Repubblica Firenze 27 agosto 2011 pag.1
La Chiesa e la sfida della rinuncia ai privilegi
Enzo Mazzi
Era inevitabile che la Chiesa cattolica fosse chiamata in causa di fronte al decreto emanato dal governo per avviare il risanamento della situazione economica.
Non era invece scontato che fosse il Presidente di una Regione come la Toscana, Enrico Rossi, a chiedere pubblicamente all'amministrazione ecclesiastica di "fare la sua parte" rinunciando a qualcosa, "decida lei cosa, se l'esenzione dall'Ici, l'8 per mille o altro ancora".
E’ stato un gesto di grande coraggio che va sostenuto, non solo dai laici ma dagli stessi cattolici.
Al fondo dell’appello c’è il valore della laicità positiva che non è affatto laicismo. “La Chiesa ha da essere dei poveri e non solo per i poveri” tuonò il card. Giacomo Lercaro nell’assise conciliare. La pagò cara perché fu costretto a dimettersi da arcivescovo di Bologna, ma il suo messaggio risuona ancora in molte coscienze di cattolici e non che restano sconvolti dai tanti scandali economici che coinvologono le opere cattoliche e lo stesso Vaticano.
Vorrei raccontare un aneddoto.
Durante un presidio per il diritto alla casa mi accompagno ad un clochard.
- Tu, prete/non-prete – mi dice – convinci il tuo Dio a fare il miracolo di dare una casa a tutti. Dio è "senza fissa dimora", la sua unica chiesa è il mondo, la sua religione è la giustizia e l'amore universale".
- Ma se sono almeno due millenni - gli obbietto provocatoriamente - che i senza fissa dimora, come Gesù di Nazareth, annunciano la distruzione del "Tempio" e sono sempre sconfitti.
- Hai torto anche tu - mi dice - perché pensi la vita come una guerra con vincitori e sconfitti. Questa è la logica del potere. Così ti porti il "Tempio" dentro. Prendi il tuo fagotto per le sole necessità giornaliere e vieni con me a dormire alla stazione. Ti sentirai liberato da ogni forma di Tempio e riconciliato col mondo. La stessa cosa succederebbe anche al papa di Roma e al pope di Mosca e agli altri capi religiosi. Se andassero poveri come li voleva Gesù, i loro conflitti svanirebbero d'incanto.
- Ma allora - gli domando - che ci fai qui a lottare per la casa?
- La casa diventa prigione e tempio perché è un privilegio - ribatte scaldandosi - un possesso esclusivo da difendere contro chi non ce l'ha. Io lotto perché sia un diritto di tutti, una specie di piazza sconfinata.
Non andai con lui a dormire alla stazione. Ma la sua provocazione mi è penetrata ed ha continuato a lavorare nel profondo. Potrei raccontarne mille altre di provocazioni simili. Ognuna di esse è stata per me una testimonianza di laicità in senso molto profondo, come esodo dalla dimensione del privilegio. Si fa strada ormai il senso della “Laicità” come caratteristica di uno stato che fonda la legittimazione propria e delle proprie istanze costitutive esclusivamente su se stesso senza dipendere da autorità esterne, in particolare da autorità religiose. Questo senso della laicità in Occidente è il frutto di conflitti durisssimi che hanno segnato per secoli la transizione dalla societas christiana del medioevo alla modernità e alla secolarizzazione. E di tale conflittualità conserva tutt’ora i segni e le ferite. E’ un po’ il nervo scoperto della politica in tutto l’Occidente e nel nostro paese in modo tutto speciale per la particolarità della storia che lo contraddistingue.
La rinuncia della Chiesa cattolica ad alcuni privilegi potrebbe costituire un passo avanti della laicità sia nella stessa Chiesa che si avvicinerebbe a quell’ideale di Chiesa dei poveri che tanti cattolici auspicano, sia dello stato che verrebbe spinto ad assumersi in proprio il compito della sicurezzasociale per tutti.
