Comunità
dell’Isolotto
Domenica 21 ottobre
2012
L’OLTRE
nomi – pensieri – riflessioni – immagini
Riflessioni del gruppo
Tina, Paola, Adriana, Luciana, Carmen
a un anno dalla morte di
Enzo
IL FUTURO HA UN CUORE
ANTICO
Iniziamo rileggendo
questo testo del vangelo di Luca.
Non sappiamo
veramente chi era Luca e quale sia stato l’obbiettivo di questa sua narrazione:
celebrare un mito? Rassicurare i dubbiosi?
A noi piace
cogliere la dimensione della tenerezza e
dell’affetto delle donne che vanno a salutare una persona cara che è morta
, il messaggio di una entità che le invita a riflettere sull’assenza di Gesù, la
incredulità dei tanti che avevano grandi attese e progetti sulla sua persona e
che non erano capaci di cogliere il valore di intuizioni e sentimenti ……la
scoperta che le relazioni, l’amicizia, la condivisione di
un cammino (il
camminare insieme) la particolarità di gesti generosi e di dono gratuito
permisero a due discepoli di riconoscere ed annunciare “ la sua resurrezione”
cioè l’oltre la morte.
Dal vangelo di Luca
Il primo giorno dopo il sabato, di buon
mattino,alcune donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che
avevano preparato. Trovarono la pietra
rotolata via dal sepolcro; ma,
entrate, non trovarono il corpo di Gesù. Mentre
erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti
sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo
chinato il volto a terra, essi dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui
che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi
come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo
che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori,
che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono
delle sue parole.
Tornate dal sepolcro, annunziarono tutto
questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano
Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme
lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento
e non credettero ad esse.
Pietro tuttavia corse al sepolcro e
chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto.
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro
erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme,
di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era
accaduto. Mentre discorrevano e discutevano
insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di
riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che sono questi
discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? ”. Si fermarono, col
volto triste; uno di loro, di nome Clèofa, gli disse:
“Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto
in questi giorni? ”. Domandò: “Che cosa? ”. Gli
risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in
opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi
lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare
Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono
accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno
sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e
non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una
visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro
e hanno trovato come aveva detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. …………….
Quando furono vicini al villaggio dove
erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi
perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere
con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il
pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo
riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed
essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre
conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”. E partirono senz’indugio e fecero
ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano
con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è
risorto ed è apparso a Simone”. Essi poi
riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto
nello spezzare il pane.
"LA SOPPRESSIONE DELLA
MORTE"
NEL
CANONE BUDDISTA”
Cercando
ancora ed ancora l'esistenza,* gli esseri
tornano
e ritornano nella matrice;
Gli
esseri vanno e vengono, *ad una tappa dell'esistenza
ne
succede un'altra.
Il
saggio con la vigilanza, la virtù e la purezza
costruisce
un'isola,* nessuna marea può sommergerla.
Alzati,
comincia una nuova vita, segui la
Dottrina ,*
calpesta
gli eserciti del Signore della Morte,
come
un elefante che danza su una capanna di fango.
La
vera saggezza pone fine alla nascita e alla morte,*
e
raggiunge la liberazione dal mondo.
Come
le acque del Gange vanno veloci a perdersi nel mare,*
così
il pellegrino del giusto sentiero
arriverà
alla soppressione della morte.
Chi
ha la mente incerta non comprende la santa Legge,*
chi
è incostante nella fede non raggiunge la sapienza.
Il
saggio che possiede la perfetta memoria,
la
diligenza, il discernimento e la comprensione,*
libera
la sua mente da ogni errore.
Lascia
che il tuo pensiero carico di benevolenza percorra l'universo,*
diffondendo
ovunque pensieri d'amore;
*UNDANAVARGA. Testo
del Canone buddhista, facente parte del
Sutta
Piyaka. Scritto in prosa ed in versi, dal libro "La Preghiera Universale ”
di
p. Giovanni Vannucci.
CHIAMATI/E
PER NOME
Il
ricordo e l’intreccio dei vissuti
Nella
città, nel quartiere, nella piazza e qui in queste baracche abbiamo unito mani
e piedi ed abbiamo camminato insieme a
tanti/e, donne e uomini di buona volontà.
Ogni
persona ha arricchito ciascuna/o di noi con la sua identità,i suoi pregi ed i
suoi limiti e ciò ha creato affettività,
relazioni, comunità.
