L’amore, il sesso, sono doni di Dio
I sacerdoti non siano casta sacrale
Enzo Mazzi
Tolleranza zero, pentimento, guarigione e rinnovamento: queste sono le parole chiave della lettera pastorale di Benedetto XVI ai fedeli d’Irlanda e di tutto il mondo, resa nota oggi.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti, religiosi, suore, lo è a un livello di gravità e pericolosità smisurato. E’ quindi irresponsabile chi fino a poco tempo fa l’ha coperta col silenzio. Ed è un fatto positivo che papa Ratzinger sia stato indotto dal dilagante coraggio delle vittime a togliere la blindatura del “secretum pontificium” (segreto papale) con cui quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede vincolò al centro vaticano la competenza di tutti i reati sessuali ad opera dei religiosi di ogni parte del il mondo, vincolo la cui violazione comportava una punizione. Pose tale blindatura con una “Epistola de delictis gravioribus” (Lettera sui delitti più gravi) inviata il 18 maggio 2001 a tutti i vescovi della terra. Ora il papa indica un cambiamento di linea e impegna la Chiesa a fare finalmente luce e a collaborare con la magistratura.
Colpisce negativamente però che il papa eviti di interrogarsi sulle cause strutturali legate al dominio del sacro che favoriscono la pedofilia del clero.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann Funzionari di Dio (Raetia, Bolzano, 1995).
In molti preti l’educazione repressiva, la condizione di vita, la identificazione totale col ruolo, i sensi di colpa producono sofferenze, squilibri, ossessioni, che normalmente vengono superate, se così si può dire, in chiave ascetico-sacrificale. Quanti eroismi di dedizione totale sono il frutto di tali macerazioni psichiche! E questo è il bene, a volte il bene ammirevole, che viene dal male; è il positivo che scaturisce dalle mutilazioni dell’anima e del corpo. In alcuni preti invece tutto ciò induce a comportamenti distruttivi al limite del suicidio e alla pedofilia.
Ma il problema di fondo è che gli esseri umani, le loro pulsioni, amori, sessualità, corpi sono sottratti alla responsabilità personale e alla rete delle relazioni e sono posti sotto il dominio del sacro. Senza sacramento, senza benedizione, senza permesso ecclesiastico niente amore, niente piacere, niente sesso. E il prete celibe è il segno perfetto di una natura radicalmente liberata da quegli aspetti che sarebbero in sé bisognosi di purificazione.
C’è in questo momento la tendenza a puntare sulla concessione del matrimonio ai preti rendendo il celibato una scelta facoltativa e non definitiva. Ma è da porre in discussione il sacerdozio in sé come casta sacrale libera dalle impurità della natura dominata dal peccato, detentrice di un potere derivante direttamente da Dio.
Per fortuna ci sono tanti pastori e teologi che ormai negano questa visione negativa dell’amore umano, del piacere e del sesso, negano la necessità di porre questi valori sotto il dominio del sacro, negano il peccato originale e la teologia sacrificale. Essi affermano che il sesso è in sé sacro, l’amore è in sé sacro, il matrimonio è in sé sacro. Per loro il sacramento è il gioioso riconoscimento nel cerchio comunitario del dono divino della sacralità insito nella creazione e l’assunzione responsabile di tale sacralità. Il sacramento, ogni sacramento compreso il matrimonio, è fondato sulla eucaristia che vuol dire proprio “rendimento di grazie”. E Gesù è il testimone di tale sacralità e non invece il suo ricatto. Ma coloro che sostengono questa visione della fede sono considerati eretici. Per la maggior parte vengono ignorati, anche se sono tanti, finché non fanno clamore. Qualcuno più in vista viene scomunicato o in altri modi condannato esemplarmente in nome dello splendore della verità.
La gerarchia ecclesiastica dovrebbe rivolgere la “tolleranza zero” contro il dominio del sacro, contro la sacralizzazione del potere, contro la teologia e la pastorale del disprezzo del corpo e della sessualità, per liberare gli uomini e le donne dai pesi insopportabili caricati da secoli sulle loro spalle, già tanto gravate dalla fatica del vivere, pesi che nemmeno essi, preti vescovi cardinali e papi riescono a portare. Come dimostrano gli attuali scandali. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
Enzo Mazzi L’Unità 21 marzo 2010 pag. 31
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