Comunità
dell’Isolotto
domenica
15 febbraio 2014
Cosa
è possibile fare oggi per unire anziché dividere?
riflessioni,
emozioni e parole del gruppo genitori
Lettura dal Vangelo di Luca
Ed egli
disse loro questa parabola:
«Chi di voi,
avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e
non va dietro a quella perduta finché non la ritrova?. E trovatala, tutto
allegro se la mette sulle spalle e giunto a casa, chiama gli amici e i
vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia
pecora che era perduta".
Vi dico che,
allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si
ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.
Commento: siamo stati
abituati a sentire questa storia in modo così edulcorato - la storia della
“pecorella smarrita” - da essere quasi incapace di parlarci davvero. Ma
possiamo leggere questo brano in modo diverso: di fronte alle vicende dei
giovani europei che si lasciano attrarre dalle prospettive violente del
fanatismo di ogni tipo, noi adulti, noi genitori, siamo chiamati a sentirci
responsabili anche di questi giovani, a porci delle domande, a cercare di capire
cosa davvero sentono, quali sono i loro bisogni profondi, e anche ad agire.
Il comportamento
dell’adulto nella parabola è quello della assunzione di responsabilità, del
muoversi per andare a cercare … che oggi significa porsi delle domande, cercare
di capire, andare oltre i luoghi comuni, e anche di fare qualcosa nella
direzione dell’incontro.
Lettura da Qoelet
Dio ha fatto
l’uomo retto,
ma essi
cercano tanti fallaci ragionamenti.
Chi è come
il saggio ?
Chi conosce
la spiegazione delle cose ?
La sapienza
dell’uomo ne rischiara il volto,
ne cambia la
durezza del viso
Introduzione: nella nostra
riflessione siamo partiti dalla lettera dei professori francesi che è stata
letta qualche domenica fa e che richiamava al sentirsi responsabili: “siamo Charlie, ma siamo anche i genitori dei
loro assassini”.
E’
una lettera che ci ha colpito e ci ha coinvolto. E cercando di capire il
disagio, il senso di esclusione, l’insofferenza che può diventare rabbia e
violenza e che abita nelle periferie non solo francesi, abbiamo trovato anche
queste parole di giovane europeo di origine marocchina (vedi l’articolo riportato
sotto).
Poi
abbiamo riflettuto sul fatto che mancano totalmente, nella scuola e nei
quartieri, spazi e tempi dedicati alla crescita emotiva dei ragazzi, spazi che consentano
loro di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di imparare a gestire
la rabbia e le frustrazioni, spazi e tempi che consentano loro di conoscere e
apprezzare le differenze e la multiculturalità del mondo in cui viviamo. Mentre
permane un’ora all’interno dell’orario scolastico dedicata all’insegnamento
della religione cattolica che nella esperienza nostra (e non solo nostra) è
stata ed è una opzione che divide: divide i ragazzi di religioni diverse, i
credenti dai non credenti, i credenti che hanno che hanno visione laica della
scuola da quelli che desiderano o subiscono un insegnamento di tipo
confessionale. Un’ora alla quale non ci sono reali e praticabili alternative.
Per questo in allegato abbiamo proposto anche un approfondimento di Valerio
Gigante che ripercorre la storia dell’Insegnamento della religione cattolica
dall’Unità di Italia ad oggi, e alcuni articoli nel 1981-82 che sembrano
scritti oggi.
Ma
poi abbiamo provato a chiederci, cosa possiamo fare oggi, per unire anziché
dividere..?
Rabbia che ha preso la strada sbagliata: le parole di
un giovane musulmano
da “Dalla rabbia alla violenza” di Abdelkader Benalì, in Internazionale
22.02.2015
A un certo
punto qualcosa cambiò. Avevo 13 anni, pensavo solo ai libri e alle ragazze, ero
un sano adolescente di origine marocchina senza troppi problemi.
Poi qualcosa mi fece sentire diverso. Un giorno, a
scuola, affrontammo il tema della fatwa
contro Salman Rushdie. Il professor Fok parlò di libertà di espressione, io
dissi che erano insulti al profeta. In aula cadde un silenzio imbarazzante. Fok
disse che la fatwa non aveva senso.
