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domenica 1 marzo 2015

Cosa è possibile fare oggi per unire anziché dividere?



Comunità dell’Isolotto
domenica 15 febbraio 2014
Cosa è possibile fare oggi per unire anziché dividere?
riflessioni, emozioni e parole del gruppo genitori

Lettura dal Vangelo di Luca
Ed egli disse loro questa parabola:
«Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova?. E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta".
Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.

Commento: siamo stati abituati a sentire questa storia in modo così edulcorato - la storia della “pecorella smarrita” - da essere quasi incapace di parlarci davvero. Ma possiamo leggere questo brano in modo diverso: di fronte alle vicende dei giovani europei che si lasciano attrarre dalle prospettive violente del fanatismo di ogni tipo, noi adulti, noi genitori, siamo chiamati a sentirci responsabili anche di questi giovani, a porci delle domande, a cercare di capire cosa davvero sentono, quali sono i loro bisogni profondi, e anche ad agire.
Il comportamento dell’adulto nella parabola è quello della assunzione di responsabilità, del muoversi per andare a cercare … che oggi significa porsi delle domande, cercare di capire, andare oltre i luoghi comuni, e anche di fare qualcosa nella direzione dell’incontro.

Lettura da Qoelet
Dio ha fatto l’uomo retto,
ma essi cercano tanti fallaci ragionamenti.
Chi è come il saggio ?
Chi conosce la spiegazione delle cose ?
La sapienza dell’uomo ne rischiara il volto,
ne cambia la durezza del viso

Introduzione: nella nostra riflessione siamo partiti dalla lettera dei professori francesi che è stata letta qualche domenica fa e che richiamava al sentirsi responsabili: “siamo Charlie, ma siamo anche i genitori dei loro assassini”.  
E’ una lettera che ci ha colpito e ci ha coinvolto. E cercando di capire il disagio, il senso di esclusione, l’insofferenza che può diventare rabbia e violenza e che abita nelle periferie non solo francesi, abbiamo trovato anche queste parole di giovane europeo di origine marocchina (vedi l’articolo riportato sotto).
Poi abbiamo riflettuto sul fatto che mancano totalmente, nella scuola e nei quartieri, spazi e tempi dedicati alla crescita emotiva dei ragazzi, spazi che consentano loro di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di imparare a gestire la rabbia e le frustrazioni, spazi e tempi che consentano loro di conoscere e apprezzare le differenze e la multiculturalità del mondo in cui viviamo. Mentre permane un’ora all’interno dell’orario scolastico dedicata all’insegnamento della religione cattolica che nella esperienza nostra (e non solo nostra) è stata ed è una opzione che divide: divide i ragazzi di religioni diverse, i credenti dai non credenti, i credenti che hanno che hanno visione laica della scuola da quelli che desiderano o subiscono un insegnamento di tipo confessionale. Un’ora alla quale non ci sono reali e praticabili alternative. Per questo in allegato abbiamo proposto anche un approfondimento di Valerio Gigante che ripercorre la storia dell’Insegnamento della religione cattolica dall’Unità di Italia ad oggi, e alcuni articoli nel 1981-82 che sembrano scritti oggi.
Ma poi abbiamo provato a chiederci, cosa possiamo fare oggi, per unire anziché dividere..?  


