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domenica 27 novembre 2011

Terra madre

Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 27 novembre 2011



Storie dell’altro mondo: la storia di “Terra Madre”



riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio



con l’intervento e la testimonianza di Giovanna Licheri



           



Indice



1. Letture dalla Bibbia e dal Vangelo. 1



2. Terra Madre. 2



3. Testimonianze di Gente di Terra Madre. 5



4.   Chi è Slow food………………………………………………………………………….6



5. L’esperienza di Giovanna Licheri……8



6. L’impoverimento del suolo. 12



Levitico 25, 1-7 e 23. 14



 






1. Letture dalla Bibbia e dal Vangelo




E Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto che facciano sulla Terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”. E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuno secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie”. E Dio vide che era cosa buona (Genesi, 1, 11-12)



E Dio disse: “Ecco, vi dò ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. Dio vide che quanto aveva fatto era cosa molto buona”. (Gen., 1,29-31)



 



Questi brani della Genesi mostrano come anche in tempi antichissimi, ed anche nella mitologia di creazione adottata da un popolo di pastori come quello ebraico, l’umanità aveva chiari (o voleva che fossero chiari) il valore, la bellezza e la bontà dei germogli, delle piante e degli alberi che producono frutto, dei semi, e di quella che oggi chiamiamo bio-diversità e che nella Genesi è indicata con l’espressione “ciascuno secondo la propria specie”.



Dal Vangelo di Matteo: Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e agli anziani del popolo che gli chiesero “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”…. Ed Gesù disse loro: Ascoltate un’altra parabola: «Un uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Al tempo della raccolta mandò a quei vignaiuoli un servo per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vigna. Ma essi lo presero, lo picchiarono e lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono alla testa. Egli ne mandò un altro e quelli lo uccisero; poi molti altri che picchiarono o uccisero. Aveva ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio”. Ma quei vignaiuoli dissero tra di loro: “Costui è l'erede; venite, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra”. Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà la vigna ad altri. Non avete letto la Scrittura: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata, è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi?”» Essi cercarono di prenderlo, ma ebbero paura della folla; perché capirono che egli aveva detto quella parabola per loro. E, lasciatolo, se ne andarono”.



Abbiamo scelto questo brano perché, nell’esperienza di cui raccontiamo oggi, troviamo  “pietre scartate” che potrebbero diventare, che vorremmo diventassero, “testata d’angolo”. Vediamo perché…: l’agricoltura industrializzata, che si colloca nell’attuale modello economico che mira solo a massimizzare il profitto, ha prodotto risultati catastrofici per l’intera umanità: ha provocato l’abbandono delle campagne, la desertificazione, la deforestazione, l’impoverimento dei suoli, la comparsa di nuove malattie tra le specie animali (l’aviaria, la mucca pazza, la peste suina, etc..), ha importo ai contadini devastanti monoculture che ne limitano - quando non ne stroncano - la sussistenza alimentare e ha imposto alle popolazioni un’omologazione alimentare che ci impoverisce tutti.



L’umanità in questo contesto è destinata all’impoverimento generale.



Resistono però ancora nel mondo migliaia di esperienze (di cui molte si sono collegate nel movimento di cui vogliamo parlare oggi, il movimento di Terra Madre) che praticano una agricoltura tradizionale, spesso di sola sussistenza, comunque capaci di avvicinare la terra con rispetto, capaci di conoscere e custodire le risorse, i ritmi e le potenzialità della natura.



L’economia di mercato e il pensiero dominante, considera queste esperienze, come marginali, insignificanti, incapaci di incidere, nella migliore delle ipotesi utopiste o di “nicchia”.



Sono pietre scartate.



Noi invece pensiamo che se l’umanità ha una possibilità di salvarsi, questa possibilità abita proprio nelle “pietre scartate”, in queste esperienze di agricoltura capaci di produrre cibo e di vivere in armonia con la Terra. E vogliamo conoscerle, sostenerle, impegnarci con esse, perché ci sentiamo parte di questo modo di essere e di vivere, anche in loro si realizza il “regno di Dio”.