Come era possibile offendersi per un romanzo? Come era possibile essere
condannati a morte per aver usato la fantasia?
Ricordo che
saltai in piedi e alzai la voce, cercando di spiegare quanto era sacro il
profeta per me e per la mia comunità. E più il professore continuava con la sua
analisi fredda e razionale, più mi arrabbiavo. Non si trattava più di un
romanzo, ma di me. Di noi, Volevo vendetta.
Fok si limitò a guardarmi e mi chiese di uscire
dall’aula. Per la prima volta capii cosa significava essere musulmano. Non volevo sentirmi così. Volevo essere
accettato.
Poi, quando la frustrazione e la rabbia cominciarono a
calare mi vergognai per aver tradito la mia religione, la mia famiglia, me
stesso. Mi vergognavo di una rabbia che non capivo.
Sono crescituo ina famiglia abbastanza tradizionale.
Osservavamo il ramadan ma mio padre non andava quasi mai in moschea. Non
parlammo molto della fatwa ma era
impossibile ignorarla del tutto. Era la prima volta che ci sentivamo in dovere
di rispondere ad alcune domande: da che parte stai? perché ti senti offeso? da
dove viene tutta questa rabbia? l’islam può coesistere con i valori
occidentali?
Da allora il mondo non ha più smesso di ricordarmi che
sono musulmano. Il mio nome, le mie origini, il colore della pelle, quello che
succedeva: tutto mi spingeva a farmi delle domande. L’islam mi diceva: se
rispetti i cinque pilastri della fede andrà tutto bene. Ma non vivevamo in un
paese musulmano. Dovevo trovare un modo per conciliare la mia religione con il
mondo laico che mi circondava. Mi sentivo orfano. Alla fine le risposte le ho
trovate nella letteratura. Ho letto Kafka e Camus. E a 17 anni ho cominciato a
leggere I versi satanici di Rushdie, rimanendone affascinato. Ero un
adolescente che si sforzava di capire la sua fede in un mondo senza fede. Il
libro confermava quello che provavo: ogni società aperta è una minaccia per chi
è religioso.
Oggi succede
di nuovo. Ragazzi e ragazze lasciano le famiglie e si trasformano in macchine
per uccidere. Noi affermiamo che questo non è il nostro islam. Ma so per esperienza che, quando cresci in un
mondo in cui tutti sembrano disprezzare la tua cultura, il richiamo
all’estremismo può essere molto forte. E, cedendo all’islamofobia, i governi
europei non aiutano certo a combattere l’estremismo. Non hanno coraggio di accettare i musulmani europei
come veri europei, cittadini come gli altri.
Quello che è successo a Parigi non ha niente a che
fare con il senso dell’umorismo o con la satira. E neanche con l’odio per occidente.
E’ solo rabbia che ha preso una strada sbagliata. I terroristi hanno trovato il
loro dio in una società senza dio. I vignettisti di Charlie Hebdo si sono presi
gioco di questo dio, e sono stati uccisi da ragazzi vittime di di una potente
illusione. E’ la stessa illusione che
provavo io da adolescente, quando pensavo che la mia rabbia sarebbe sparita se
avessi attaccato chi mi offendeva. Ma
l’unico modo per placare la rabbia è capirne le radici. Per me la libertà di
dubitare, di non schierarmi e di cercare di capire le persone con le quali non
ero d’accordo è stata liberatoria. Oggi accetto la mia religione, ma senza i
suoi aspetti dogmatici e repressivi.
Dopo l’11 settembre molti musulmani europei hanno
dubitato della loro identità. Appartenevano alla Parigi di Voltaire o alla
Mecca di Maometto? E’ una domanda sbagliata. Noi musulmani siamo europei quanto
i rom, i gay, gli intellettuali, i contadini e gli operai. Siamo in Europa da
secoli e i politici e la stampa devono smettere di trattarci come se fossimo
arrivati ieri. Siamo qui e ci rimarremo.
Abdelkader Benalì è oggi scrittore
olandese di origine marocchina.