Rabbia che ha preso la strada sbagliata: le parole di un giovane musulmano
da “Dalla rabbia alla violenza” di Abdelkader Benalì, in Internazionale 22.02.2015                                          
 A un certo punto qualcosa cambiò. Avevo 13 anni, pensavo solo ai libri e alle ragazze, ero un sano adolescente di origine marocchina senza troppi problemi.
Poi qualcosa mi fece sentire diverso. Un giorno, a scuola, affrontammo il tema della fatwa contro Salman Rushdie. Il professor Fok parlò di libertà di espressione, io dissi che erano insulti al profeta. In aula cadde un silenzio imbarazzante. Fok disse che la fatwa non aveva senso. Come era possibile offendersi per un romanzo? Come era possibile essere condannati a morte per aver usato la fantasia?
Ricordo che saltai in piedi e alzai la voce, cercando di spiegare quanto era sacro il profeta per me e per la mia comunità. E più il professore continuava con la sua analisi fredda e razionale, più mi arrabbiavo. Non si trattava più di un romanzo, ma di me. Di noi, Volevo vendetta.
Fok si limitò a guardarmi e mi chiese di uscire dall’aula. Per la prima volta capii cosa significava essere musulmano. Non volevo sentirmi così. Volevo essere accettato.
Poi, quando la frustrazione e la rabbia cominciarono a calare mi vergognai per aver tradito la mia religione, la mia famiglia, me stesso. Mi vergognavo di una rabbia che non capivo.
Sono crescituo ina famiglia abbastanza tradizionale. Osservavamo il ramadan ma mio padre non andava quasi mai in moschea. Non parlammo molto della fatwa ma era impossibile ignorarla del tutto. Era la prima volta che ci sentivamo in dovere di rispondere ad alcune domande: da che parte stai? perché ti senti offeso? da dove viene tutta questa rabbia? l’islam può coesistere con i valori occidentali?
Da allora il mondo non ha più smesso di ricordarmi che sono musulmano. Il mio nome, le mie origini, il colore della pelle, quello che succedeva: tutto mi spingeva a farmi delle domande. L’islam mi diceva: se rispetti i cinque pilastri della fede andrà tutto bene. Ma non vivevamo in un paese musulmano. Dovevo trovare un modo per conciliare la mia religione con il mondo laico che mi circondava. Mi sentivo orfano. Alla fine le risposte le ho trovate nella letteratura. Ho letto Kafka e Camus. E a 17 anni ho cominciato a leggere I versi satanici di Rushdie, rimanendone affascinato. Ero un adolescente che si sforzava di capire la sua fede in un mondo senza fede. Il libro confermava quello che provavo: ogni società aperta è una minaccia per chi è religioso.
Oggi succede di nuovo. Ragazzi e ragazze lasciano le famiglie e si trasformano in macchine per uccidere. Noi affermiamo che questo non è il nostro islam.  Ma so per esperienza che, quando cresci in un mondo in cui tutti sembrano disprezzare la tua cultura, il richiamo all’estremismo può essere molto forte. E, cedendo all’islamofobia, i governi europei non aiutano certo a combattere l’estremismo. Non hanno coraggio di accettare i musulmani europei come veri europei, cittadini come gli altri.
Quello che è successo a Parigi non ha niente a che fare con il senso dell’umorismo o con la satira. E neanche con l’odio per occidente. E’ solo rabbia che ha preso una strada sbagliata. I terroristi hanno trovato il loro dio in una società senza dio. I vignettisti di Charlie Hebdo si sono presi gioco di questo dio, e sono stati uccisi da ragazzi vittime di di una potente illusione. E’ la stessa illusione che provavo io da adolescente, quando pensavo che la mia rabbia sarebbe sparita se avessi attaccato chi mi offendeva.  Ma l’unico modo per placare la rabbia è capirne le radici. Per me la libertà di dubitare, di non schierarmi e di cercare di capire le persone con le quali non ero d’accordo è stata liberatoria. Oggi accetto la mia religione, ma senza i suoi aspetti dogmatici e repressivi.
Dopo l’11 settembre molti musulmani europei hanno dubitato della loro identità. Appartenevano alla Parigi di Voltaire o alla Mecca di Maometto? E’ una domanda sbagliata. Noi musulmani siamo europei quanto i rom, i gay, gli intellettuali, i contadini e gli operai. Siamo in Europa da secoli e i politici e la stampa devono smettere di trattarci come se fossimo arrivati ieri. Siamo qui e ci rimarremo.
Abdelkader Benalì è oggi scrittore olandese di origine marocchina.


Coltivare Comunità: una proposta
Nel cercare personalmente e collettivamente concrete vie per vivere insieme nelle differenze rifiutando il rassicurante rifugio identitario della religione, della razza, del rabbioso “noi e loro”, vogliamo guardare con fiducia al passato.
L’”Isolotto”  di cui si celebrano i 60 anni era all’inizio della sua storia un luogo di potenziali conflitti etnici, religiosi, un terreno del possibile “tutti contro tutti”. Il quartiere che nasceva, popolato da una moltitudine di esseri provati dalla miseria, dalla guerra, animati dalla diffidenza, è stato invece lo spazio dell’intreccio positivo, anche se faticoso, di conoscenza reciproca, di storie ed esperienze diverse, che ha generato partecipazione, consapevolezza, solidarietà.  Non possiamo proiettarci nei prossimi 60 anni del Quartiere se non ci interroghiamo sull’eredità che questa storia ci ha lasciato.
Un’ eredità indispensabile per affrontare le inquietanti incertezze dell’oggi e del domani.
Crediamo con forza che i luoghi della laicità e dell’incontro nelle differenze, come la Scuola, le piazze, le istituzioni, siano i più fecondi per costruire futuro contro le mortali logiche  della separazione e dell’odio generate nei templi, nei ghetti, nei luoghi del potere. Perché non provarci qui ed ora? Perché non dare alla celebrazione dei 60 anni una prospettiva più ampia della sola “celebrazione”.
Proponiamo di …(1)… e ci impegniamo a …(1)… per attualizzare il messaggio dell’Isolotto attraverso spazi di socializzazione e conoscenza da costruire ed animare insieme intorno alle differenze e ai bisogni.

