Comunità
dell’Isolotto: incontri ragazzi, genitori, adulti
26 maggio 2013
“Storie, percorsi ed
esperienze di libertà”
In cammino verso la
libertà
Introduzione
Quest’anno
i nostri passi si sono mossi alla ricerca del significato della parola libertà.
Abbiamo
conosciuto alcuni movimenti di liberazione: la lotta dei neri d’America e del
Sudafrica contro la segregazione razziale, la lotta per la legalità contro i
poteri della mafia, l’impegno per fermare la distruzione del pianeta e vivere
in armonia con la natura, la lotta dei partigiani contro il fascismo per la
libertà e la democrazia, le lotte dei popoli sudamericani, l’impegno dei nostri
nonni per avere una buona istruzione per tutti.
Abbiamo
scoperto che la parola “libertà” cammina insieme ad altre parole come amore per
la natura, responsabilità, diritti e democrazia, fratellanza e solidarietà. E
abbiamo anche intuito che chi dice “libertà è fare quello che ci pare
fregandosene degli altri” imbroglia, vuol dare “una finta piccola libertà” per avere
grande potere sulle ricchezze e sulle persone.
Anche
il Vangelo è un messaggio di libertà e liberazione da ogni oppressione e da
ogni paura; perché solo persone libere sono capaci di costruzione di un “regno”
di pace, fratellanza, diritti, condivisione, che oggi noi spesso chiamiamo “un
altro mondo possibile”.
Vogliamo
allora condividere oggi alcuni dei tanti messaggi di liberazione che abbiamo
trovato lungo il cammino.
Il Discorso della montagna (Ritti
in piedi) dal Vangelo di Matteo
Il cosiddetto “discorso della
montagna” è un annuncio di libertà, di speranza, in cui si invitano tutti i
poveri, gli esclusi, i perseguitati e coloro che non hanno niente da perdere a
trovare la forza e il coraggio di rialzarsi in piedi. Senza paura.
Si rialzino in piedi i
poveri, perché di essi è il regno dei cieli.
Si rialzino gli afflitti,
perché saranno consolati.
Si rialzino i miti, perché erediteranno la terra.
Si rialzino quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Si rialzino i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Si rialzino i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Si rialzino gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Si rialzino i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. […]
Si rialzino i miti, perché erediteranno la terra.
Si rialzino quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Si rialzino i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Si rialzino i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Si rialzino gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Si rialzino i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. […]
Gli fu dato il rotolo del
profeta Isaia; lo aprì e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per portare ai poveri una lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e si mise a sedere.
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per portare ai poveri una lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e si mise a sedere.
Gli
occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora disse: «Oggi
si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
Dal Kurdistan poesie per la
libertà
Sherko Bekas è nato a Sulaimania nel Kurdistan irakeno nel 1940. A 21 anni per la sua
attività poetica, era diventato la voce della resistenza kurda ed era ricercato
dalle autorità di Baghdad. Per molti anni ha tessuto la sua vita tra la poesia
e la lotta per la liberazione della sua terra; ma nel 1987 fu costretto a
scappare e a rifugiarsi in Svezia. Ha pubblicato una decina di libri di poesia,
due opere teatrali, un romanzo in forma poetica ed ha ricevuto nel 1988 il
premio internazionale Tocholsky. E’ tornato nel Kurdistan irakeno liberato nel
1992, ed è diventato ministro per la cultura della Regione Autonoma del
Kurdistan irakeno. Bekas ha scritto alcune delle poesie più belle della poesia
kurda contemporanea sull’amore e la natura, ma soprattutto sulla realtà della
guerra, sul desiderio di pace e di libertà per la propria terra.
Fuad ha scritto “Verso
la libertà” una storia che è anche un percorso verso la libertà attraverso le poesie di alcuni tra i più grandi
poeti curdi: Gora, Sherko Bekas, Hejar...
Il
diario
Il fiore ha scritto il suo diario:
metà del diario parlava della bellezza dell'acqua.
