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venerdì 25 marzo 2011

Mondo operaio e Cristianesimo di base





Clicca sulla foto di copertina per leggere la scheda editoriale e le prime pagine.







Il libro verrà presentato lunedi 18 aprile 2011, alle ore 17, alle Baracche verdi in via degli Aceri n.1(traversa di via Torcicoda).



Interventi di:



Bruna Bocchini Camaiani, docente di storia del Cristianesimo e delle Chiese all'Università di Firenze;



Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil;



Silvano Miniati, consigliere Cnel, vicepresidente della Fondazione Bruno Buozzi.



Introduce e coordina Paola Ricciardi, Archivio storico della Comunità dell'Isolotto.

Commenti:


La bravura di Christian De Vito. Via via che leggevo cpv per cpv, pagina per pagina, capitolo per capitolo mi si materializzava davanti agli occhi la realtà nella quale ho vissuto senza poterne avere la visione d'insieme: come davanti a un bel quadro impressionista che parte da uno zoom estremo dei singoli colpi di pennello per arrivare piano piano a successive visioni d'insieme che si unificano finalmente nell'unico quadro comprensivo di figure e paesaggio. Come una manciata di perline sparse sulla tavola via via infilate nel filo rosso che le trasforma in collana. E Christian grande artista professionale che le individua con acume appunto professionale, disponendole in successione temporale e logica così da farne venir fuori il quadro d'autore o il pezzo d'oreficeria. Complimenti. Mi son visto da fuori; una vera emozione. Gagarin che vede la terra dalla navicella spaziale, Amstrong dalla luna. E Sergio artista del pennello e costruttore di perline. L'Archivista-artista del piccolo universo isolottiano. Da Biblioteca Nazionale. La lunga prefazione di Enzo opera un altro effetto ottico: come un inchiostro simpatico fa emergere dal sottofondo del racconto di Christian "l'abbraccio dei secoli" intorno a questo istante di storia nostra in modo da renderlo anch'esso "secolare"; un cofano protettivo. Domenico Maselli ha messo un bel fiocco intrecciato con passione a questo cofanetto che custodisce "uno dei tentativi meglio riusciti di cristianesimo laico nella storia dell'età contemporanea". Alessio Gramolati ha sigillato fiocco e cofanetto col timbro editoriale: "questa non è una storia astratta e generale, ma la storia delle storie, dei volti e dei luoghi, delle persone. La contaminazione delle vite, dei problemi e delle idee è l'innesco decisivo, il tratto costitutivo e duraturo di questa storia".


Urbano Cipriani


Caro Urbano,

condivido davvero il tuo bel commento. Anch'io rileggendo ora d'un fiato il libro in vista della presentazione comprendo ancora meglio il valore di questo lavoro, che già avevo colto quando il testo ci è stato presentato per la prima volta alcuni mesi fa. Un valore aggiunto, rispetto alla ricerca in sè e per sè e agli elementi di conoscenza che porta sull'argomento specifico e sulla vicenda della Comunità, trovo che stia nel "racconto", nella capacità di fare sintesi (cosa difficilissima), di restituire la visione d'insieme di cui parli, ma avendo presente la complessità delle vicende umane, delle relazioni, delle storie che fanno parte della storia più grande che abbiamo vissuto e che è rappresentata nel nostro archivio. Un altro aspetto molto importante trovo che sia la capacità di cogliere nel nostro microcosmo gli elementi di cambiamento del rapporto tra mondo cattolico e mondo operaio, e anche l'attenzione (che poi si lega ai temi affrontati da Enzo nell'introduzione) per l'evoluzione del nostro modo di essere "comunità" e per il modo in cui è stata vissuta l'esperienza comunitaria nei diversi periodi affrontati. Questo è un aspetto centrale della riflessione proposta da Christian e, se non ricordo male, il titolo inizialmente da lui proposto era "Il lavoro della comunità, ecc..".

Risultava certo di difficile comprensione, ma si trattava probabilmente di un tentativo per dare maggiore risalto a questo aspetto.