Coltivare Comunità: una
proposta
Nel cercare
personalmente e collettivamente concrete vie per vivere insieme nelle
differenze rifiutando il rassicurante rifugio identitario della religione,
della razza, del rabbioso “noi e loro”, vogliamo guardare con fiducia al
passato.
L’”Isolotto” di cui si celebrano i 60 anni era all’inizio
della sua storia un luogo di potenziali conflitti etnici, religiosi, un terreno
del possibile “tutti contro tutti”. Il quartiere che nasceva, popolato da una
moltitudine di esseri provati dalla miseria, dalla guerra, animati dalla
diffidenza, è stato invece lo spazio dell’intreccio positivo, anche se
faticoso, di conoscenza reciproca, di storie ed esperienze diverse, che ha
generato partecipazione, consapevolezza, solidarietà. Non possiamo proiettarci nei prossimi 60 anni
del Quartiere se non ci interroghiamo sull’eredità che questa storia ci ha
lasciato.
Un’ eredità
indispensabile per affrontare le inquietanti incertezze dell’oggi e del domani.
Crediamo con
forza che i luoghi della laicità e dell’incontro nelle differenze, come la
Scuola, le piazze, le istituzioni, siano i più fecondi per costruire futuro
contro le mortali logiche della
separazione e dell’odio generate nei templi, nei ghetti, nei luoghi del potere.
Perché non provarci qui ed ora? Perché non dare alla celebrazione dei 60 anni
una prospettiva più ampia della sola “celebrazione”.
Proponiamo di
…(1)… e ci impegniamo a …(1)… per attualizzare il messaggio dell’Isolotto
attraverso spazi di socializzazione e conoscenza da costruire ed animare
insieme intorno alle differenze e ai bisogni.
(1): Si apre
la discussione per definire una proposta concreta.
preghiera a Dio
Non è più dunque
agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio
di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle
deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo,
osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti
sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che
derivano dalla nostra natura.
Fa' sì che
questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai
donato un cuore per odiarci l'un l'altro, né delle mani per sgozzarci a
vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di
una vita penosa e passeggera. Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti
che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze
ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni
insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e
così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che
distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali
di odio e di persecuzione.
Fa' in modo
che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro
che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro
abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che
dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti
in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa' che coloro
il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte
di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono qualche
frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò
che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli
altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è
nulla da invidiare, niente di cui
inorgoglirsi.
Possano tutti
gli uomini ricordarsi che sono fratelli !
Abbiano in
orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che
strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica!
Se sono
inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con
gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra
esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla
California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.
[Voltaire,
Trattato sulla tolleranza]
Preghiera
eucaristica
Vogliamo ricordare che siamo responsabili
di tutti i figli e non solo dei “nostri”
perché pensiamo di essere legati
da una umanità e fratellanza universale.
Vogliamo comprendere le ragioni dei disagi
in cui crescono molti ragazzi,
e provare ad ascoltare, a capire,
e ad agire nel modo adeguato ai loro bisogni profondi.
Vogliamo coltivare relazioni positive
e tutti gli aspetti che producono
serenità e benessere,
senso di responsabilità e libertà.
Desideriamo spazi, dimensioni, tempi
in cui i bambini, i ragazzi e i giovani,
imparino a conoscersi e ad apprezzarsi
nell’incontro e
nel rispetto di ogni diversità.
Ci sembra che questo sia anche il messaggio contenuto
nel Vangelo e nella testimonianza del cammino di Gesù
il quale la sera prima di essere ucciso
dai sacerdoti e dai potenti del tempo,
mentre sedeva a tavola con i suoi amici e le sue
amiche,
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
“prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo”.
Poi preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero, e disse loro:
”questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i
popoli”.
Questo pane e questo vino,
queste riflessioni e queste emozioni,
divengano segni di liberazione dalle paure e dalle
ottusità
e si trasformino in una cultura nuova
nel segno del rispetto, della fiducia reciproca
tra tutte le persone
tra tutti i popoli.