Il fiore ha scritto il suo diario:
metà del diario parlava della bellezza dell'acqua.
L'acqua
ha scritto il suo diario:
metà del diario parlava della bellezza del bosco.
metà del diario parlava della bellezza del bosco.
Il
bosco ha scritto il suo diario:
metà del diario parlava della terra amata.
metà del diario parlava della terra amata.
Ma
quando la terrà scrisse i suoi diari,
tutti i diari parlavano della libertà.
tutti i diari parlavano della libertà.
Separazione
Se dai
miei versi strappi le rose,
delle
quattro stagioni della mia poesia
una ne
morirà.
Se escludi
l'amore,
due delle
mie stagioni moriranno.
Se porti
via il grano,
tre delle
mie stagioni moriranno.
Se mi
togli la libertà,
tutte e
quattro le stagioni moriranno,
e io con
loro.
Storie di biciclette
e libertà.
con pensieri di Lucia e spunti
tratti dal libro di Ilaria Sesana "La manutenzione della bicicletta e del ciclista
di città"
E’ una di quelle cose che non si
dimenticano mai andare in bicicletta.
Una volta che ti sei impadronita
del segreto dell’equilibrio, sai che riuscirai sempre a ripetere quei gesti
meccanici, ripetitivi, persino banali. Ho scelto di andare in bicicletta perché
prima di tutto la bicicletta è libertà.
Libertà di muovermi per la città
senza restare imbottigliata nel traffico o impazzire alla ricerca di un
parcheggio.
Libertà di andare al
lavoro in pochi minuti.
Libertà di sentire il vento che
mi attraversa e di trovare anche in città angoli verdi, strade alternative dove
sentire il canto degli uccellini. Gli ostacoli certo non mancano: traffico
delirante, smog, piste ciclabili a spezzatino, buche nell’asfalto..la bici è un
azzardo, ma ho deciso di puntare su di lei. Perché una bella pedalata mi
permette di rilassarmi, di mantenermi in forma e in questo modo posso dare il
mio piccolo contributo a rendere la mia città un posto più vivibile.
L’uso della bicicletta è anche
uno strumento di lotta e di rivendicazione politica.
Già le Suffragette inglesi di
fine Ottocento che reclamavano il diritto di voto usavano la bicicletta come
strumento di emancipazione: indossare i pantaloni e mettersi a pedalare
liberamente per strada era uno dei gesti più scandalosi e provocatori che una
donna potesse compiere.
Durante la Seconda Guerra Mondiale poi la bicicletta
divenne in un certo senso un simbolo della Resistenza e della Libertà
dall’oppressore essendo il mezzo più usato dalle “staffette” partigiane.
Ragazze giovanissime, 16-18 anni appena, che avevano il compito di garantire il
collegamento fra le varie brigate, trasportavano messaggi, fogli di stampa
clandestina, armi, medicinali, sapientemente nascosti nei doppi fondi delle
borse o in mezzo alle verdure per la minestra.
La storia della Resistenza
italiana su due ruote non può dimenticare Gino Bartali. Tra il 1943 e il 1944
entrò a far parte di una rete clandestina che forniva documenti falsi e
lasciapassare agli ebrei. Fingendo di essere impegnato in faticosi allenamenti,
Bartali trasportava i preziosi fogli nella canna della bici, facendo la spola
tra vari conventi della Toscana e dell’Umbria. Bartali corse gravi rischi:
sapeva che le spie del regime lo tenevano d’occhio, ma grazie a lui circa
ottocento cittadini di origine ebraica riuscirono a sfuggire ai rastrellamenti
dei nazi-fascisti e a lasciare l’Italia.
Bella Ciao: una
canzone per cantare la lotta per libertà
Bella ciao è una canzone
popolare scritta da un autore sconosciuto, secondo lo schema dei canti
ottocenteschi delle mondine. Inizialmente cantata soprattutto in Emilia Romagna
e sull’Appennino tosco-emiliano, si è diffusa nel dopoguerra un po’ ovunque per
cantare la lotta dei partigiani contro il fascismo e che morirono in tanti per
la libertà. Cantarla significa rinnovare anche il nostro impegno in difesa
della libertà di tutti, oggi e per il futuro.