 






2. Terra Madre




 



Cos’è Terra Madre? Terra Madreè una rete di “comunità del cibo”, ossia una rete di comunità formate da tutti coloro che lavorano quotidianamente nel mondo dell’agricoltura, della pesca, dell’allevamento e dell’intera filiera alimentare, per preservare antichi metodi di produzione alimentare sostenibili, per promuoverne di nuovi che siano in armonia con la natura, per preservare il gusto, la biodiversità del cibo e le tradizioni culinarie locali. Al centro di questo impegno c’è un’attenzione particolare per i territori, per la difesa della biodiversità delle varietà vegetali e delle specie animali che ha permesso nei secoli di preservare la fertilità delle terre e la biodiversità.



 



Come è nata Terra Madre?Terra Madre è nata, su una idea di Slow Food, nell’ottobre del 2004 a Torino, quando si sono incontrati circa 5.000 contadini, piccoli allevatori e pescatori provenienti da 130 paesi di tutto il mondo. Migliaia di persone provenienti da villaggi sperduti dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, ma anche da realtà poco conosciute di Europa e Nord America: erano (e sono) persone diversissime tra loro, molte delle quali non erano mai uscite dal loro villaggio, accomunate dal fatto di lavorare la terra con la volontà e la capacità di rispettarne i ritmi, di preservarne le risorse, di custodirne la biodiversità delle specie vegetali e animali, di custodirne le tradizioni culinarie locali. Non è stato facile spostare queste persone (che spesso non si erano mai spostate, che non conoscevano le lingue) ed ospitarle (furono ospitate da molte famiglie di Torino o di contadini piemontesi) ma poi tutto è andato bene. Queste persone attraverso il viaggio e l’incontro con altre realtà diverse ma simili, hanno visto riconosciuto il valore della loro fatica quotidiana (un lavoro che in genere assicura la sopravvivenza ma non dà ricchezza economica), hanno scoperto di non essere sole, hanno stretto amicizie e collaborazioni, hanno sviluppato occasioni di scambio di saperi, hanno acquisito consapevolezza e autostima. Il produttore biodinamico Markus Friedrich Schumacher di Tula (Russia) così si è espresso nel film che Ermanno Olmi ha girato nel 2009 per documentare questa esperienza: “Sono andato a questo meeting come un combattente solitario e quando sono tornato a casa non mi sono più sentito come un combattente solitario ma come parte di un grande movimento”.



Il fatto che queste persone abbiano potuto sentire e capire, in modo concreto, che il loro lavoro ha un enorme valore per la salvaguardia di tutto il pianeta e abbiano potuto accrescere il loro senso di autostima non è cosa da poco, anche perché per molti la tentazione di mollare tutto è forte: il loro lavoro è un lavoro duro, faticoso, che spesso non è remunerato in modo adeguato, che non consente di spostarsi, che non lascia tempo libero e che fa sentire “antichi, marginali”; la tentazione di andarsene, di andare in città pensando di andare a fare fortuna per molti è grande, anche perché molti non sanno che nella maggior parte dei casi i contadini che arrivano ai bordi delle megalopoli perdono tutto, e da poveri diventano miserabili.



Il nome da dare a questa rete “Terra Madre” è stato trovato subito, in onore a Pachamama la madre terra che venerano gli indios di tutta l’America Latina.



Questo primo incontro del 2004 si è poi ripetuto ogni due anni, ampliandosi, crescendo e articolandosi in molti modi: per esempio nel 2006 ha coinvolto i cuochi che hanno un ruolo fondamentale nel promuovere il valore dei cibi buoni, puliti e giusti (dove buono si riferisce alla qualità e al gusto degli alimenti, pulito a metodi di produzione rispettosi dell’ambiente, giusto alla dignità e giusta remunerazione dei produttori e all'equo prezzo dovuto dai consumatori) e nel promuovere e scegliere produttori locali di prodotti sani e qualità; e il mondo accademico che desiderava impegnarsi con i propri sapere su questi fronti. Successivamente Terra Madre si è allargata ai musicisti, i musicisti rurali, che da sempre con le loro tradizioni orali e musicali, accompagnano le mietiture, le semine, le stagioni, e le occasioni di convialità.



