Fuad racconta
Comunità
dell’Isolotto - Firenze, domenica 19 ottobre 2014
L’Iraq, l’IS e il Kurdistan: cosa sta
succedendo?
riflessioni
di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio,
con
l’intervento di Fuad Aziz originario del Kurdistan iracheno
Letture da Isaia
Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell`arte
della guerra. [Isaia, 2,4]
|
Nel deserto prenderà dimora il diritto
e la giustizia regnerà nel giardino.
Effetto della giustizia sarà la pace,
frutto del diritto una perenne
sicurezza.
[Isaia, 32, 16-17]
|
Lettura dal Vangelo secondo Matteo
Avete
inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non
opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli
anche l`altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu
lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne
con lui due. A chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le
spalle.
Avete
inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi
dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate
figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e
sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se
amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i
pubblicani?
Il fiore ha
scritto il suo diario
metà del diario
parlava della bellezza dell’acqua
L’acqua ha
scritto il suo diario
Metà del
diario parlava della bellezza del bosco
Il bosco ha
scritto il suo diario
Metà del diario
parlava della terra amata
ma quando la
terra scrisse i suoi diari
tutti i
diari parlavano della libertà.
Il saluto usuale di un
musulmano è: âlSalâm âleikum, la pace sia con voi.
Dal Corano
(10ª25): Dio chiama al soggiorno della Pace, e dirige chi Egli vuole
sulla via diritta.
(15ª46): Entrate [in Paradiso] in pace e con sicurezza.
(16ª32): Le persone che sono buone vengono chiamate dagli angeli, che
dicono loro: "La Pace sia con voi; entrate in Paradiso, come ricompensa
delle vostre azioni".
Nulla salus in bello: pacem
te poscimus omnes (Nessun bene dalla guerra; Pace, noi tutti ti invochiamo) Virgilio
Ricordatevi della vostra
umanità, e dimenticate il resto. [Joseph Rotblat][2]
Spiegazione di alcuni termini: musulmano, islamico, califfo,
imam, sunnita, sciita, wahhabita …
Islamico: il termine
islamico, aggettivo o sostantivo, si riferisce a persone o cose attinenti alla
religione islamica. Il termine originariamente usato solo come aggettivo (ad es.:
i valori islamici), per l'insistente uso proposto in questo senso dai mass
media, ha cominciato ad essere usato anche come sostantivo, indicando in
maniera convenzionale gli appartenenti ai movimenti "fondamentalisti” più
o meno militanti (ad esempio "gli islamici di al-Qā ida" oppure
gli appartenenti ai gruppi del jihad islamico).
Per
costoro, semmai, sarebbe più corretto usare il termine islamisti, anche se storicamente con questo termine ci si riferisce
agli studiosi e i ricercatori di materie attinenti alla religione e cultura
islamica.
L’Islam
è al secondo posto per numero di seguaci con circa 1,6 miliardi di fedeli, dopo
il Cristianesimo
che ne conta circa 2,1 miliardi. Il 13%
dei musulmani vive in Indonesia, che è anche il paese musulmano più popoloso, il 25%
nell'Asia Meridionale, il 20% in Medio-Oriente
e il 15% nell'Africa sub-sahariana. Minoranze
considerevoli si ritrovano anche in Europa, Cina, Russia e
Americhe. L'Islam conta il più marcato incremento numerico di adesioni fra le
varie religioni.
Musulmano: il termine musulmano
- che identifica una persona che segue la religione islamica - deriva dalla parola
araba muslim, che significa "sottomesso, devoto (a Dio)".
Maomettano: il termine
antico e oggi in disuso, di maomettano, è probabilmente stato introdotto
sul calco della parola cristiano. Va inteso come aggettivo da usare per
riferirsi alla personalità o agli insegnamenti di Maometto. Non va inteso come
sinonimo di “musulmano" o di “islamico”, poiché può essere sentito come
offensivo dai musulmani poiché secondo la fede islamica, il messaggio del
Corano va ricondotto direttamente a Dio (Allāh) e non al Suo profeta.
Califfo: il termine (letteralmente
“successore di Maometto”) indica nel mondo islamico il supremo capo spirituale
e politico-militare dell’intera comunità islamica.
Imam: il termine (letteralmente
"colui che sta davanti") significa “guida morale e spirituale”. A
seconda del contesto storico e socio-politico può indicare sia un semplice
devoto musulmano
esperto nei rituali che guida le preghiere, che capi di movimenti politico-religiosi
dotati di grande potere, come per es. Khomeini.
Da un punto di vista istituzionale, l'Imam è storicamente il capo della
Comunità islamica
e per questo, nel Sunnismo, è sinonimo di califfo;
e nello sciismo ha un peso ancora maggiore in ragione della sua discendenza con
Maometto.
