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martedì 9 gennaio 2007

Cronache di anni neri



Christian De Vito, domenica 7 Gennaio 2006, all'assemblea della Comunità dell'Isolotto, qui, alle baracche verdi.


Postfazione


1. Le «cronache fiorentine» — o meglio cronache da un quartiere fiorentino, San Lorenzo — che avete letto fino a qui sono la riscrittura di messaggi di posta elettronica composti nella maggior parte dei casi al ritmo serrato dei prezzi di un internet point. Spesso sono nati dalla necessità di sfogarsi; a volte lo sfogo ha preso i tratti di un incerto abbozzo d’inchiesta. Si tratta in poche parole di un osservazione soggettiva di un quartiere in rapida trasformazione dentro un centro cittadino a prima vista piuttosto statico, fatta anche allo scopo di verificare, esprimere e dimostrare una convinzione: che quel quartiere, di per sé unico ma allo stesso tempo simile a zone di altre città, non è come viene descritto nei giornali e nei discorsi ufficiali dei politici; e che i tanti rapporti che si intrecciano al suo interno non possono essere ridotti alle parole-chiave oggi in voga: «degrado», «microcriminalità», «sicurezza». Sono parole che in un quartiere 4el genere si traducono in ronde di polizia, razzismo diffuso e pervasivo, violenze verbali e fisiche.

Le persone che hanno ricevuto queste cronache hanno poi deciso di incontrarsi di persona con regolarità e di costituire una mailing list, che potesse tenere collegati coloro che non abitano a Firenze. Nel giro di qualche settimana si è consolidato un piccolo gruppo di italiani e non italiani, quasi tutti residenti a Firenze solo da pochi anni, alcuni già amici tra loro, alcuni che si erano conosciuti durante la breve stagione del movimento, tra 2000 e 2003, molti coinvolti in altri gruppi negli ultimi anni, quasi tutti alle prese con lavori precari — in certi casi ancora tra studio, lavoro e attività di ricerca — e vite sospese tra più luoghi.

Anche questo ci ha deciso ad assumere il nome «la voce migrante», non per essere «la» e tanto meno «dei», ma «una» voce che si modula in continuazione, cerca il tono e prova a farsi sentire liberamente, dal basso, ovunque capiti di trovarsi. Persone diverse per esperienze, percorsi, interessi, punti di vista sulle forme dei rapporti personali, della militanza e dell’intervento politico, si sono ritrovate accomunate prima di tutto dall’idea di «andare a vedere» nel quartiere di San Lorenzo e poi riferire, pensando che questo fosse il primo, e utile, passo da fare. Al «fare inchiesta», che restava l’idea centrale, si univa anche un’intenzione — non sempre ben definita — di trascinare, da un lato, e di mettersi a disposizione, dall’altro, cercando di favorire nuove mobilitazioni, di sostenere quelle in corso, per ottenere risultati concreti.


2. L’accoglienza che il gruppo ha ricevuto è stata per certi versi sorprendente. Il fatto di volantinare testi in molte lingue diverse ci ha fatto guadagnare simpatia e immediata credibilità presso coloro che incontravamo. Inoltre, abbiamo avuto subito la sensazione di essere percepiti come una novità, e forse una boccata d’aria fresca, nel tradizionale panorama dell’associazionismo fiorentino. Il nostro era un gruppo appena nato, senza nessun tipo di strutturazione interna — e con scarsissima volontà di darsene una —, con molte differenze implicite non ancora nemmeno sfiorate. Prima ancora che cominciassimo a discutere a fondo tra noi, molti hanno cominciato a interpellarci. Abbiamo subito conosciuto il vortice dall’«emergenza». Sono le «emergenze» che anche i media rilanciano periodicamente: a ottobre l’arrivo di profughi richiedenti asilo; a novembre la necessità di trovare ripari contro il freddo e lo sgombero di campi rom; a dicembre lo sgombero di occupazioni e centri sociali; a gennaio e a febbraio la distruzione di baracche abusive, e la consueta proposta di nuovi «campi nomadi». Poi c’è la «routine» che a livello individuale è emergenza gravissima: ogni mese, settimana, giorno, ronde di polizia, fermi, qualcuno portato via, deportato in un cpt — la Toscana rivendica di continuo di non ospitarne, ma spedisce a Bologna e altrove, dove ce n’è — in attesa di nuova deportazione.

L’emergenza è strutturale nella condizione di vita dei migranti (e non solo), come anche la precarietà, l’incertezza. Non è solo la «clandestinità» a produrre questa situazione. Vi contribuiscono anche l’accentuata precarietà sul mercato del lavoro, la difficoltà nell’accesso a diritti sociali fondamentali quali la sanità e la casa…


Da: Christian De Vito, Cronache di anni neri, Dal quartiere di S.Lorenzo, Firenze 2003-2005. Pag.51,52,

Quaderni di storiAmestre, 2006.

E' stato un piacere averlo tra noi e sentirlo.

Per avere il libro: www.storiamestre.it .


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