 



Terra Madre si opponead un sistema economico e ad un modello di sviluppo scriteriato che ricerca un continuo aumento dei profitti, che ha imposto in molti paesi scellerate monoculture, che mira alla omologazione della alimentazione dei popoli (cioè che spinge tutta la popolazione mondiale a mangiare le stesse cose prodotte da alcune poche multinazionali), che ha trasformato i cibi - il grano, il mais, il riso, il caffè e infiniti altri cibi .. in merci con prezzi sul mercato globale mentre dovrebbero essere cibi che prima di tutto sono fatti per essere mangiati dalle comunità che le producono. Tutto questo ha ripercussioni pesantissime su tutti noi, sulle risorse della Terra, sulla fertilità dei suoli, sulla possibilità di sopravvivenza dei popoli poveri e sulla sopravvivenza di tutti noi.



 



Terra Madre ha un sogno, quello di far sentire uniti, importanti quelli che sono sempre stati considerati gli umili, i marginali, l’ultima ruota del carro. L’importanza vera di questa umanità è sempre stata sottovalutata. I contadini e i produttori di cibo sostenibile sono sempre stati considerati come dei perdenti, un pezzo di mondo rimasto indietro, non al passo con i tempi, “sottosviluppati”. Ma quelli che la pensano così si sbagliano!



 



Terra Madre è una vera e concreta speranza:C’è chi ha visto in questi grandi incontri di gente semplice, umile ma piena di dignità e ritrovato coraggio, una specie di spettacolare parata dei poveri in abiti tradizionali, una sorta di festa terzomondista o un richiamo nostalgico ad un mondo agreste marginale. In ogni caso una realtà utopica. Ma si sbagliano!



La realtà è che il modello economico nel quale viviamo da oltre un secolo - un modello che mira solo a massimizzare i profitti - ha spogliato la terra, messo a rischio l’acqua, impoverito e desertificato i suoli, deforestato i territori, creato montagne di rifiuti, imposto ai contadini terribili monoculture, e alle popolazioni una omologazione dei cibi e delle culture. La realtà è che con questo modello economico e culturale l’umanità è destinata alla catastrofe.



Ma una alternativa esiste, ed esiste già! ed è nascosta tra le pietre scartate, in tutti coloro irrisi e marginali, che nella realtà che conoscono, amano e custodiscono le risorse e le potenzialità della natura, della Madre Terra, che se è amata e custodita sa essere dispensatrice di molti, buoni frutti. Se l’umanità ha un futuro questo futuro abita qui.



 



Terra Madre che obiettivi ha? Cosa intende fare? Terra Madre è nata per aumentare, nelle comunità dei produttori e nell’opinione pubblica, la consapevolezza di quanto è prezioso il loro lavoro. Per dare ai produttori qualche strumento in più per continuare a lavorare in condizioni migliori, per il bene di tutti noi e del pianeta. Per queste ragioni, costruire una rete mondiale – che disponga di strumenti di condivisione delle informazioni e che offra la possibilità di imparare dalle esperienze altrui e di collaborare con gli altri – è sembrato fondamentale. L’obiettivo di Terra Madre è sostenere le persone che nel mondo custodiscono terre, saperi e cibi sani, giusti e buoni; è continuare ad avere terre fertili, dove germoglino e crescano piante e animali adatti a quei particolari ambienti, piuttosto che dopati con sostanze chimiche che li fanno fruttare o ingrassare artificialmente.



 



I valori di Terra Madre: Terra Madre è formata da un’umanità umile, povera, piena di dignità, profondamente eterogenea, alle prese con la volontà e la capacità di preservare i saperi antichi e la volontà di acquisire quei saperi moderni che siano rispettosi della madre-terra. Negli incontri che si sono susseguiti si sono sviluppati aspetti che sono connaturati alla vita di questa umanità e che sono stati riassunti con la parola “intelligenza affettiva”: il rispetto per la diversità di ogni esperienza, un profondo senso di gratitudine e di fratellanza, una grande curiosità che stimola l’intelligenza e l’apprendimento, una spinta all’impegno politico nel senso più ampio e positivo, di democrazia partecipativa.