Appendice
Breve storia sull’ora di
religione cattolica in Italia
[dall’articolo
“Nominati dal Vescovo, pagati dallo Stato” di Valerio Gigante in Micromega 6/2014]
1929 – 1984. Il Concordato
Lo
Stato postunitario aveva avuto con l’insegnamento della religione cattolica un
rapporto altalenante. Nella scuola superiore sparì già nel 1877. In quella
elementare fu cancellata dai programmi nel 1905. Poi Mussolini valutò che il
regime fascista se voleva avere un consenso di massa non poteva prescindere dal
sostegno della Chiesa. Così all’interno dei Patti Lateranensi siglati da
Mussolini e dal card. Gasparri (segretario di Stato vaticano) nel 1929 si dichiarava la religione
cattolica religione di Stato e si rendeva obbligatorio il suo insegnamento
anche nelle scuole medie e superiori (nelle scuole elementari era già previsto
dal 1923). La legge 824/1930 che dava applicazione al Concordato stabiliva che
“l’insegnamento della religione è
conferito per incarico annuale dal 1 ottobre di ogni anno al 30 settembre
dell’anno successivo, dal capo dell’Istituto, inteso l’ordinario diocesano.
L’incarico è affidato a sacerdoti e religiosi approvati dall’autorità
ecclesiastica; in via sussidiaria a laici riconosciuti idonei dall’ordinario
diocesano”.
Caduto
il fascismo, la Chiesa restava un elemento centrale per avere il consenso nel
paese, così la Costituzione assunse nell’art. 7 quanto i Patti Lateranensi
avevano stabilito.
Solo con la revisione del Concordato del
1984, e dopo anni di accesi dibattiti tra laici e cattolici e all’interno
dello stesso mondo cattolico – nel quale la componente conciliare e
progressista vedeva nei privilegi concordatari un ostacolo alla modernizzazione
politica e religiosa del paese – venne
meno l’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica.
Ma
nella definizione delle regole applicative del Concordato si fece in modo che tutto
rimanesse di fatto come prima: cos’ì l’Irc, pur essendo un insegnamento
facoltativo, fu inserito nel monte ore curriculare di ogni scuola, e collocato
all’interno dell’orari scolastico. Un’ora e mezza nella scuola dell’infanzia e
in quella elementare, un’ora nella scuola media inferiore e superiore “appaltate”
alla Chiesa cattolica. E così in tanti – studenti, genitori e persino insegnanti
– continuarono a percepire l’Irc come un insegnamento obbligatorio e a parlare
di eventuale “esonero”.
Gli anni 1985 – 1995. Gli anni della
conflittualità per l’affermazione della laicità
Questo
periodo fu caratterizzato da un’ampia conflittualità da parte di quei settori
dell’opinione pubblica, all’epoca ancora non residuali, che più si erano
impegnati per una trasformazione reale, in senso laico, delle istituzioni e
della scuola in particolare; nacquero movimenti, associazioni, realtà e istanze
che tentavano di contrastare ogni presenza clericale nell’istruzione statale,
specie per ciò che riguardava l’ora di religione. Un primo risultato fu
l’approvazione della legge 281/1986 che stabiliva che nelle scuole superiori la
scelta di avvalersi o meno dell’Irc spettasse agli studenti anche se minorenni
(nonostante nella modulistica di tanti licei e istituti tecnici e professionali
questa possibilità ancora oggi non è prevista…). Cominciò poi a essere percorsa
anche la “via giudiziaria” alla laicità,
all’epoca più praticabile di oggi, soprattutto perché sostenuta da vasti
settori dell’opinione pubblica oltre che da partiti e sindacati. Ci furono i
ricorsi su molte questioni:
- voti in religione cattolica anziché giudizi;
- presenza dell’Irc tra le materie inserite nella
pagella scolastica anziché in un’apposta scheda di valutazione…;
- attività confessionali inserite nell’orario
curriculare (messe, benedizioni, visite episcopali …);
- pressioni perché specie i più piccoli frequentassero
l’ora di religione cattolica per non separarli dal gruppo classe;
- studenti “parcheggiati” all’interno delle scuole senza
che venisse offerta loro alcuna alternativa didattica alla frequenza dell’Irc;
- docenti che divenivano determinanti per la promozione
o la bocciatura di uno studente agli scrutini finali…
Tra
i risultati più significativi di quella fase di lotte e di impegno civile, la
celebre sentenza della Corte Costituzionale 203/1989 che enunciava il principio
supremo della laicità dello Stato e la sentenza della Corte Costituzionale
13/1991 che chiarì che chi non si avvale dell’insegnamento confessionale deve
avere la possibilità di scegliere se accedere ad attività didattiche e
formative, svolgere studio individuale assistito libero o uscire dall’edificio
scolastico senza che le diverse opzioni comportino alcuna differenza nel
trattamento e nella valutazione dello studente.