(1): Si apre la discussione per definire una proposta concreta.


preghiera a Dio

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo,  ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.

Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue  inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.

Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.

Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c'è nulla da  invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli !

Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'attività pacifica!
Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.
                                                                                                        
                                                                                                         [Voltaire, Trattato sulla tolleranza]


Preghiera eucaristica


Vogliamo ricordare che siamo  responsabili
di tutti i figli  e non solo dei “nostri”
perché pensiamo di essere legati
da una umanità e fratellanza universale.

Vogliamo comprendere le ragioni dei disagi
in cui crescono molti ragazzi,
e provare ad ascoltare, a capire,
e ad agire nel modo adeguato ai loro bisogni profondi.

Vogliamo coltivare relazioni positive
e tutti gli aspetti che producono
serenità e benessere,
senso di responsabilità e libertà.

Desideriamo spazi, dimensioni, tempi
in cui i bambini, i ragazzi e i giovani,
imparino a conoscersi e ad apprezzarsi
 nell’incontro e nel rispetto di ogni diversità.

Ci sembra che questo sia anche il messaggio contenuto
nel Vangelo e nella testimonianza del cammino di Gesù
il quale la sera prima di essere ucciso
dai sacerdoti e dai potenti del tempo,
mentre sedeva a tavola con i suoi amici e le sue amiche,
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
“prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo”.
Poi preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero, e disse loro:
”questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i popoli”.

Questo pane e questo vino,
queste riflessioni e queste emozioni,
divengano segni di liberazione dalle paure e dalle ottusità
e si trasformino in una cultura nuova
nel segno del rispetto, della fiducia reciproca
tra tutte le persone
tra tutti i popoli.

Appendice
Breve storia sull’ora di religione cattolica in Italia
[dall’articolo “Nominati dal Vescovo, pagati dallo Stato” di Valerio Gigante in Micromega 6/2014]

1929 – 1984. Il Concordato
Lo Stato postunitario aveva avuto con l’insegnamento della religione cattolica un rapporto altalenante. Nella scuola superiore sparì già nel 1877. In quella elementare fu cancellata dai programmi nel 1905. Poi Mussolini valutò che il regime fascista se voleva avere un consenso di massa non poteva prescindere dal sostegno della Chiesa. Così all’interno dei Patti Lateranensi siglati da Mussolini e dal card. Gasparri (segretario di Stato vaticano) nel 1929 si dichiarava la religione cattolica religione di Stato e si rendeva obbligatorio il suo insegnamento anche nelle scuole medie e superiori (nelle scuole elementari era già previsto dal 1923). La legge 824/1930 che dava applicazione al Concordato stabiliva che “l’insegnamento della religione è conferito per incarico annuale dal 1 ottobre di ogni anno al 30 settembre dell’anno successivo, dal capo dell’Istituto, inteso l’ordinario diocesano. L’incarico è affidato a sacerdoti e religiosi approvati dall’autorità ecclesiastica; in via sussidiaria a laici riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano”.
Caduto il fascismo, la Chiesa restava un elemento centrale per avere il consenso nel paese, così la Costituzione assunse nell’art. 7 quanto i Patti Lateranensi avevano stabilito.
Solo con la revisione del Concordato del 1984, e dopo anni di accesi dibattiti tra laici e cattolici e all’interno dello stesso mondo cattolico – nel quale la componente conciliare e progressista vedeva nei privilegi concordatari un ostacolo alla modernizzazione politica e religiosa del paese – venne meno l’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica.
Ma nella definizione delle regole applicative del Concordato si fece in modo che tutto rimanesse di fatto come prima: cos’ì l’Irc, pur essendo un insegnamento facoltativo, fu inserito nel monte ore curriculare di ogni scuola, e collocato all’interno dell’orari scolastico. Un’ora e mezza nella scuola dell’infanzia e in quella elementare, un’ora nella scuola media inferiore e superiore “appaltate” alla Chiesa cattolica. E così in tanti – studenti, genitori e persino insegnanti – continuarono a percepire l’Irc come un insegnamento obbligatorio e a parlare di eventuale “esonero”.