Sunniti e Sciiti: il Sunnismo e lo Sciismo sono i due principali orientamenti in cui
storicamente si è diviso il mondo
islamico. Il Sunnismo è
l'orientamento maggioritario (circa il 90% dell'intero mondo islamico), lo Sciismo è l'orientamento minoritario,
anche se maggioritario in Iran e molto diffuso in alcune zone come il Libano e
l’Iraq.
Storia della nascita della scissione tra sunniti e sciiti: Maometto morì nel 632 d.C. senza lasciare
indicazioni sulla propria successione
alla guida dell’Islam. Furono eletti dei successori – detti califfi – tra le persone a lui più vicine. Le prime tre elezioni non
suscitarono problemi (i primi tre califfi furono anche chiamati “ben guidati”).
L’elezione del IV° califfo Alì ibn Abi
Talib (cugino e genero di Maometto) invece fu molto contestata. Ci fu uno scontro
che portò poi allo scisma: i seguaci di Alì furono chiamati Sciiti, i suoi oppositori
Sunniti.
Gli
sciiti pensano che a guida della comunità islamica debbano
esserci solo i legittimi discendenti di Maometto. Lo sciismo riconosce all’Imam,
detto anche “Amico di Allah”, una particolarissima vicinanza a Dio e poteri
speciali (è il solo che ha l’autorità di interpretare il Corano e la
«tradizione»). Lo sciismo viene poi suddiviso in moderato, medio ed estremo a
seconda del valore/potere attribuito all’Imam: rettamente guidato, infallibile,
o quasi Dio. Nei paesi a maggioranza sciita esiste una specie di clero molto
potente e spesso molto venerato.
I Sunniti rifiutano l’idea che a capo della comunità ci debbano essere dei diretti
discendenti del Profeta e ritengono che la guida politica e spirituale della
Comunità debba essere individuata all’interno della Comunità (una
volta era il califfo
e oggi potrebbe essere il segretario generale della Organizzazione della Conferenza
Islamica). In linea di principio alla guida politica e spirituale
della Comunità poteva accedere qualunque musulmano adulto, di buona moralità,
di sufficiente dottrina e sano di corpo e di mente. Nei paesi a maggioranza
sunnita non esiste un vero e proprio clero, ma una varietà di capi, dotti e
devoti cui è riconosciuto particolare autorità.
Wahhabiti: il Wahhabismo è un movimento radicale, nato nel 1700 all’interno della
comunità islamica, per opera di Muhammad ibn Abd al-Wahhāb, e che si afferma
soprattutto in Arabia Saudita. Vuole il ritorno alla purezza dell’Islam delle
origini e l’abolizione di ogni innovazione emersa nel tempo; ed è contraria a
ogni possibile interpretazione personale del Corano da parte degli studiosi
musulmani. La monarchia saudita ha usato questa impostazione religiosa
fondamentalista per organizzare e mantenere un sistema politico, sociale,
giuridico di tipo fortemente autoritario e statico: la maggior parte delle
conquiste della modernità non sono state accolte. Per fare solo alcuni esempi:
non è stata adottata alcuna Costituzione che limiti il potere assoluto della monarchia,
non è stata introdotto un sistema giuridico moderno, le libertà e i diritti
fondamentali dell’uomo non hanno alcun riconoscimento e fortissima è
l’oppressione delle donne e delle minoranze.
Jihād: parola araba che significa
"esercitare il massimo sforzo". La parola connota un ampio spettro di
significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra santa.
Oggi il termine è usato comunemente come se avesse una dimensione
esclusivamente militare. Per quanto questa sia l'interpretazione più comune di jihād,
la parola non è usata strettamente in questo senso nel Corano, il
testo sacro dell'Islam.
Fondamento
del concetto:
durante
il periodo della rivelazione coranica, allorché Maometto
si trovava a La Mecca,
lo jihād si riferiva essenzialmente alla lotta non violenta e personale,
quindi a quello sforzo interiore necessario per la comprensione dei misteri
divini. In seguito al trasferimento (Egira) da La Mecca
a Medina
nel 622,
e alla fondazione di uno Stato islamico, il Corano
autorizzò il combattimento difensivo. Il Corano iniziò a incorporare la parola qitāl
(combattimento o stato di guerra) per scopo difensivo.
Il
significato più letterale di jihād è semplicemente "sforzo", e
lo "jihād interiore" si riferisce a tutti gli sforzi che un musulmano potrebbe
affrontare aderendo alla religione.
Jihād difensivo: la
maggioranza dei musulmani considera la lotta armata contro l'occupazione
straniera o l'oppressione da parte di un governo interno degne di jihād
difensivo. In effetti, sembra che il Corano richieda la difesa militare della
comunità islamica assediata.