Paola Ricciardi

giovedì 17 marzo 2011

Africa alla rovescia

Assemblea domenicale 20 marzo 2011

Il Mediterraneo culla ancestrale di tante utopie che hanno cambiato il mondo: questo il tema dell’incontro che si svolgerà alle "baracche" dell’Isolotto via Aceri 1 Firenze, domenica prossima 20 marzo ore 10,30, con la partecipazione di Mamadou Ly , storico, autore di "Mille e un Islam" e " Africa alla rovescia", il quale ci aiuterà ad approfondire e contestualizzare gli avvenimenti del nord-Africa, in particolare Libia, Egitto, Tunisia, che ci coinvolgono direttamente insieme a tutta l’area del Mediterraneo.
Una riflessione su ciò che sta avvenendo ci può aiutare a capire cosa possiamo fare noi per non essere solo spettatori passivi.
La Comunità dell'Isolotto

lunedì 14 marzo 2011

IL GESÙ «STORICO» E LE VERITÀ DELLA CHIESA


Rivela un affanno il nuovo libro su Gesù con cui papa Ratziger si adopera a mostrare e dimostrare la storicità di Cristo e in particolare della morte-resurrezione di lui. Lo ammette chiaramente quando scrive: “la barca della Chiesa … spesso si ha l'impressione che debba affondare”. Ed ecco l’importanza della realtà pienamente divina e pienamente umana del Salvatore Gesù.
E’ Gesù Cristo l’unico salvatore e la chiave della salvezza universale. Ed è la Chiesa cattolica governata dal papa e dai vescovi uniti al papa la custode unica e universale per tutti i secoli della chiave affidatale da Gesù. Tutta la ricerca umana di senso della vita e di salvezza materiale e morale sarebbe completamente inutile senza il Dio che si fa uomo e offre in sacrificio la sua vita.
Sono due millenni che queste “verità”, questi assoluti, vengono ripetuti identici, declinati in codici espressivi diversi tradotti in tutte le lingue del mondo ma sempre nella sostanza uguali a se stessi: è Gesù l’unico salvatore universale attraverso il suo sacrificio perenne.
Di fatto del Gesù storico non si sa quasi nulla. Ormai è un dato acquisito nella teologia biblica non servile. I Vangeli non sono la storia di Gesù ma la riflessione teologica in forme narrative o rituali delle comunità cristiane del primo secolo in ambiente pagano. Inoltre è accertato ormai che le più antiche testimonianze scritte non sono i Vangeli canonici. Sono le tradizioni dei cosiddetti “loghia”, cioè dei “detti” di Gesù. Che prima sono stati tramandati oralmente nell’ambiente palestinese e poi sono stati inseriti nei Vangeli. Quei “detti” di Gesù sono “il Vangelo prima dei Vangeli”. Poi il Vangelo dei detti di Gesù è andato perso perché gli scribi smisero di farne copie in conseguenza della fissazione autoritativa del canone. Oggi si direbbe sbrigativamente che ha subito una censura. E’ stato recuperato o riscoperto nel 1838, attraverso un delicato lavoro di filologia, incastonato nei Vangeli canonici. E’ stato pubblicato solo nel 2007 in italiano dalla Queriniana in un volume a cura di un grande specialista, James M. Robinson: I detti di Gesù. Questo ritardo di quasi due secoli la dice lunga sulle resistenze poste dall’autorità ecclesiastica alla pubblicazione di un testo storico che mette in crisi le certezze dogmatiche. Perché è importante questo “Proto-Vangelo”? Perché l’immagine di Gesù che se ne ricava è molto diversa da quella fissata nelle narrazioni canoniche dei Vangeli. E soprattutto è diversa l’immagine che si ricava del cristianesimo nascente. Non ci sono che nel sottofondo racconti di miracoli e soprattutto non c’è notizia dei fatti della nascita, della morte e della resurrezione. Questa assenza di eventi così fondamentali per i Vangeli canonici e poi per il dogma è impressionante. L’accento è posto non sulla persona di Gesù ma sul messaggio e sul movimento messianico di impegno per la realizzazione del “Regno di Dio”. Il quale tradotto in termini moderni si potrebbe definire come movimento per un “mondo nuovo possibile”. Il Gesù del “Proto-Vangelo” è soprattutto un “figlio dell’uomo” che alla lettera può significare “Figlio dell’umanità”, parte di un movimento storico di liberazione radicale. C’è in quel documento solo un’eco flebile del processo di mitizzazione della persona di Gesù che è appena agli inizi e che però presto sfocerà nella divinizzazione. E’ assente l’essere divino-umano, il dio incarnato che si sacrifica per redimere l’umanità peccatrice. Il quale invece sarà poi offerto soprattutto dalla Chiesa di Paolo al mondo pagano avido di sacro e di salvezza mistica.
Ovviamente le persone all’origine di questo Proto-Vangelo, che di bocca in bocca si tramandavano i detti di Gesù, conoscevano la morte di Gesù. Ma per loro la morte del profeta non aveva il significato di sacrificio. Non si sentivano impegnati ad annunciare la morte. “Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i loro morti” – è un’affermazione fondamentale del Proto-Vangelo. Non la morte né il sacrificio né il miracolo aveva cambiato la loro vita. Ma il messaggio culturalmente rivoluzionario di Gesù aveva dato un senso nuovo alla loro esistenza; in quello e non nel miracolo trovavano il senso della resurrezione; quel messaggio e l’esperienza di vita che c’era dietro si sentivano impegnati ad annunciare perché cambiasse la vita di molti e trasformasse radicalmente la società dando vita a un mondo nuovo.
La teologia sacrificale del Cristo che salva in quanto Figlio di Dio morto e risorto verrà dopo, quando il cristianesimo dovrà rivolgersi al mondo pagano. Sarà tale teologia la carta vincente, il fulcro del trionfo della nuova religione. Un trionfo però contestato da persone, anche sinceramente credenti, con senso critico, lungo tutta la storia, dall’antichità fino ad oggi, quale tradimento e devitalizzazione del Dna generativo del movimento di Gesù.
il manifesto, 13 marzo 2011
IL LIBRO DI RATZINGER
IL GESÙ «STORICO» E LE VERITÀ DELLA CHIESA
Enzo Mazzi