Don Andrea Gallo,
morto nei giorni scorsi, diceva “Nessuno
si libera da solo, nessuno libera nessuno, possiamo solo liberarci insieme”.
Lo ricordiamo cantando Bella Ciao con lui e la sua comunità a Genova seguendo
le immagini su: http://www.youtube.com/watch?v=_5koRYLKUbk
Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in
montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno: «Che bel fior!»
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno: «Che bel fior!»
È questo il fiore del
partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!
Libertà è fare tutto
quello che mi pare? ecco una filastrocca
… come risposta
Filastrocca in libertà
Sono libero di fare tutto quello che mi
pare?
Se disegno con Gianfranco non mi arrampico
sul banco
e se in cerchio noi parliamo
tutti il turno rispettiamo
libertà certo è pensare
tutto quello che ti pare,
e saper che a casa e a scuola
libertà c’è di parola
ma se parli solo tu
io non mi diverto più!!
La storia di due giovani che
brindarono alla libertà
Nel 1961 due studenti portoghesi,
in un bar di Lisbona, brindarono alla libertà e alla libertà delle colonie
portoghesi. I due giovani furono immediatamente arrestati dal regime
dittatoriale di Salazar e condannati a 7 anni di carcere.
L’avvocato inglese Peter
Benenson alla notizia di questo fatto rimase profondamente indignato e inviò al
quotidiano inglese The Observer un appello che fu pubblicato con il titolo «I
prigionieri dimenticati»
nel quale invitava i lettori ad unirsi per protestare contro l’arresto dei due
giovani e contro le ripetute violazioni della Dichiarazione
Universale dei Diritti
Umani, ovunque si attuino. Era il 28
maggio 1961.
"Aprite il vostro giornale ogni giorno della settimana e troverete la
notizia che da qualche parte del mondo qualcuno viene imprigionato, torturato o
ucciso perché le sue opinioni o la sua religione sono inaccettabili per il
governo. […] Il lettore del giornale sente un nauseante senso di impotenza. Ma
se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in
un’azione comune qualcosa di efficace potrebbe essere fatto" (Peter
Benenson, 28 maggio 1961, The Observer).
Nell’appello Benenson
chiedeva ai lettori di scrivere a loro volta al governo di Salazar lettere a
sostegno degli studenti imprigionati.
La reazione fu imponente e per certi versi inaspettata,
centinaia di persone si misero in contatto con l’avvocato Benenson e fu
organizzata una grande manifestazione e la prima campagna internazionale in
difesa dei Diritti Umani; furono scritte migliaia di lettere a sostegno dei due
giovani portoghesi.
Il 28 maggio 1961 è
considerata la nascita di Amnesty International
la maggiore organizzazione in difesa dei diritti dell’uomo in tutto in mondo e
che quest’anno compie 50 anni! Benenson ha scelto come simbolo di
questa associazione una candela accesa perché spesso aveva in mente un antico
proverbio cinese che dice:
MEGLIO ACCENDERE UNA CANDELA CHE MALEDIRE L’OSCURITA’
LA LIBERTÀ di Giorgio Gaber (1972)
cantiamo la canzone insieme guardando il
video:
http://www.youtube.com/watch?v=wb3fK0NKiII
Vorrei
essere libero, libero come un uomo
Come
un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
Che
cammina dentro un bosco con la gioia d’inseguire un’avventura
Sempre
libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente
come un uomo compiaciuto della propria libertà
la
libertà non è star sopra un albero
non
è neanche il volo di un moscone,
la
libertà non è uno spazio libero,
libertà
è partecipazione
Vorrei
essere libero, libero come un uomo,
come
un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia,
e
che trova questo spazio solamente nella sua democrazia,
che
ha diritto di votare e che passa la sua vita a delegare,
e
nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà
la
libertà non è star sopra un albero
non
è neanche il volo di un moscone,
la
libertà non è uno spazio libero,
libertà
è partecipazione
Vorrei
essere libero, libero come un uomo,
come
l’uomo più evoluto che s’innalza con la propria intelligenza
e
che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con
addosso l’entusiasmo di spaziare senza
limiti nel cosmo,
è
convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà
la
libertà non è star sopra un albero
non
è neanche il volo di un moscone,
la
libertà non è uno spazio libero,
libertà
è partecipazione
Le cose elementari di
GHIANNIS RITSOS[1]
In modo maldestro,
con ago grosso, con filo grosso,
s’attacca i
bottoni della giacca. Parla da solo:
hai mangiato il
tuo pane? Hai dormito tranquillo?