La parabola discendente della laicità
La lunga
e per ora inarrestabile parabola discendente della laicità nel mondo della
scuola iniziò con la legge 62/2000
voluta dal ministro Berlinguer (governo Prodi) che sancì la fine del concetto
di scuola pubblica statale così come era stabilita nella Costituzione e istituì
il “sistema nazionale di istruzione” formato dalle scuole statali, dalle scuole
paritarie private (nel 90% dei casi cattoliche) e degli enti locali, aprendo la
strada ai finanziamenti pubblici alla scuola privata, mentre si riducevano le
risorse destinate alla scuola pubblica.
Il
varco aperto da Berlinguer divenne una voragine con il governo Berlusconi e la
ministra Moratti. Con alcune circolari ministeriali fece in modo che la scelta
di avvalersi o meno dell’Irc non dovesse essere rinnovata ogni anno, ma valesse
una sorta di silenzio-assenso per l’intero ciclo di studi; e fece in modo che
l’Irc rientrasse nel calcolo del monte ore curriculare che uno studente deve
aver frequentato per non essere bocciato (75% del totale). Ma la cosa più
strabiliante, in palese contraddizione con quanto previsto dallo stesso
Concordato, fu l’indizione nel 2003 di
un concorso pubblico per immettere in ruolo il 70% degli insegnanti di
religione cattolica (un insegnamento facoltativo che andava registrando un
progressivo calo nella frequenza). Tutto questo nonostante vi fosse una
contraddizione importante: come immettere in ruolo qualcuno per il quale
permaneva la facoltà del vescovo di dare/ritirare il nulla-osta
all’insegnamento (i veti per lo più erano legati a ragioni connesse a
convivenze, divorzi, figli nati senza o al fuori del matrimonio..); nonostante
ciò il governo assunse circa 13.000 insegnanti di religione cattolica e se
l’insegnante di ruolo viene “sfiduciato dal vescovo” passa ad altro incarico o
ad insegnare, se ne ha titoli, un’altra disciplina.
Un altro arretramento della laicità nella
scuola, la questione dei crediti formativi: l’ultima tappa
dell’arretramento della laicità nella scuola è data dalla questione dei
‘crediti formativi’. Dal 1998 i ragazzi delle scuole superiori, a partire dal
terzo anno, possono accumulare dei “crediti” che si ottengono in parte con la
media dei voti conseguiti in parte con la valutazione di attività
extrascolastiche certificate; si tratta di una sorte di dote da portare
all’esame di Stato che concorre alla valutazione finale (fino a 25 su 100
punti). Fino al 2007 l’Irc, essendo facoltativo, non concorreva a formare
crediti; dal 2007 un’ordinanza ministeriale ha cambiato le regole, stabilendo
che gli insegnanti Irc avrebbero partecipato a pieno titolo alle deliberazioni
del consiglio di classe nell’attribuzione dei crediti formativi, di fatto
avrebbero concorso ad accrescere i crediti per gli studenti che frequentano la
loro materia. Stessa facoltà è attribuita agli insegnanti di “materie
alternative” (salvo il fatto che moltissimi Istituti non le organizzano).
Coloro che optano per lo studio individuale o che escono da scuola rimangono
senza la possibilità di poter accrescere i crediti, almeno in quell’ora.
