In tanti luoghi della lotta sociale, piazze, tetti, ciminiere, fabbriche e scuole occupate inevitabilmente la potente simbologia della rinascita legata al Natale, che non è solo quello cristiano, viene intrecciata con i motivi della lotta riaccendendo il fuoco morente della speranza.
Ci uniamo a questa umanità che non si arrende tentando di vivere anche noi creativamente la festa del Natale nella Veglia che faremo alle "baracche dell’Isolotto", via degli Aceri 1, il 24 dicembre a partire dalle 22,30.
Il tema della veglia è la speranza nonostante tutto: "Oltre le paure, insieme per un nuovo patto tra gli esseri umani, la Terra, la Vita".
E’ questo l’augurio che indirizziamo a tutti oltre ogni confine.
La Comunità dell’Isolotto Firenze
Natale 2010 Veglia
Oltre le paure
insieme per un nuovo patto
tra gli esseri umani, la Terra, la Vita.
Comunità dell’Isolotto Firenze
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Perché a Natale si festeggia con l’albero?
Alla scoperta del simbolo dell’albero
Da tempo, come sapete, alla Comunità dell’Isolotto, facciamo un percorso di crescita culturale, religiosa, spirituale ed emotiva, mettendo insieme bambini piccoli, bambini più grandi, ragazzi, adulti e alcuni nonni. Anche quest’anno, come già fatto in altre occasioni, all’avvicinarsi del Natale, abbiamo lavorato su uno dei simboli del Natale per comprenderlo, per riappropriarcene, per viverlo con più consapevolezza ed autenticità. Anni fa abbiamo affrontato le “storie delle nascite” di Buddha, Maometto e Gesù scoprendo molte cose interessanti; lo scorso anno ci siamo chiesti “cosa c’entra il Natale con i regali?” andando così a scoprire che un dono assume un significato per noi più bello e profondo se è semplice, se è per tutti, se è fatto con le nostre mani, e che ogni nascita per tutti noi è un dono…
Quest’anno ci siamo chiesti perché a Natale si festeggia con l’albero? e siamo andati alla scoperta dei molti significati associati all’albero, uno dei simboli più diffusi in tutte le culture, a partire da quelle più antiche e primitive. E in questa ricerca abbiamo anche scoperto quanto questo lavoro sia legato al tema che porteremo avanti nei prossimi mesi “coltivare speranza”: infatti non c’è speranza senza sentire e vivere il legame profondo con il nostro appartenere alla terra, alla natura e al cosmo.
Ma ci piace ora raccontarvi qualcosa sul simbolo dell’Albero:
La parola abete significa simbolicamente nascita, origine. La lettera A e la lettera B (in greco "alfa" e "beta", in ebraico e caldaico "alef" e "bet") formano d'altronde la stessa parola "alfa-beto". L' "A-bete" simboleggiava dunque, anche nella sua espressione letterale, la nascita di tutte le cose, e perciò era celebrato a "Natale" che significa infatti nascita. L’albero è innanzi tutto simbolo della vita in continua evoluzione, del passaggio ciclico della natura tra nascita, morte e rinascita: infatti molti alberi in autunno perdono le foglie, restano spogli d’inverno, per poi risvegliarsi a primavera e rivestirsi di germogli e in estate diventare verdissimi e ricolmi di frutti, in un ciclo continuo. L’albero è anche il simbolo del rapporto tra terra e cielo, anzi tra i tre livelli del cosmo (quello sotterraneo, quello della superficie terrestre e quello del cielo): gli alberi infatti hanno radici che penetrano sottoterra e che traggono nutrimento dal sottosuolo e poi hanno rami e foglie che vanno verso il sole, la luce e l’aria del cielo.
L’albero è anche il simbolo di vita poiché rappresenta una sintesi di tutti gli elementi necessari alla vita: l’acqua circola nella sua linfa dalle radici alle foglie, l’aria nutre le sue foglie, il sole lo rende forte e verde, ogni sorta di animali vive sugli alberi o grazie ad essi: gli insetti e gli uccelli e molti altri animali tra i suoi rami trovano cibo o riparo durante la notte o le tempeste o il vento.
2 Infine l’albero cosmico è anche indicato in molte religioni e tradizioni antiche come un simbolo della conoscenza: possiamo pensare all’albero della conoscenza del bene e del male (vi ricordate la storia di Adamo ed Eva?), ma possiamo anche ricordare la storia di Buddha che si addormenta sotto un albero e lì scopre la conoscenza e la saggezza… L’albero è anche il simbolo del legame tra le generazioni: fino a poco tempo fa nelle culture contadine alla nascita di un bambino si piantava un albero ….
Noi siamo l’albero
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L’albero e la nascita
I bambini e i ragazzi raccontano
Dario o Simone: Nonostante la neve eravamo in tanti domenica 19 dicembre alle Baracche: bambini, ragazzi, genitori, nonni… tutti curiosi di fare un nuovo lavoro insieme e di sapere perché in fondo alla sala c’era un abete.
Jonathan: All’inizio abbiamo ragionato sui significati che l’albero ha fin dai tempi antichi. Abbiamo scoperto tante cose, per esempio che l’albero è simbolo di collegamento tra la terra e il cielo e io (Jonathan) ho “fatto” l’albero piantando bene i piedi a terra e alzando le braccia al cielo come fossero dei rami.
Dario: Abbiamo detto che l’albero è simbolo della vita in continua evoluzione: infatti è vero che gli alberi in autunno perdono le foglie, in inverno sono spogli, poi a primavera si risvegliano e si rivestono di foglioline verdi e in estate diventano verdissimi e ricolmi di frutti in un ciclo continuo. E questo vale anche per gli alberi come gli abeti perché anche loro perdono gli aghi e poi li rimettono in un ciclo continuo di nascita e morte e rinascita.
Tommaso: A me sono piaciute le parole di Sandra che ci ha parlato del suo babbo falegname (come il babbo di Gesù) che conosce tutti i colori e gli odori del legno. Ci parlava del profumo del legno che ha sempre sentito in casa da quando era piccola… sembrava quasi di sentirlo anche noi questo profumo!
