A Enrico Rossi, candidato a Presidente della Regione Toscana
le inviamo alcune considerazioni che sono scaturite dalla socializzazione comunitaria nell'incontro svolto dalla Comunità domenica scorsa 14 marzo dedicato al tema dell'accoglienza: per una primavera antirazzista, per non aver paura, per aprirsi agli altri, per fondare la convivenza sui diritti.
Abbiamo esaminato fra l'altro la situazione dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE). Sulla base di esperienze concrete, di una vastissima documentazione (testimonianze, filmati, reportages giornalistici, documenti di giuristi etc.), della denuncia di varie associazioni, come Amnesty International e Medici senza frontiere, e dell'ampia relazione redatta da una Commissione istituita dal Governo Prodi durante la sua seconda breve esperienza, la Commissione De Mistura, composta da funzionari statali, tecnici, esperti, esponenti del volontariato e dell'associazionismo, risulta che i CIE rientrano appieno - anzi ne sono un cardine - nelle politiche di esclusione, di respingimento, di chiusura degli attuali governanti, politiche che contribuiscono in modo determinante allo sviluppo nel Paese di un razzismo sempre più diffuso e radicato; costituiscono secondo molti giuristi un'aberrazione giuridica al di fuori della Costituzione; sono oggettivamente incompatibili con l'ispirazione di fondo della legge regionale sull'immigrazione (quella legge, avversata dal Governo, che riconosce alcuni elementari diritti anche ai migranti irregolari).
Di fronte a questa realtà ci risultano poco comprensibili alcune sue affermazioni in campagna elettorale, riguardanti i CIE.
A nostro parere, è giunto all'opinione pubblica il messaggio che il candidato Rossi, in discontinuità con la presente Amministrazione regionale, ha espresso una apertura verso la possibilità di una collaborazione della Regione, se il Governo decidesse di realizzare un CIE anche in Toscana, sebbene a patto che vi venissero rispettati i diritti umani e ne venissero rafforzate le dimensioni di accoglienza ed integrazione nel contesto sociale.
Ci riesce difficile comprendere come un carcere per immigrati irregolari, finalizzato alla loro espulsione, basato su normative nazionali, possa trasformarsi, se calato sul territorio toscano, in un centro che sostiene i migranti perché si regolarizzino e si integrino nel tessuto sociale. E infatti l'accordo di programma della coalizione che sostiene la sua candidatura "esprime un giudizio fortemente critico nei confronti della Legge Bossi-Fini e dei centri di identificazione ed espulsione in quanto si sono dimostrati inefficaci e non rispettosi dei diritti umani".
Riteniamo che se la Toscana - istituzioni e società civile attiva uniti come nel passato - continuerà a dire un chiaro "no" ai CIE darà un segnale importante per l'intero Paese, un segnale che può fare da punto di riferimento per quanti sul territorio cercano di contrastare, con esperienze volte a tutelare i diritti ed a sviluppare la convivenza, i provvedimenti governativi ed il clima d'intolleranza che ne deriva. Avendo coscienza che il razzismo e la xenofobia stanno minando alle radici il nostro assetto democratico (costituzionalmente democratico).
Perciò speriamo in un suo impegno, da Presidente, che tenga conto, in primo luogo, del giudizio fortemente critico nei confronti della Legge Bossi-Fini e dei CIE - contenuto nel programma di "Toscana democratica" - e che sia rivolto ad applicare, con energia e coerenza, la buona legge che, a proposito d'immigrazione, la Regione Toscana si è data.
Con i saluti più cordiali e con senso di stima
la Comunità dell'Isolotto
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