Ci
piace oggi ricordare le/gli assenti a partire proprio dalle relazioni e dagli
affetti: abbiamo pensato che un modo per farlo è chiamarle/i per nome
Chiamare
per nome per dare significato alle
identità e specificità personali, per mantenere una comunicazione di affetti e
sentimenti che ci hanno accompagnato e che vogliamo rendere vivi e presenti
questa mattina
Oda (Mazzocchi)– Meo( Bellosi) – Anita – Renato( Macinai) –
Vittorio ( Tabacchini) – Benedetta( Liberio) – Michele ( Della corte)
Assuntina – Orlando( Rocchi) – Marta ( Leoni)– Gianpaolo ( Taurini)
Giuseppina ( Fallai) – Angiolina ( Pistolesi)
– Raffaello –
Sergio ( Prati)
– Sergio ( Rusich) –Mario
(Vezzani)
Pasquale
(Pasca) Amelia ( Vichi) – Clara ( Pistolesi) –Maria ( Ricciardi)
Nella ( Ristori) – Umberto ( Ristori)
– Rina – Tosca (Magni) –
Lucia ( Giannoni)
- Piero – Luigi ( Cipani) –
Elettra – Franco (Vannini)
Angelo ( Mennitto) Oliviero ( Cardinali)
Questi sono
alcuni dei nomi che ricordiamo, ciascuno può aggiungere ed arricchire la lista
dei ricordi
LE
IMMAGINI
Vogliamo
ricordare le persone con le loro caratteristiche ed identità, ma non vogliamo
fare una memoria come celebrazione e culto della personalità: dunque la memoria
di Enzo e di ciascuno ha secondo noi un significato se collocata in questo
contesto di relazioni, affetti, ricerca e impegno comune
Abbiamo
scelto delle immagini che ci accompagnino in questo ricordo e che ci
permettano di riconoscere la singola
persona come presenza viva nel cerchio della comunità
Le
faremo scorrere lentamente mentre leggiamo le parole e i messaggi che ci hanno
lasciato.
Link immagini pubblicate su Flikr.
LE
PAROLE, I MESSAGGI : COLTIVARE IL SOGNO, L’UTOPIA
I testi che leggeremo
sono una raccolta da notiziari ed altri materiali del nostro archivio
La memoria sociale tiene unita la nostra identità
collettiva.
La memoria del vivere sociale ha una grande vitalità
generativa: produce identità collettiva, tesse la trama del tessuto relazionale
della città, crea di continuo comunità solidali e ostacola i germi distruttivi
della frantumazione egoistica. E' la vitalità propria del seme: può restare a
lungo apparentemente inattiva, a causa di contingenze storiche che ne
impediscono lo sviluppo o la visibilità, ma è sempre pronta a esplodere in
nuove fioriture, e inoltre, come avviene nei pollini,
è racchiusa in forme piccole e leggerissime che possono essere trasportate
lontano dal vento…..
E’ una convinzione che ci deriva dall’esperienza di vita.
Non dalle mappe dei navigatori culturali offerte dalla storiografia tuttora
dominante, le quali sono per lo più devianti perché indirizzano solo sulle
autostrade dei grandi eventi, delle individulità emergenti, dei fasti e nefasti
del potere, mentre sono cieche sugli intrecci sotterranei dove si muovono le
grandi masse dei senza potere. Non vedono quegli intrecci di relazioni che
tessono di continuo la trama sociale del vivere: fatti distanti fra loro anche
secoli creano sintonie incredibilmente
profonde fra persone, messaggi, esperienze, che magari non si sono mai
fisicamente incontrate. Il vivere sociale nella strada, nella piazza, nel
lavoro, nella famiglia, negli stessi luoghi della segregazione, è la mappa che
ci consente di vedere la struttura profonda dell’interrelazione che cavalca i
secoli e produce e riproduce ininterrottamente valori di comunità aperta oltre
i confini…
La frontiera
della memoria sembra essere rimasta l'unica capace di contrastare la
marcia del sistema di dominio neo-liberista.Per questo salvaguardare la
memoria, spogliarla dalla ritualità necrofila, attualizzarla, è uno dei compiti
più urgenti di chi vede un futuro per l'umanesimo sociale, per la solidarietà
planetaria, per la società dei diritti di tutti/e a partire dai diritti
sociali, per l’etica comunitaria aperta oltre i confini……………………..
Una memoria unitaria genera e arricchisce continuamente
la nostra identità sociale.
Non voglio dire che gli ideali di "comunità umana
oltre i confini" nascano solo dalla memoria. Forse sono radicati nel cuore
stesso della persona umana, nel Dna costitutivo della specie. "Noi
rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra
umanità e dimenticate tutto il resto": così chiude il Messaggio
di Einstein all'umanità, del gennaio 1955. Il grande scienziato credeva nella
radice di amore universale posta nel cuore stesso dell'umanità. E ci
credeva Ernesto Balducci, che lo cita nel suo libro L'uomo planetario (ECP,
1990), con il seguente commento: "Si tratta del capovolgimento puro e
semplice dell'umanesimo di cui siamo figli ...sulla soglia dell'età
planetaria il soggetto umano è chiamato a dilatare se stesso soprattutto
attraverso i sentieri della memoria...ponendosi a servizio della vita, l'uomo
si fa più vero...e trova il senso primo di sé nel trascendere se stesso per
mettersi a servizio dell'umanità come specie e della specie come umanità...Il
nuovo umanesimo nasce proprio dalla necessità di questa transizione".