Hai potuto
parlare? Tendere la mano?
Ti sei ricordato
di guardare dalla finestra?
Hai sorriso al
bussare della porta?
Se la morte c’è
sempre, è la seconda
La libertà sempre
è la prima
Lungo cammino verso la libertà di
Nelson Mandela
Non
sono nato con la sete della libertà. Sono nato libero, libero in ogni senso che
potessi conoscere. Libero di correre nei campi vicino alla capanna di mia
madre, di nuotare nel limpido torrente che scorreva attraverso il mio
villaggio, di arrostire pannocchie sotto le stelle, di montare sulla groppa
capace dei lenti buoi. Finché ubbidivo a mio padre e rispettavo le tradizioni
della mia tribù, non ero ostacolato da leggi né divine né umane.
Solo
quando ho scoperto che la libertà mi era già stata rubata, ho cominciato a
sentirne la sete. Dapprima, quand’ero studente, desideravo la libertà per me
solo, l’effimera libertà di stare fuori la notte, di leggere ciò che mi
piaceva, di andare dove volevo.
Più tardi, a Johannesburg, quando ero un giovane
che cominciava a camminare sulle sue gambe, desideravo le fondamentali e
onorevoli libertà di realizzare il mio potenziale, di guadagnarmi da vivere, di
sposarmi e di avere una famiglia, la libertà di non essere ostacolato nelle mie
legittime attività.
E’
stato in quei lunghi anni di solitudine che la sete di libertà per la mi agente
è diventata sete di libertà per tutto il popolo, bianco o nero che sia. Sapevo
che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso, perché chi priva gli altri
della libertà è prigioniero dell’odio, è chiuso dietro le sbarre del
pregiudizio e della ristrettezza mentale. L’oppressore e l’oppresso sono
entrambi derubati della loro umanità.
Da
quando sono uscito dal carcere, è stata questa la mia missione: affrancare gli
oppressi e gli oppressori. Alcuni dicono che il mio obiettivo è stato raggiunto,
ma so che non è vero. La verità è che non siamo ancora liberi: abbiamo
conquistato la facoltà di essere liberi, il diritto di non essere oppressi. Non
abbiamo compiuto l’ultimo passo del nostro cammino, ma solo il primo su una
strada che sarà ancora più lunga e difficile; perché la libertà non è solo
spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere
la libertà degli altri. La nostra fede nella libertà deve essere ancora
provata.
Ho
percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho
fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una
montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante
per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda,
per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo,
perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi
ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine.
La canzone di John
Brown
Questa è una canzone americana molto famosa.
John Brown è veramente esistito e, come raccontano
le parole della canzone, è morto per aver tentato di liberare i neri americani
dalla condizione di schiavitù. Nella metà del 1800 negli Stati Univi vi erano
oltre 4 milioni di schiavi. Le condizioni di vita erano spesso durissime.
John Brown era un bianco americano vissuto nella
prima metà dell’800; aveva giurato di dedicare tutti i suoi sforzi alla
liberazione degli schiavi: li aiutava a scappare dai loro padroni del sud
America e a trovare rifugio negli stati del nord dove la schiavitù era stata
abolita. Negli Usa la schiavitù fu abolita in tutti gli stati nel 1865.
Fu catturato e condannato all’impiccagione nel
1859.