Un altro aspetto che caratterizza Terra Madre è che gli organizzatori pongono le condizioni organizzative necessarie perché gli incontri possano avvenire nel modo migliore, ma non c’è nessuno che comanda, che indica la strada, che ha la pretesa di dire quel che si deve fare: il tutto si svolge in una “austera anarchia”, in cui tutti fanno la loro parte. Chi pensa dunque che questa umanità sia un “esercito di gente chiamata a rapporto ogni due anni”, ragiona con i criteri di violenza e di omologazione che permea l’attuale modello culturale ed economico; al contrario gli organizzatori di questi incontri hanno una solida fiducia sulle capacità creative della auto-organizzazione e sanno che le comunità, se si danno adeguate possibilità di esprimersi, hanno tutte le capacità per trovare le loro strade, strade da individuarsi in modo lento, partecipato, complesso ma che aprono orizzonti di sostenibilità, di fraternità, di vero benessere. 



 



Quali sono i nodi della rete di Terra Madre?I primi nodi di questa rete sono state le comunità del cibo, cui si sono poi aggiunti i cuochi e i rappresentanti del mondo accademico.



Ø  Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale. Le comunità condividono i problemi generati da un’agricoltura intensiva lesiva delle risorse naturali e da un’industria alimentare di massa che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni.



Ø  I cuochi hanno un ruolo fondamentale. Sono gli interpreti di un territorio, che valorizzano attraverso la loro creatività. I cuochi di Terra Madre hanno capito che non si può separare il piacere dalla responsabilità verso i produttori, senza i quali non esisterebbe una cucina di successo. I ristoranti sono il luogo ideale per trasmettere questa filosofia ai consumatori. I cuochi rafforzano le comunità del cibo dialogando e collaborando con i produttori, e per questa via lottano anch’essi contro l’abbandono delle culture tradizionali e la standardizzazione del cibo.



Ø  250 universitàe centri di ricerca, con oltre 450 accademici in tutto il mondo, fanno parte della rete di Terra Madre e si impegnano, nel proprio ambito e con gli strumenti a loro più consoni, a favorire la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso l’educazione della società civile e la formazione degli operatori del settore agroalimentare. Il mondo accademico che condivide i valori di Terra Madre cerca di coltivare un rapporto di reciprocità con la produzione, mettendo a disposizione le proprie conoscenze scientifiche per favorire scambi tra comunità locali ma anche mettendosi all’ascolto delle comunità, là dove queste hanno elaborato soluzioni ed esperienze ancora insondate dal mondo scientifico.



 


5. L’impoverimento del suolo


E’ ormai noto che lo sfruttamento industriale in maniera intensiva dei terreni coltivabili porta ad un progressivo impoverimento del suolo che, nonostante vengano utilizzati concimi, fertilizzanti e antiparassitari,  risulta progressivamente compromesso.

La desertificazione è un processo indotto dall’attività umana più che dai cambiamenti climatici; in genere deriva dall’eccessivo sfruttamento del terreno per uso agricolo e viene spesso accelerato per effetto del vento e del dilavamento delle piogge in aree a scarsa copertura di piante di alto fusto.

Le pratiche che portano all’impoverimento del suolo e alla desertificazione sono :

a)  pratiche agricole intensive                            a1)   uso di pesticidi inorganici

b)  processi estrattivi e di raffinazione              a2)  uso di compost inquinato

c)  processi industriali                                       a3)  irrigazione con acque inquinate

d)  traffico dei veicoli

  

L’agricoltura sostenibilecombina tre obiettivi fondamentali – un ambiente sano, il rendimento economico e l’equità sociale ed economica. Ad essa hanno contribuito diversi orientamenti filosofici, molte politiche e pratiche. Soggetti con competenze diverse, dagli agricoltori fino a consumatori, hanno condiviso questa visione e hanno contribuito al suo sviluppo.

Nel 1990 l’ Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito la sostenibilità in termini di

“soddisfazione dei fabbisogni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri fabbisogni”. Per questo motivo la gestione sia delle risorse ecologiche e ambientali che di quelle umane è di estrema importanza. La gestione delle risorse umane comprende anche la gestione delle responsabilità sociali come le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori, i bisogni delle comunità rurali, la salute e la sicurezza dei consumatori sia nel presente che nel futuro. Gestire le risorse territoriali e ambientali vuol dire mantenere a lungo termine o accrescere questa fonte di vita fondamentale.

sabato 26 novembre 2011

Terra Madre





L’attuale agricoltura industrializzata ha prodotto l’abbandono delle campagne, la desertificazione, la deforestazione, l’impoverimento dei suoli, la comparsa di nuove malattie tra le specie animali, le monoculture e una generale omologazione alimentare. L’umanità in questo modo è destinata all’impoverimento generale.