Questo nuovo umanesimo, che definirei come "sociale" (mettendo nel
conto che ogni appellativo è equivoco), non s'identifica con nessuna ideologia
e non è esaurito da alcun programma politico né etica religiosa. ………………….Significa
piuttosto un insieme immane di frammenti di memoria che si riconoscono tutti in
un grande orientamento di umanizzazione sociale. Le mille e mille memorie
particolari non sono separate e disgregate ma formano una identità: l'identità
appunto dell'umanesimo sociale. Ogni più piccolo frammento di memoria, in
questa visione unitaria, ha un suo valore, sia che appartenga a un personaggio
famoso o a un movimento di grande portata, quale ad esempio il movimento
operaio, sia alla persona meno nota. E ogni frammento deve essere accuratamente
preservato senza gerarchie d'importanza…………………..Ogni frammento deve
riconoscersi come tale perché nessuno "possiede" la memoria complessiva.
E riconoscendosi come frammento può intrecciarsi con gli altri e al contempo
sentirsi valorizzato.
EMMA
Ho imparato nella
comunità a leggere la Bibbia.
La lettura apre gli
occhi ai ciechi. Oggi, quando io parlo, faccio continui riferimenti ai passi
della Bibbia. È l'effetto della lettura che si è fatta e si fa in comune qui
all' Isolotto.
Una volta io potevo
anche andare in chiesa. Il parroco ci invitava alla lettura e al commento della
Bibbia. Leggeva e commentava lui. Io pensavo: ma noi dobbiamo andare in chiesa
solo per ascoltare? Ma i preti e i vescovi la gente non l'ascoltano mai?
Io voglio citare un
esempio: so che il vescovo di Firenze si è incontrato con quattro giovani
venuti dall'America centrale. Volevano parlare con lui della situazione dei
loro paesi.
In quattro e
quattr'otto li congedò senza farli neppure parlare.
Disse loro: "So
tutto, sono informato".
Io avrei voluto
dirgli che la realtà di quei paesi lui
l'avrà sentita dalle relazioni del clero e dei vescovi.
Ma corrisponderà
veramente a quella popolare?
NUNZIA
Io
non so leggere e scrivere. Parlo come so parlare. Mi vengono in mente tante
cose. Anche sui vescovi che invece di insegnare la verità della vita vogliono
tenere il popolo nell'ignoranza.
A
me non tornano i paroloni. Io cerco le parole semplici: sincerità, amore
reciproco, rispetto della natura, umanità, essere vicino a chi soffre e ha
grandi problemi a tirar su la famiglia.
Io
ho Cristo in me e ci parlo, me lo vedo , non sul seggiolone, ma in un prato, in
un luogo qualsiasi alla pari di noi……….
Col
vescovo Piovanelli, quando venne alle baracche, ho ragionato volentieri di cose
passate che servono per il presente e anche per il futuro. Gli ho parlato di
mio padre. Ho riflettuto sulla mia vita.
Era genitore di nove figlioli. L'hanno tenuto
nell'ignoranza.
Si credeva, frequentando la chiesa, di
conoscere di più. Abbiamo patito la fame, la miseria e mio padre quei due soldi
che aveva li dava al prete per le messe.
Egli sentiva la voce
del prete cadere dall'alto.
Ma la provvidenza non
è nei miracoli: è nel lavoro.
Il prete non ci
insegnava nulla, non ci aiutava ad aprire gli occhi.
Il prete ci ha tenuti nel buio e la nostra
vita è stata buio.
Anche mio padre avrebbe avuto bisogno di una
comunità...Io ho capito di più in questi ultimi vent'anni che in tutta la mia
vita passata.
RENATO
È, a nostro avviso,
fuori dubbio la buona riuscita del Seminario delle Cdb a Livorno dell' 11/13
novembre di quest'anno………
C’è stata la possibilità di interventi
improntati alla semplicità, alla varietà e senza il consueto affanno. La
discussione è risultata così più ricca e partecipata. La ricerca di contenuti
adatti ad affrontare i problemi di una società come quella attuale, scadente in
fatto di prospettive, soprattutto schiacciata e soffocata da intransigenti
sistemi di potere, nazionali e mondiali, ha trovato largo interesse nei
partecipanti ed ha appassionato la discussione, così pure nella ricerca del
modo di come comportarci con tutta quella parte del mondo cristiano, specie
quello non inglobato nelle certezze istituzionali.
Non è scaturito un
progetto di Chiesa e di società tutto nostro, ma piuttosto la necessità proprio
di non avere tale progetto. Non sono scaturite direttive precise su ciò che si
deve fare; non c'è stata enunciazione di schemi rigidi e programmati.
Tutto ciò, a nostro
avviso, è stato altamente positivo. Altrettanto positivo l'esigenza di avere e
di dare solo degli orientamenti, la necessità di scoprire e di cogliere alcuni
segni per la ricerca di un bene comune e il bisogno di un'attenta vigilanza nel
ricercare la strada da percorrere.
ANITA
Volevo dire una cosa. Noi si è parlato troppo poco del nostro passato.