La
tradizione islamica ritiene che quando i musulmani vengono attaccati diventi
obbligatorio per tutti i musulmani difendersi dall'attacco, partecipare allo jihād.
Jihād offensivo: lo
jihād offensivo è l'intraprendere una guerra di aggressione e conquista
contro i non-musulmani al fine di sottomettere questi e i loro territori al
dominio islamico. Secondo numerose interpretazioni, il jihād offensivo, cioè
l'aggressione, è pienamente ammesso dall'islam sunnita, ma al contrario del
jihād difensivo non vi è alcun obbligo di partecipazione da parte dei
singoli fedeli musulmani, ma solo della comunità islamica nel suo insieme.
I
musulmani che non aderiscono a questa interpretazione militante dello jihād
mettono in dubbio la necessità e l'obbligo dello jihād offensivo in
epoca contemporanea: lo jihād offensivo era
praticato solo al fine di preservare l'Islam dalla distruzione, ed è oggigiorno
obsoleto.
A
sostegno di questo punto di vista, coloro che rigettano l'Islamismo militante
tendono a opporsi all'affermazione secondo cui l'Islam nel suo complesso è
oggetto di attacco ostile. Essi propendono a porre in risalto tradizioni
islamiche a sostegno della tolleranza per altri gruppi religiosi e sociali.
Invece
l'interpretazione militante del jihād è propensa a suggerire una visione
del mondo in cui forze ostili anti-islamiche impediscono oggigiorno all'Islam
di realizzare il suo pieno potenziale per un'espansione globale pacifica — una
visione del mondo in cui l'Islam sarà alla fine adottato dall'intera umanità se
queste forze ostili verranno affrontate socialmente e militarmente.
Chi
può autorizzare il jihād offensivo? I movimenti
islamisti (come Al-Qaeda e Hamās) si sono assunti il compito di proclamare il jihād,
scavalcando l'autorità tanto degli Stati-nazione quanto degli esperti religiosi
tradizionali. Analogamente, alcuni musulmani hanno dichiarato il jihād
contro specifici governi che percepiscono come corrotti, oppressivi e
anti-islamici.
Al-Qāida (italianizzata spesso in Al Qaida o, seguendo
la grafia inglese, in Al Qaeda) è un movimento islamista
sunnita
paramilitare
terroristico
nato nel 1989,
fautore di ideali riconducibili al fondamentalismo islamico, impegnato in
modo militante nell'organizzazione e nell'esecuzione di azioni violentemente
ostili sia nei confronti dei vari regimi islamici filo-occidentali definiti
ipocriti, sia del mondo occidentale definito infedele. È stato guidato sino
alla sua morte avvenuta il 2 maggio 2011 dal miliardario saudita
Osāma bin
Lāden che si avvaleva della guida ideologica di Ayman
al-Zawāhirī (ex medico del Cairo,
appartenente a una famiglia di dotti religiosi e di magistrati).
Origine del nome: il nome
dell'organizzazione deriva dall'arabo
qāida che significa "fondazione" o "base" e può
riferirsi sia ad una base militare sia a un database.
Altre
fonti affermano che il nome derivi dal centro logistico situato a Peshāwar: in
tale luogo sarebbero stati registrati i nomi dei volontari arabi
successivamente mandati a combattere in Afghanistan contro le truppe russe.
Storia: secondo alcune
fonti Al-Qāida nacque ai tempi dell'invasione sovietica
dell'Afghanistan,
intorno al 1989, pressappoco alla fine della guerra in Afghanistan. Dietro la
genesi dell'organizzazione si trova una teorizzazione religiosa di ispirazione wahhabita,
che col tempo ha raccolto elementi di altre correnti religiose islamiche,
appoggiandosi di volta in volta al "clero" locale, come i deobandi
e i talebani,
ma senza una relazione di dipendenza.
Osāma bin Lāden era il 17° dei 57 figli di un
immobiliarista yemenita.
Utilizzò soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni proprio per
aiutare la resistenza dei mujaheddin nella guerra sovietica in Afghanistan,
dove arrivò quando aveva 23 anni. Sulla consistenza del patrimonio personale di
bin Laden esistono comunque stime secondo le quali, a causa della tendenza
nella cultura saudita a non dividere il patrimonio familiare ma a farlo gestire
solo al figlio maggiore, il patrimonio personale di bin Laden sarebbe ammontato
ad alcuni milioni di dollari.
Il
giorno 2 maggio
2011 Osama bin
Laden venne ucciso ad Abbottabad
(Pakistan),
durante un attacco di assaltatori della Marina degli Stati Uniti avvenuto nel suo
complesso fortificato. Secondo alcune fonti gli sarebbe succeduto il suo
braccio destro nonché cofondatore del gruppo Ayman
al-Zawahiri.