L’ordinanza
fu impugnata da molte organizzazioni laiche e di altre confessioni religiose,
ma in attesa che il Tar si pronunciasse, fu reiterata dai successivi ministri
Fioroni e Gelmini. Il Tar del Lazio nel 2010 annullò l’ordinanza giudicandola
discriminatoria, ma sempre nel 2010 arrivò il pronunciamento definitivo del
Consiglio di Stato che annullò la sentenza del Tar. Quindi i docenti di
religione cattolica, che per i loro alunni, concorrono alla determinazione dei
numero di crediti per il voto finale alla maturità. Nonostante il
pronunciamento della Corte Costituzionale 13/1991 avesse stabilito con
chiarezza che le diverse opzioni (avvalersi o non avvalersi e in che modo) non
dovevano comportare alcuna differenza di trattamento, meno che mai in sede di
valutazione.
Il
Consiglio di Stato ha poi espresso un severo monito alle scuole che non
attivano gli insegnamenti alternativi, non dicendo alcunché su chi esce da
scuola o fa uno studio individuale.
La
conseguenza della sentenza fu una rapida attivazione dell’insegnamento
alternativo alla religione cattolica in molte scuole, anche sotto la spinta di
genitori e studenti che non volevano essere
penalizzati nell’attribuzione dei crediti .
Oggi
molti, anche sul fronte sindacale (es. Cobas), pensano che un’attivazione
generalizzata dell’ora alternativa all’Irc possa funzionare come boicottaggio
della presenza confessionale nella scuola. A ben guardare però si tratta di una
toppa allo strappo del principio di laicità. Accettare o promuovere l’idea che
debba esistere una materia alternativa significa di fatto accettare e
legittimare che possa esistere nell’orario scolastico obbligatorio l’Irc. Allo
stato attuale delle cose la prospettiva
laica resta quella della scelta tra avvalersi o non avvalersi di questa materia
e che le due opzioni non siano in alcun modo discriminatorie, come invece ora
di fatto sono.
Inoltre
in ogni discussione intorno alle possibili ipotesi di revisione dei contenuti
di quest’ora (un’ora da dedicare alla storia delle religioni, alla filosofia
delle religioni, ecc) un punto deve essere tenuto fermo, in una prospettiva
laica: che la Chiesa cattolica non debba avere l’esclusiva di tale
insegnamento.
***
Le posizioni del Ministro
Profumo: il ministro all’Istruzione Profumo (governo Monti)
aveva posto la questione dell’opportunità dell’insegnamento della religione
cattolica a scuola, dichiarando che “a scuola si debba fare cultura e non
catechesi” e che “l’insegnamento della religione nelle scuole così come è
concepito oggi non abbia più molto senso”.
Profumo
aveva posto una questione di laicità e aveva sottolineato la presenza ormai
rilevante nelle nostre scuole (che arriva anche al 30%) di alunni di origine
straniera e nati in famiglie non cattoliche. E aveva suggerito “sarebbe meglio
adattare l’ora di religione trasformandola in un corso di storia delle
religioni o di etica” come avviene del resto in altri paesi europei (vedi
tabella).
Ma
le parole di Profumo hanno suscitato un putiferio: è sceso in campo
direttamente il Vaticano (il viceministro vaticano all’Educazione cattolica ha
messo in chiaro che l’ora cattolica deve rimanere così com’è) spalleggiato dai
molti politici cattolici e non solo. E, al momento, non se n’è fatto di nulla.
L’Ora di
Religione in Europa
|
||||||
Paese
|
Normativa
|
Modalità
|
Confessione di riferimento
|
Materia alternativa
|
Statuto dell’insegnante
|
Note
|
Austria
|
BGBL
190/1949
modificato da BGBL 329/1988 |
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
cattolica
|
nessuna
|
statale con idoneità
ecclesiastica
|
-
|
Belgio
|
leggi
nel 1959; 1988; 1997
|
obbligatoria con scelta
alternativa
|
cattolica, ebraica,
ortodossa, islamica, protestante
|
etica non confessionale
|
regionale con idoneità
ecclesiastica o statale
|
(1)
|
Cipro
|
art.
