politica italiana, ha detto. Poi leggo di telefonate “tra le due sponde del Tevere”, di interventi, scomuniche e anatemi, di plausi al Governo e di-spiacere per il Quirinale. Sono ingenuo, sì. Ma...


R. Il Vaticano è uno Stato in tutto e per tutto. Il papa è un monarca assoluto. In Ita-lia, poi, è uno Stato nello Stato. La Chiesa è un’altra cosa. La Chiesa siamo tutti noi che scegliamo di esserlo. Ce l’ha insegnato il Concilio e prima ancora il Vangelo.


Politici, preti, papi, medici, attori, giornalisti, passanti: tutti, pur invocando il solito silenzio, hanno detto qualcosa su questa vicenda. Una vicenda al cui centro è stata messa Eluana. Secondo me, il vero protagonista, invece è Beppino Englaro.

Io mi sono fatto una mia idea. Un po’ romantica, magari tardo-risorgimentale. Per me Beppino Englaro è un vero eroe. Diciassette anni di battaglie. In confronto, Cadorna era un organizzatore di picnic, e Porta Pia fu una passeggiata di salute: oggi le canno-nate vengono dall’altra parte della breccia. Qual è il suo pensiero verso il mio eroe, Beppino Englaro?


R. Trovo una mirabile consonanza fra il messaggio del Vangelo, o di altre religioni come il buddismo, e il messaggio di Beppino Englaro, che testimonia l’impostazione di vita di sua figlia. Ma la consapevolezza di Eluana non è piovuta dal cielo.

Nei tempi in cui lei era nel pieno della sua giovinezza, il tema della riappropriazione della morte come parte della vita stava diffondendosi sull’onda lunga dal vento del ‘68. Nell’archivio storico della Comunità dell’Isolotto, ho ritrovato un numero del Notiziario (251 – giugno 1990) dal titolo “La morte fra tabù e riappropriazione: il tema della morte nella Bibbia e nel percorso comunitario di ricerca esistenziale”.

Ci animava una sorprendente consonanza con i pensieri di una giovane Eluana: in quei tempi, aveva vent’anni. Col Notiziario, era riportata una poesia, scritta in occa-sione della morte di una cara amica, Pina, da un giovane della comunità cristiana di base di Pettorano sul Gizio, a noi molto vicina.

Tra l’altro, dice: «Vennero gli uomini dalla faccia rugata e dagli occhi insinceri. A regalare le scatole vuote con dentro l’estrema bugia: “Pina è morta”. Ci eravamo detti: “Quello che conta è non morire prima di morire. Non venderemo mai la vita per vivere”. Mai abbiamo dato retta. Mai abbiamo perso tempo a dare ascolto agli gnomi dagli occhi insinceri e la faccia mascherata da dottori, preti, maestri e senato-ri. Mai. Entrai ad ascoltarti ancora, nella stanza dove ti avevano rinchiusa durante l’agonia. “Non è questa la morte che mi fa paura, ma quella che mietono le mummie del potere”».

È una dimostrazione che l’elaborazione della morte come parte della vita e non come punizione per il peccato stava lentamente penetrando negli ambienti più aperti della società, sia laici che religiosi.


Il suo giudizio su Beppino è piuttosto simile al mio, allora...


R. La solidarietà verso di lui si esprime in forme di pietà umana per la sua sofferen-za. La lucida consapevolezza di Eluana, testimoniata dal padre, portata con forza dentro la società, testimoniata e difesa anche a prezzo dell’accusa infamante di omi-cidio, legittimata dalla magistratura, obbliga l’etica tradizionale a interrogarsi. Ma, soprattutto, aiuta tutti noi, la società intera, nella nostra ricerca esistenziale, spiri-tuale e religiosa.

Ci sono voluti quattrocento anni perché un papa, Wojtyla, riconoscesse che Galileo fu “sincero credente più perspicace dei suoi avversari teologi (cardinali e papi) in campo etico”. Eluana è tutti noi, è ogni donna e ogni uomo che cerca la liberazione.

Si dovrà aspettare altrettanto perché sia riconosciuto il grande illuminato amore per la vita insito nella scelta di Eluana e di suo padre, e perché sia scoperta la miopia dei loro avversari?


Eh no, don Mazzi, come dicono nei film polizieschi, qua le domande le faccio io. An-che se, le dico la verità: per me, se le cose vanno avanti (o indietro) di questo passo, non ci vorranno quattrocento anni ma almeno otto o novecento. A andare bene.

Ringrazio don Mazzi, mi congedo dopo la ricca e fitta chiaccherata. Non so bene se ho risolto i miei dubbi. Avverto però una sensazione leggera, come se fossi un po’ più ricco di prima.