giovedì 3 marzo 2011

Simon mago - III









Inferno   



Canto XIX




































































































































































































































































































































































































































































































































































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  O Simon mago, o miseri seguaci




 




che le cose di Dio, che di bontate




 




deon essere spose, e voi rapaci




 




  per oro e per argento avolterate,




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or convien che per voi suoni la tromba,




 




però che ne la terza bolgia state.




 




  Già eravamo, a la seguente tomba,




 




montati de lo scoglio in quella parte




 




ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.




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  O somma sapienza, quanta è l'arte




 




che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,




 




e quanto giusto tua virtù comparte!




 




  Io vidi per le coste e per lo fondo




 




piena la pietra livida di fóri,




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d'un largo tutti e ciascun era tondo.




 




  Non mi parean men ampi né maggiori




 




che que' che son nel mio bel San Giovanni,




 




fatti per loco d'i battezzatori;




 




  l'un de li quali, ancor non è molt'anni,




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rupp'io per un che dentro v'annegava:




 




e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.




 




  Fuor de la bocca a ciascun soperchiava




 




d'un peccator li piedi e de le gambe




 




infino al grosso, e l'altro dentro stava.




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  Le piante erano a tutti accese intrambe;




 




per che sì forte guizzavan le giunte,




 




che spezzate averien ritorte e strambe.




 




  Qual suole il fiammeggiar de le cose unte




 




muoversi pur su per la strema buccia,




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tal era lì dai calcagni a le punte.




 




  «Chi è colui, maestro, che si cruccia




 




guizzando più che li altri suoi consorti»,




 




diss'io, «e cui più roggia fiamma succia?».




 




  Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti




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là giù per quella ripa che più giace,




 




da lui saprai di sé e de' suoi torti».




 




  E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace:




 




tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto




 




dal tuo volere, e sai quel che si tace».




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  Allor venimmo in su l'argine quarto:




 




volgemmo e discendemmo a mano stanca




 




là giù nel fondo foracchiato e arto.




 




  Lo buon maestro ancor de la sua anca




 




non mi dipuose, sì mi giunse al rotto




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di quel che si piangeva con la zanca.




 




  «O qual che se' che 'l di sù tien di sotto,




 




anima trista come pal commessa»,




 




comincia' io a dir, «se puoi, fa motto».




 




  Io stava come 'l frate che confessa




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lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,




 




richiama lui, per che la morte cessa.