110 della costituzione
legge 12/1965 |
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
ortodossa
|
nessuna
|
statale con idoneità
ecclesiastica
|
-
|
Danimarca
|
leggi
statali
|
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
insegnamento non
confessionale
|
nessuna
|
statale con laurea teologica
statale
|
-
|
Estonia
|
legge
del 1993
|
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
insegnamento cristiano
ecumenico
|
religioni comparate
|
statale
|
-
|
Finlandia
|
legge
del 2003
|
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
insegnamento protestante
luterano
|
etica
|
statale
|
-
|
Francia
|
-
|
nessuna;
Alsazia e Lorena: cattolica |
cattolica in Alsazia –
Lorena
|
nessuna
|
statale in Alsazia – Lorena
|
-
|
Germania
|
costituzione
del 1949;
legislazione affidata ai singoli stati federali (land) in collaborazione con le comunità religiose; in alcuni stati, concordati tra stato e comunità religiose |
diritto alla partecipazione
all’insegnamento, se questo è offerto e se la partecipazione non è in
contrasto con il volere della comunità religiosa responsabile;
in alcuni stati, partecipazione obbligatoria con facoltà di esonero |
una qualsiasi delle
religioni praticate sul territorio federale
(attualmente sono offerti insegnamenti buddisti, cristiani, ebraici e islamici) |
etica, filosofia,
“Lebenskunde” (cognizioni di vita)
|
statale con giuramento alla
costituzione e abilitazione della relativa comunità religiosa
|
2)
|
Grecia
|
costituzione
1975
|
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
ortodossa
|
nessuna
|
statale con studi teologici
statali
|
-
|
Irlanda
|
art.
42 della costituzione
|
facoltativa
|
cattolica
|
nessuna
|
abilitazione e idoneità
ecclesiastica
|
-
|
Italia
|
nuovo
concordato 1984;
dpr 751/1985 |
facoltativa
|
cattolica
|
studio assistito;
studio libero; nessuna |
statale con abilitazione e
idoneità ecclesiastica
|
-
|
Lettonia
|
legge
1995;
accordo 25/10/2002 |
opzionale
|
luterana, cattolica,
ortodossa, battista, ebraica
|
etica
|
idoneità ecclesiastica
|
-
|
Lussemburgo
|
intesa
1997
|
opzionale
|
luterana, cattolica,
calvinista
|
etica
|
idoneità ecclesiastica
|
-
|
Malta
|
legge
1991;
accordo del 25/3/1995 |
obbligatoria con facoltà di
esonero
|
cattolica
|
nessuna
|
idoneità ecclesiastica
|
-
|
Paesi Bassi
|
leggi
statali;
riforma 1999 |
obbligatoria
|
non confessionale
|
nessuna
|
-
|
-
|
Polonia
|
concordato;
legge 15/3/1998 |
opzionale
|
cattolica, protestante,
ortodossa, ebraica
|
etica
|
idoneità ecclesiastica
|
-
|
Portogallo
|
concordato
1940; 1975
|
opzionale
|
cattolica
|
etica
|
idoneità ecclesiastica
|
-
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Regno Unito
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Education
Act 1944; 1988
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obbligatoria con facoltà di
esonero
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insegnamento comparativo con
priorità alla tradizione cristiana
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nessuna
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statale con studi teologici
statali
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-
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Repubblica Ceca
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-
|
nessuna
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-
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-
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-
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3)
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Slovacchia
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legge
14/11/2000
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opzionale
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cattolica
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etica
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idoneità ecclesiastica
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-
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Slovenia
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-
|
nessuna
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-
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-
|
-
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3
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Spagna
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costituzione
1978; concordato 1979
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opzionale
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cattolica, protestante,
ebraica, islamica
|
nessuna
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idoneità ecclesiastica
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-
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Svezia
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leggi
statali 2000
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obbligatoria
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approccio ‘oggettivo’
|
nessuna
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statale con studi teologici
statali
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-
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Ungheria
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legge
79/1992; 4/1990
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opzionale
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religioni tradizionali
|
nessuna
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Note:
1) maggioranza (60%) di
insegnamento cattolico.
2) Eccezione: Brema non
riconosce la collaborazione costituzionale fra stato e comunità religiose e
impartisce un insegnamento statale obbligatorio (con facoltà di esonero) di
“Storia della Bibbia”; in alcune scuole anche “Principi Islamici”, etica o
filosofia
3) discussione
sull’introduzione.
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