Certo, non avrò la mappa che conduce a “riveder le stelle”, forse. Tuttavia, tra le ma-ni stringo un bel fiammifero. Continuando a fare e a farmi domande, magari riesco ad accenderlo. E nel buio, magari, riesco a trovare il sentiero. A uscire da ‘sta cavolo di selva. Con le mie gambe, con la mia testa, con le mie risposte.


       Gianni Somigli

martedì 10 marzo 2009

NON C’È FEDE SENZA LIBERTÀ

LA CHIESA E LA BIOETICA, NON C’È FEDE SENZA LIBERTÀ -


DI VITO MANCUSO




da: la Repubblica di lunedì 9 marzo 2009   




Le gerarchie cattoliche sottolineano spesso che i loro interventi sui temi bioetici sono condotti sulla base della ragione e riguardano temi di pertinenza della ragione, legati alla vita di ognuno, non dei soli cristiani. Per questo, aggiungono, tali interventi non costituiscono un´ingerenza negli affari dello stato laico. Scrive per esempio il recente documento Dignitas personae che la sua affermazione a proposito dello statuto dell´embrione è «riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione» e che quindi, in quanto tale, «dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico». Allo stesso modo molti politici cattolici rimarcano nei loro interventi sulle questioni bioetiche che parlano non in quanto cattolici ma in quanto cittadini. Va quindi preso atto che le posizioni cattoliche sulla bioetica, sia nel metodo sia nel contenuto, si propongono all´insegna della razionalità.

Se questo è vero, se si tratta davvero di argomenti di ragione per i quali «mestier non era parturir Maria» (Purgatorio III,39), allora le posizioni della Chiesa gerarchica sulla bioetica sono perfettamente criticabili da ogni credente. L´esercizio della ragione è per definizione laico, non ha a che fare con l´obbedienza della fede e il principio di autorità. Chi ragiona, convince o non convince per la forza delle argomentazioni, non per altro. Per questo vi sono non-credenti che approvano gli argomenti razionali delle gerarchie convinti dalla coerenza del ragionamento, per esempio gli atei devoti.

Ma sempre per questo vi sono credenti che, non convinti dal ragionamento, non approvano tutti gli argomenti razionali delle gerarchie in materia di bioetica. Deve essere chiaro quindi (se davvero la base dell´argomentazione magisteriale è la ragione) che la posizione critica di alcuni credenti verso il magistero bioetico è del tutto legittima. Se la gerarchia gradisce la convergenza degli atei devoti in base alla sola ragione, allo stesso modo, sempre in base alla sola ragione, deve accettare (se non proprio gradire) la divergenza di alcuni credenti, peraltro non così pochi e privi di autorevolezza. Sempre che, ovviamente, le gerarchie non pensino che la razionalità valga solo "fuori" dalla Chiesa e non anche al suo interno, dove vale invece solo l´autorità, istituendo una specie di disciplina della doppia verità. E sempre che le medesime gerarchie amino davvero la razionalità e che il richiamarsi ad essa non sia invece un trucco tattico (come io credo non sia).

In realtà nessuno può chiedere obbedienza sugli argomenti di ragione perché l´obbedienza viene da sé, come di fronte a un risultato di aritmetica o a una norma morale fondamentale. Per questo io penso che agli argomenti di ragione occorrerebbe lasciare maggiore duttilità, visto che la ragione, da che mondo è mondo, esercita il dubbio, soppesa i pro e i contro, e per questo vede grigio laddove invece altri (che non amano la calma della ragione ma forme più nervose di autorità) vedono solo bianco o solo nero. Intendo dire che proprio il richiamo alla ragione da parte delle gerarchie cattoliche dovrebbe indurre a una maggiore relatività del proprio punto di vista di fronte alla complessità dell´inizio e della fine della vita alle prese con le possibilità aperte dal progresso scientifico.