Gli anni 1985 – 1995. Gli anni della conflittualità per l’affermazione della laicità
Questo periodo fu caratterizzato da un’ampia conflittualità da parte di quei settori dell’opinione pubblica, all’epoca ancora non residuali, che più si erano impegnati per una trasformazione reale, in senso laico, delle istituzioni e della scuola in particolare; nacquero movimenti, associazioni, realtà e istanze che tentavano di contrastare ogni presenza clericale nell’istruzione statale, specie per ciò che riguardava l’ora di religione. Un primo risultato fu l’approvazione della legge 281/1986 che stabiliva che nelle scuole superiori la scelta di avvalersi o meno dell’Irc spettasse agli studenti anche se minorenni (nonostante nella modulistica di tanti licei e istituti tecnici e professionali questa possibilità ancora oggi non è prevista…). Cominciò poi a essere percorsa anche la “via giudiziaria”  alla laicità, all’epoca più praticabile di oggi, soprattutto perché sostenuta da vasti settori dell’opinione pubblica oltre che da partiti e sindacati. Ci furono i ricorsi su molte questioni: 
-       voti in religione cattolica anziché giudizi;
-       presenza dell’Irc tra le materie inserite nella pagella scolastica anziché in un’apposta scheda di valutazione…;
-       attività confessionali inserite nell’orario curriculare (messe, benedizioni, visite episcopali …);
-       pressioni perché specie i più piccoli frequentassero l’ora di religione cattolica per non separarli dal gruppo classe;
-       studenti “parcheggiati” all’interno delle scuole senza che venisse offerta loro alcuna alternativa didattica alla frequenza dell’Irc;
-       docenti che divenivano determinanti per la promozione o la bocciatura di uno studente agli scrutini finali…
Tra i risultati più significativi di quella fase di lotte e di impegno civile, la celebre sentenza della Corte Costituzionale 203/1989 che enunciava il principio supremo della laicità dello Stato e la sentenza della Corte Costituzionale 13/1991 che chiarì che chi non si avvale dell’insegnamento confessionale deve avere la possibilità di scegliere se accedere ad attività didattiche e formative, svolgere studio individuale assistito libero o uscire dall’edificio scolastico senza che le diverse opzioni comportino alcuna differenza nel trattamento e nella valutazione dello studente.

La parabola discendente della laicità
La lunga e per ora inarrestabile parabola discendente della laicità nel mondo della scuola iniziò con  la legge 62/2000 voluta dal ministro Berlinguer (governo Prodi) che sancì la fine del concetto di scuola pubblica statale così come era stabilita nella Costituzione e istituì il “sistema nazionale di istruzione” formato dalle scuole statali, dalle scuole paritarie private (nel 90% dei casi cattoliche) e degli enti locali, aprendo la strada ai finanziamenti pubblici alla scuola privata, mentre si riducevano le risorse destinate alla scuola pubblica.
Il varco aperto da Berlinguer divenne una voragine con il governo Berlusconi e la ministra Moratti. Con alcune circolari ministeriali fece in modo che la scelta di avvalersi o meno dell’Irc non dovesse essere rinnovata ogni anno, ma valesse una sorta di silenzio-assenso per l’intero ciclo di studi; e fece in modo che l’Irc rientrasse nel calcolo del monte ore curriculare che uno studente deve aver frequentato per non essere bocciato (75% del totale). Ma la cosa più strabiliante, in palese contraddizione con quanto previsto dallo stesso Concordato,  fu l’indizione nel 2003 di un concorso pubblico per immettere in ruolo il 70% degli insegnanti di religione cattolica (un insegnamento facoltativo che andava registrando un progressivo calo nella frequenza). Tutto questo nonostante vi fosse una contraddizione importante: come immettere in ruolo qualcuno per il quale permaneva la facoltà del vescovo di dare/ritirare il nulla-osta all’insegnamento (i veti per lo più erano legati a ragioni connesse a convivenze, divorzi, figli nati senza o al fuori del matrimonio..); nonostante ciò il governo assunse circa 13.000 insegnanti di religione cattolica e se l’insegnante di ruolo viene “sfiduciato dal vescovo” passa ad altro incarico o ad insegnare, se ne ha titoli, un’altra disciplina.