Esistono però nel mondo anche migliaia di esperienze che praticano una agricoltura capace di avvicinare la terra con rispetto e di custodirne le potenzialità. Ed esiste un grande movimento chiamato “Terra Madre” che cerca di collegarle. Il pensiero dominante considera marginali queste esperienze, noi invece pensiamo che se l’umanità ha una possibilità di salvarsi, questa abita proprio in queste “pietre scartate”  e cogliamo conoscerle e sostenerle affinché possano diventare “testata d’angolo”.


Domenica 27 novembre 2011 alle ore 10.30 alla Comunità dell’Isolotto nel corso dell’Assemblea domenicale parleremo di tutto questo insieme e con Giovanna Licheri.


 


Il Signore disse …la terra che vi do dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore.


Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;


ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato


in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna.


Non mieterai …. non vendemmierai …sarà un anno di completo riposo per la terra. ..


Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso


di me come forestieri e inquilini.


 




 

venerdì 18 novembre 2011

FINE VITA: DECIDERE CONSAPEVOLMENTE


QUINTA COMMISSIONE CONSILIARE - CONSULTA PER LA LAICITA’

La Consulta per la Laicità, presieduta dal Presidente della Vª Commissione Consiliare, Leonardo Bieber, ha il piacere di invitare la S.V. al convegno

FINE VITA: DECIDERE CONSAPEVOLMENTE

Testamento Biologico e Cure Palliative

MERCOLEDI’ 30 NOVEMBRE 2011 ORE 17.00

Palazzo Vecchio, Sala della Miniatura

Saluti

Leonardo Bieber, Presidente della Consulta per la Laicità

Interventi

Monica Toraldo di Francia, Docente di Bioetica, membro del Comitato Nazionale di Bioetica

Panoramica sulla legislazione attuale in materia in Italia e in Europa.

Piero Morino, direttore Unità Cure Palliative, Leniterapia hospice Convento delle Oblate, AS Firenze

La nascita, lo sviluppo e la realtà attuale delle Cure Palliative Domiciliari e in Hospice a Firenze

Nicoletta Bottin, Coordinatrice Infermieristica presso l’hospice di Prato e sul territorio

L’esperienza dell’hospice e le problematiche inerenti ad un’accoglienza personalizzata nel rispetto anche delle diverse culture di origine

Rossana Bartolozzi, Volontaria presso l’hospice di Via S. Felice a Ema

Resoconto di un’esperienza in corso nell’assistenza sia in hospice che a domicilio

Moderatrice

Paola Galli, componente della Consulta

Interventi del pubblico presente e repliche dei Relatori

Segreteria organizzativa: Antonella Barbieri Ufficio Consulte Tel. 055. 2768602

 


giovedì 3 novembre 2011

Assemblea domenica 6 novembre




 


la nostra riflessione sull'assenza-presenza di Enzo continua:


domenica prossima 6 novembre sarà dedicata a socializzare le tante testimonienze di vicinanza e solidarietà che ci sono giunte e ad interrogarci su quale futuro la comunità vorrà progettare per essere fedeli e coerenti con il cammino che abbiamo fatto insieme in questi anni.




Ci troviamo alle ore 10,30 all'incontro domenicale in via degli Aceri 1.


Per chi non l'avesse ricevuto allego la sintesi dell'incontro di domenica 23 ottobre che è stato inviato a tutti coloro che hanno espresso la loro vicinanza e gratitudine a Enzo e a tutti noi.


 Luciana 



Ricordo di Enzo


Comunità dell’Isolotto – Firenze

Domenica 23 ottobre 2011



Lacomunità riunita in assemblea come ogni domenica socializza i propri sentimenti, si interroga, riflette sull’ assenza di Enzo e la continuità della sua presenza in mezzo a noi.