John Brown giace
nella tomba là nel pian
dopo una lunga
lotta contro l’oppressor,
John Brown giace
nella tomba là nel pian
ma l’anima vive
ancor
Glory, glory
alleluia, Glory, glory alleluja
Glory, glory alleluia ma l’anima vive
ancor.
Con diciannove
suoi compagni di valor
dall’est all’ovest
con diciannove
suoi compagni di valor
ma l’anima vive
ancor
Glory, glory alleluia, Glory, glory
alleluja
Glory, glory alleluia ma l’anima vive
ancor
Poi l’hanno
ucciso come fosse un traditor
ma traditore fu
colui che l’impiccò
poi l’hanno
ucciso come fosse un traditor
ma l’anima vive
ancor
Glory,glory alleluia, Glory,glory
alleluja
Glory,glory alleluia ma l’anima vive
ancor
|
Oh non temer
colui che il corpo ucciderà
Se la tua anime
rapire non potrà
Oh non temer
colui che il corpo ucciderà
Ma l’anima vive
ancor
Glory, glory
alleluia, Glory, glory alleluja
Glory, glory alleluia ma l’anima vive
ancor.
Stelle del cielo
non piangete su John Brown
Stelle del cielo
sorridete su John Brown
Stelle del cielo
non piangete su John Brown
La sua anima
vive ancor
Glory, glory
alleluia, Glory, glory alleluja
Glory, glory alleluia ma l’anima vive
ancor.
|
Canzone della libertà
Viva la libertà che qualcuno
vuol cancellare
che risorge più forte di prima
quando la si vuol sotterrare
Viva la libertà
quella scritta storta sui muri
delle case, delle prigioni
delle fabbriche e dei tuguri.
Parlan di tutti un gran bene di
lei
e ci fan sopra lunghi discorsi
anche se molte volte è una scusa
per goderne alla faccia degli
altri
Molta gente non sa com’è duro
conquistarla e tenerla vicina
non soltanto sui libri di scuola
ma ogni giorno casa e officina.
Viva la libertà
insidiata per esser sconfitta
da un pennella e una mano di calce
che però han ricalcato la scritta
Viva la libertà
contro il segno di calce più forte
lo scalpello che non può che
scavare
sempre più quelle lettere storte
Viva la libertà
c’è qualcuno che ha pronto il
piccone
il suo simbolo abbatterà
anche il muro della prigione.
Dagli
scritti di Bertrand Russel,
filosofo inglese, allontanato dall’insegnamento per
la sua propaganda pacifista.
Nel 1950 ottenne il premio
nobel per la letteratura.
Ha fondato un tribunale
internazionale per la difesa dei diritti umani.
“ L'uomo felice, come io lo concepisco nella società del futuro,
sarà libero e generoso ed espansivo
e considererà le altre persone come individui
con cui collaborare piuttosto che come concorrenti.
Il suo atteggiamento verso il prossimo
dimostrerà più fiducia di quanto non avvenga oggi.
Avendo appreso da giovane a considerare l’umanità,
come una grande famiglia, egli non penserà istintivamente
alle nazioni straniere come a nazioni nemiche
ed ai suoi occhi la guerra sarà una vera follia.”
I have a dream – Io ho un sogno di
Martin Luther King
Il 28 agosto 1963
oltre 200.000 persone parteciparono a Washington (Usa) ad una grande marcia per
i diritti civili, il lavoro e la libertà degli afro-americani. Al termine della
marcia, davanti al “Lincoln Memorial”,
Martin Luther King pronunciò un
discorso divenuto poi celebre; alcune frasi sono:
“Ho un sogno: che un giorno sulle rosse
colline della Georgia i figli di coloro che furono schiavi e i figli di coloro
che furono padroni di schiavi possano sedere gli uni accanto agli altri
al tavolo della fratellanza.
Ho un sogno: che un giorno persino lo stato
del Mississipi,
uno stato desolato e soffocato
dalla ingiustizia e dall’oppressione
possa trasformarsi
in un’oasi di libertà e di giustizia.