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domenica 28 agosto 2011
martedì 23 agosto 2011
La croce della crisi
La croce della crisi va portata anche dal Vaticano. O no?
La rivista "Lucidamente", diretta dal ns. socio Rino Tripodi, ha pubblicato sull'ultimo numero un articolo del Segretario del Partito Socialista, Riccardo Nencini, dal titolo "La croce della crisi va portata non solo dai cittadini, ma anche dalla Chiesa cattolica" (http://www.lucidamente.com/wordpress/interventi/riccardo-nencini-la-croce-della-crisi-va-portata-non-solo-dai-cittadini-ma-anche-dalla-chiesa-cattolica/).
Qualche giorno prima la rivista online "Cronache Laiche" aveva pubblicato un articolo sullo stesso tema di Walter Peruzzi dal titolo "Il Governo del Vaticano"
(http://www.cronachelaiche.it/2011/08/il-governo-del-vaticano/).
Nel riportare qui sotto ambedue gli articoli, pensiamo che sia giusto che anche la ChiesaCattolica, in quanto finanziata dai cittadini e dallo Stato italiano, contribuisca ad uscire dalla crisi, e non solo a parole.
Giampietro Sestini
LA CROCE DELLA CRISI VA PORTATA NON SOLO DAI CITTADINI MA ANCHE DALLA CHIESA CATTOLICA
da: www.lucidamente.it di sabato 20 agosto 2011
Nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Reggio Calabria alla vigilia di Ferragosto, il segretario nazionale del Psi Riccardo Nencini, rispondendo a una domanda relativa ai costi della politica e alla manovra finanziaria presentata dal governo, ha osservato che «è giusto e necessario che tutti facciano la loro parte, cominciando a equiparare le indennità degli assessori e consiglieri regionali al livello più basso, tema, questo, non da oggi oggetto di una delle campagne del Psi».
Per Nencini tuttavia occorre che: «Chi ha di più paghi di più. In questo contesto appare necessario che anche alla Chiesa cattolica sia chiesto di fare la sua parte, eliminando gli attuali privilegi fiscali e finanziari di cui continua a godere, cosa che non avviene con questa manovra del Governo nazionale».
La proposta del segretario ha subito ottenuto un ampio consenso nel partito.
Roberto Biscardini si è detto pienamente d’accordo: «Non è giusto che sia concesso solo alla Chiesa di non fare sacrifici. Bisogna che il Parlamento faccia giustizia. Senza la quota non dovuta dell’8 per mille e introducendo l’obbligo anche per la Chiesa di pagare l’Ici sugli immobili commerciali si recupererebbero almeno 8 miliardi di euro all’anno. Non è poco».
«Tra le tante iniquità di questa manovra spicca l’eliminazione delle feste laiche mentre vengono salvate quelle religiose. Pasquetta, per il governo italiano, vale dunque più della Festa dei lavoratori, onorata in tutte le democrazie occidentali, e della Festa della Liberazione. Così Marco Di Lello, coordinatore della segreteria nazionale del partito. «Evidentemente – ha concluso Di Lello – più ancora dei diktat della Bce in Italia valgono quelli del Vaticano: spero che il Parlamento in un sussulto di dignità corregga queste scelte nell’interesse di tutti gli italiani, e non solo di una parte di essi».
Per Bobo Craxi i privilegi fiscali a enti religiosi e affini, assegnati con la revisione concordataria, oggi, con la grave crisi in atto, non hanno più ragione di sussistere. Mi auguro – ha proseguito Craxi – che venga messa mano a questa materia con spirito costruttivo e per ragioni di equità, non per altro: si recupererebbero, in misura consistente, risorse sottratte allo Stato che, notoriamente, a sua volta ha sempre contribuito a sostenere e ad alimentare enti e istituti religiosi con finalità pubblica».