 




  Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto,




 




se' tu già costì ritto, Bonifazio?




 




Di parecchi anni mi mentì lo scritto.




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  Se' tu sì tosto di quell'aver sazio




 




per lo qual non temesti tòrre a 'nganno




 




la bella donna, e poi di farne strazio?».




 




  Tal mi fec'io, quai son color che stanno,




 




per non intender ciò ch'è lor risposto,




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quasi scornati, e risponder non sanno.




 




  Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:




 




"Non son colui, non son colui che credi"»;




 




e io rispuosi come a me fu imposto.




 




  Per che lo spirto tutti storse i piedi;




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poi, sospirando e con voce di pianto,




 




mi disse: «Dunque che a me richiedi?




 




  Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,




 




che tu abbi però la ripa corsa,




 




sappi ch'i' fui vestito del gran manto;




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  e veramente fui figliuol de l'orsa,




 




cupido sì per avanzar li orsatti,




 




che sù l'avere e qui me misi in borsa.




 




  Di sotto al capo mio son li altri tratti




 




che precedetter me simoneggiando,




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per le fessure de la pietra piatti.




 




  Là giù cascherò io altresì quando




 




verrà colui ch'i' credea che tu fossi




 




allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.




 




  Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi




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e ch'i' son stato così sottosopra,




 




ch'el non starà piantato coi piè rossi:




 




  ché dopo lui verrà di più laida opra




 




di ver' ponente, un pastor sanza legge,




 




tal che convien che lui e me ricuopra.




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  Novo Iasón sarà, di cui si legge




 




ne' Maccabei; e come a quel fu molle




 




suo re, così fia lui chi Francia regge».




 




  Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,




 




ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:




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«Deh, or mi dì : quanto tesoro volle




 




  Nostro Segnore in prima da san Pietro




 




ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?




 




Certo non chiese se non "Viemmi retro".




 




  Né Pier né li altri tolsero a Matia




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oro od argento, quando fu sortito




 




al loco che perdé l'anima ria.




 




  Però ti sta, ché tu se' ben punito;




 




e guarda ben la mal tolta moneta




 




ch'esser ti fece contra Carlo ardito.




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  E se non fosse ch'ancor lo mi vieta




 




la reverenza delle somme chiavi




 




che tu tenesti ne la vita lieta,




 




  io userei parole ancor più gravi;




 




ché la vostra avarizia il mondo attrista,




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calcando i buoni e sollevando i pravi.




 




  Di voi pastor s'accorse il Vangelista,




 




quando colei che siede sopra l'acque




 




puttaneggiar coi regi a lui fu vista;




 




  quella che con le sette teste nacque,




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e da le diece corna ebbe argomento,




 




fin che virtute al suo marito piacque.




 




  Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento;




 




e che altro è da voi a l'idolatre,




 




se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?




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  Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,




 




non la tua conversion, ma quella dote




 




che da te prese il primo ricco patre!».




 




  E mentr'io li cantava cotai note,




 




o ira o coscienza che 'l mordesse,




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forte spingava con ambo le piote.




 




  I' credo ben ch'al mio duca piacesse,




 




con sì contenta labbia sempre attese




 




lo suon de le parole vere espresse.




 




  Però con ambo le braccia mi prese;




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e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,




 




rimontò per la via onde discese.




 




  Né si stancò d'avermi a sé distretto,




 




sì men portò sovra 'l colmo de l'arco




 




che dal quarto al quinto argine è tragetto.




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  Quivi soavemente spuose il carco,




 




soave per lo scoglio sconcio ed erto




 




che sarebbe a le capre duro varco.




 




  Indi un altro vallon mi fu scoperto.




 



Simon mago - II


La Repubblica Firenze 3 marzo 2011 pag. 1



 



Aiutiamo chi combatte l’omologazione nella Chiesa



 



di Enzo Mazzi



 



Che sta succedendo nella Chiesa fiorentina? Il virus del dissenso creativo la sta contagiando? Non sarebbe la prima volta. Entro con una certa circospezione in un tema molto delicato. Sono consapevole dei rischi di prendere la parola in un mondo, quello ecclesiastico, dove la parola è prima di tutto rivelazione. Non credo però che la Parola di Dio annulli le parole umane. Ritengo anzi che le valorizzi e le ispiri. Anche quelle della denuncia profetica.