Ho un sogno: che un giorno i miei quattro
figlioletti
possano vivere in una nazione
che non li giudicherà per il colore della
pelle
ma per il loro carattere.
Oggi ho un sogno
che un giorno lo stato dell’Alabama
dalle labbra del cui governatore
sentiamo pronunciare solamente
parole di contrapposizione e di scontro,
si trasformi in un luogo in cui i bambini
neri
e le bambine nere
possano prendere per mano
i bambini bianchi e le bambine bianche
e camminare insieme come fratelli e sorelle
Questo bellissimo
messaggio di libertà e fratellanza deve ancora oggi essere compiuto ed il
nostro cammino sarà felice se ci impegneremo a continuare la marcia di M.L.King
Pensieri sulla libertà
Non
vale la pena avere la libertà se questo non implica avere la libertà di
sbagliare. Gandhi
Non
condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere. Voltaire
La
mia libertà finisce dove comincia la vostra. Martin Luther King
Una
parola muore appena detta: dice qualcuno. Io dico che solo in quel momento
comincia
a vivere. Emily Dickinson
Ciascuno
di noi è, in verità, un’immagine del grande gabbiano, un’infinita idea di
libertà, senza limiti. Richard Bach
Possiamo
essere liberi solo se tutti lo sono. Georg
Hegel
Giustizia
non esiste là dove non vi è libertà. Luigi
Einaudi
Non
si può separare la pace dalla libertà perché nessuno può essere in pace senza
avere la libertà. Malcolm X
La
libertà quando comincia a mettere radici è una pianta di rapida crescita. George Washington
La
verità vi renderà liberi. Sacre Scritture
Sarà
sempre uno schiavo chi non sa vivere con poco. Orazio Flacco
Esperienza liberatrice
di PAUL
TOURNIER
Esperienza
magnifica,liberatrice
Quando gli uomini
imparano
Ad aiutarsi l’un
l’altro
Ciascuno di noi ha
un immenso bisogno
D’essere ascoltato
realmente
D’essere preso sul
serio
D’essere capito in
profondità
Nessuno può
svilupparsi liberamente
Nessuno può vivere
pienamente
Senza sentirsi
capito
Accettato aiutato
Se questo è un uomo
di Primo Levi
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide
case,
voi che trovate
tornando a sera
Il cibo caldo e visi
amici:
Considerate se questo
è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo
pane
Che muore per un sì o
per un no.
Considerate se questa
è una donna,
Senza capelli e senza
nome
Senza più forza di
ricordare
Vuoti gli occhi e
freddo il grembo
Come una rana
d'inverno.
Meditate che questo è
stato:
Vi comando queste
parole.
Scolpitele nel vostro
cuore
Stando in casa
andando per via,
Coricandovi
alzandovi;
Ripetetele ai vostri
figli.
O vi si sfaccia la
casa,
La malattia vi
impedisca,
I vostri nati torcano
il viso da voi.
LIBERTA’ – di Paul Eluard
Sui
miei quaderni di scolaro
Sui
miei banchi e sugli alberi
Sulla
sabbia e sulla neve
Io
scrivo il tuo nome
Su
tutte le pagine lette
Su
tutte le pagine bianche
Pietra
sangue carta cenere
Io
scrivo il tuo nome
Sulle
dorate immagini
Sulle
armi dei guerrieri
Sulla
corona dei re
Io
scrivo il tuo nome
Sulla
giungla e sul deserto
Sui
nidi sulle ginestre
Sull'eco
della mia infanzia
Io
scrivo il tuo nome
Sui
prodigi della notte
Sul
pane bianco dei giorni
Sulle
stagioni promesse
Io
scrivo il tuo nome
Sui
campi sull'orizzonte
Sulle
ali degli uccelli
Sul
mulino delle ombre
Io
scrivo il tuo nome
Su
ogni soffio d'aurora
Sul
mare sulle barche
Sulla
montagna demente
Io
scrivo il tuo nome
Su
ogni carne consentita
Sulla
fronte dei miei amici
Su
ogni mano che si tende
Io
scrivo il tuo nome
Su
ogni mio infranto rifugio
Su
ogni mio crollato faro
Sui
muri della mia noia
Io
scrivo il tuo nome
Sull'assenza
che non desidera
Sulla
nuda solitudine
Sui
sentieri della morte
Io
scrivo il tuo nome
Sul
rinnovato vigore
Sullo
scomparso pericolo
Sulla
speranza senza ricordo
Io
scrivo il tuo nome
E
per la forza di una parola
Io
ricomincio la mia vita
Sono
nato per conoscerti
Per
nominarti
Libertà.
