La ricerca di laicità nei movimenti popolari dell'Europa del secondo millennio
Il termine laico, da cui laicismo, laicità, è normalmente opposto a clero, clericalismo, clericale, ma ha una chiara valenza cristiana perché proviene dal greco laos che significa popolo. La prima Epistola di Pietro parla di un popolo di re e di sacerdoti a proposito dei credenti e l'Apocalisse, nella descrizione della nuova Gerusalemme, sottolinea l'assenza del tempio perché là dove Dio è nel popolo, non vi è più la necessità di un luogo specifico di incontro tra Dio e il popolo.
Questa valenza popolare della realtà cristiana per cui le strutture locali della cristianità primitiva erano assemblee popolari e non luoghi di ritualità cultuale, durò per i primi due secoli e cominciò a venir meno alla fine del II secolo quando si ebbero i primi accordi con la dinastia imperiale dei Severi. Si incominciò allora a dividere il laos, il popolo, dal clero, il sacro dal profano.
È abbastanza evidente la sorte di Tertulliano riconosciuto come ortodosso nella prima parte della sua attività e poi eretico quando cominciò a segnalare la deviazione dicendo che un cristiano non poteva assumere le armi dell'Impero Romano o far sue le vittorie oppure arricchirsi in modo da contestare nei fatti l'identità di servizio della Chiesa.
Costantino, con il suo riconoscimento ufficiale del Cristianesimo, abolì la distinzione fino allora esistente tra cristiano e romano e acuì di fatto quella tra clero, uomo religioso e laico.
Nel Medioevo sforzi di laicità cristiana non mancano. Il monachesimo celtico, ad esempio, di S. Patrizio e S. Colombano, vedeva il monastero come centro di vita di una comunità confusa nella vita normale della tribù.
L'alba del Mille si apre con un momento in cui monaci cluniacensi si identificano con la plebe cittadina che chiede alla Chiesa vita rinnovata. Giovanni Gualberto non contento di avere eremiti a Vallombrosa con il compito di entrare in contatto con un Dio trascendente scatena i suoi monaci nella lotta a Firenze, per il rinnovamento della città, e gli straccioni patarini milanesi hanno la forza di imporre il loro capo Anselmo come vescovo di Lucca e poi come Papa.
La ripresa di coscienza del popolo cristiano si identifica con il Carroccio in cui il rito sacro è in mezzo alle forze del Comune ed arriverà ad punto di cacciare quello stesso vescovo Ariberto di Intimiano che il Carroccio aveva pur voluto.
Ancora più netta è la rottura delle distinzioni, non solo tra laica e clericale, ma delle strutture gerarchiche della città in quel primo nucleo ereticale che è chiamato del Castello di Manforte, dove una marchesa, i suoi coloni, i suoi vassalli senza distinzione sociale avevano ricreato le condizioni della cristianità primitiva.
Fallita la riforma Gregoriana a causa della falsità delle premesse costantiniane che le facevano pensare di poter instaurare un regno del sacro in una società presunta cristiana, l' XI secolo vede contrapposto con i funesti risultati del concordato di Worms, padre dei pestiferi concordati moderni, la scelta di vita e di campo di borghesi come Valdo di Lione che si sentono persuasi dal Vangelo non a rendersi sacri, ma a laicizzarsi vieppiù facendosi popolo, rinunciando alle proprie ricchezze, contestando la violenza delle armi e del denaro, predicando una società di uguali a venire.
Nel tipo stesso di predicazione di Francesco d 'Assisi, che il contemporaneo Tomaso da Spalato definiva adatta a concione e non a sermone nel suo aspetto volutamente disadorno, vi è una indicazione laica di condivisioni degli emarginati e del popolo e nel chiamarsi fratelli e sorelle vi è la forza di un annuncio di una salvezza esistenziale che è popolare e non di pochi privilegiati; la stessa scelta del presepio, dove un bambino qualunque e dei pastori qualunque rivivono la scena ci Betlemme, o nella scelta di chiese coperte di paglia dei primi francescani, vi è tutto il segno di un modo di vivere popolare.
Quando Gioacchino da Fiore sarà scoperto dagli spirituali francescani darà a loro, come a tutti i movimenti pauperistici ed evangelici, la coscienza del superamento della Chiesa istituzione in una società ideale rinnovata.
L'orgogliosa difesa in Val Sesia di Fra’ Dolcino e Margherita nel 1306-1307 con migliaia di proletari dell'Italia settentrionale sembra segno di una scelta di campo. Di lì a pochi anni saranno proprio gli spirituali, i fraticelli, a guidare il popolo di Firenze nel Tumulto dei Ciompi una volta che Giovanni XXII avrà per sempre elevato uno steccato fra sacro e profano dichiarando nel 1323 “Gesù ricco”.
La Bibbia tradotta da Wicliffe servirà ai servi della gleba inglesi per chiedere la libertà e confusi tra loro, laici tra i laici, vi saranno i Lollardi.
Così il movimento Hussita e più ancora quello Taborita saranno movimenti di popolo senza distinzioni nel suo seno.
La stessa Riforma Protestante che non seppe rinunciare ad essere societas cristiana, e quindi al battesimo dei bambini, rivendicò alto e forte però che credenti e sacerdoti si identificano e che se un ministerio vi è, è quello laico della parola. Lutero affermava: Dio gradisce di più il contadino che porta il letame dal campo piuttosto che tanto salmodiare dei monaci.