Margherita: Io ho capito che l’albero è simbolo di nascita e per questo si usa a Natale e che è anche simbolo del legame tra le generazioni cioè tra i nonni, i genitori e i bambini, e mi è piaciuto sapere che per la nascita mia e di mia sorella i miei genitori hanno piantato nel giardino del nonno un ciliegio!
Anna: Ci hanno colpito anche le spiegazioni di Lucia che conosce la medicina cinese: ci ha detto che i medici della medicina tradizionale cinese curano le persone pensando agli elementi della natura e alle età delle persone: noi bambini siamo belli, forti, morbidi e duri come il legno degli alberi! I ragazzi grandi sono fuoco; i genitori sono terra; i nonni sono metallo; e chi sta per morire è come l’acqua perché si prepara a tornare nella natura e nell’universo come l’acqua quando torna alla terra.
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Ivan: Luciana ha raccontato che quando lei era piccola non ci faceva l’albero di Natale con le palline, però le persone andavano nel bosco a prendere un ceppo di legno da bruciare nel focolare. Serviva per riscaldarsi, cucinare, fare festa e raccontare storie intorno al fuoco. Ma anche dove si faceva l’albero lo si addobbava con le cose della natura, mele rosse, biscotti o gli arnesi del lavoro per ringraziare la terra dei suoi frutti e della sua generosità.
Fabio: Così anche noi, per ringraziare la terra e la natura, ci siamo messi ad addobbare il nostro albero con cose della natura: mele, biscotti, fichi secchi, dolcini, mandarini… e ci è piaciuto molto; è stata una cosa bella.
Abbiamo fatto con la carta anche dei piccoli uccellini, e li abbiamo messi lassù in cima sulla punta dell’albero .. sembrano la voglia di volare, di sperare.
Virginia: Io ho raccontato che un uomo, tanto tempo fa, si trovava in viaggio nell'antico Egitto a Natale e vide delle piramidi fatte di legno con delle decorazioni e così pensò di decorare anche gli alberi della sua città.
Matilde: a me è piaciuto tantissimo quando, per far avverare le speranze che tutti avevano espresso, abbiamo acceso una candelina. Alla fine quando tutti avevano letto un bigliettino l'albero era tutto illuminato, l'abbiamo guardato insieme al buio: era bellissimo!!! Poi abbiamo spento le candeline..per non bruciare tutto.
Margherita: L’idea di fare un albero con i bigliettini e le candeline era stata mia; ma non credevo che si sarebbe potuta realizzare davvero, addirittura con le candeline. Sono stata contenta! Forse allora anche le nostre speranze si possono realizzare davvero.
Anna,
Tommaso, Dario,
Giulio, Ivan, Margherita,
Jonathan, Fabio, Matilde, Virginia,
Zoe, Luna, Gerardo, Evelina, Tommaso,
Elena, Martina Simone,
Tiziano,
Flavio
Noi: siamo la terra
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Fatti drammatici sconvolgono la vita della grande Terra: guerre e violenze tra i popoli, disastri ecologici che richiederanno centinaia di anni per essere riparati se ancora sarà possibile, popolazioni denutrite e affamate. Che cosa possono fare allora delle bambine o dei bambini, delle ragazze o dei ragazzi per evitare che i "grandi" continuino a causare disastri e garantirsi così un futuro? Intanto possiamo cominciare a discuterne per esempio leggendo insieme delle cose e magari anche giocando.
Siamo piante: Tutti noi siamo piante. Senza il manto verde che ricopre il pianeta e che è costituito da più di 300 mila specie vegetali, la vita animale non si sarebbe mai sviluppata. Fu grazie al diffondersi delle piante che milioni di anni fa l'ossigeno, prodotto dalle piante, favorì l'esplosione della vita animale. Le piante costituiscono il cibo per gli animali, sono usate come combustibile, servono alla costruzione di vari prodotti.Progredire significa proteggere le piante e gli alberi del pianeta, proprio perché in qualche modo noi tutti siamo piante.
Siamo acqua. Noi tutti siamo acqua, il nostro corpo è fatto per il 90% di acqua e senza acqua moriamo come muore ogni altra forma di vita. Per alcuni popoli l’acqua è abbondante, ma per altri è rara. Per tutti è un bene prezioso da conservare e usare con parsimonia. Questo bene è oggi minacciato da molte forme di inquinamento. Progredire significa proteggere l'acqua del pianeta, consumarne poca, non inquinarla, e depurarla se l'abbiamo inquinata; proprio perché in qualche modo noi tutti siamo acqua.
Siamo terra: noi tutti siamo terra, mangiamo prodotti coltivati sul terreno e la nostra vita non ci sarebbe se non ci fosse il suolo. Ma oggi nonostante le sue enormi potenzialità la terra è in una situazione di pericolo. Ogni anno si perdono milioni di ettari di terra arabile, di terreno fertile adatto all'agricoltura. Le coltivazioni intensive, il disboscamento per la crescente richiesta di terreno, il dilavamento dei suoli, la desertificazione rischiano di impoverire il suolo. E la perdita di terreno fertile è una delle cause maggiori della fame e della povertà delle popolazioni del Terzo Mondo. Progredire significa ricordare che siamo terra, e che dobbiamo imparare a proteggere i terreni nei quali viviamo e la terra del nostro pianeta, proprio perché in qualche modo noi tutti siamo terra.
Siamo tigri, falchi, balene, lupi, caprioli, coccodrilli, api, rondini. noi tutti siamo legati alla vita degli altri animali. La nostra vita senza di loro sarebbe più povera, più triste, forse non ci sarebbe. Progredire significa avere rispetto per tutte le forme di vita animale e consentire il loro naturale sviluppo, significa rinunciare per sempre alla caccia di alcune specie oggi in serio pericolo; proprio perché in qualche modo noi tutti siamo legati a tutti gli altri animali.