Penso che considerazioni come queste abbiano indotto alcuni parroci, don Silvano Nistri sul settimanale cattolico ADISTA, don Fabio Masi su questo giornale, a rompere il silenzio che nascondeva un grande disagio. Non vanno lasciati soli. Meritano rispetto e solidarietà. La scelta di parlare non deve essere stata facile. Se lo hanno fatto è perché hanno avvertito e sofferto il montare di un grande disagio fino al disgusto nelle comunità in mezzo a cui vivono e che animano. Non sono soli. Nella Chiesa italiana e mondiale si stanno moltiplicando i segni e i semi di una nuova stagione di profetismo rinnovatore. E si sta rompendo quella specie di omertà da paura di vescovi, teologi, preti e laici muti e immobili di fronte a un ciclone che scuote le fondamenta dell’istituzione ecclesiastica.



Qualcuno invoca un nuovo Concilio aperto a tutto il Popolo di Dio e non solo ai vescovi. Fermarsi tutti e discutere insieme dell’assetto istituzionale ecclesiastico che dimostra di non reggere più di fronte alle sfide della secolarizzazione.



La monarchia assoluta, questo è l’ordinamento gerarchico, residuo della teocrazia medioevale, non è più in grado di tenere di fronte ai nuovi poteri che s’impongo con una forza che annulla totalmente le armi dell’infallibilità, della scomunica e del giudizio divino con le quali finora la gerarchia ha gestito il suo potere. La scienza, il danaro, l’informazione, la democrazia hanno consentito al potere ecclesiastico di sopravvivere delegando al papa e ai preti la realtà considerata residuale dell’etica e dei valori. Ma è evidente che piano piano tale delega viene erosa e svuotata. Faccio solo un esempio. L’arroccamento disperato sulla difesa della vita dal suo concepimento alla morte naturale non regge più di fronte a una scienza che sposta e assottiglia continuamente il confine fra la morte e la vita, ponendo grandi interrogativi sul senso della naturalità. E l’anima immortale e il peccato originale e l’inferno e il paradiso e l’onnipotenza di dio e l’indissolubilità del matrimonio e l’alterità sacrale del sacerdozio esclusivamente maschile e i mille altri fondamenti dell’etica cattolica sono dogmi che mostrano tutte le loro contraddizioni insanabili di fronte alle consapevolezze nuove. Lo Spirito preme anche oggi per “fare nuove tutte le cose”.



Non che la secolarizzazione sia tutta rose e fiori, anzi. I nuovi poteri hanno aspetti positivi ma hanno in sé anche una potenza distruttiva pari a quelli antichi. Oggi attraverso una martellante insinuazione e propaganda masmediatica passa una cultura omologata ed omologante secondo la quale non è la disobbedienza civile, umana, religiosa a offrire spazi creativi per far crescere la coscienza collettiva ed operare per la fraternità e la giustizia ma è unicamente il piegare il capo che può limitare i conflitti e preservare una permanenza negli spazi del sacro e del potere dove poi ciascuno può portare avanti in forma coperta le proprie piccole particolari diversità e trasgressioni. Le donne che hanno invaso le piazze si sono fatte carico di aprire un varco per tutti noi nel monolite del cosiddetto “pensiero unico”. Ed ora i giovani del Nord Africa stanno scuotendo dalle fondamenta a prezzo di tanto sangue gli assetti dell’autoritarismo che sembravano eterni.



“L’obbedienza non è più una virtù” fu per noi e per molti, persone e movimenti, una conquista pagata di persona e a caro prezzo. Poi venne l’omologazione.



Ormai però questi scandali ecclesiastici, questa debolezza del potere gerarchico, queste immense contraddizioni che si aprono impongono forse di ripartire da quella scelta che fu sconsideratamente chiamata “dissenso” e che invece era e forse è ancora coerenza evangelica di una fede che finalmente si libera dai dogmatismi per radicarsi nell’intimo delle coscienze e nutrirsi di relazioni autentiche.