Un altro arretramento della laicità nella scuola, la questione dei crediti formativi: l’ultima tappa dell’arretramento della laicità nella scuola è data dalla questione dei ‘crediti formativi’. Dal 1998 i ragazzi delle scuole superiori, a partire dal terzo anno, possono accumulare dei “crediti” che si ottengono in parte con la media dei voti conseguiti in parte con la valutazione di attività extrascolastiche certificate; si tratta di una sorte di dote da portare all’esame di Stato che concorre alla valutazione finale (fino a 25 su 100 punti). Fino al 2007 l’Irc, essendo facoltativo, non concorreva a formare crediti; dal 2007 un’ordinanza ministeriale ha cambiato le regole, stabilendo che gli insegnanti Irc avrebbero partecipato a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe nell’attribuzione dei crediti formativi, di fatto avrebbero concorso ad accrescere i crediti per gli studenti che frequentano la loro materia. Stessa facoltà è attribuita agli insegnanti di “materie alternative” (salvo il fatto che moltissimi Istituti non le organizzano). Coloro che optano per lo studio individuale o che escono da scuola rimangono senza la possibilità di poter accrescere i crediti, almeno in quell’ora.
L’ordinanza fu impugnata da molte organizzazioni laiche e di altre confessioni religiose, ma in attesa che il Tar si pronunciasse, fu reiterata dai successivi ministri Fioroni e Gelmini. Il Tar del Lazio nel 2010 annullò l’ordinanza giudicandola discriminatoria, ma sempre nel 2010 arrivò il pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato che annullò la sentenza del Tar. Quindi i docenti di religione cattolica, che per i loro alunni, concorrono alla determinazione dei numero di crediti per il voto finale alla maturità. Nonostante il pronunciamento della Corte Costituzionale 13/1991 avesse stabilito con chiarezza che le diverse opzioni (avvalersi o non avvalersi e in che modo) non dovevano comportare alcuna differenza di trattamento, meno che mai in sede di valutazione.
Il Consiglio di Stato ha poi espresso un severo monito alle scuole che non attivano gli insegnamenti alternativi, non dicendo alcunché su chi esce da scuola o fa uno studio individuale.
La conseguenza della sentenza fu una rapida attivazione dell’insegnamento alternativo alla religione cattolica in molte scuole, anche sotto la spinta di genitori e studenti che non volevano essere  penalizzati nell’attribuzione dei crediti .
Oggi molti, anche sul fronte sindacale (es. Cobas), pensano che un’attivazione generalizzata dell’ora alternativa all’Irc possa funzionare come boicottaggio della presenza confessionale nella scuola. A ben guardare però si tratta di una toppa allo strappo del principio di laicità. Accettare o promuovere l’idea che debba esistere una materia alternativa significa di fatto accettare e legittimare che possa esistere nell’orario scolastico obbligatorio l’Irc. Allo stato attuale delle cose la  prospettiva laica resta quella della scelta tra avvalersi o non avvalersi di questa materia e che le due opzioni non siano in alcun modo discriminatorie, come invece ora di fatto sono.

Inoltre in ogni discussione intorno alle possibili ipotesi di revisione dei contenuti di quest’ora (un’ora da dedicare alla storia delle religioni, alla filosofia delle religioni, ecc) un punto deve essere tenuto fermo, in una prospettiva laica: che la Chiesa cattolica non debba avere l’esclusiva di tale insegnamento. 

***
Le posizioni del Ministro Profumo: il ministro all’Istruzione Profumo (governo Monti) aveva posto la questione dell’opportunità dell’insegnamento della religione cattolica a scuola, dichiarando che “a scuola si debba fare cultura e non catechesi” e che “l’insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso”.
Profumo aveva posto una questione di laicità e aveva sottolineato la presenza ormai rilevante nelle nostre scuole (che arriva anche al 30%) di alunni di origine straniera e nati in famiglie non cattoliche. E aveva suggerito “sarebbe meglio adattare l’ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica” come avviene del resto in altri paesi europei (vedi tabella).
Ma le parole di Profumo hanno suscitato un putiferio: è sceso in campo direttamente il Vaticano (il viceministro vaticano all’Educazione cattolica ha messo in chiaro che l’ora cattolica deve rimanere così com’è) spalleggiato dai molti politici cattolici e non solo. E, al momento, non se n’è fatto di nulla.

