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giovedì 14 settembre 2006

Quarant'anni fa (4)

Storia di una parrocchia fiorentina

Firenze 28 novembre 1966


Eminenza Rev.ma,


nella riunione svoltasi in Arcivescovado sabato scorso, siamo stati invitati a tenere presente, almeno per tutto l’inverno, il problema sociale dell’indigenza dei nostri fedeli particolarmente colpiti dall’alluvione e inoltre a dare il nostro fattivo contributo alla soluzione di tale problema, attraverso aiuti in danaro o in generi.

 Riconosciamo l’utilità di una simile iniziativa cui daremo tutto il nostro apporto.

 Tuttavia ci sembra che non basti fermarci qui.

 Fra i compiti sociali che noi sacerdoti o la parrocchia possiamo assumerci, l’aiuto in forma di beneficenza non ci sembra né il più efficace, né il più evangelico, né il più confacente alla nostra missione. Del resto sono poche le persone che lo rifiutano per un comprensibile rispetto della loro dignità e della loro libertà.

Si tratta di gente del popolo, anche fra la più colpita.

Questo non significa che vogliamo escluderlo. Chiediamo piuttosto che almeno lo stesso impegno dedicato all’aiuto in forma di beneficenza, venga dedicato all’attenzione del problema sociale scaturito dall’alluvione, nei suoi aspetti più importanti quali il problema dell’alloggio per i sinistrati, il problema della rinascita per gli artigiani, i commercianti, gli esercenti, il problema del lavoro per i dipendenti o i lavoranti a domicilio, il problema del risarcimento dei danni, infine, anche se meno urgente, il problema del risanamento del suolo e della protezione civile.

 Questo non significa che non vogliamo compiere opera di supplenza, né che pretendiamo indebitamente e presuntuosamente risolvere detti problemi.

 Lo studio e la soluzione dei problemi sociali spetta agli organi competenti. Ma questo vale per ogni ordine di problemi sociali, non escluso quello dell’assistenza.

 Come noi sentiamo il dovere di intervenire pastoralmente nel problema dell’assistenza, escludendo che ciò significhi concorrenza o supplenza, così ci sembra doveroso intervenire pastoralmente nel problema del lavoro, dell’alloggio, della sicurezza dei fedeli.

 Forse nessuno può arrivare a conoscere, come noi, i bisogni della nostra gente. Siamo d’avviso che questa conoscenza deve servire, non solo per aprire la nostra e l’altrui borsa, ma anche ad aprire la nostra intelligenza per capire il problema sollevato dalla povertà e ad aprire la nostra bocca per mettere a servizio della società il contributo della nostra conoscenza e del nostro approfondimento.

 Le abbiamo esposto queste nostre convinzioni, maturate nel contatto continuo col popolo, perché Ella, che ha voluto partecipare così da vicino al dramma di Firenze, si faccia promotore di una serie di riunioni di studio e di partecipazione di esperienze sui problemi sociali suddetti, invitando sia i sacerdoti della città, sia laici particolarmente aperti e impegnati.

 In attesa di una sua comunicazione la salutiamo devotamente

Enzo Mazzi, Sergio Gomiti, Paolo Caciolli


Per il testo completo qui

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