 



Enzo Mazzi



Simon mago - I


La Repubblica Firenze 26 febbraio 2011 - pagina 1



 



Se la Chiesa si appiattisce sull' opportunità politica



 




  • di don Fabio Masi


  • l' autore è parroco di Santo Stefano a Paterno a Bagno a Ripoli (Firenze)



 



 



Mi è stato chiesto di esprimere la mia opinione sulla situazione che sta vivendo la Chiesa oggi in Italia. Ebbene, debbo dire che questo è un momento di grande sofferenza per chi ama la chiesa e la società. Nel nostro paese succedono cose gravi che colpiscono la vita delle persone e ci si potrebbe aspettare che la Chiesa contribuisse ad aprire orizzonti di speranza; invece arrivano di continuo notizie di fronte alle quali si resta esterrefatti e avviliti. Faccio alcuni esempi. Nell' inverno dell'anno scorso, nella nostra Comunità parrocchiale, eravamo disperatamente in cerca di alloggi di fortuna per dei Rom che conoscevamo, a cui la ruspa aveva distrutto le baracche in cui abitavano da tempo. Dormivano sotto i ponti da diversi giorni con bambini piccoli e si presentarono a noi, con il volto viola dal freddo. Qualche tempo dopo, mentre si continuava a cercare di risolvere questi problemi senza riuscirci del tutto, giunse la notizia che a Bertolaso, indagato nell' ambito dell' inchiesta per "I grandi eventi", la Congregazione vaticana "Propaganda fide" aveva dato in uso gratuito un quartiere. Come non sentirsi avviliti di fronte a questi fatti? Ci sentimmo offesi e delusi. Nel dicembre scorso abbiamo letto che i nuovi Cardinali sono stati invitati a pranzo nell' Ambasciata italiana, insieme ad alcuni membri del governo per festeggiare la loro nomina. Per festeggiare cosa? La Chiesa ci insegna che il vestito dei cardinali è rosso per significare che devono essere pronti a versare il sangue per amore della Chiesa e dei poveri. Non sono più vere queste cose? In che mondo vivono queste persone? Eppure fra loro ci sono persone di valore! Se proprio intendono festeggiare ci sono le mense della Caritas. Ma non c' è nessuno che racconti loro come va il mondo? Durante il pranzo, il Presidente del Consiglio ha assicurato ai prelati presenti la massima collaborazione sui temi che stanno piùa cuore alla Chiesa e ha garantito che da parte sua non verrà mai nulla contro la Chiesa, mentre è sotto i nostri occhi lo scempio dei diritti della povera gente. Ma ci sono tanti altri avvenimenti che ci turbano e restano senza risposta. Abbiamo saputo che recentemente sono stati sequestrati milioni di euro allo IOR, la Banca vaticana, per violazione delle norme antiriciclaggio. Una questione gravissima. La gente domanda, ha diritto di sapere. E' vero? Siamo in attesa di una risposta. Se non è vero si smentisca con documenti chiari, altrimenti si chieda pubblicamente scusa alla Chiesa e alla società e si cambi impostazione. Ultimamente un Vescovo della Curia vaticana si è messo a cercare il pelo nell' uovo per giustificare la bestemmia del Presidente del Consiglioe dimostrare la liceità di partecipare alla Comunione, pur essendo divorziato. Ci ha riso dietro mezza Italia, molti si chiedevano quali interessi c' erano da difendere con questa dichiarazione. Questa è la situazione. Alcuni sostengono che ormai certi settori della Chiesa gerarchica hanno rinunciato alla dimensione profetica per appiattirsi su motivi di opportunità politica ed economica. Anch' io lo penso,è una vecchia tentazione. Ilario di Poitiers, uno scrittore cristiano morto nel 367, mette in guardia i cristiani in questo modo: " Ora combattiamo contro un nemico insidioso, un nemico che ci lusinga... non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni ma ci arricchisce; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci percuote ai fianchi, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l' anima con il denaro, l' onore, il potere ". Credo che la Chiesa, in Occidente, sia ancora in questa condizione e non da oggi. Io lo so che la Curia vaticana ha un forte impatto sull' opinione pubblica al punto che quando si dice "chiesa" spesso si pensa a loro e basta. Ma "chiesa" non è soltanto la Curia vaticana e nelle chiese locali ci sono tante persone, vescovi, laici e preti che testimoniano con passione la loro fede. Mi auguro che alzino la voce anche loro.