Siamo aria: noi tutti siamo aria, perché senza aria respirabile non c’è vita. E’ il respiro di aria pulita che dà vita al nostro corpo e alla nostra anima.
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Progredire significa avere rispetto per l’aria del pianeta; significa andare a scuola a piedi, andare in bicicletta, abbassare il riscaldamento in casa, non inquinare e fare tutto ciò che è necessario per mantenere l’aria respirabile per noi stessi e per le generazioni future.
Siamo mare, siamo oceano: noi tutti siamo mare, perché la vita è sorta dalle sue acque. Lungo le coste e grazie alla navigazione molti popoli si sono potuti incontrare, scambiare esperienze e culture. Progredire significa avere rispetto del mare e degli oceani e di ogni forma di vita che vi abita, e significa imparare un nuovo uso del mare che ci ha dato vita, cibo e gioia.
Siamo natura: ogni cellula del nostro corpo e della nostra anima è legata alla natura. Progredire significa ri-scoprire che siamo parte della Natura, che è arrivato il momento in cui l'uomo deve controllare e limitare il suo sfruttamento; e deve lasciarci alle spalle la società dello spreco per orientarci verso una società della conservazione e della sobrietà.
Ma come è possibile affrontare problemi così complicati, per noi bambini e anche per noi adulti, insomma per noi che ci sentiamo piccoli, piccoli come dei “semini”...?
Nel Vangelo c’è la storia di un piccolo seme …
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Il piccolo seme
Insieme al piccolo gruppo dei suoi amici Gesù andava per le
campagne e i villaggi della Palestina, incontrava i contadini, i
pescatori, la gente umile del popolo,
i poveri e i malati e faceva loro dei racconti tratti dalla natura per
aiutarli nella loro vita che era molto difficile. Dava a loro la
speranza che un giorno sarebbe sbocciata per essi una vita migliore,
più giusta. Questa vita migliore la chiamavano Regno di Dio.
I Vangeli hanno dato un nome a questi racconti:
li chiamano “parabole”.
Ad esempio diceva: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il
seme nella terra; che dorma o vegli,
di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.
Come questo possa accadere, egli stesso non lo sa. Poiché la terra
produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco
pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano
alla falce, perché è venuta la mietitura.
A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale
parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa
che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi
che sono sulla terra ma appena seminato cresce e diviene più grande
di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo
possono ripararsi alla sua ombra”.
La gente che ascoltava era povera e si sentiva piccola come un
semino, senza nessuna importanza e queste parabole la aiutavano ad
avere fiducia in una vita migliore in cui anche i piccoli e i poveri
saranno considerati e rispettati.
Il piccolo seme
Natale
Nei tanti luoghi della lotta sociale, piazze, tetti, ciminiere, fabbriche e scuole occupate la potente simbologia della rinascita legata al Natale viene inevitabilmente intrecciata con i motivi della lotta riaccendendo il fuoco morente della speranza. Così è per noi nella veglia che viviamo in solidarietà con tutta questa gente che non si arrende, come lo è stato molte altre volte in questi oltre quarant’anni dalla prima veglia in piazza nel 1969. Natale oltre la disperazione, Natale “Oltre le paure, insieme per un nuovo patto tra gli esseri umani, la Terra, la Vita".
Prima che essere una festività religiosa, il Natale è un simbolo, anzi un insieme complesso di simboli tutti legati al senso della rinascita. Viene da lontano la simbologia del Natale. Accompagna l’umanità fin dall’inizio della evoluzione millenaria della cultura. E ce li sentiamo dentro, nel nostro profondo, questi simboli della rinascita. Sono simboli potenti. Siamo qui a vegliare insieme per elaborarli con i nostri canti, le riflessioni, le testimonianze, i gesti. I simboli dicono lo sforzo dell’essere umano per decifrare e in qualche modo dominare, attraverso la fitta oscurità che lo circonda, il senso del proprio esistere e il proprio destino. Non sappiamo da dove veniamo e non sappiamo dove andiamo e siamo indotti a dare un senso alle nostre esistenze affidandoci ad esempio al costante rinascere del sole. La rinascita del sole richiama la rinascita perenne come anima del cosmo intero. Altro esempio sono i cicli dell’albero il quale fin da tempi antichissimi diviene simbolo di vita in continua evoluzione, simbolo del cosmo vivente in perenne rigenerazione.
Il Natale cristiano nasce su questa linea millenaria di creazione simbolica. Infatti i racconti della nascita di Gesù sono mitici, non storici. Non narrano fatti realmente accaduti. Gesù ad esempio non è nato a Betlemme, non in una stalla, e via di questo passo. I racconti evangelici dell'infanzia offrono simboli. Essi portano l'eco di reali e storiche ansie, esperienze e progetti di vita delle comunità cristiane della fine del primo secolo.
Erano comunità di rifiutati che trasferivano in racconti simbolici, tramandati da tam tam popolari, le reali condizioni di vita della gente umile. Non per nulla nei Vangeli Gesù viene chiamato figlio dell’uomo”. Come a dire un essere umano qualsiasi, che però aveva dato loro una speranza di riscatto. Di fronte alla morte in croce e al fallimento di tutte le loro attese di giustizia questa povera gente cerca di nuovo un senso alla propria esistenza alimentandosi ai simboli antichi della rigenerazione: tutto è vita, tutto muore e tutto rinasce. Poi viene la Chiesa del potere imperiale che trasforma la nascita e la morte e la resurrezione di Gesù in un progetto divino di salvezza universale trascendente, ma senza riscatto storico. E nascono due percorsi del cristianesimo: quello del potere e quello dei movimenti di base. A volte in conflitto a volte intrecciati fra loro. E’ così che il sogno, il dolore e la volontà di riscatto e di liberazione del mondo delle prime comunità cristiane hanno dato nei secoli anima e senso alla gioia festosa del Natale.