Obiettivi: i suoi atti
terroristici si basano su attacchi suicidi e omicidi e fanno ricorso all'uso
simultaneo di esplosivi contro differenti obiettivi. Il gruppo di al-Qāida
predica e organizza da tempo il cosiddetto "jihād islamico", che va
inteso come attuazione di attacchi terroristici condotti nei confronti di
obiettivi occidentali, con l'obiettivo di porre fine all'influenza dei paesi
occidentali sui paesi musulmani e con il fine di creare un nuovo califfato
islamico. Esso afferma di credere inoltre che ci sia un complotto ebraico-cristiano volto a
distruggere l'Islam.
I
progetti che davano origine a questi attacchi sono stati spesso finanziati
dall'organizzazione, con fondi di organizzazioni islamiche o donazioni di
privati, in massima parte provenienti dalla regione del Golfo Persico.
1. Qualche informazione sullo Stato Islamico[3]
Che cos’è lo stato islamico? Il 29 giugno 2014 l’ISIS (acronimo di Stato
Islamico dell’Iraq e del Levante (o Grande Siria) ) ha proclamato la rinascita
del Califfato islamico, con Abū Bakr
al-Baghdādī come califfo.
Cosa caratterizza questo gruppo e cosa lo
differenzia da altri gruppi e da Al-Qaeda?
· innanzi tutto una ambizione che va oltre i confini
ridotti di uno stato: mira ad un territorio che, a partire dalla zona
compresa tra Siria e Iraq, diventi sempre più ampio attraverso una politica di
espansionismo da condurre con la guerra e il proselitismo. Per questa ragione
il nome iniziale di ISIS è stato cambiato in IS – Stato Islamico. Con questo
nome l’IS intende porsi come “la casa” di tutti i “veri musulmani” ovunque si
trovino.
· proclama il
ritorno alla purezza dell’Islam delle origini, e mira ad una società nella
quale si applichino le rigide regole
della tradizione islamica nella versione della corrente “wahabita”, una
corrente religiosa fondamentalista, che si è affermata a partire dal 1700 e che
si è diffusa soprattutto in Arabia Saudita. Oggi però lo Stato Islamico
considera i capi religiosi wahabiti dell’Arabia Saudita corrotti dal potere e
dal denaro e asserviti all’Occidente, e quindi in nome della purezza dell’Islam
si pone in prospettiva anche l’obiettivo di liberare i luoghi santi e in
particolare le redditizie moschee de La Mecca e Medina dai sauditi amici degli
Usa.
· nell’ottica
dello scontro tra sunniti e sciiti, lo
Stato Islamico mira alla eliminazione degli sciiti dall’Iraq, dalla Siria e
da tutto il Medio Oriente per restaurare un califfato sunnita; la costituzione
di un questo stato, che oggi parte dall’area siro-irachena occupata ma che
potrà essere estesa a tutto il mondo musulmano, risolverà secondo l’IS i
problemi dei sunniti iracheni e siriani in lotta contro i regimi sciiti
considerati “miscredenti e tirannici”.
Un cenno alla storia recente per provare a capire
come abbia potuto affermarsi l’IS: lo Stato Islamico nasce come conseguenza
di quanto è accaduto dopo l’11 settembre in Iraq, in Afganistan e in tutto il
Medio Oriente. E’ la conseguenza della politica statunitense nella regione, della
disgregazione degli Stati/regimi di Tunisia, Egitto, Libia, Siria, ecc e del
fatto che nei paesi attraversati dalle “primavere arabe” non è poi seguito un
percorso di vera democratizzazione e di ritorno ad una nuova stabilità. Il
vuoto creato dall’implosione di questi paesi ha portato alla fioritura di
antichi e nuovi gruppi, bande armate, interessi tribali. Nell’impoverimento e
imbarbarimento generale vi è gente che non ha niente da perdere, disposta a
tutto, capace di arruolarsi con chiunque offra qualcosa.
Ed
è anche il risultato della politica del capo di governo iracheno sciita Al
Maliki, che si è distinto per la sua chiusura sia nei confronti dei curdi che
nei confronti dei sunniti iracheni[4];
così oggi lo Stato Islamico può contare anche sull’appoggio di una parte della
popolazione sunnita nel nord-ovest nel paese.
Dal
2003, cioè dalla caduta del regime baathista di Saddam Hussein, i sunniti sono
rimasti ai margini della vita politica:
-
nelle elezioni del 2005 in
cui si era presentato il Fronte della Concordia che raggruppava i partiti
sunniti;
-
nelle elezioni del 2010 in
cui la lista Iraqiya (coalizione guidata dall’ex primo ministro laico Iyad
Allawi) aveva ottenuto la maggioranza dei voti, ma non è mai andata al potere
per le macchinazioni di Nuri al Maliki,
sciita, ora al governo.