Perché i fascisti sono venuti con le catene a mandarci via dalla chiesa nel
1968? È vero! Buttati fuori dalla chiesa con le catene dai fascisti e poi
portati in tribunale dal vescovo.
Erano proprio qualche decina di fascisti, una squadraccia ben
riconoscibile e organizzata, volti noti, con catene e spranghe, che
proteggevano il prete mandato dal vescovo a dire la messa al posto dei nostri
preti. Una firma, una presenza per non consegnare la chiesa ai fascisti che si
stavano riorganizzando, in quel tempo poco prima delle bombe di Piazza fontana,
e ci hanno portato in tribunale. Quasi mille persone in tribunale: gente umile,
la più umile. Come facciamo ad avere fiducia nella Chiesa? Per me la Chiesa è finita. Si parla
di riconciliazione? Con una Chiesa che usa i fascisti per provocare il popolo
cristiano e mandarlo in tribunale?
Cose passate? No affatto! Prima ci scomunicano perché siamo comunisti;
poi finalmente si trova ora la parrocchia che ci accoglie senza guardare in
faccia alla tessera del partito e allora ci buttano fuori insieme al parroco e
ci mandano in tribunale!
Da 15 anni nessuno è venuto qui, in questa piazza,
a dirci parole di riconciliazione. Nessuno ci ha cercato. E allora?
VITTORIO
A me fa piacere questo incontro anche perché sono uno dei
cosiddetti "vecchi". Frequento anche altre esperienze poiché sono un
individuo sempre irrequieto alla ricerca della verità.
Nella mia esperienza ho assistito a tante contraddizioni.
Ho dovuto fare la guerra voluta dal fascismo. Ho visto tante tragedie avallate
da una Chiesa istituzionale che oggi rappresentano la vergogna dell'umanità.
Mi sono sentito in dovere di riscattare questo nome:
"cattolico", perché cattolicesimo vuol dire universalità,
uguaglianza, amore.
Questi sono gli stessi contenuti che Cristo ci ha
insegnato………. Il Popolo di Dio non è una fregatura, è una realtà; non è quello
che dice Signore Signore, ma quello che fa la volontà, quello che dà dei
risultati positivi e dà la testimonianza pratica della fede. In questi valori
mi riconosco attraverso la mia esperienza a tutti i livelli, anche nell'impegno
politico, come operaio, comunista (nel senso del dividere con gli altri).
L'autorità, che ha tutto il potere nella Chiesa, ha creato la politica del
dualismo, della non compatibilità fra queste componenti della persona:
l'esperienza di cristiano e l'esperienza di comunista.
Invece, la vera incompatibilità credo sia fra il
riempirsi la bocca di belle parole di amore e il praticare l'amore nella
realtà.
Credo che la Chiesa che noi vogliamo
debba andare verso questo tipo di ricerca: andare incontro a Cristo con i
fatti, non con le parole.
MICHELE DALLA CORTE
Sono un docente
universitario, ho passato la mia vita attiva nella ricerca. Mi occupo di fisica
nucleare. Sono cattolico, di quel cattolicesimo imposto. All'età della ragione,
però, la scienza e quel tipo di religione non andavano d'accordo, quindi per me
il fatto di fede divenne un fatto chiuso. Restava nel mio intimo il mistero
della figura di Cristo. Questo mi ha sempre affascinato, ma ho passato degli
anni rimuginando in me queste cose senza nessun tipo di comunicazione con il
prossimo. Finalmente un giorno uno dei miei figli mi disse: "Babbo, perché
non vai all'Isolotto?. Eravamo nel 68 e da allora io ho seguito la Comunità.
Ho capito che l'amore
cristiano può essere praticato tutti i giorni, che non è una norma astratta, è
una cosa concreta. Ho sentito il caldo della collettività. In genere parlo
poco, mi sento un ultimo; ho soprattutto da imparare dal popolo.
Ho vissuto in un
ambiente che era lontano dalla vita pratica: si legge il giornale, si
commentano i fatti, però il pensiero della gente non si conosce: non c'è
comunicazione con la gente. Qui l'ho imparato, ho fatto veramente una
esperienza di fede, ho ritrovato una mia fede, che è fede in Cristo visto negli
occhi del prossimo. Per me questo è importante.
RINA
E' molto poco che
faccio parte della Comunità. In questa grande famiglia, io l'ho definita
proprio così, ho trovato una grande pace. Sono stata a Torino al Convegno delle
Comunità di base. Là sì chi era meraviglioso. Tutto ciò che ho visto e sentito
mi ha attratto fortemente, e vorrei avvicinare tutte le comunità di base che
ancora non conosco.
MARIA PIA
Da
quando abbiamo saputo l'argomento del prossimo Convegno delle CDB, …….abbiamo
cominciato a cercare di capire le diverse applicazioni alle quali si presta,
nel linguaggio di oggi, la parola "laicità".
Non è facile, dopo
una vita durante la quale hai dato alla parola laicità un certo significato,
tutto a un tratto abituarti a pensare "laicità" in termini diversi,
più ampi e complessi.