La cautela è tanto più auspicabile se si prende atto della storia. La Chiesa dei secoli scorsi infatti non è stata in grado di interpretare sapientemente l´evoluzione sociale e politica dell´occidente, finendo per condannare pressoché tutte quelle libertà democratiche che ora, invece, essa stessa riconosce: libertà di stampa, libertà di coscienza, libertà religiosa e in genere i diritti delle democrazie liberali. Allo stesso modo, a mio avviso, le odierne posizioni della gerarchia corrono il rischio di non capire la rivoluzione in atto a livello biologico, respinta con una serie di intransigenti no, pericolosamente simili a quelli pronunciati in epoca preconciliare contro le libertà democratiche. Ora io mi chiedo se tra cento anni i principi bioetici affermati oggi con granitica sicurezza dalla Chiesa saranno i medesimi, o se invece finiranno per essere rivisti come lo sono stati i principi della morale sociale. Siamo sicuri che la fecondazione assistita (grazie alla quale sono venuti al mondo fino ad oggi più di 3 milioni di bambini, di cui centomila in Italia) sia contraria al volere di Dio? Siamo sicuri che l´uso del preservativo (grazie al quale ci si protegge dalle malattie infettive e si evitano aborti) sia contrario al volere di Dio? Siamo sicuri che il voler morire in modo naturale senza prolungate dipendenze da macchinari, compresi sondini nasogastrico, sia contrario al volere di Dio? E per fare due esempi concreti legati a precise persone: siamo sicuri che si sia interpretato bene il volere di Dio negando i funerali religiosi a Piergiorgio Welby perché rifiutatosi di continuare a vivere dopo anni legato a una macchina? E siamo sicuri che si sia interpretato il volere di Dio chiamando "boia" e "assassino" il signor Englaro, salvo poi aggiungere, non so con quale dignità, di pregare per lui?

Mi chiedo se tra cento anni (e spero anche prima) i papi difenderanno il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita biologica, così come oggi difendono il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita di fede (la quale peraltro per la dottrina cattolica è sempre stata più importante della vita biologica). Se si riconosce alla persona la libertà di autodeterminarsi nel rapporto con Dio, come fa la Chiesa cattolica a partire dal Vaticano II, quale altro ambito si sottrae legittimamente al principio di autodeterminazione? Non ci possono essere dubbi a mio avviso che questo principio vada esteso anche al rapporto del singolo con la sua biologia.

I cattolici intransigenti che oggi parlano della libertà di autodeterminazione definendola "relativismo cristiano" dovrebbero estendere l´accusa al Vaticano II il quale afferma che «l´uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà» (Gaudium et spes 17). La realtà è che non è possibile nessuna adesione alla verità se non passando per la libertà. È del tutto chiaro per ogni credente che la libertà non è fine a se stessa, ma all´adesione al bene e al vero; ma è altrettanto chiaro che non si può dare adesione umana se non libera. Dalla libertà che decide non è possibile esimersi, e questo non è relativismo, ma è il cuore del giudizio morale.

NON C’È FEDE SENZA LIBERTÀ

LA CHIESA E LA BIOETICA, NON C’È FEDE SENZA LIBERTÀ -


DI VITO MANCUSO




da: la Repubblica di lunedì 9 marzo 2009   




Le gerarchie cattoliche sottolineano spesso che i loro interventi sui temi bioetici sono condotti sulla base della ragione e riguardano temi di pertinenza della ragione, legati alla vita di ognuno, non dei soli cristiani. Per questo, aggiungono, tali interventi non costituiscono un´ingerenza negli affari dello stato laico. Scrive per esempio il recente documento Dignitas personae che la sua affermazione a proposito dello statuto dell´embrione è «riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione» e che quindi, in quanto tale, «dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico». Allo stesso modo molti politici cattolici rimarcano nei loro interventi sulle questioni bioetiche che parlano non in quanto cattolici ma in quanto cittadini. Va quindi preso atto che le posizioni cattoliche sulla bioetica, sia nel metodo sia nel contenuto, si propongono all´insegna della razionalità.

Se questo è vero, se si tratta davvero di argomenti di ragione per i quali «mestier non era parturir Maria» (Purgatorio III,39), allora le posizioni della Chiesa gerarchica sulla bioetica sono perfettamente criticabili da ogni credente. L´esercizio della ragione è per definizione laico, non ha a che fare con l´obbedienza della fede e il principio di autorità. Chi ragiona, convince o non convince per la forza delle argomentazioni, non per altro. Per questo vi sono non-credenti che approvano gli argomenti razionali delle gerarchie convinti dalla coerenza del ragionamento, per esempio gli atei devoti.

Ma sempre per questo vi sono credenti che, non convinti dal ragionamento, non approvano tutti gli argomenti razionali delle gerarchie in materia di bioetica. Deve essere chiaro quindi (se davvero la base dell´argomentazione magisteriale è la ragione) che la posizione critica di alcuni credenti verso il magistero bioetico è del tutto legittima. Se la gerarchia gradisce la convergenza degli atei devoti in base alla sola ragione, allo stesso modo, sempre in base alla sola ragione, deve accettare (se non proprio gradire) la divergenza di alcuni credenti, peraltro non così pochi e privi di autorevolezza. Sempre che, ovviamente, le gerarchie non pensino che la razionalità valga solo "fuori" dalla Chiesa e non anche al suo interno, dove vale invece solo l´autorità, istituendo una specie di disciplina della doppia verità. E sempre che le medesime gerarchie amino davvero la razionalità e che il richiamarsi ad essa non sia invece un trucco tattico (come io credo non sia).