Successivamente Nencini ha nuovamente ribadito che «la manovra economica è una croce addosso ai cristiani ma non addosso alla Chiesa. Tra mancato pagamento dell’Ici, finanziamenti tramite l’8 per mille e pagamento da parte dello Stato degli insegnanti di religione – osserva il leader socialista – la Chiesa italiana incamera ogni anno tra gli 8 e i 10 miliardi di euro. Un tesoretto imponente parte del quale dovrebbe essere a disposizione dello Stato per fronteggiare la crisi economica. La Chiesa, invece, risulta esente da ogni responsabilità. L’unico cenno della sua presenza in questi giorni difficili è stato la difesa della Festa di san Gennaro. I cristiani e non cristiani pagano un prezzo salato ma la Chiesa è l’unico soggetto esonerato».
«Una prova magnifica di ingiustizia – ha concluso Nencini – soprattutto da parte del Governo».
IL GOVERNO DEL VATICANO - DI WALTER PERUZZI
da: www,cronachelaiche.it di martedì 16 agosto 2011
Pur preso dalle sue manovre di macelleria sociale, il governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti ha trovato il tempo per respingere la legge contro l’omofobia, che dava l’orticaria a Giovanardi, e far approvare il ddl sul testamento biologico, in base a cui dovremo morire nei tempi e nei modi stabiliti daDio tramite il suo medico di fiducia, cioè la Chiesa. Il governo si è inoltre preoccupato di non mettere le mani nelle tasche di Ratzinger & soci; e distabilire che anche per saperequando lavorare o fare festa ci si deve regolare sul calendario del Vaticano, eliminando tutte le festività laiche e conservando solo quelle religiose (per quelle locali dei santi patroni si sta “trattando”…).
Da una fiaba all’altra
Sono le ultime elemosine fatte dal duo distonico Tremonti-Berlusconi con i nostri soldi. Piccole regalie, rispetto alla baraonda di sovvenzioni, contributi alle private, tagli dell’ICI, coinvolgimento in cricche affari appalti & altre ladronerie piovuti sulla Chiesa in diciassette anni di berlusconismo. Piccole cose, rispetto ai soldi dati ai docenti di religione nominati dalle curie per insegnare la loro religione sempre a spese nostre; o rispetto all’arrogante esposizione del crocifisso, privato amuleto cattolico, in ogni spazio pubblico. Briciole, che non bastano certo a saziare il Vaticano e la CEI, anche se ricche di valore simbolico, come la soppressione delle festività laiche: uno stimolo a dimenticare gli eventi reali della storia (la nascita della repubblica, la liberazione dal nazifascismo, le lotte dei lavoratori), da sempre sgraditi al Caimano e alla sua corte; e ad abbandonarsi alla dimensione fantastica e mitologica nutrita finora dal famigerato «meno tasse per tutti» e adesso – che questa favola è finita – da un vecchio libro di fiabe improbabili e feroci raccontate (si dice) da Jhavé in persona.
Il Bagnasco imbiancato
Ma ci vuol altro. Per questo gli alti prelati, dopo aver retto il sacco al mafioso di Arcore e al razzista di Gemonio, si stanno adesso affannando a trovare nuove sponde. Bertone sta tentando con ripetuti incontri bipartisan di dar vita a una replica fuori tempo della DC; la CEI vagheggia invece un forte gruppo di parlamentari cattolici sparpagliati in vari partiti ma uniti sui principi non negoziabili, cioè pronti a votare come un sol uomo leggi e privilegi richiesti dalla Chiesa. La formula poco conta. L’importante, come ha ripetuto il 10 agosto Bagnasco, è che i cristiani continuino a occupare la scena politica e sociale, perché «essi hanno l’onere e l’onore e di ricordare a tutti chi è l’uomo, quali sono i suoi principi costitutivi, la necessità dell’etica, il suo fondamento trascendente, la via aurea dell’autentica giustizia e del bene comune».