La riflessione biblica preparata dal gruppo che aveva l’impegno della conduzione dell’assemblea eucaristica ha scelto e commentato la lettura del brano biblico della Sapienza 6,22 - 7,30, un testo del II sec. a.C. scritto in ambiente ellenistico (Alessandria d'Egitto) e attribuito fittiziamente a Salomone, quale grande saggio dell'antichità. Lo si è letto come messaggio che Enzo stesso ci lascia come insegnamento di saggezza(6,22-25). In effetti il testo sapienziale identifica al meglio il contributo che Enzo ha dato a noi e alla società del nostro tempo: la ricerca della saggezza, come valore supremo e universale(7,7-10), valido per ogni uomo.

La Sapienza infatti non è legata ad un credo religioso, tanto meno ad un culto particolare, ma appartiene ad una ricerca laica sul senso della vita e sulla Verità da raggiungere. Inoltre essa non discrimina gli individui in base a religione, cultura o tradizioni, ma si apre all'apporto di tutti in egual misura, perché ogni individuo ha in sé un frammento di Sapienza e di Verità da offrire agli altri, un frammento della realtà divina. In terzo luogo la ricerca della Sapienza è una ricerca comunitaria, perché è il risultato di un confronto tra posizioni diverse per arrivare ad una soluzione condivisa. La personalizzazione della ricerca è in contrasto con i caratteri della sapienza: non c'è un genio, superiore ad altri(7,1-6), che detti legge nel perseguimento della Verità, nemmeno nella persona di Gesù ("non chiamatemi maestro..."). Soltanto la comunità è depositaria del metodo per raggiungere la Sapienza.

Più l'individuo si identifica nella Sapienza e più diventa immortale, perché essa è parte della realtà di Dio e in essa l'uomo trova il proprio appagamento e la realizzazione della propria personalità(7,11-12); in altre parole l'individuo diventa patrimonio dell'umanità, un ulteriore gradino, importante, necessario, nella costruzione della scala che porta l'umanità più vicina alla visione di Dio (7,25s).

Nell'azione di Enzo noi riconosciamo questi elementi importanti della ricerca della Verità e lo consideriamo come un "uomo amato da Dio"(7,28), che ci può guidare con la sua presenza/assenza nel nostro cammino verso obiettivi di solidarietà e fratellanza.

Erano con noi tanti amici,rappresentanti di varie Comunità di base italiane, compagni di percorsi e scelte di vita, gente del quartiere, venuti a portare la loro testimonianza di affetto.

Non addio ma ciao Enzo, nostro fratello, nostro amico, energia creativa e solidale a disposizione di tutti. Questo il filo conduttore delle tante parole che domenica mattina si sono intrecciate in comunità .Persone vive, nomi, volti, caratteri, sentimenti, che si accompagnano nella ricerca divalori- speranze – coerenze, impegno solidale :questa è l’identità della comunità come l’abbiamo vissuta noi e come è emerso dalle tante testimonianze di coloro che hanno incrociato nei vari e diversi percorsi della propria vitailoro passi con quelli di Enzo e della comunità.

Abbiamo scoperto insieme come e quanto il dono del dare e del ricevere abbia arricchito e sostenuto il cammino delle nostre vite personali e comunitarie ed abbia riempito di significato ogni scelta . E’ un cammino ricco di gioia, di emozioni positive, di amicizie personali, di affetti profondi quello che abbiamo percorso insieme in questi anni, ma anche di difficoltà, ostacoli ed a volte incomprensioni : Enzo è stato anche segno di contraddizione in mezzo a noi ma soprattutto è stato e rimaneuno di noi che ha sostenuto questa esperienza mettendo in gioco la sua vita e donando con generosità le sue risorse di amore e di fede.

“Enzo rimane vivo in mezzo a noi” ma la sua memoria non è proprietà esclusiva di nessuno. Egli ha costituito spinta vitale per tutta la comunità perché si è rifiutato di chiudersi- chiuderci in un recinto e ci ha continuamente spinto, sbalzato nella dimensione cosmica della ricerca di “tutti gli uomini di buona volontà”.

La comunità dell’Isolotto non si chiuderà attorno allamemoria di Enzo, vogliamo impegnarci a rendere vivo e presente il suo messaggio continuando a percorrere le strade del mondo.

Le riflessioni si sono concluse intrecciando le nostre mani in ascolto della lettura del seguente testo tratto dal suo e nostro bellibro “cristianesimo ribelle”

Le orme lasciate dall’essere umano allo stato generativo

Prima che venisse plasmato dalla civiltà,

fessure dalle quali s’ intravede il profondo,

la vita inconscia,

testimoniano non solo l’angoscia

derivante dalla consapevolezza della morte

e gli esiti distruttivi di tale angoscia,

ma anche i tentativi affannosi e creativi

per dare un senso positivo alla finitezza.