In realtà nessuno può chiedere obbedienza sugli argomenti di ragione perché l´obbedienza viene da sé, come di fronte a un risultato di aritmetica o a una norma morale fondamentale. Per questo io penso che agli argomenti di ragione occorrerebbe lasciare maggiore duttilità, visto che la ragione, da che mondo è mondo, esercita il dubbio, soppesa i pro e i contro, e per questo vede grigio laddove invece altri (che non amano la calma della ragione ma forme più nervose di autorità) vedono solo bianco o solo nero. Intendo dire che proprio il richiamo alla ragione da parte delle gerarchie cattoliche dovrebbe indurre a una maggiore relatività del proprio punto di vista di fronte alla complessità dell´inizio e della fine della vita alle prese con le possibilità aperte dal progresso scientifico.

La cautela è tanto più auspicabile se si prende atto della storia. La Chiesa dei secoli scorsi infatti non è stata in grado di interpretare sapientemente l´evoluzione sociale e politica dell´occidente, finendo per condannare pressoché tutte quelle libertà democratiche che ora, invece, essa stessa riconosce: libertà di stampa, libertà di coscienza, libertà religiosa e in genere i diritti delle democrazie liberali. Allo stesso modo, a mio avviso, le odierne posizioni della gerarchia corrono il rischio di non capire la rivoluzione in atto a livello biologico, respinta con una serie di intransigenti no, pericolosamente simili a quelli pronunciati in epoca preconciliare contro le libertà democratiche. Ora io mi chiedo se tra cento anni i principi bioetici affermati oggi con granitica sicurezza dalla Chiesa saranno i medesimi, o se invece finiranno per essere rivisti come lo sono stati i principi della morale sociale. Siamo sicuri che la fecondazione assistita (grazie alla quale sono venuti al mondo fino ad oggi più di 3 milioni di bambini, di cui centomila in Italia) sia contraria al volere di Dio? Siamo sicuri che l´uso del preservativo (grazie al quale ci si protegge dalle malattie infettive e si evitano aborti) sia contrario al volere di Dio? Siamo sicuri che il voler morire in modo naturale senza prolungate dipendenze da macchinari, compresi sondini nasogastrico, sia contrario al volere di Dio? E per fare due esempi concreti legati a precise persone: siamo sicuri che si sia interpretato bene il volere di Dio negando i funerali religiosi a Piergiorgio Welby perché rifiutatosi di continuare a vivere dopo anni legato a una macchina? E siamo sicuri che si sia interpretato il volere di Dio chiamando "boia" e "assassino" il signor Englaro, salvo poi aggiungere, non so con quale dignità, di pregare per lui?

Mi chiedo se tra cento anni (e spero anche prima) i papi difenderanno il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita biologica, così come oggi difendono il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita di fede (la quale peraltro per la dottrina cattolica è sempre stata più importante della vita biologica). Se si riconosce alla persona la libertà di autodeterminarsi nel rapporto con Dio, come fa la Chiesa cattolica a partire dal Vaticano II, quale altro ambito si sottrae legittimamente al principio di autodeterminazione? Non ci possono essere dubbi a mio avviso che questo principio vada esteso anche al rapporto del singolo con la sua biologia.

I cattolici intransigenti che oggi parlano della libertà di autodeterminazione definendola "relativismo cristiano" dovrebbero estendere l´accusa al Vaticano II il quale afferma che «l´uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà» (Gaudium et spes 17). La realtà è che non è possibile nessuna adesione alla verità se non passando per la libertà. È del tutto chiaro per ogni credente che la libertà non è fine a se stessa, ma all´adesione al bene e al vero; ma è altrettanto chiaro che non si può dare adesione umana se non libera. Dalla libertà che decide non è possibile esimersi, e questo non è relativismo, ma è il cuore del giudizio morale.

lunedì 9 marzo 2009

5 per mille


94003470484


IL COLIBRI'

Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano,

un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco.

"Cosa credi di fare!" - gli chiese il leone.

"Vado a spegnere l'incendio!" - rispose il piccolo volatile

"Con una goccia d'acqua?" - disse il leone con un sogghigno di irrisione,

ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: "Io faccio la mia parte!".


Centro Educativo Popolare - Comunità dell'Isolotto


Via Aceri 1 - 50142 Firenze - tel.+fax 055711362 -


 comunitaisolotto@comunitaisolotto.org -


 comis@videosoft.it


codice fiscale 94003470484.