Testimonial cercasi
L’unica incertezza riguarda i testimonial, tipo «se non ci credi, chiedilo a loro», da far sfilare per documentare come i cristiani, nei secoli, abbiano perseguito «la via aurea» in questione. Si sta valutando se potrebbe essere più efficace qualche sopravissuto delle stragi ustascia benedette dal beato Stepinac; o i figli e i nipoti dei desaparecidos assassinati dai generali argentini, compagni di merende del nunzio apostolico Pio Laghi (nell’immagine a colloquio con Videla); o se è meglio qualche dvd, a piacere, sulla vera storia dell’Inquisizione, delle “giustizie” a Roma, dell’evangelizzazione delle Americhe, delle crociate contro infedeli e albigesi, della caccia papale alle streghe. Ma forse basta far parlare qualche rifugiato respinto in mare o rinchiuso nei CIE da Maroni, sulla cui «piena condivisione col pensiero della Chiesa» in materia etica, ha giurato Fisichella.
Inviata da LiberaUscita
Associazione nazionale laica e apartitica
per il diritto di morire con dignità
via Edgardo Ferrati, 12 - 00154 Roma
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(pubblicata da Urbano)
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domenica 14 agosto 2011
Conforto per i delusi dalla Chiesa
Carissime/i, volentieri inoltro nuovamente questa riflessione di Leonardo Boff ricevuta da Berto Pace accompagnandola da questa semplice considerazione:
- Nella visione complessiva che condivido, manca però, a mio giudizio, la lettura critica del ruolo che il messaggio di Maria di Nazareth e Gesù di Nazareth ebbero nei confronti delle donne, e di come fin dai primi secoli l'organizzazione dei cristiani venne risucchiata nel patriarcato determinando e confermando le discriminazioni di sesso che ci portiamo ancora dietro.......Vale la pena di approfondire perchè ne va della "liberazione di tutte e tutti" noi; grazie al postino per il suo infaticabile lavoro!!!!!!!!
Ciao a tutte e tutti, buon ferragosto sia per coloro che sono in vacanza, sia per quelli che sono rimasti in città o al lavoro!!!! Catti Cifatte
Conforto per i delusi dalla Chiesa.
Attualmente c’è molto sconforto a causa della Chiesa cattolica istituzionale. Avviene una doppia migrazione: una visibile, persone che abbandonano concretamente la Chiesa; un’altra interiore, fedeli che rimangono nella Chiesa ma non la sentono più come un focolare spirituale. Continuano a credere, nonostante la Chiesa.
E con buone ragioni. L’attuale Papa ha preso alcune iniziative radicali che hanno diviso il corpo ecclesiale. Ha intrapreso una rotta conflittuale con due importanti episcopati, quello tedesco e quello francese, introducendo la messa in latino; ha elaborato una strana riconciliazione con la Chiesa scismatica dei seguaci di Lefèvre; ha svuotato le principali intuizioni rinnovatrici del Concilio Vaticano II, specialmente l’ecumenismo, negando, offensivamente, il titolo di «Chiesa» alle altre chiese che non siano quella cattolica e quella ortodossa; quand’era ancora cardinale si è mostrato gravemente tiepido con i pedofili; il suo rapporto con l’AIDs sta ai confini del disumano. L’attuale Chiesa cattolica è sprofondata in un rigido inverno. La base sociale di appoggio al modello vecchio tipo dell’attuale Papa è costituita da gruppi conservatori, interessati alle sortite mediatiche, alla logica del mercato, più che a proporre un messaggio adeguato ai gravi problemi attuali. Offrono un “cristianesimo prozac”, utile ad anestetizzare coscienze angustiate, ma alienato davanti all’umanità sofferente.