Erano simboli vivi per tanti che lottavano e cercavano positivamente un mondo nuovo, più giusto:
- Maria, la gestante che intona il magico cantico, il “Magnifica”, con cui annuncia il “rovesciamento dei potenti dai loro troni e l’innalzamento dei poveri”;
- la vergine che concepisce e partorisce per opera dello Spirito e non per decreto del potere del “padre”, annunciando la fine della cultura patriarcale;
- la grotta, casa dei senza dimora, fuori dalle mura della città inospitale;
- la illuminazione dei pastori, anch’essi vigilanti “fuori dalle mura”;
- la stella che rifugge il “palazzo” del potere e guida avventurosi “stranieri”, i magi, verso la vita che nasce dalla realtà umana emarginata e repressa.
Ma oggi, che hanno da dire di vitale il bambinello e gli altri personaggi del presepio?
Oggi qui da noi, dove il sogno e il riscatto sono al lumicino, il Natale affoga nel trionfo del mercato. E’ divenuto una festa senz’anima. Vale ancora la pena di guardare l’altra faccia, quella vitale e generativa? Interessa a qualcuno? Oppure è solo archeologia? Ma si può abbandonare completamente la presa su una simbologia così potente?
La risposta la daremo vivendo insieme questa notte in attesa di una nuova alba.
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La paura ed il cambiamento
Un pozzo petrolifero che sversa milioni di barili di olio nel Golfo del Messico, piogge sempre più violente ed insistenti che fanno franare le nostre case e i nostri monumenti, una nevicata che ci costringe per ore bloccati nelle nostre auto. Oltre le catastrofi, i danni, la sofferenza personale e collettiva, gli eventi direttamente o indirettamente connessi al nostro rapporto con la Natura ci interrogano sempre più frequentemente sul senso profondo della nostra esistenza su questo pianeta. Nelle conseguenze di azioni umane sempre meno sostenibili o nella casualità di fenomeni naturali che dalla sua origine esprimono la vitalità della Terra, questi eventi, che lo si accetti o no, relativizzano il senso di dominio e onnipotenza che l'Umanità ha acquisito in due milioni di anni di evoluzione. Tra le Scienze della Natura, la Geologia offre gli strumenti per spiegare in termini rigorosi questa nostra relatività e, nella consapevolezza della conoscenza, metterci addirittura in condizione di superare la paura e la frustrazione. Le rocce sono la testimonianza che il mutamento e quindi la relatività sono fenomeni intrinseci e connati con il Pianeta. E' in virtù del divenire di innumerevoli mondi che noi ci troviamo a popolare la Terra. L'opportunità che l'evoluzione ci ha casualmente fornito è il prodotto di continui cambiamenti fisici, chimici e biologici di un sistema fatto di complesse relazioni ed interconnessioni. La trasformazione continua da 4.5 miliardi di anni, rivelata nelle rocce ed intelligibile agli Scienziati della Terra, trova la sua ragione nell'energia del Pianeta e del Cosmo in cui esso si colloca. Le rocce ci raccontano che fino a che c'è energia trasformabile il mutamento è inevitabile e vitale. Nella non intenzionalità ed immanenza delle Leggi di Natura, le rocce suggeriscono a noi, esseri capaci di scelte, la trasformazione del nostro rapporto con la Terra sui cui viviamo, che contiene le risorse che sfruttiamo oltre ogni ragionevole limite. Una Terra che nelle rocce ci racconta di antiche frane, terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, cambiamenti climatici, indicandoci chiaramente come, dove e quando questi fenomeni sono accaduti. La memoria delle rocce è preziosa per permetterci di prevenire e mitigare gli effetti di fenomeni geologici sui territori che oggi popoliamo e che, a prescindere dalla nostra volontà o peggiorati nelle loroconseguenze dalle nostre azioni, continueranno ad accadere. Finche ci sarà energia. Le rocce ci testimoniano un divenire a cui noi dovremmo adeguarci sulla base di una consapevolezza fondata sul rigore scientifico, delle possibilità e dei limiti del nostro rapporto con il mondo che ci circonda.Questa consapevolezza che nasce dalle rocce, ci spinge a ridiscutere il senso di dominio, generato da ragioni antropologiche prima, filosofiche, religiose ed economiche poi, non solo sul mondo naturale ma anche sui nostri simili. Una dominazione che nasce dalla cristallizzazione di un presunto sapere assoluto ed infallibile che da millenni giustifica la supremazia dei forti sui deboli. Nella cultura della dominazione, il progresso delle conoscenze scientifiche e tecnologiche va bene solo quando garantisce e non mette in discussione questa supremazia. Le Scienze della Natura e tra queste la Geologia, che nel passato non si sono sottratte ad unfinalismo antropocentrico, hanno oggi la capacità di aiutarci a superare la condizione sempre più insostenibile di esseri dominatori narrandoci la storia del cambiamento planetario per favorire una vitale riconciliazione con la Natura e con noi stessi. Non si costruisce una nuova consapevolezza collettiva se la conoscenza scientifica non viene prodotta e divulgata. Per una Società matura, produrre conoscenza scientifica pubblica significa investire responsabilmente risorse comuni e chiedere poi conto dei risultati ma soprattutto della diffusione e condivisione di quei risultati. Tagliare indiscriminatamente le risorse alla ricerca scientifica senza verificarne attentamente e responsabilmente i meriti e i difetti, è un processo che una collettività sempre più smarrita ha delegato ad un potere autoreferenziale ed inconsapevole, tragica espressione della perpetuazione del dominio oltre ogni sostenibilità. Le Scienze della Natura, da tempo, hanno cominciato a mettere in discussione modelli di sviluppo basati sul dominio. E’ del tutto comprensibile quindi che si indebolisca la ricerca scientifica attraverso i tagli invocando ipocritamente sprechi a cui realmente non si vuol porre freno o riferendosi alla valorizzazione di meriti che non si sanno riconoscere ne valutare. E’ la reazione di un dominatore impaurito dalla possibilità di cambiare. Non sappiamo quanto tempo rimane all’avventura della nostra specie su questo pianeta; per quanto lungo o breve esso sia, a noi resta la scelta di rimanere dominatori impauriti o divenire creature in trasformazione con il mondo che ci circonda. Una trasformazione che può trovare un senso anche nel racconto di una roccia.