L’Ora di Religione in Europa
Paese
Normativa
Modalità
Confessione di riferimento
Materia alternativa
Statuto dell’insegnante
Note
Austria
BGBL 190/1949
modificato da BGBL 329/1988
obbligatoria con facoltà di esonero
cattolica
nessuna
statale con idoneità ecclesiastica
-
Belgio
leggi nel 1959; 1988; 1997
obbligatoria con scelta alternativa
cattolica, ebraica, ortodossa, islamica, protestante
etica non confessionale
regionale con idoneità ecclesiastica o statale
(1)
Cipro
art. 110 della costituzione
legge 12/1965
obbligatoria con facoltà di esonero
ortodossa
nessuna
statale con idoneità ecclesiastica
-
Danimarca
leggi statali
obbligatoria con facoltà di esonero
insegnamento non confessionale
nessuna
statale con laurea teologica statale
-
Estonia
legge del 1993
obbligatoria con facoltà di esonero
insegnamento cristiano ecumenico
religioni comparate
statale
-
Finlandia
legge del 2003
obbligatoria con facoltà di esonero
insegnamento protestante luterano
etica
statale
-
Francia
-
nessuna;
Alsazia e Lorena: cattolica
cattolica in Alsazia – Lorena
nessuna
statale in Alsazia – Lorena
-
Germania
costituzione del 1949;
legislazione affidata ai singoli stati federali (land) in collaborazione con le comunità religiose;
in alcuni stati, concordati tra stato e comunità religiose
diritto alla partecipazione all’insegnamento, se questo è offerto e se la partecipazione non è in contrasto con il volere della comunità religiosa responsabile;
in alcuni stati, partecipazione obbligatoria con facoltà di esonero
una qualsiasi delle religioni praticate sul territorio federale
(attualmente sono offerti insegnamenti buddisti, cristiani, ebraici e islamici)
etica, filosofia, “Lebenskunde” (cognizioni di vita)
statale con giuramento alla costituzione e abilitazione della relativa comunità religiosa
2)
Grecia
costituzione 1975
obbligatoria con facoltà di esonero
ortodossa
nessuna
statale con studi teologici statali
-
Irlanda
art. 42 della costituzione
facoltativa
cattolica
nessuna
abilitazione e idoneità ecclesiastica
-
Italia
nuovo concordato 1984;
dpr 751/1985
facoltativa
cattolica
studio assistito;
studio libero;
nessuna
statale con abilitazione e idoneità ecclesiastica
-
Lettonia
legge 1995;
accordo 25/10/2002
opzionale
luterana, cattolica, ortodossa, battista, ebraica
etica
idoneità ecclesiastica
-
Lussemburgo
intesa 1997
opzionale
luterana, cattolica, calvinista
etica
idoneità ecclesiastica
-
Malta
legge 1991;
accordo del 25/3/1995
obbligatoria con facoltà di esonero
cattolica
nessuna
idoneità ecclesiastica
-
Paesi Bassi
leggi statali;
riforma 1999
obbligatoria
non confessionale
nessuna
-
-
Polonia
concordato;
legge 15/3/1998
opzionale
cattolica, protestante, ortodossa, ebraica
etica
idoneità ecclesiastica
-
Portogallo
concordato 1940; 1975
opzionale
cattolica
etica
idoneità ecclesiastica
-
Regno Unito
Education Act 1944; 1988
obbligatoria con facoltà di esonero
insegnamento comparativo con priorità alla tradizione cristiana
nessuna
statale con studi teologici statali
-
Repubblica Ceca
-
nessuna
-
-
-
3)
Slovacchia
legge 14/11/2000
opzionale
cattolica
etica
idoneità ecclesiastica
-
Slovenia
-
nessuna
-
-
-
3
Spagna
costituzione 1978; concordato 1979
opzionale
cattolica, protestante, ebraica, islamica
nessuna
idoneità ecclesiastica
-
Svezia
leggi statali 2000
obbligatoria
approccio ‘oggettivo’
nessuna
statale con studi teologici statali
-
Ungheria
legge 79/1992; 4/1990
opzionale
religioni tradizionali
nessuna


Note:
1) maggioranza (60%) di insegnamento cattolico.
2) Eccezione: Brema non riconosce la collaborazione costituzionale fra stato e comunità religiose e impartisce un insegnamento statale obbligatorio (con facoltà di esonero) di “Storia della Bibbia”; in alcune scuole anche “Principi Islamici”, etica o filosofia
3) discussione sull’introduzione.











7 aprile 1981 e 17 marzo 1982
 


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