PAUL ELUA
lo credo nell'uomo di Czernichosky, poeta ebreo
L'anima
mia ha fame di libertà:
non ho voluto venderla al vitello d'oro.
Credo
nell’uomo e nella forza del suo spirito:
spezzerà ogni catena, salirà su ogni vetta:
al povero darà il pane, all’anima lo spazio.
lo credo
nell' amicizia,
credo che troverò un cuore la cui speranza sia la
mia speranza,
e senta col mio cuore la gioia e il dolore.
lo credo
nell' avvenire,
credo che un giorno porterà la pace, la pace ad
ogni popolo,
ed ogni popolo sarà benedizione.
Le
labbra del poeta canteranno un canto nuovo,
e sulla sua tomba saranno raccolti fiori di gioia.
Canti comunitari di speranza e libertà
Quando
nel 1968 la nostra comunità dell’Isolotto, che fino a quel momento si era
ritrovata nella parrocchia e in una bella e grande chiesa che il popolo del
quartiere aveva costruito pagando ogni mese dei soldi, fu scacciata dal vescovo
e la chiesa fu chiusa, fummo molto tristi ed anche arrabbiati: e ora dove ci
troviamo? Come facciamo a continuare il nostro cammino?
Pensavamo
di non riuscire a sopravvivere ma decidemmo di non arrenderci e continuammo a
trovarci all’aperto, nella piazza del mercato.
Poi
scoprimmo che essere fuori, trovarci all’aperto, ci rendeva più liberi e
felici.
Ci
sentivamo tutti uguali, potevamo incontrare tante persone, tutti potevamo
parlare
e
raccontare, e danzare e cantare. Questi
sono alcuni dei nostri canti di libertà e speranza
CAMMINANDO SULLA STRADA
|
LA STRADA (di G.Gaber)
|
Camminando sulla
strada
della vera
libertà
Tutti insieme
costruiremo
una nuova
umanità
E quando un dì l’umanità
giustizia e pace conquisterà,
o signor come vorrei
che ci fosse un posto per me.
C’è chi dice che
la vita
sia tristezza,
sia doloro
ma io so che
viene il giorno
in cui tutto
cambierà
E quando un dì l’umanità
giustizia e pace conquisterà,
o signor come vorrei
che ci fosse un posto per me.
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C’è solo la
strada su cui puoi contare
La strada è
l’unica salvezza,
c’è solo la
voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella
strada e nella piazza
perché
il giudizio universale
non passa per le case,
le case dove noi ci
nascondiamo,
bisogna ritornare nella
strada,
nella strada per conoscere
chi siamo.
C’è solo la
strada su cui puoi contare
La strada è
l’unica salvezza,
c’è solo la
voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella
strada e nella piazza
perché
il giudizio universale
non passa per le case,
e
gli angeli non danno appuntamenti
e
anche nelle case più spaziose
non
c’è spazio per verifiche e confronti.
C’è solo la
strada su cui puoi contare
La strada è
l’unica salvezza,
c’è solo la
voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella
strada e nella piazza
perché
il giudizio universale
non passa per le case,
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla
vita,
dalla lotta dal dolore e
dalle bombe.
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WE SHALL OVERCOME – NOI CE LA FAREMO
We shall overcome è una canzone di protesta pacifista che
negli anni ‘60 divenne un inno del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Fu cantata da Joan Baez, una
famosa cantante statunitense di quegli anni, che la registrò nel 1963 e che la
cantò in molte marce per i diritti civili.