È urgente animare questi cristiani in via di emigrazione con l’essenza del cristianesimo. Sicuramente non si tratta della Chiesa, che non è stata oggetto della predicazione di Gesù. Lui ha annunciato un sogno, il regno di Dio, in contrapposizione al regno di Cesare, regno di Dio che rappresenta una rivoluzione assoluta delle relazioni cominciando da quelle individuali fino a quelle divine e cosmiche.
Il cristianesimo è apparso in un primo tempo nella storia come movimento e come il sentiero di Cristo. Esso è anteriore alla sua sedimentazione nei quattro Vangeli e nelle dottrine. Il carattere di cammino spirituale è un tipo di cristianesimo che possiede un suo proprio percorso. Generalmente vive ai margini e, a volte, a distanza critica dall’istituzione ufficiale. Ma nasce e si alimenta col fascino permanente della figura e con il messaggio libertario e spirituale di Gesù di Nazaret. Inizialmente etichettato come “eresia dei nazareni” (At24,5) o semplicemente “eresia” (At 28,22) nel senso di gruppuscolo, il cristianesimo è andato lentamente guadagnando autonomia finché i suoi seguaci, negli atti degli apostoli (11,36), arrivarono a essere chiamati “cristiani”.
Il movimento di Gesù è sicuramente la forza più vigorosa del cristianesimo, più che le Chiese, perché non sta inquadrato nelle istituzioni o imprigionato in dottrine e dogmi. È composto da gente di ogni tipo, delle più svariate culture e tradizioni, perfino da agnostici e atei che si lasciano toccare dalla figura coraggiosa di Gesù, dal sogno che ha annunciato, un Regno di amore e di libertà, per la sua etica di amore incondizionato specialmente verso i poveri e gli oppressi e dal modo con cui ha fatto suo il dramma umano, in mezzo a umiliazioni, torture e fino all’esecuzione sulla croce. Ha presentato un’immagine di Dio così intima e amica della vita, che è difficile sottrarsi ad essa perfino da parte di chi non crede in Dio. Molti arrivano a dire: se esiste un Dio, questi deve essere quello che porta i tratti del Dio di Gesù”.
Questo cristianesimo come cammino spirituale, ecco quel che realmente conta. Pertanto, da movimento che era, molto presto prese la forma di istituzione religiosa con vari modi di organizzazione. Nel suo seno si elaborarono le varie interpretazione della figura di Gesù che si sono trasformate in dottrine e furono raccolte dagli attuali evangeli. Le chiese, nell’atto di assumere un carattere istituzionale, stabiliranno criteri di appartenenza e di esclusione, dottrine come referenza identitaria e riti propri da celebrare. Chi spiega tale fenomeno è la sociologia e non la teologia. L’istituzione sempre vive in tensione come cammino spirituale. Ottimo quando camminano insieme, ma è raro. La cosa decisiva, pertanto, è il cammino spirituale. Questo ha la forza di alimentare una visione spirituale della vita e di animare il senso del cammino umano.
L’aspetto problematico nella Chiesa Romano-Cattolica, è la sua pretesa di essere l’unica vera. La cosa giusta è che tutte le chiese si riconoscano mutuamente, perché tutte rivelano le dimensioni differenti e complementari del Nazareno. L’importante è che il cristianesimo mantenga il suo carattere di cammino spirituale. È questo che può sostenere tanti cristiani e cristiane davanti alla mediocrità e all’irrilevanza in cui è sprofondata la Chiesa attuale.
Leonardo Boff
martedì 2 agosto 2011
Salviamo la memoria...
Salviamo la memoria dalla ritualità necrofila.
Il sessantasettesimo anniversario della Liberazione di Firenze è segnato da polemiche per la decisione del sindaco Matteo Renzi di affidare al cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, l’orazione ufficiale nel Salone dei Cinquecento, con l’esclusione, così sembra, dell’Anpi.