Io, per esempio, ho
sempre creduto di essere una persona abbastanza libera, democratica, critica e
contraria ai dogmatismi.
Sapevo di essere
laica perché non mi uniformavo alla Chiesa cattolica.
Oggi, invece, scopro che sono laica perché ho
un atteggiamento critico e distaccato non solo verso il cattolicesimo ma verso
molti altri aspetti della vita come il consumismo,la moda,i mass-media,i
partiti, ecc.
ODA
DONNA...!!!
Da poco tempo è
sfornata la legge sull'aborto:
per l'obbiettore è
ancora scottante,
l'episcopato è
indignato e contorto,
per la donna è legge
liberante.
L'uomo ti cerca, ti
vuole, ti brama,
con desiderio, tu
gioia infinita.
Non è di ferro ma
taglia la sua lama:
suo possesso lui ti
ha concepita.
Sei madre, moglie,
sorella e figlia.
Attorno a te s'è
ordito un gran filato:
come a baco da seta
si assomiglia...
Non sia più adesso
come nel passato!
Eri chiamata l'angelo
della casa:
senza le ali e nella
gabbia d'oro:
lavorar, servire i
troppi figli, invasa,
senza rispetto, senza
alcun decoro.
Rompi quel filo, esci
di dentro,
sii gentile, guardinga
e preparata,
spezza quel cerchio,
entra in parlamento!
Il sesso non è pane e
marmellata:
non essere passiva,
non fare la nidiata.
Per liberarti esponi
il tuo bel corpo:
non è peccato se
sciogli quella vita
come nave che si
allontana dal suo porto.
Abortir non è cosa
gradita:
ma meglio un figlio
in meno che un genitore morto!
(composta nel gennaio 1979
per i gruppo femminista
della Comunità)
BENEDETTA
Ero andata a Verona
con una precisa riserva: mi sarei confrontata come femminista, membro di un
collettivo che fa riferimento alla Comunità dell'Isolotto, con le altre donne
che da tutta Italia avrebbero portato le loro esperienze; ma senza farmi
coinvolgere, io non credente, dalle tematiche che ritenevo specifiche ad un
convegno di comunità cristiane.
Il coinvolgimento,
invece, c'è stato: quello vissuto come un grosso momento di crescita
intellettuale, emotiva, esistenziale.
Ho trovato a Verona
la continuità, ideale e concreta, con il patrimonio di protagonismo e di lotte
degli ultimi dodici anni ed insieme il coraggio di ripensarvi criticamente,
rinunziando alle "certezze" dell'ideologia per privilegiare la
ricerca e l'analisi nel vivo della società attuale; una pratica quotidiana di
intervento fra le masse più sfruttate e subalterne, affrontando con loro la
repressione del potere politico e religioso; lo sforzo di darsi strumenti per
capire e non giudicare o esorcizzare la realtà di cui siamo partecipi, con le
sue contraddizioni e i suoi fermenti. Esemplare ho trovato a questo proposito la
relazione di Giulio Girardi sull'autoanalisi di classe, frutto di quattordici
mesi di ricerca con i lavoratori della FIAT, relazione che mi ha fornito
indicazioni preziose per la mia attività complessiva di delegata, di operatrice
sindacale e di madre di un operaio giovane.
Ho verificato- arricchendo la mia visione del
mondo e la mia comprensione degli altri - che anche lo sforzo di demistificare
il linguaggio evangelico traendone l'autentico significato
"rivoluzionario" è lavorare per la liberazione degli oppressi, se si
accompagna alla lotta sul terreno dei loro bisogni.
Lavorare con le
donne, infine, è stato bellissimo. Nelle differenze delle nostre storie
personali, di collettivi, di gruppi, di situazioni territoriali, ci siamo
scoperte un tessuto comune di rabbia e di determinazione a decidere della
nostra vita, a riprenderci la nostra identità globale, i nostri spazi di
libertà e di felicità che il potere ci ha sempre negato.
Un'ultima
osservazione sulla preghiera collettiva che ha concluso il convegno. Credevo
che mi sarei trovata a disagio, in una dimensione "non mia", invece
l'ho vissuta con profonda emozione e partecipazione. Se quel canto
dell'Alleluja esprimeva una gioia di essere insieme in tanti a testimoniare
l'impegno e la volontà di adoperarci a costruire una nuova qualità della vita,
se questo è preghiera, sono ben felice di avere pregato.
GISELDA
Può essere utile
accostare il ricordo dell'alluvione con la memoria mitica che i popoli hanno a
proposito di grandi inondazioni...
Il mito più
conosciuto, su questo argomento, è indubbiamente quello del diluvio universale
descritto dalla Bibbia, ma fra altri antichi popoli si narrano storie di
immense inondazioni... che convergono tutte su una stessa morale: da una
catastrofe può nascere un uomo nuovo con una nuova coscienza, che riflettendo
su i propri errori, dà vita ad una nuova società...