Da
allora i sunniti si sono radicalizzati e il governo di Baghdad, dopo il ritiro
delle truppe statunitensi nel 2011,
ha inasprito le posizioni e le repressioni contro i
sunniti.
Il
governo
ha represso il movimento di protesta nato nelle regioni sunnite nel
2012. La rabbia dei sunniti è alla base di un certo consenso e di una certa
complicità da parte dei civili sunniti che hanno permesso all’IS di infiltrarsi,
guadagnare terreno e assumere il controllo di ampie zone.
Il
successo militare dell’IS è stato favorito anche dalla debolezza dell’esercito
iracheno, dopo la decisione degli Stati Uniti di ritirare le truppe.
Durante
l’ultima campagna elettorale Maliki
ha fatto leva sulla lotta al terrorismo e nonostante si fosse impegnato a
promuovere la conciliazione, in realtà ha diviso popolazione e classe politica
esasperando gli aspetti violenti e portando molti sunniti a scegliere lo stato
islamico.
Su quanti soldati può contare l’IS?
Lo
Stato islamico sembra possa contare attualmente su circa 20-30.000 combattenti,
provenienti dall’Iraq, dalla Siria e da tutto il Medio Oriente, dai paesi del
nord e centro Africa, così come dalla Russia e dall’Europa (Inghilterra,
Francia, ecc..). Adotta alcune tecniche del terrorismo (per es. attentati
suicidi) ma in realtà sembra voglia organizzare un esercito convenzionale e per
questo sembra stia utilizzando ex-ufficiali delle truppe di irachene.
Come si finanzia?
L’IS
si è finora finanziato attraverso razzie, rapine alle banche, estorsioni
praticate in modo sistematico (per es. ai camionisti), attraverso lo
sfruttamento dei pozzi di petrolio o di gas dell’est della Siria e dei
territori conquistati (in parte rivenduto allo stesso governo siriano), e
attraverso ogni tipo di contrabbando e traffico compreso quello di beni
archeologici; secondo l’IS si è arricchito da solo e secondo altri riceve
finanziamenti anche da paesi che ufficialmente lo contrastano come per es.
Arabia Saudita o il Qatar.
Quale territorio ha conquistato l’IS? cosa succede
ai confini con la Turchia?
L’IS
ha conquistato un’ampia zona di territorio a cavallo tra l’ormai inesistente
confine tra Siria e Iraq: le province orientali della città siriana di Aleppo,
il centro di Raqq, il corridoio di penetrazione verso l’Iraq lungo il fiume
Eufrate, arrivando ad incombere sulla città santa sciita di Karbala. E lungo la
direttrice settentrionale i soldati dell’IS hanno puntato verso la piana di
Ninive, conquistando Mosul e arrivando a pochi chilometri dal territorio del
Kurdistan.
L’IS
nei giorni scorsi (metà ottobre) è arrivato a un passo dal conquistare la città
di Kobane al confine tra Siria e Turchia, una conquista che avrebbe assicurato
allo Stato islamico il controllo di tutto il nord della Siria. La resistenza
curda è riuscita a respingere le forze islamiste facendole arretrare di alcuni km.
Questo risultato è stato possibile grazie all’arrivo di combattenti curdi
dall’Iraq e dopo raid aerei condotti dalla forze guidate dagli Stati Uniti
mentre la Turchia è rimasta al confine senza intervenire, anzi ostacolando le
forze curde in vari modi: impedendo ai pesh-merga e ai mezzi di arrivare nella
zona, impedendo ai soccorsi di affluire nell’area, rifiutando le popolazioni
civili in fuga.
Quali sono gli interessi in gioco ?
Iran: sostiene
militarmente il governo iracheno di Maliki contro i sunniti. Fa intravedere una
possibile cooperazione con gli Stati Uniti in una “risposta forte e
coordinata”. L’Iran è alleato con la Siria.
Governo
Regionale del Kurdistan (Krg): amministra la regione più ricca
dell’Iran ed è in contenzioso con il governo di Baghdad per il petrolio e il
controllo del territorio, ma potrebbe coalizzarsi con Maliki contro l’IS. I
combattenti curdi, i peshmerga, ben addestrati e motivati, stanno affrontando
gli jihadisti, conquistando territorio anche con lo scopo di rafforzare
l’autorità curda su una regione ricca di petrolio.
Turchia:il governo
turco potrebbe intervenire per salvare gli 80 turchi in ostaggio dell’IS. Il
parlamento ha autorizzato il governo ad intervenire per colpire le basi del PKK
curdo. La Turchia ha interessi nel settore energetico iracheno; è schierata con
l’opposizione armata siriana.