E’ da lì che parte l’evoluzione culturale dell’umanità,

un cammino di consapevolezza che non si è mai interrotto.

E’ il nostro cammino di oggi

Verso una esistenza personale e sociale

Profondamente pacificate.

 



Il padre nostro, le parole dell’eucarestia e la condivisione del pane come ogni domenicahanno concluso in un intreccio simbolico, memoria e presente e il nostro cammino personale e comunitario continua.








martedì 1 novembre 2011

Enzo Mazzi - Un costruttore laico di un altro mondo possibile

Un costruttore laico di un altro mondo possibile

 

- Ricordo di Enzo Mazzi effettuato durante l'incontro seminariale "Che genere di politica, che genere di partito" promosso dalla Scuola di politica del Forum delle donne e dall'Ufficio formazione e autoformazione del PRC e svoltosi a Firtenze il 29/10/2011 -

 

E' molto difficile cercare di rendere in breve il senso di una vita così ricca di esperienze, elaborazioni, contributi, sia intellettuali che di pratica militante, come quella di Enzo Mazzi.

Non so se io sia la persona più idonea a ricordare Enzo, ma è certo che è giusto che egli venga ricordato da chi è impegnato, come me appunto, nel Laboratorio per la Laicità di Firenze. E non solo perchè Enzo è stato attivamente presente nel Convegno che, quasi 3 anni fa, ha dato vita al Laboratorio, ma, ancor più, perchè l'intera sua vita è stata caratterizzata da un impegno laico pieno e convinto, fatto di ricerca e di capacità di andare oltre le dichiarazioni di principio (con l'intento di misurare la laicità, nella Chiesa e nella società, sui casi concreti - vedi, ad esempio, l'incontro, in tempi recenti, con il padre di Eluana Englaro, e lo schierarsi dalla parte del diritto delle persone ad una vita dignitosa, e, in anni lontani, il sostegno chiaro e netto a chi difendeva conquiste civili come il divorzio e la possibilità di abortire, quando vi furono i referendum che avrebbero voluto cancellare quelle leggi di libertà -).

Senza dubbio, Enzo Mazzi non vorrebbe essere separato, nel ricordo, dalla Comunità dell'Isolotto, di cui è stato parte integrante per più di 40 anni (come prima lo era stato, per circa 15, della Comunità parrocchiale). Eppure è innegabile che il ruolo di Enzo sia risultato essenziale, perchè sono stati il suo pensiero ed i suoi stimoli intellettuali ad alzare continuamente l'asticella delle riflessioni e delle elaborazioni della Comunità (e, più in generale, dell'intero movimento delle Comunità cristiane di base). Dall'aver anticipato, come parrocchia, alcune indicazioni innovatrici, anche sul piano liturgico, del Concilio Vaticano II alla rivendicazione di una Chiesa dei poveri da contrapporre a quella supporto dei potenti all'individuazione, in tempi più recenti, del sacro come puntello del potere [un sacro presente nell'ambito della religione - delle religioni -, ma pure nella nuova mitologia del denaro e delle merci] e della necessità, di conseguenza, di un processo di "decrasalizzazione" in grado di far sì che il sentimento religioso divenga una componente di quella tensione unitaria di popolo - di quella lotta di liberazione - volta a sviluppare, per tutte e per tutti, condizioni di giustizia, uguaglianza, libertà.

Il suo essere saldamente ancorato ad un luogo, l'Isolotto, e ad una Comunità non gli hanno impedito di rapportarsi all'insieme della società ed alle vicende del mondo.

Enzo Mazzi è stato parte importante della storia di Fitrenze nel corso del 900 e nei primo anni del nuovo secolo, ma si può ben dire che sia andato "oltre i confini" (com'è intitolato un libro della Comunità).