Molto poetica e
significativa, nella sua semplicità, è la leggenda della "Grande
inondazione" che si racconta fra i popoli indiani d'America e della quale
vi leggo il brano conclusivo:
... L' inondazione si
propagò ovunque e solo le cime più alti emergevano ormai alla superficie. Gli
animali cominciarono a discutere sul da farsi. Speravano che piano piano
l'acqua si sarebbe ritirata, ma le loro speranze furono deluse.
- Mi tufferò e
cercherò la terra - disse un giorno la lontra. Altrimenti moriremo tutti qui.
Respirò profondamente
e disparve nell'acqua. E tornò a gialla se non dopo tanto tempo. Quando infine
riemerse, sputando e farfugliando disse:
- Mi dispiace, ma non
sono riuscita a toccare il fondo.
Il luccio si offrì
come volontario e parti; rimase a lungo sotto l'acqua ma non ebbe maggior
successo della lontra.
Poi fu il turno
dell'anitra. Essa si tuffò e andò giù come una pietra. Il viaggio sembrava
interminabile, e stava per tornare indietro scoraggiata quando improvvisamente
toccò il fondo. Raccolse allora quanta terra poteva e tornò rapidamente in
superficie. A dire il vero non poté portare molta terra con le sue zampe
palmate, ma almeno ora conosceva la strada e poteva fare da guida agli altri.
Così, ben presto,
lavorando duramente, gli animali recuperarono zolla per zolla l'intero paese
degli indiani sommerso dall'acqua e tornarono finalmente alle loro case.
Avevano vinto la
grande inondazione...
Questo
racconto mette in evidenza come si possa affrontare le più drammatiche
situazioni quando, superando le differenze culturali e ideologiche che ci
dividono, ci uniamo in uno sforzo comune, mettendo insieme le nostre esperienze
e capacità, sviluppando idee e concetti nuovi per un nuovo domani, per il bene
di tutti
SERGIO PRATI
Approdai a questa piazza in un periodo in cui la comunità
si interrogava se doveva continuare le sue riunioni o riconoscersi esaurita con
il superamento definitivo, da parte di alcuni suoi membri, dal religioso per il
politico e il sociale: l'unico campo in cui, per loro, si può fare qualcosa di
veramente positivo per i poveri e con i poveri.
Fra religioso e
politico parve proporsi una alternativa che si risolveva tutta in favore di quest'ultima.
Ma il maggior numero fu per la continuazione di questa
esperienza e per il mantenimento di questo intreccio fra ispirazione evangelica
e impegno nell'umano. Avevo perduto la fede cattolica tradizionale già prima di
vent'anni. Ma il puro e semplice agnosticismo spesso non è che un vuoto amaro e
disperante.......
Nella comunità non ho ritrovato la fede ma un senso più
motivato e meno individualistico del mio non credere che prima mi mancava e che
forse andavo cercando: una religione povera di trascendenza, un cristianesimo
laico. Oggi io potrei intitolare una mia personale confessione: La mia fede
di non credente. Se fede non è appartarsi nella propria razionalità ma
scoprire una ragione per essere con gli altri e condividere una sorte comune,
la mia è fede………...Il problema è di cercarla nel luogo giusto, sapendo
scegliere i compagni di strada……
NELLA
Io
ho partecipato al Convegno dall'esterno. Intendo dire: poco, perché ero malata.
Mi sarebbe piaciuto ………essere presente nelle commissioni soprattutto per
ascoltare, sentire a che punto siamo arrivati noi dell' Isolotto al confronto
con gli altri e gli altri a confronto con noi. Non è che all' Isolotto siamo
stati più bravi. L' ascoltare le relazioni finali mi ha ricordato che esistono,
nel movimento delle comunità, esperienze altrettanto valide della nostra.
Riguardo
al discorso della laicità io debbo dire chi mi sono sempre sentita libera. Cioè
mi è sempre piaciuto parlare e agire in
libertà, farmi le mie ragioni.
Mi
sono trovata bene all' Isolotto, prima in chiesa e poi in comunità.
Perché
la Chiesa deve
essere democratica e i laici devono contare ed essere interpellati.
AMEDEO BELLOSI
Amici, quello che ci
hanno detto gli operai dell'Amiata ora ci deve fare veramente vergognare,
vergognare a noi italiani ma soprattutto cristiani dell'Isolotto. E' qualcosa
che non so neppure come classificarlo. Fa male, fa male al cuore. Alla gente
onesta fa male. Sapere che degli operai che lavorano nelle condizioni in cui
lavorano gli operai dell'Amiata ad un certo punto son buttati fuori, non hanno
nessuna possibilità, nessuna prospettiva per l'avvenire delle loro famiglie. E
a noi ci hanno chiuso questa chiesa perché volevamo discutere questi problemi.
Io dico questo, anziché andare alla messa come stamattina don Alba ha fatto,
noi siamo ben felici di rimanere in questa Piazza e non andare alla messa
quando non si vuole discutere i problemi degli operai dell'Amiata e di tutti
gli operai d'Italia. Noi siamo ben felici di rimanere qui. Vadano pure gli
altri alla messa. La nostra coscienza è più a posto della loro coscienza.