Siria: l’IS ha
conquistato zone al confine tra Iraq e Siria. Il Presidente siriano Bashar al
Assad potrebbe approfittare della situazione per presentarsi come baluardo
contro l’IS per costruire una Siria libera e democratica. Assad ha espresso
solidarietà al governo iracheno.
Giordania: vuole contenere
la minaccia dell’IS, anche se è stata la patria di Abu Musab al Zarqawi, il
fondatore di Al Qaeda in Iraq.
Arabia Saudita: insieme agli
altri stati del Golfo, è stata accusata di aver finanziato i gruppi jihadisti
in Iraq e Siria. Ultimamente c’è una maggiore attenzione alle attività
antiterrorismo e un sostegno ai curdi nella offensiva all’IS che viene visto
come minaccia per gli emirati del petrolio e per l’Arabia Saudita.
A
partire dalla seconda metà di settembre USA, Francia, Gran Bretagna, Danimarca
e Belgio hanno costituito una coalizione per combattere gli jihadisti dello Stato
Islamico, in Iraq e Siria.
Le
Commisioni Esteri e Difesa riunite di Camera e Senato hanno deciso che l'Italia
rifornirà di armi il governo del Kurdistan iracheno, aggredito dallo Stato
Islamico.
2. La situazione in Irak e nel Kurdistan nelle parole di
Fuad
3. Ma Islam è anche questo……
E’
importante sottolineare che in contrapposizione all’offensiva
fondamentalista si sta muovendo anche un
Islam che condanna e prende le distanze da qualsiasi gesto di violenza compiuto
in nome del Corano. In un articolo, sul
Huffington Post del 22 settembre, dal titolo “Isis, i musulmani d’Europa
si mobilitano contro il califfato” si legge :
“…Da Berlino a
Londra, passando per Milano, i musulmani di tutta Europa si stanno facendo
sentire per condannare lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, colpevole di
“corrompere la loro religione” usandone il nome ma violandone i principi di
fondo. In Germania venerdì scorso in duemila moschee si è pregato contro
l’Isis, mentre i musulmani di Milano si sono dati appuntamento a domenica per una
fiaccolata e una serie di interventi”.
Ed
anche in Francia dove Hassen Chalghoumi,
l’imam di Drancy (comune della periferia nord-est di Parigi) e Dalil
Boubakeur, rettore della Grande
moschea di Parigi, esprimono il loro orrore per la decapitazione sulle montagne
della Kabilia dell’ostaggio francese Hervé Gourdel e invitano i fedeli a scendere in piazza per manifestare anch’essi
il loro disgusto per tale gesto ed è di importanza capitale che siano proprio
gli imam ad affermare che il vero Islam non è questo, ma è una
religione di fratellanza e di pace.
Oltre che nelle piazze le proteste anti-Isis si svolgono anche
in rete,
come quella organizzata
dall’associazione britannica Active Change: a Londra è nato un movimento in cui
migliaia di musulmani affermano, su internet, il loro rifiuto di accettare che
gli omicidi, le decapitazioni in serie, gli appelli alla guerra santa lanciati
dall’Iraq siano perpetrati in loro nome..
Utilizzando le stesse piattaforme social su cui l’Isis diffonde
immagini di morte, gli attivisti di
Active Change hanno raccolto i messaggi di
alcuni musulmani britannici – messaggi che si possono sintetizzare in un’unica frase:
“basta uccidere innocenti in nome mio”. #NotInMyName è
l’hashtag della campagna, a cui hanno risposto in moltissimi. Mettendoci la
faccia, assieme alle parole.
“L’Islam ci insegna il rispetto,
la misericordia, la pace e la gentilezza. È una fede in cui crediamo molto, e
per questo vogliamo difenderla dagli estremisti e dai fanatici, la cui
esistenza è una minaccia per la nostra stessa religione”, ha spiegato ad
Huffington Post Uk uno dei protagonisti della campagna.
“I giovani musulmani britannici sono stanchi della propaganda
piena di odio dei terroristi dell’Isis”, ha raccontato il fondatore di Active
Change, Hanif Qadir.
Not in my name:
non nel mio nome, e non nel nome dell’Islam. http://www.youtube.com/watch?v=hAxIOC8Zisc
Anche in
Italia abbiamo testimonianze importanti:
Comunicato stampa
del 16.09.2014 del Rappresentante delle Comunità Islamiche di Bologna
L'ISIS e la posizione inequivocabile della (CIB)
Comunità Islamica di Bologna
Non bisogna mai stancarsi di proclamare il bene e condannare il male.
Questa è l'etica della nostra religione, rivelata dal Corano e testimoniata
dal Profeta Muhammad.
Lo abbiamo detto e scritto e siamo qui a ribadirlo con tutta la forza che
abbiamo, la violenza perpetrata a nome dell’Islam nelle martoriate contrade
siriane ed irachene non può trovare alcuna legittimazione nelle fonti religiose
islamiche.