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Testimonianze, gesti simbolici, preghiere
Condividiamo pensieri personali.
Accogliamo la simbologia dei bambini scrivendo ognuno di noi che lo desidera una riflessione di speranza su un bigliettino da attaccare all’albero.
Accendiamo candeline come segno di luce.
Facciamo insieme la condivisione del pane e del vino che vuole esprimere il nostro impegno per i diritti e per il futuro dei bambini, delle bambine, delle giovani generazioni di tutto il mondo, speranza perenne dell’umanità.
Preghiera della eucarestia
Celebriamo il Natale fra paura e speranza
alla ricerca di raggi che ci guidino nella notte.
Celebriamo il Natale come festa della vita che nasce
e della forza vitale che perennemente risorge,
festa del bambino e della bambina
raggi di una speranza capace di vincere il dominio della paura,
festa della nascita di Gesù, bambino fra i bambini,
speranza fra le speranze, storia di salvezza fra le storie di salvezza.
La sera prima di essere ucciso
mentre sedeva a tavola con i suoi apostoli,
Gesù prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
“prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo”.
Poi, preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero e disse loro:
“questo e’ il mio sangue che viene sparso per tutti i popoli”.
Lo Spirito di Gesù
e di quanti hanno vissuto nella coerenza
storie di liberazione, di speranza e di salvezza
animi questi segni che condividiamo:
le parole, le musiche, le testimonianze,
i gesti di affetto, le cose, il pane, il vino.
Tali segni divengano fatti coerenti
di impegno per i diritti e per il futuro
dei bambini, delle bambine,
delle giovani generazioni di tutto il mondo,
speranza perenne dell’umanità.
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Da Margherita Hack
una testimonianza inviataci per questa veglia,
in risposta ad alcune nostre domande.
1. D. Per noi gente della strada ma anche per molte persone di cultura la terra e l’uomo sono ancora al centro dell’universo: le stelle ci stanno a guardare. Tu invece, cara Margherita, vivi la tua vita tra le stelle, come racconti in uno dei tuoi libri intitolato “La mia vita tra le stelle”. Non ti senti un pulviscolo insignificante fra i miliardi di miliardi di ammassi stellari?
Margherita: Veramente penso che la mente umana è davvero straordinaria, se in 20 secoli, passo dopo passo, siamo riusciti a capire cosa è il Sole, cosa sono le stelle, come si formano, vivono e muoiono, perché brillano, a capire che gli elementi di cui siamo fatti anche noi e tutto ciò che ci circonda sono stati fabbricati nell'interno delle stelle. Stiamo scoprendo sempre nuovi pianeti extrasolari e ci rendiamo conto che sarebbe assurdo pensare di essere l'unica civiltà nell'universo.
2. D. Noi calpestiamo la terra come ammasso di pietra senza vita o peggio la sfruttiamo, la feriamo, la svuotiamo, come dominatori assoluti e ci stiamo apprestando a fare lo stesso con la Luna o Marte. Tu come vivi il tuo rapporto con la terra e col cosmo?
Margherita: Sento al terra come una cosa viva, la terra madre. Dovremmo rispettare la terra, l'unico pianeta abitabile nel nostro sistema solare, pensare che le sue risorse non sono infinite e sarà molto improbabile che ci si possa trasferire su altri pianeti. Sulla Luna e su Marte c'è ben poco da distruggere, per fortuna, ma solo da studiarli.
3. D. Questa notte ci proponiamo di inserire il Natale cristiano come un evento di nascita nel grande processo perennemente generativo non solo della storia umana ma del cosmo intero. E vorremo nel nostro piccolo, anzi piccolissimo, dare un messaggio di speranza “Oltre le paure insieme per un nuovo patto tra gli esseri umani, la Terra, la Vita. E’ un sogno, condiviso da molti ma sempre troppo pochi. E’ anche il tuo sogno?
Margherita: Penso a una terra in cui tutti si sentano fratelli, senza odi di religione, di razza, in cui non ci siano più guerre, ma nemmeno le vergognose differenze che ci sono oggi fra paesi del mondo industrializzato e paesi cosiddetti in via di sviluppo, in cui anche gli animali siano rispettati e non sottoposti alle crudeltà a cui spesso sono soggetti, come se fossero cose e non esseri senzienti.
4. D. Leggiamo, da profani, che gli scienziati captano i residui della radiazione cosmica che si è sviluppata dal Big Bang come fosse una musica. Tu hai mai ascoltato questa sinfonia cosmica? Che cosa hai provato?
Margherita: Non li ho sentiti, ma più che musica si tratta di un rumore come quello che si sente alzando troppo il volume della radio, che proviene uniformemente da tutto il cielo, e sintonizzato a lunghezze d'onda da circa 1 mm a circa 1 cm (microonde). Questo dimostra che l’energia sprigionatasi col Big Bang non si è affatto esaurita. La straordinaria orchestra cosmica che sentiamo usando tecniche sofisticate, anche se è solo un vago rumore, suona ancora la sua sinfonia generativa.
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Inno alla Materia di Teilhard de Chardin
Pierre Teilard de Chardin, gesuita, teologo, grande scienziato, geologo e paleontologo, professore
all’Istituto Cattolico di Parigi, poi ricercatore in Cina e quindi negli Stati Uniti dove è morto nel
1955 all’età di 74 anni. Scrive in un’opera del 1916 intitolata “Il Cristo nella materia”: “Avevo
sempre avuto un’anima naturalmente panteista. Del panteismo provavo le insuperabili aspirazioni,
senza osare utilizzarle liberamente, non sapendo come conciliarle con la mia fede”. Il suo
“panteismo” fu considerato eretico dall’ortodossia cattolica del tempo. Venne confinato per venti
anni in Cin,a gli fu proibito di pubblicare le opere filosofiche-religiose che dopo la morte furono
condannate.