Per gli Anabattisti la rottura tra società cristiana fasulla e scelta cristiana è una realtà e questa non può che essere scelta di popolo.
Durante le lotte della guerra dei trent'anni, mentre nasceva e si sviluppava l'esigenza di una separazione tra Chiesa e Stato per rompere un connubio che rendeva gli uni privilegiati e gli altri condannati per aver dato retta alla propria coscienza, si sviluppano anche quelle teorie che dovevano portare alla testimonianza laica ed ecumenica del pietismo e dovevano sfociare in Inghilterra nella richiesta da parte dei livellatori del suffragio universale e da parte dei veri livellatori e Digers dell'abolizione della proprietà privata perché la terra è di Dio.
Laicità è quindi valore che la tradizione cristiana conosce bene. Non solo per rivendicare ormai che nessuno possa opprimere le coscienze in nome di presunte scelte religiose ma per rivendicare che Dio agisce nel popolo e per il popolo e mai fuori di esso.
Alcune delle più grandi esperienze del nostro secolo, come quella di Tolstoj e della lotta alla guerra di Schweizer subito dopo il primo conflitto mondiale, vedono il Cristianesimo impegnato come momento popolare senza nessun stacco di clero.
Bonhoeffer ci ha insegnato che l' unico modo di trovare Iddio e il cielo è nell'intimo della nostra coscienza di uomini laici che sono chiamati a dire no come a Barmen contro chi pretenderebbe perfino di monopolizzare Dio e usarlo nel distruggere un popolo .
Il tono universale della battaglia alla guerra e alle discriminazioni, che accomuna Gandhi e Martin Luther King, la difesa del Vietnam e dell'Afganistan, pretende l'identificazione e l'assimilazione con i popoli di tutto il mondo assumendo il colore della pelle di chi è in un determinato momento storico minore ed indifeso.
Il tempio deve poter già ora essere abolito e il Cristo ritrovato nell’emarginato che soffre, nel bambino cui non si permette di raggiungere i viveri, nell'ammalato di AIDS verso cui si ripete oggi l'ostracismo del lebbroso .
Questo breve excursus storico pur nella sua limitatezza mostra, senza ombra di dubbio come esista nella teoria e nella prassi un modo laico di essere cristiani diventando davvero popolo di Dio che si confonde e serve il popolo tutto.
È quello che Gesù diceva quando parlava di sale che si confonde nella pasta ma le dà sapore.
È quindi più che mai necessario astenersi da ogni forma di clericalismo, ivi compreso un certo presunto laicismo anticlericale che diventa dogmatismo borioso quanto e più dell'altro. Occorre rifiutare la difesa di ufficio di una civiltà che cristiana non è mai stata e che spesso è stata la parodia degli ideali e dei pensieri cristiani.
Occorre, a parer mio, rifiutare ogni concordato con qualsiasi potere perché non vi è mai né concordato né potere che non porti sciagurate divisioni tra un popolo che è nostro dovere servire.
Occorre ricordare che non vi è angolo della terra che non sia la nostra patria né individuo che non sia nostra sorella o nostro fratello.
Laicità Tipografia comunale Firenze a cura di Mazzi, Savitteri, Toppi, pag.53-58
Nota del blog.
Domenico Maselli ci conosce bene per essere stato qui da noi, baracche verdi dell'Isolotto, per sostenere la rivolta parrocchiale di fine anni sessanta e seguenti.
Un caro saluto da Viadegliaceri ben lieto della notizia appena uscita sulla stampa:
Lunedí 20 Novembre 2006
Domenico Maselli, nuovo presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
[ICN-News 09/11/06]
XIV Assemblea FCEI/1. Nuovo presidente è il pastore Domenico Maselli
Con l’elezione degli esecutivi si è conclusa a Roma (Ciampino) la XIV Assemblea della FCEI
Roma (NEV), 8 novembre 2006 – E’ Domenico Maselli il nuovo presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). La XIV Assemblea della FCEI - riunita dal 1° al 4 novembre a Roma (Ciampino) con il motto: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Apocalisse 21, 5) - ha eletto alla guida della propria organizzazione un intellettuale, insieme pastore e uomo politico. Il nuovo Consiglio che governerà la FCEI nei prossimi tre anni, è costituito, oltre che dal presidente Maselli, dalle pastore valdesi Laura Leone e Letizia Tomassone, dalla pastora battista Silvia Rapisarda, dal decano della Chiesa evangelica luterana in Italia Holgar Milkau, dai laici metodisti Paolo Bensi e Luciano Cirica. Il presidente uscente Gianni Long, salutato con un caloroso applauso, ha assicurato un forte impulso all’iniziativa della FCEI, soprattutto nei campi della difesa della libertà religiosa e del rafforzamento dei rapporti con le diverse chiese evangeliche italiane.
Dopo l’elezione del seggio presieduto da Giuseppe Platone, l’Assemblea ha accolto come nuovo membro la comunità di St. Andrew della Chiesa di Scozia di via XX Settembre a Roma e come osservatori l’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno (UICCA) e la Federazione delle chiese pentecostali (FCP).
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