Una violenza che – lo rammentiamo- colpisce soprattutto i musulmani e si
accanisce sulle minoranze cristiane e yazidita, secondo una logica aberrante di
sopraffazione.
La nostra dottrina, la nostra giurisprudenza religiosa e la storia stessa
della civilizzazione islamica respingono in modo inequivocabile i metodi
utilizzati dall'ISIS a cui non vogliamo attribuire nessuna valenza di “Stato” e
tantomeno “islamico”.
Ben altre referenze sono quelle cui sembrano ispirarsi i cosiddetti
jihadisti, crudeltà, intimidazione, pulizia etnico-religiosa, niente a che fare
con la misericordia, la tolleranza e l'inclusività che ci deve
contraddistinguere come credenti e timorati di Dio.
In queste settimane le notizie che provengono dall'Iraq e dalla Siria
martellano l'opinione pubblica e sembra vogliano creare i presupposti per la
criminalizzazione di un'intera comunità religiosa quella dei musulmani e delle
musulmane d'Italia, ed è per questo che ci rivolgiamo fiduciosi e fraterni ai
nostri concittadini bolognesi, uomini e donne che ci conoscono da decenni e con
i quali abbiamo intrapreso da oltre vent'anni un cammino di dialogo e di
condivisione dei valori.
Chiediamo che rimangano saldi su quello che l'esperienza gli ha insegnato e
dimostrato. I loro vicini musulmani non sono una minaccia per nessuno di loro
e, sconfiggeremo anche questa minaccia lontana alla nostra intima vicinanza e
amicizia.
In ultimo e non ultimo vogliamo reiterare il nostro invito ai singoli ed
associazioni: venite a trovarci nei nostri centri, sarete accolti con gioia;
invitateci verremo da voi con entusiasmo.
Yassine Lafram - Coordinatore CIB
Comunità Islamica di
Bologna
Via Pallavicini, 13 -
40138 Bologna
Cell. +39 3336944574
Infine
vogliamo ricordare anche l’appello di Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Unione delle Comunità
Islamiche in Italia, che molti giornali hanno pubblicato
"Mi rivolgo a voi che dite di essere musulmani, liberate i nostri tre ostaggi Padre Dall'Oglio, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Loro hanno lavorato in Italia per gli
interessi e la liberazione del popolo siriano e sono andati in Siria per
aiutarlo contro il regime. Come dice il Corano, nessuno può accusare qualcuno
di una cosa che non ha fatto, perciò invito voi credenti, o che almeno dite di
essere, di liberare questi nostri concittadini italiani. La nostra comune fede
in Dio ci impone il rispetto dell'altro, del diverso, dell'uomo in generale, e
la sua salvaguardia, perciò vi invito, come imam di Firenze e come presidente
dell'Unione delle comunità islamiche d'Italia, a liberarli".
I fiori di Kirkuk: un film molto bello sul problema
dei Curdi
novembre 2010
Genere: Drammatico -
Regia: Fariborz Kamkari
Sceneggiatura: Fariborz Kamkari, Naseh Kamkari
Fotografia: Marco Carosi
Musiche: L'Orchestra di Piazza Vittorio
Lo sterminio dei curdi all'epoca di Saddam
Hussein, è il drammatico racconto di questo film, incentrato sulla tragica
storia d'amore tra una coraggiosa donna araba ed un medico curdo, travolta
dalla pulizia etnica.
Nel
1988 il regime di Saddam Hussein è impegnato in una sistematica decimazione del
popolo curdo. Najla, giovane irachena da tempo trasferita in Italia per
studiare medicina, fa ritorno a Baghdad con il proposito di ritrovare Sherko,
medico curdo rientrato in patria per aiutare le forze ribelli dei pashmerga.
Najla
è figlia di una ricca famiglia araba di Bagdad mentre Sherko è un giovane
medico curdo. I due si amano e si vogliono sposare, ma l’appartenenza a due
etnie così diverse rappresenta, all'epoca, un ostacolo insormontabile.
Fronteggiando
sia il retaggio culturale della propria famiglia che l'insistente
corteggiamento del generale Mokhtar, Najla decide di diventare guardia medica
dell'esercito, così da contribuire tacitamente alla causa delle forze ribelli e
poter raggiungere il proprio innamorato a Kirkuk, dove l'esercito iracheno sta
rastrellando la popolazione curda.