Vorrei evitare di entrare nel merito del problema, che comunque voglio sperare che si risolva con una saggia mediazione. Ritengo invece di assumere la decisione del sindaco, al di là del metodo usato in concreto, come provocazione e stimolo a salvaguardare la memoria spogliandola dalla ritualità necrofila e attualizzandola.
Del resto la stessa Anpi nel documento per la Conferenza Nazionale di Organizzazione del 2009 sostiene la necessità di “aprire una nuova stagione diventandosempre più un punto di riferimento per i democratici di ogni fede e ceto”.
C’è bisogno di aria nuova che spazzi via la polvere dalla soffitta muffita della memoria rituale.
La liberazione di Firenze non è solo quell’evento eroico di sessantasette anni fa. E’ un processo storico del vivere sociale che viene da lontano, è in pieno sviluppo nell’oggi, ed è proiettato nel futuro.
Un filo teso lega insieme l'insurrezione liberatrice del '45 giù giù fino alla lotta attuale che sta incendiando l’Europa e non solo per estendere o almeno salvare dall’aggressione della globalizzazione neo-liberista il livello raggiunto di affermazione dei diritti dei lavoratori, della donna, dei migranti, dei diversi, dei bambini. E una memoria unitaria tiene insieme la nostra identità sociale. La quale però ha molti e potenti nemici. I quali puntano a disarticolare la memoria che cementa il processo di socialità dal basso in modo da annullare tale identità. L'agguato è dietro ogni angolo. Occorre averne consapevolezza.
La memoria del vivere sociale ha una grande vitalità generativa: produce identità collettiva, tesse la trama del tessuto relazionale della città, crea di continuo comunità solidali e ostacola i germi distruttivi della frantumazione egoistica. E' la vitalità propria del seme: può restare a lungo apparentemente inattiva, a causa di contingenze storiche che ne impediscono lo sviluppo o la visibilità, ma è sempre pronta a esplodere in nuove fioriture, e inoltre, come avviene nei pollini, è racchiusa in forme piccole e leggerissime che possono essere trasportate lontano dal vento.
E’ una convinzione che ci deriva dall’esperienza di vita. Non dalle mappe dei navigatori culturali offerte dalla storiografia tutt’ora dominante, le quali sono per lo più devianti perché indirizzano solo sulle autostrade dei grandi eventi, delle individulità emergenti, dei fasti e nefasti del potere, mentre sono cieche sugli intrecci sotterranei dove si muovono le grandi masse dei senza potere. Non vedono quegli intrecci di relazioni che tessono di continuo la trama sociale del vivere legando fra loro fatti distanti fra loro anche secoli e creando sintonie incredibilmente profonde fra persone, messaggi, esperienze, che magari non si sono mai fisicamente incontrate. Il vivere sociale nella strada, nella piazza, nel lavoro, nella famiglia, negli stessi luoghi della segregazione, è la mappa che ci consente di vedere la struttura profonda dell’interrelazione che cavalca i secoli e produce e riproduce ininterrottamente valori di comunità aperta oltre i confini, liberata incessantemente dal dominio.
La memoria sociale, però, non è solo questo. E’ anche un luogo di resistenza, anzi il luogo privilegiato della resistenza rispetto ai sistemi di dominio che tendono sempre a frantumare il vivere sociale: divide et impera. Per questo salvaguardare la memoria della liberazione del ’45 come momento alto del processo storico di liberazione, spogliarla dalla ritualità necrofila, attualizzarla, è uno dei compiti più urgenti di chi vede un futuro per l'umanesimo sociale, per la solidarietà planetaria, per la società dei diritti di tutti/e a partire dai diritti sociali, per l’etica comunitaria aperta oltre i confini.
Repubblica Firenze – lunedì 1 agosto 2011
Enzo Mazzi
31 luglio 2011
Il sessantasettesimo anniversario della Liberazione di Firenze è segnato da polemiche per la decisione del sindaco Matteo Renzi di affidare al cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, l’orazione ufficiale nel Salone dei Cinquecento, con l’esclusione, così sembra, dell’Anpi.