GIAMPAOLO T
........................l’incontro
di stasera è derivato dalla constatazione di una certa stanchezza che è stata
rilevata nella vita della Comunità dalla chiusura del processo del giugno
scorso fino a ora...... molti hanno rilevato che vi era una mancanza di
partecipazione e soprattutto vi era una assenza abbastanza massiccia di tutte
le persone che negli anni passati avevano più attivamente, con maggiore
costanza, seguito tutta la vita della Comunità....dunque, qual è il discorso,
secondo me? Il discorso è questo: che nella vita della parrocchia, cioè prima
del ’68 tanto per intendersi, la riflessione, il modo di andare avanti, il modo
di lavorare all’interno della parrocchia era quello di trovare….. il passaggio
dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo, però la vita era il centro motore di tutta la nostra problematica. E
quindi lo stimolo che veniva dato era quello di riuscire a trovare all’esterno
della vita della parrocchia, della vita della stessa Chiesa, tutta una serie di
strumenti per riuscire a mettere in pratica un ideale al quale noi
evidentemente credevamo, noi questo ideale lo abbiamo messo in pratica in
maniera molto precisa. Tanto è vero che negli ultimi tre anni nel quartiere
sono nati tutta una serie di organismi ……il terreno della scuola, il terreno
dell’intervento sul territorio a vari livelli e via discorrendo. Questo è un
fatto essenzialmente positivo, un fatto per il quale noi ci siamo battuti, sul
quale noi abbiamo riflettuto prima del ’68….. Ora però l’interrogativo che
dobbiamo porci è questo: la
Comunità , a questo punto, venendogli a mancare, come
obbiettivamente sono venuti a mancare, tutta una serie di terreni, tutta questa serie di
possibilità di intervento, ha ancora possibilità, ha ancora un ruolo
all’interno del quartiere, all’interno della Chiesa, all’interno del mondo
cattolico?..... A mio avviso questo ruolo ce l’ha ancora………. il nostro ruolo di
persone cioè che credono in certi ideali precisi, ideali che derivano dalla
nostra lettura e dalla nostra meditazione del Vangelo…. E quindi noi dobbiamo
riuscire a trovare una collocazione precisa e una serie di azioni precise per
ricominciare quella battaglia contro la Chiesa istituzione che noi avevamo iniziato prima
del ’68, che col ‘68-’69 abbiamo continuato a condurre ma che, in questi ultimi
anni, in questi ultimi mesi, ripeto, si è venuta estremamente affievolendo, e
così rinchiudendoci in una realtà nostra che poi rischia, se va avanti in
questo modo, di morire per vecchiaia......
SERGIO S.
………io penso che non bisogna stancarsi mai di
andare avanti. Le grandi trasformazioni storiche vengono dal basso, da gente
come noi che sembra non valere nulla. Questo è il discorso di fondo delle due
grandi ideologie che sono il vero cristianesimo e il vero socialismo. L'utopia
non è un sogno irrealizzabile che ci allontana dalla realtà. Anzi, forse è la
molla che ci spinge a cambiare, a migliorare la realtà. L'utopia ci spinge
sulla strada della ricerca dei cambiamenti realizzabili. L'utopia ci spinge a
fare politica in senso ampio. Se ho dentro un grande ideale, riesco anche a
cercare la strada per arrivarci, ho anche la pazienza della tappa intermedia.
Per me il Vangelo è questo: una grande utopia, un ideale
sempre più grande di tutte le conquiste immaginabili, una molla che mi spinge a
cercare con gli altri la strada del cambiamento. In questo modo io leggo lo
spirito del Vangelo con la politica. Ma se il cristianesimo, se la religione
cristiana diventa un dogma, se diventa una dottrina, una strada bell'e fatta,
un insieme di principi assoluti da applicare, allora mi allontana dalla realtà
della vita, mi separa dagli altri compagni che cercano, mi impedisce la fatica
e il rischio degli altri mortali. Del resto la stessa cosa accade quando si
interpreterà dogmaticamente il marxismo
IL
NOSTRO BISOGNO DI COMUNICARE CON IL CORPO ED
OLTRE
IL CORPO
Spunti
di riflessione
Comunicare, mantenere
relazione è molto più che ricordare e fare memoria.
Per superare il vuoto
delle assenze, nella storia l’umanità ha coltivato in vario modo il “culto dei
morti”, perché c’era il bisogno di ricordare, di mantenere un contatto……
Questo mette in
evidenza come da sempre si sia manifestato
il bisogno di comunicare
oltre l’assenza ,ma
il limite della comunicazione possiamo vederla anche come limite della corporeità? La nostra mente ed il
nostro corpo ad un certo punto“ dimenticano” il volto, i sentimenti, le
caratteristiche, le risorse della persona assente ( i compagni di scuola, gli
amici lontani,…) perché non riesce a contenerli per sempre…..siamo limitati
.Allora nasce per noi il desiderio ed il bisogno di scoprire nuove forme di
comunicazione, fra i vivi ed anche oltre .