Le
immagini che aprono il film sono quelle dei network che hanno mostrato lo
storico abbattimento delle statue di Saddam e degli altri esponenti del regime
iracheno da parte di adulti e bambini festanti con indosso maschere di Bush. In
quelle che probabilmente rappresentano le uniche immagini della vittoria della
recente guerra in Iraq, Fariborz Kamkari, regista curdo formatosi in Italia,
trova forza emotiva e risonanze mnemoniche per raccontare una delle operazioni
più cruente compiute dal regime di Saddam. La forma e la figura che sceglie per
questa ricostruzione del genocidio dei curdi sono quelle più classiche del
romanzo storico: l'avventura di due innamorati in una zona di guerra e il
triangolo sentimentale. Vertice di questo triangolo è Najla, eroina bella e
moderna, che, per amore di un medico curdo e dell'umanitarismo universale,
decide di rifiutare i vincoli dei retaggi culturali così come le insistenti
proposte di un membro del corpo militare.
Il
fiore della resistenza femminile cresce laddove la guerra annienta e distrugge,
ed è talmente bello da ammaliare la spinta narrativa..
“Questo film – ha spiegato il regista – nasce dal desiderio di
comunicare al mondo quello che è successo al mio popolo. Ho pensato che per
raccontare una tale tragedia, una grande storia d’amore sarebbe stata la
formula più immediata e riconoscibile. Il dramma dello sterminio dei curdi è
stato a lungo ignorato dagli europei per motivi economici e politici. Nel
giudizio sull'operato di Saddam, c’entrava anche il petrolio”. Kirkuk, dove è ambientato
questo straziante quanto bellissimo film, è stata la città più devastata del
Kurdistan iracheno, bombardata e distrutta ripetutamente negli anni ’80. “I
fiori di Kirkuk – afferma
Fariborz Kamkari – è il primo film di ambientazione irachena senza
soldati americani. E la protagonista è una donna che non è una moglie, non è
una madre, non è sottoposta ad un uomo e decide liberamente del suo destino.
Per la prima volta vedrete una musulmana che non risponde al solito stereotipo.
Ma una donna forte – come ce ne sono tante qui da noi – che ha combattuto per i
suoi diritti, quelli del suo popolo, dei curdi e dell’umanità in generale”.
Preghiera eucaristica
I nostri cuori sono
sotto il peso
delle sofferenze del
passato e del presente,
dalle crociate agli
olocausti del passato,
dalle guerre sante di
ogni religione ai feroci genocidi di oggi,
dalla Palestina ai
campi profughi di tutto il Medio Oriente.
Il sangue delle vittime
è ancora caldo.
Non crediamo alle parole
degli oppressori.
Come credere a quanto
essi ci dicono?
Le loro dichiarazioni
ufficiali
sono piene di inganni
insopportabili.
Chi può fidarsi di
loro?
Parlano di pace mentre
accrescono la loro produzione di armi;
diffondono voci di
trattative e di riforme,
ma in segreto fanno
piani di oppressione ancor più violenta.
Sono gli stessi
progetti di morte
che hanno ucciso Gesù,
il quale la sera, prima
di essere ucciso,
mentre sedeva a tavola
con i suoi apostoli,
"Prendete e
mangiatene tutti, questo è il mio corpo".
Poi, preso un
bicchiere, rese grazie e lo diede loro dicendo:
"Questo è il mio
sangue che viene sparso per tutti i popoli".
Spartendo questo pane,
vogliamo testimoniare
che il tuo Spirito
speranza degli oppressi
e degli operatori di pace,
ci spinge ad essere
pienamente solidali
con tutti coloro che
credono nella vita
e sono pronti a
spenderla per sbarrare il passo
alle forze della
distruzione e della morte,
per la liberazione di
tutti i popoli,
per la realizzazione di
una società fondata sempre più su gli ultimi.
[1] Sherko Bekas è nato a Sulaimania nel Kurdistan iracheno, nel 1940. Nel 1961, già colpito
da mandato di cattura dalle autorità di Baghdad per la sua attività poetica, si
unì ai Pesh merga (i partigiani kurdi) e diventò la voce della resistenza
kurda. E’ stato costretto come molti a rifugiarsi all’estero; nel 1988 ha ricevuto numerosi
premi letterari. Tornato nel Kurdistan irakeno liberato nel 1992, è diventato
ministro per la cultura della Regione Autonoma del Kurdistan irakeno.
[2]
Rotblat è stato il solo scienziato coinvolto nel Progetto Manhattan (un progetto promosso dagli USA per lo sviluppo
delle bombe atomiche durante la Seconda guerra mondiale) ad averlo lasciato per
ragioni morali e umanitarie. Nel 1955 presentò il Manifesto
Russell-Einstein che chiedeva il disarmo nucleare a livello mondiale, ebbe modo
di dire tra le altre cose questa frase che è diventata poi celebre. Nel 1995
ricevette il premio Nobel per la pace.
[3] Le informazioni sono state riprese da diversi numeri
della rivista “Internazionale” (2014) e dalla rivista italiana di geopolitica “Limes”,
Le maschere del califfo, n. 9 del
14.9.2014.