Il suo Inno alla materia conclude uno scritto del 1919, intitolato “La potenza spirituale della
Materia”. Questa alta espressione di poesia, spiritualità, scienza, echeggia il Cantico delle
creature. Ma c’è un salto “oltre il sacro”, una svolta in senso panteistico compiuta dalla
spiritualità di Theilard de Chardin. Egli infatti è attraverso la Materia che si rivolge a Dio -
Benedetta sii tu, potente Materia – mentre Francesco d’Assisi parla alla natura attraverso Dio –
Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature.
… Benedetta sii tu, potente Materia, Evoluzione irresistibile, Realtà sempre nascente, tu che, spezzando ad ogni momento i nostri schemi, ci costringi ad inseguire, sempre più oltre, la Verità.
Benedetta sii tu, universale Materia, durata senza fine, Etere senza sponde, - triplice abisso delle stelle, degli atomi e delle generazioni, tu che travalicando e dissolvendo le nostre anguste misure, ci riveli le dimensioni di Dio.
Benedetta sii tu, impenetrabile Materia, tu che, ovunque tesa tra le nostre anime ed il Mondo delle Essenze, ci fai languire dal desiderio di forare il velo senza cucitura dei fenomeni.
Benedetta sii tu, mortale Materia, tu che, dissociandoti un giorno in noi, c'introdurrai necessariamente nel cuore stesso di ciò che è. Senza di te, o Materia, senza i tuoi attacchi, senza i tuoi strazi, noi vivremo inerti, stagnanti, puerili, ignoranti di noi stessi e di Dio.
Per raggiungerti, o Materia, bisogna che, partiti da un contatto universale con tutto ciò che, quaggiù, si muove, sentiamo via via svanire nelle nostre mani le forme particolari di tutto ciò che stringiamo, sino a rimanere alle prese con la sola essenza di tutte le consistenze e di tutte le unioni. Se vogliamo possederti, bisogna che ti sublimiamo nel dolore dopo averti voluttuosamente stretta tra le nostre braccia. O Materia, tu regni sulle vette serene ove i santi pensano di evitarti, carne così trasparente e mobile che non ti distinguiamo più da uno spirito. Portami su, o Materia, attraverso lo sforzo, la separazione e la morte, portami dove sarà finalmente possibile abbracciare castamente 1'Universo.
Jersey, 8 agosto 1919
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Abbiamo fede nel potere di cambiare ciò che va cambiato
Aung San Suu Kyi
brani estratti da “La mia Birmania” ed. TEA 2010
Abbiamo fede nel potere di cambiare ciò che va
cambiato, ma non ci illudiamo che la transizione
dalla dittatura alla democrazia liberale sarà facile,
né che un governo democratico significherà la fine
dei nostri problemi. Sappiamo che la sfida più
grande è ancora davanti a noi e che la nostra lotta
per instaurare una stabile società democratica
oltrepasserà la lunghezza della nostra vita. Ma
sappiamo di non essere soli. La causa della libertà
e della giustizia incontra reazioni solidali in tutto il
mondo. Persone pensanti e sensibili in tutto il
mondo, di ogni fede e colore, comprendono il
bisogno umano profondamente radicato di un
'esistenza signifìcativa che vada al di là della mera
gratifìcazione di necessità materiali Quelli tanto
fortunati da vivere in società che assicurano loro
pieni diritti politici possono protendere la mano verso i loro fratelli meno
fortunati in altre aree del nostro tormentato Pianeta.
Il buddismo impegnato è compassione attiva o metaattiva. Non si tratta di
starsene seduti passivamente, dicendo « soffro per loro ». Significa fare
qualcosa arrecando il massimo sollievo possibile a chi ne ha più bisogno,
accudendo i sofferenti, facendo il possibile per aiutarli.
Ovviamente « trasmettere amorevolezza » è una parte integrante del nostro
addestramento buddista birmano. Ma oltre a questo, dobbiamo fare di più per
esprimere il nostro meta e manifestare la nostra compassione.
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AFRICA
di David Diop
(1927-1960
Africa, Africa mia
Africa fiera di guerrieri nelle ancestrali savane
Africa che la mia ava canta
In riva al fiume lontano
Mai t’ho veduta
Ma del sangue tuo colmo ho lo sguardo
Il tuo bel sangue nero sui campi versato
Sangue del tuo sudore
Sudore del tuo lavoro
Lavoro di schiavi
Schiavitù dei tuoi figli
Africa dimmi Africa
Sei dunque tu quel dorso che si piega
E si prostra al peso dell’umiltà
Dorso tremante striato di rosso
Che acconsente alla frusta sulle vie del Sud
Allora mi rispose grave una voce
Figlio impetuoso il forte giovane albero
Quell’albero laggiù
Splendidamente solo fra i bianchi fiori appassiti
E’ l’Africa l’Africa tua che di nuovo germoglia
Pazientemente ostinatamente
E i cui frutti a poco a poco acquistano
L’amaro sapore della libertà.
“A coloro che si nutrono di crimini
e misurano in cadaveri le tappe del regno
dico che giorni e uomini
sole e stelle
delineano il ritmo fraterno dei popoli
dico che testa e cuore
sulla retta via della lotta s’uniscono
e non v’è giorno in cui
in qualche luogo non nasca l’estate
dico che le tempeste virili
schiacceranno i mercanti di pazienza
e le stagioni sui corpi accordati
vedranno rinascere gesti di felicità.
17
Volgeremo la mente alla nostra Madre Terra
Haudenosaunee (Lega delle Sei Nazioni)
discorso di apertura nelle cerimonie sacre o sociali.