La piazza dell'Isolotto, quella che molti oggi vorrebbero prendesse il suo nome, negli anni 70 e 80 era divenuto un crocevia di livello mondiale, un punto d'incontro di esperienze sviluppatesi in luoghi lontani, in Asia, in America, in Africa, in altri Paesi d'Europa: dal prete vietnamita alleato dei vietcong ai religiosi sudamericani che partecipavano ai movimenti di liberazione dei propri Paesi al rappresentante dell'ANC - African National Congress - sudafricano al tempo dell'apartheid al sacerdote basco di quando in Spagna vi era ancora la dittatura di Francisco Franco, tanto per citare alcune di quelle partecipazioni internazionali. E la piazza aveva continuato ad essere luogo d'incontro anche quando erano cresciute, sul finire del secolo scorso, le presenze a Firenze degli stranieri (migranti, rifugiati, profughi): all'Isolotto si incontravano, e potevano parlare, Rom, curdi, senegalesi, tutti coloro che, più in generale, spesso in città erano guardati con ostilità, sulla base di pregiudizi, dando origine ad un clima d'intolleranza.

Le Baracche verdi di via degli Aceri, divenute la sede della Comunità dopo "la cacciata dal tempio",

non erano certo patrimonio esclusivo di chi della Comunità faceva parte (fra l'altro, si trattava, e si tratta ancor oggi, di una realtà aperta, a cerchi concentrici, in cui si avevano, e si hanno, partecipanti fissi e occasionali, in grado tutti di dare e ricevere contributi alla riflessione ed all'azione comuni). Lì si faceva scuola - la scuola popolare, il doposcuola -, lì si tenevano le riunioni del Comitato Genitori, del Comitato di quartiere, del Movimento cittadino per la scuola, del Coordinamento dei Comitati di quartiere, del Comitato per la Pace - quando, negli anni 80, si svilupparono in tutto il Paese iniziative contro l'installazione dei missili a Comiso e si tenne in proposito anche un  referendum autogestito -. Ed Enzo, con la sua presenza discreta, era punto di riferimento, portando un contributo significativo, senza essere invasivo, per questo fervore di attività e di interventi.

Quando, agli inizi del 2000, si sviluppò la straordinaria esperienza dei Social Forum e proprio a Firenze si ebbe il 1° Forum Sociale Europeo (nel 2002, un anno dopo Genova), fu Enzo Mazzi a dare il benvenuto, in piazza Santa Croce, alle migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo. Ed era stata sua l'idea di fare un libretto (che poi la Regione finanziò), in italiano ed in inglese, da dare appunto a quelle migliaia di persone che la città si apprestava ad ospitare, un libretto in cui si presentassero, rispetto alle versioni ufficiali, un po' imbalsamate e da cartolina,  tracce concrete della storia di un'altra Firenze - la Firenze della solidarietà e dell'accoglienza, operatrice di pace - (dai Ciompi a Savonarola, che, seppure in modo contraddittorio, segnò un ampliamento della partecipazione popolare al governo di Palazzo Vecchio, all'abolizione della pena di morte allo sviluppo dell'associazionismo popolare all'antifascismo ed alla Resistenza alle lotte operaie del dopoguerra ai comitati di quartiere dell'alluvione ai movimenti sessantottini nella chiesa e nella società), un'altra storia che un clima di chiusura, alimentato dalle forze cittadine più retrive, rischiava di oscurare completamente.

Mentre nella Comunità, e con la Comunità, continuava il suo impegno nella realtà attuale e la sua ricerca sul rapporto tra sentimento religioso e lotta per la trasformazione della società, Enzo  ricostruiva pezzi di storia e di memoria (Savonarola, Giordano Bruno, Ernesto Balducci, ol cristianesimo ribelle, il valore dell'eresia), convinto che senza memoria sia più difficile affrontare il presente e progettare il futuro.

Una delle ultime riflessioni, quando era già malato, è stata dedicata alle manifestazioni del 13 febbraio, alle donne "che si riprendono le piazze e che si riprendono, per se  stesse e per tutti noi, il potere sulla sacralità della natura, dei corpi, della sessualità, dell'esistente." Se non ora quando?, appunto.

Enzo Mazzi si può definire, quindi, in sintesi ed in conclusione, un testimone ed un protagonista di alto profilo della storia del nostro tempo, un laico aperto al futuro che credeva profondamente nella costruzione, dal basso, attraverso un'ampia unità popolare, di un altro mondo possibile.

Moreno Biagioni.