Vorrei evitare di entrare nel merito del problema, che comunque voglio sperare che si risolva con una saggia mediazione. Ritengo invece di assumere la decisione del sindaco, al di là del metodo usato in concreto, come provocazione e stimolo a salvaguardare la memoria spogliandola dalla ritualità necrofila e attualizzandola.
Del resto la stessa Anpi nel documento per la Conferenza Nazionale di Organizzazione del 2009 sostiene la necessità di “aprire una nuova stagione diventandosempre più un punto di riferimento per i democratici di ogni fede e ceto”.
C’è bisogno di aria nuova che spazzi via la polvere dalla soffitta muffita della memoria rituale.
La liberazione di Firenze non è solo quell’evento eroico di sessantasette anni fa. E’ un processo storico del vivere sociale che viene da lontano, è in pieno sviluppo nell’oggi, ed è proiettato nel futuro.
Un filo teso lega insieme l'insurrezione liberatrice del '45 giù giù fino alla lotta attuale che sta incendiando l’Europa e non solo per estendere o almeno salvare dall’aggressione della globalizzazione neo-liberista il livello raggiunto di affermazione dei diritti dei lavoratori, della donna, dei migranti, dei diversi, dei bambini. E una memoria unitaria tiene insieme la nostra identità sociale. La quale però ha molti e potenti nemici. I quali puntano a disarticolare la memoria che cementa il processo di socialità dal basso in modo da annullare tale identità. L'agguato è dietro ogni angolo. Occorre averne consapevolezza.
La memoria del vivere sociale ha una grande vitalità generativa: produce identità collettiva, tesse la trama del tessuto relazionale della città, crea di continuo comunità solidali e ostacola i germi distruttivi della frantumazione egoistica. E' la vitalità propria del seme: può restare a lungo apparentemente inattiva, a causa di contingenze storiche che ne impediscono lo sviluppo o la visibilità, ma è sempre pronta a esplodere in nuove fioriture, e inoltre, come avviene nei pollini, è racchiusa in forme piccole e leggerissime che possono essere trasportate lontano dal vento.
E’ una convinzione che ci deriva dall’esperienza di vita. Non dalle mappe dei navigatori culturali offerte dalla storiografia tutt’ora dominante, le quali sono per lo più devianti perché indirizzano solo sulle autostrade dei grandi eventi, delle individulità emergenti, dei fasti e nefasti del potere, mentre sono cieche sugli intrecci sotterranei dove si muovono le grandi masse dei senza potere. Non vedono quegli intrecci di relazioni che tessono di continuo la trama sociale del vivere legando fra loro fatti distanti fra loro anche secoli e creando sintonie incredibilmente profonde fra persone, messaggi, esperienze, che magari non si sono mai fisicamente incontrate. Il vivere sociale nella strada, nella piazza, nel lavoro, nella famiglia, negli stessi luoghi della segregazione, è la mappa che ci consente di vedere la struttura profonda dell’interrelazione che cavalca i secoli e produce e riproduce ininterrottamente valori di comunità aperta oltre i confini, liberata incessantemente dal dominio.
La memoria sociale, però, non è solo questo. E’ anche un luogo di resistenza, anzi il luogo privilegiato della resistenza rispetto ai sistemi di dominio che tendono sempre a frantumare il vivere sociale: divide et impera. Per questo salvaguardare la memoria della liberazione del ’45 come momento alto del processo storico di liberazione, spogliarla dalla ritualità necrofila, attualizzarla, è uno dei compiti più urgenti di chi vede un futuro per l'umanesimo sociale, per la solidarietà planetaria, per la società dei diritti di tutti/e a partire dai diritti sociali, per l’etica comunitaria aperta oltre i confini.
Repubblica Firenze – lunedì 1 agosto 2011
Enzo Mazzi
31 luglio 2011
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