Volgeremo la mente alla nostra Madre Terra, perché il Creatore ha fatto la nostra Madre Terra e noi siamo sul Suo corpo. Ancor oggi tu ed io e chiunque siamo giunti su questa da lontano nella storia del mondo intero. Fin dall'inizio di quella storia, questa Madre Terra ci ha dato tutto quello di cui abbiamo bisogno, ci ha sostenuto. Così ora vorrei dire che la gente qui etutta la gente ovunque dovrebbe pensare a questo e con l'unicità della Mente porgere saluti e ringraziamenti alla nostra Madre Terra che ha sempre seguito le istruzioni del Creatore. Così salutiamo la madre terra. I corpi d'acqua, i fiumi, i grandi laghi, i torrenti- tutti i corpi d'acqua, i nostri pozzi e le nostre sorgenti. Il Creatore ha creato anch'essi. Ha dato vita a quelle acque e dirige l'acqua perché lavori mano nella mano con tutta l'altra Vita che ha posto su questa Terra. Così quando noi beviamo l'acqua ogni giorno, la freschezza di quell'acqua e la estinzione della nostra sete ci portano alla mente la comunanza cui partecipiamo, e così vorrei chiedere che la nostra gente mentre beve quest'acqua oggi, lasci che le menti si uniscano come fossero una sola mente, e offriremo il nostro saluto a tutta l'acqua del mondo che ci ha portato così lontano.
C'è un'altra cosa che il Creatore ha posto su questa Terra
- l'erba e tutte le medicine, le erbe e la diversa vegetazione. E il piano del Creatore fu che saremo stati interdipendenti l'uno dall'altro - da queste erbe che nutrono gli animali, la selvaggina - e da quelle medicinali che risanano le malattie. Anche se l'umanità ha dimenticato i segreti e la conoscenza e il modo appropriato con cui trattare queste cose, le medicine non hanno dimenticato. Esse aspettano ancora ogni giorno e ogni notte gli esseri umani e il mondo animale chiede loro aiuto perchè la pace possa venire e la malattia possa andarsene. Così, poiché siamo esseri smemorati, pensiamo in questo modo e porgiamo il nostro saluto alle medicine e alla vegetazionedel mondo.
C'è un'altra cosa.
Il Creatore pose su questa Terra la vita alata. Gli uccelli volano sopra le nostre teste, e nel primo mattino cantano le loro canzoni per ricordarci di questa vita. Le loro canzoni ci scuotono le menti, sicché esse non diventeranno solitarie - saranno i nostri compagni. La vita alata fa questo, anche se sono pochi, come noi indiani ora. La vita alata lotta ancora per portare la felicità alla mente dell'umanità. E all' Aquila, che era posta sull' Albero della Pace, chiediamo di custodire il nostro popolo. A tutti loro - sono pochi ora -chiediamo che tutta la nostra gente pensi a questo la prossima volta che sente gli uccelli, e uniremo le nostre menti come fosse una sola e porgeremo il nostro saluto a tutta la vita alata com'è nostro dovere perché la vita possa continuare. Ora dirigiamo la nostra attenzione ai quattro venti. Essi soffiano notte e giorno. Fanno muovere l'aria e in questo modo sostengono la vita. Sono stati creati dal Creatore perché fossero condivisi da tutta la vita. A questi venti che non sono mai mancati - che sono anch'essi ora ostacolati dall'umanità, che non sono più così sani, proprio come noi, che siamo divenuti molto malati; che ancora si sforzano di vivere e compiere i loro doveri. Così chiedo che tutta la gente diriga la propria attenzione allo Spirito e al Potere dei Venti che non si sono mai scostati dalle istruzioni del Creatore di fare il loro dovere a beneficio di tutta al vita. Porgiamo un saluto ai Venti. A tutte le cose del mondo - e ce ne sono molte. Tutta quella Vita ha uno scopo; per tutta quella Vita uniremo le nostre menti come una sola e porgeremo la nostra consapevolezza e il nostro saluto a tutte quelle cose che sono troppo numerose per essere menzionate ora - così sia la nostra mente. E al Cielo. Il Creatore ha dato il Sole del Giorno. Esso sarà il nostro Fratello Maggiore, e guarderà su di noi, sorelle e fratelli minori. Brillerà di luce perché possiamo vedere mentre camminiamo su questa Madre Terra; perché possiamo vederci l'un l'altro, cosicché vedremo la comunanza reciproca. Con il suo calore, la Terra non gelerà, con il suo calore e potere le cose cresceranno. Così al nostro Fratello Maggiore, il sole che brilla oggi, il più affidabile che possa esserci, offriremo il nostro saluto; al nostro Vecchio Fratello Sole che ha seguito le istruzioni del Creatore dal giorno dell'inizio sino ad ora. E speriamo che domani lo vedremo di nuovo. Per questa ragione abbiamo parole di gratitudine e incoraggiamento per il nostro Vecchio Fratello Sole.Alla nostra Nonna Luna, che il Creatore ha posto nel Cielo e che è il capo di tutta la Vita Femminile nel suo ciclo mensile. Il Creatore ha posto nelle sue mani il dovere di guardare che le famiglie degli esseri umani continuino. Quando i no stri bambini nascono e noi li sentiamo piangere per la prima volta, ciò significa che Nonna Luna è ancora forte e ancora condivide il suo potere con noi. Le maree dell'oceano salgono e calano, i giardini della Terra producono cibo - sono le azioni di Nonna Luna. E così siamo in grado di vivere. Lasciamo dunque che le nostre menti siano una sola e porgiamo il saluto e il ringraziamento a Nonna Luna, la donna capo della Terra. E anche alle forze invisibili della Terra. Il Creatore ha posto questi esseri e ha dato loro il potere affinché possano guardare su di noi e portare messaggi a tutte le potenze e al Creatore per riferire come vanno le cose. A questi esseri spirituali porgiamo il saluto e il ringraziamento ora. Ora al nostro Creatore, l'Artefice di tutto il Mondo. All'inizio del Tempo, quando il mondo era nuovo e Egli ci fece, disse ai nostri antenati - i primi antenati: ho fatto tutto quello di cui avete bisogno sulla Terra. Queste cose vi porteranno Pace, e Vita - che sarà continua. In cambio vi do una semplice istruzione: che siate grati per tutto quello che usate. Mentre camminate sulla Terra, di ogni forma di vita che vedete, prenderete coscienza con gratitudine. Sarete sempre grati. Così è che il popolo indiano delle Americhe continua le sue cerimonie che esprimono gratitudine e coscienza dell'interdipendenza di tutte le cose della natura - che ci sono necessarie per vivere di giorno in giorno. Pensiamo dunque a queste cose e poniamoci di fronte al nostro Creatore - il Mistero dell'Intero universo, e porgiamo il nostro saluto e ringraziamento.