L’assenza del
contatto fisico, anche se non è morte, quando si interrompe ogni forma di
comunicazione è comunque assenza.
Inoltre sperimentiamo
che abbiamo bisogno di scoprire il come
valorizzare e arricchire la comunicazione
con chi non è più vicino a noi ma anche con chi ci è vicino.
Il corpo è certamente una risorsa nella comunicazione
fra persone ma è anche un ostacolo che limita e a volte rende difficile tale
comunicazione profonda.
Abbiamo tutti/e
esperienza che Il rapporto con la fisicità spesso evidenzia le pesantezze e i
limiti dei nostri corpi e non si riesce ad andare oltre per valorizzare le
risorse le relazioni personali.
Nelle relazioni con i
figli spesso il contatto fisico, che è una necessità di cura,
protezione,affetto…….non favorisce la comunicazione profonda: le separazioni
fisiche dai figli, dai compagni,è comunque assenza e sofferenza ma è anche
risorsa necessaria perché ciò ne
permette la crescita ed anche perché ciò spesso ci aiuta nella
riscoperta di una nuova comunicazione con loro.
Il cerchio della
comunità è una risorsa ed un valore forse perché valorizza positivamente le
differenze e la comunicazione oltre le pesantezze di una convivenza che è, nel
nostro caso, occasionale, parziale e sporadica.
Una convivenza basata
sulla scelta ideale e su occasioni di incontro che sono comunicazione creativa
e rassicurante.
Forse amare significa
proprio andare oltre la pesantezza dei limiti personali per comunicare in
profondità, per valorizzare e rendere creative le relazioni…..per regalarsi
reciprocamente vita, gioia ….
Le parole, gli
scritti, le immagini…ma anche la scienza, la tecnologia, i nuovi mezzi di
“comunicazione” arricchiscono la nostra memoria e capacità di comprendere
e comunicare……( telefono, TV…)….ma per
tutte/i coloro che non lasciano tracce…esiste
una possibilità di relazione e comunicazione “oltre” il corpo e le sue capacità
di consapevolezza?
Le scoperte della
scienza: biologica ed antropologica ci dicono:
(Dal libro di
Boncinelli “La scienza non ha bisogno di Dio” leggiamo:)
“Il genoma non è onnisciente, si badi bene; interpreta, a
modo suo, solo una piccola frazione dei segnali che gli giungono dalle varie
fonti, una frazione da lui stabilita e
quasi codificata, ma anche così la sua capacità è impressionante. La sua
saggezza e quasi “lungimiranza” derivano dal
suo passato evolutivo: ha accumulato tutto da quando è comparso, milioni
e milioni di anni fa. Se il genoma dell'organismo in questione non avesse
«imparato» le cose che c’erano da imparare, l'organismo stesso non esisterebbe
più e con ogni probabilità neanche molti dei suoi antenati…
Il DNA «ricorda» cose che sono successe tanto tempo fa, ma
il complesso suo e delle proteine nucleari che lo accompagnano e lo avvolgono
nella struttura cromosomica
in cui si trova, «ricorda» anche quello che è avvenuto pochi
minuti o qualche ora prima nella cellula stessa. Il complesso DNA-proteine
cromosomiche registra insomma tutti gli eventi cellulari che sono accaduti
dall'inizio dello sviluppo.
… Se osservo in questo momento
una qualsiasi cellula del mio corpo, vedo che contiene in sé il genoma che
varia con eccezionale lentezza, portando in sé il ricordo di eventi lontani nel
tempo, ma anche un certo numero di strutture molto più recenti: le proteine,
gli organelli, la membrana cellulare eccetera. Ci vogliono tutte e due queste
realtà insieme…
Forse uno dei segreti di questo
immane unico episodio che noi chiamiamo vita è la capacità di ogni suo
protagonista di giocare su questo doppio piano temporale: il piano lunghissimo
del DNA, cioè del patrimonio genetico, appoggiato al campo più ristretto e
quasi giornaliero delle strutture cellulari…
La vita di tutti i tempi e di
tutti i luoghi costituisce uno stesso unico evento; rappresenta cioè il
medesimo avvenimento…. Che ci appare diviso in tanti episodi e individui.”
Dalla ricerca scientifica sembra, dunque, si possa dedurre che la memoria lascia tracce
di tutte le esistenze, anche di coloro che
non hanno lasciato segni.
Forse chi verrà dopo di noi potrà comprendere meglio questo mistero su
cui ci interroghiamo oggi.
Sul tempo
(di Gibran)
E un astronomo disse: Maestro Parlaci del Tempo.
E lui rispose:
Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile e l'immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostare presso la sua riva e
vederlo fluire.
Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo
E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio.
Chi di voi non sente che la sua forza d'amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere, e non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto d'amore ad atto d'amore?
E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto?
Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l'attesa.
Nota:
Enzo da Augias (video)
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