A tutti i nostri amici




Da molti anni la Comunità dell'Isolotto ha fondato, come voi sapete, un'Associazione di volontariato, ONLUS, che si chiama Centro Educativo Popolare (C.E.P.), per le attività sociali e culturali: laboratorio Kimeta delle donne rom, residenza anagrafica a senza diritti di cittadinanza, partecipazione all'associazionismo della solidarietà con le realtà della emarginazione, attività educative con ragazzi/e, recupero e salvaguardia della memoria sociale, pubblicazioni, Archivio storico della Comunità dell'Isolotto, solidarietà con le comunità del Centroamerica, sostegno al movimento delle comunità di base italiane.


Di fronte alla possibilità concessa alle associazioni di volontariato di essere destinatarie del 5 per mille delle imposte alla prossima dichiarazione dei redditi, abbiamo ritenuto che fosse un'opportunità anzi quasi un dovere da non lasciar cadere.


Per destinare il 5 per mille al Centro Educativo Popolare è sufficiente inserire nell'apposita casella della dichiarazione dei redditi il Codice fiscale: 94003470484 (solo numerico) dello stesso C.E.P ed apporre la propria firma.


Senza alcun aggravio di spesa da parte del dichiarante.


Anche chi non fa la dichiarazione dei redditi può inviare il modulo del proprio CUD, debitamente compilato, consegnandolo a uno sportello di qualsiasi Banca o Ufficio Postale in busta chiusa, senza nessun costo.


Sulla busta, al posto dell'indirizzo, deve essere scritto:


Scelta per la destinazione del cinque per mille dell'IRPEF


nome cognome e codice fiscale proprio (NON quello del CEP)




C'impegniamo ad un resoconto trasparente che mettiamo a disposizione di chiunque ce lo chieda. Se credete, diffondete ad amici e conoscenti questa opportunità di scelta. Per chiarimenti contattateci.


Un caro saluto


La Comunità dell'Isolotto e il Centro Educativo Popolare


Firenze marzo 2009

5 per mille


94003470484


IL COLIBRI'

Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano,

un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco.

"Cosa credi di fare!" - gli chiese il leone.

"Vado a spegnere l'incendio!" - rispose il piccolo volatile

"Con una goccia d'acqua?" - disse il leone con un sogghigno di irrisione,

ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: "Io faccio la mia parte!".


Centro Educativo Popolare - Comunità dell'Isolotto


Via Aceri 1 - 50142 Firenze - tel.+fax 055711362 -


 comunitaisolotto@comunitaisolotto.org -


 comis@videosoft.it


codice fiscale 94003470484.


A tutti i nostri amici




Da molti anni la Comunità dell'Isolotto ha fondato, come voi sapete, un'Associazione di volontariato, ONLUS, che si chiama Centro Educativo Popolare (C.E.P.), per le attività sociali e culturali: laboratorio Kimeta delle donne rom, residenza anagrafica a senza diritti di cittadinanza, partecipazione all'associazionismo della solidarietà con le realtà della emarginazione, attività educative con ragazzi/e, recupero e salvaguardia della memoria sociale, pubblicazioni, Archivio storico della Comunità dell'Isolotto, solidarietà con le comunità del Centroamerica, sostegno al movimento delle comunità di base italiane.


Di fronte alla possibilità concessa alle associazioni di volontariato di essere destinatarie del 5 per mille delle imposte alla prossima dichiarazione dei redditi, abbiamo ritenuto che fosse un'opportunità anzi quasi un dovere da non lasciar cadere.


Per destinare il 5 per mille al Centro Educativo Popolare è sufficiente inserire nell'apposita casella della dichiarazione dei redditi il Codice fiscale: 94003470484 (solo numerico) dello stesso C.E.P ed apporre la propria firma.


Senza alcun aggravio di spesa da parte del dichiarante.


Anche chi non fa la dichiarazione dei redditi può inviare il modulo del proprio CUD, debitamente compilato, consegnandolo a uno sportello di qualsiasi Banca o Ufficio Postale in busta chiusa, senza nessun costo.


Sulla busta, al posto dell'indirizzo, deve essere scritto:


Scelta per la destinazione del cinque per mille dell'IRPEF


nome cognome e codice fiscale proprio (NON quello del CEP)




C'impegniamo ad un resoconto trasparente che mettiamo a disposizione di chiunque ce lo chieda. Se credete, diffondete ad amici e conoscenti questa opportunità di scelta. Per chiarimenti contattateci.


Un caro saluto


La Comunità dell'Isolotto e il Centro Educativo Popolare


Firenze marzo 2009