19
Ti auguro
Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull'orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita.
Elli Michler
20
Noi e la terra siamo una cosa sola
Poesia di Petra, leader nella comunità di Mainit che vive sulle montagne della
Cordillera, sopra la città di Bontoc, nel nord delle Filippine.
Se la terra potesse parlare,
parlerebbe per noi.
Come noi direbbe che gli anni
hanno forgiato il legame vitale che ci unisce.
È il lavoro che ha reso la terra
quello che essa ora è
è la terra che ci ha dato la vita.
Noi e la terra siamo una cosa sola.
Ma chi ci ascolterà?
Ci ascolteranno
quegli uomini invisibili
che nella loro insensibilità
sostengono che la terra gli appartiene?
Perché dei pezzi di carta dicono così,
perché i pezzi di carta
hanno l’appoggio
di uomini che pronunciano parole di minaccia;
uomini che hanno il potere
di sparare e di uccidere,
uomini che hanno il potere
di portar via i nostri uomini e i nostri figli?
Se la terra potesse parlare!
Parlerebbe per noi!
Perché la terra siamo noi!
E noi parliamo!
Ma chi ci ascolterà?
21
Le cose di ogni giorno raccontano segreti
a chi le sa guardare ed ascoltare.
Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l'albero
per fare l'albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole un fiore
ci vuole un fiore, ci vuole un fiore,
per fare un tavolo ci vuole un fio-o-re.
Per fare un fiore ci vuole un ramo
per fare il ramo ci vuole l'albero
per fare l'albero ci vuole il bosco
per fare il bosco ci vuole il monte
per fare il monte ci vuol la terra
per far la terra vi Vuole un fiore
per fare tutto ci vuole un fio-r-e
Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l'albero
per fare l'albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole il fiore
ci vuole il fiore, ci vuole il fiore,
per fare tutto ci vuole un fio-o-re.
Le cose di ogni giorno raccontano segreti
a chi le sa guardare ed ascoltare...
22
Noi ce la faremo
Noi ce la faremo (2 volte)
noi ce la faremo un dì
oh,oh,oh! dal profondo del cuor
nasce la mia certezza
che noi ce la faremo un dì.
Bianco e nero insieme (2 volte)
bianco e nero insieme un dì
oh, oh, oh dal profondo del cuor
…………
Non aver paura (2volte)
non aver paura mai
oh, oh, oh dal profondo del cuor
……
Per un mondo più giusto (2 volte)
per un mondo più giusto un dì
oh, oh, oh dal profondo del cuor
…..….
Noi ce la faremo (2 volte)
noi ce la faremo un dì
oh,oh,oh dal profondo del cuor
nasce la mia certezza
che noi ce la faremo un dì.
per un mondo più giusto un dì
oh, oh, oh dal profondo del cuor
…..….
Noi ce la faremo (2 volte)
noi ce la faremo un dì
oh,oh,oh dal profondo del cuor
nasce la mia certezza
che noi ce la faremo un dì.
23
L’isola che non c’è
Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all’isola che non c’è
Forse questo ti sembrerà strano
Ma la ragione ti ha un po’ preso la mano
Ed ora sei quasi convinto che
Non può esistere un’isola che non c’è
E a pensarci che pazzia
E’ una favola è solo fantasia
E chi è saggio chi è maturo lo sa
Non può esistere nella realtà
Son d’accordo con voi
Non esiste una terra
Dove non ci son santi né eroi
E se non ci son ladri
Se non c’è mai la guerra
Forse è proprio l’isola che non c’è
Che non c’è
E non è un’invenzione
E neanche un gioco di parole
Se ci credi ti basta perché
Porta all’isola che non c’è
(Assolo)
Son d’accordo con voi
Niente ladri né gendarmi
Ma che razza di isola è
Niente odio né violenza
Né soldati né armi
Forse è proprio l’isola che non c’è
Che non c’è
Seconda stella destra a destra
Questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Non ti puoi sbagliare perché
Porta all’isola che non c’è
E ti prendono in giro
Se continui a cercarla
Ma non darti per vinto perché
Chi ci ha già rinunciato
E ti ride alle spalle
Forse è ancora più pazzo di te
Eppure il vento soffia ancora
E l'acqua si riempie di schiuma, il cielo di fumi
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
uccelli che volano a stento, ammalati di morte,
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte.
Un'isola intera ha trovato nel mare una tomba
il falso progresso ha voluto trovare una bomba,
poi la pioggia che toglie la sete
alla terra che è viva
ed invece le porta la morte, perché è radiattiva
EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA
SPRUZZA L'ACQUA
ALLE NAVI SULLA PRORA,
E SUSSURRA CANZONI FRA LE-FOGLIE,
BACIA I FIORI
LI BACIA E NON LI COGLIE.
Un giorno il denaro ha scoperto
la guerra mondiale,
ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale,
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario:
tutta la terra è avvolta in un nero sudario.
E presto la chiave nascosta di nuovi segreti
così copriranno di fango perfino i pianeti,
vorranno inquinare le stelle, la guerra fra i soli;
i crimini contro la vita li chiamano errori.
EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA
SPRUZZA L'ACQUA
ALLE NAVI SULLA PRORA
SUSSURRA CANZONI FRA LE FOGLIE,
BACIA I FIORI,
LI BACIA E NON LI COGLIE.
Eppure sfiora le campagne,
Accarezza sui fianchi le montagne,
Scompiglia le donne fra i capelli,
Corre a gara in volo con gli uccelli.
EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA!
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