I lavoratori agricoli negli Stati
Uniti la cantarono in spagnolo durante gli scioperi e i boicottaggi della
vendemmia alla fine degli anni '60.
In Spagna è stato l'inno del movimento studentesco contro
la dittatura all'Università di Santiago di Compostella negli anni 1967-68. La
canzone fu poi utilizzata anche in Sudafrica durante gli ultimi anni del
movimento anti-apartheid. In India, la traduzione letterale in hindi divenne
una canzone patriottica negli anni '80 e cantata ancora oggi. La nostra
comunità per 40 l’ha cantata in piazza in segno di solidarietà, libertà,
amicizia, speranza e ancora oggi la cantiamo alle baracche.
We shall
overcome,
We shall
overcome,
We shall
overcome, some day.
Oh, deep in my heart,I do believe
We shall overcome, some day.
We'll walk hand
in hand,
We'll walk hand
in hand,
We'll walk hand
in hand, some day.
Oh, deep in my heart,
We shall live in
peace,
We shall live in
peace,
We shall live in
peace, some day.
Oh, deep in my heart,
We shall all be
free,
We shall all be
free,
We shall all be
free, some day.
Oh, deep in my heart,
We are not
afraid,
We are not
afraid,
We are not
afraid, today
Oh, deep in my heart,
We shall
overcome,
We shall
overcome,
We shall overcome,
some day.
Oh, deep in my heart,
I do believe
We shall overcome, some day
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Noi ce la faremo
Noi ce la faremo
Noi ce la faremo
un dì
Dal profondo
Nasce la mia certezza
Che noi ce la faremo un dì
Per un mondo più
giusto
Per un mondo più
giusto
Per un mondo più
giusto un dì
Dal profondo
Non aver paura
Non aver paura
Non aver paura
mai
Dal profondo
Bianco e nero
insieme
Bianco e nero
insieme
Bianco e nero
insieme un dì
Dal profondo
Diritti umani per
tutti
Diritti umani per
tutti
Diritti umani per
tutti un dì
Dal profondo
Noi ce la faremo
Noi ce la faremo
Noi ce la faremo
un dì
Dal profondo
Nasce la mia certezza
Che noi ce la faremo un dì
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C’era un ragazzo che come me..
Dal 1964 al 1976 c’è stata
una lunga guerra fra il Vietnam del nord ed il Vietnam del sud, ma era
soprattutto una guerra fra grandi potenze Mondiali: la Cina e L’Unione
sovietica che sostenevano il Vietnam del Nord e gli Stati Uniti d’America che
sosteneva il Vietnam del sud con armi e soldati. Enormi sono state le
distruzioni e il numero dei morti sia Vietnamiti che Americani e di altri
paesi. A quel tempo, in Europa ed in America sorse un grande movimento contro
la guerra in Vietnam. Questa canzone esprime la condanna di una guerra ritenuta
da molti di noi ingiusta ed inutile.
C’era
un ragazzo che come me
Amava
i Beatles e i Rolling Stones
Girava
il mondo, veniva da
Gli
Stati Uniti d?America.
Non
era bello ma accanto a sé
Aveva
mille donne se
Cantava
help e speak to right
E
lui diceva yesterday!
Cantava
viva la libertà
Ma
ricevette una lettera
La
sua chitarra mi regalò
Fu
richiamato in America.
Stop
coi Rolling Stones
Stop coi Beatles stop
Mi han ditto vain el Vietnam
E
spara ai Vietcong.
Tarataa
ta taratata ta……
|
C’era
un ragazzo che come me
Amava
i Beatles e i Rolling Stones
Girava
il mondo ma poi finì
A
far la guerra nel Vietnam
Capelli
lunghi non porta più
Non
suona la chitarra ma
Uno
strumento che sempre fa
La
stessa nota taratata
Non
ha più amici, non ha più fans
Vede
la gente cadere giù
Nel
suo paese non tornerà
Adesso
è morto nel Vietnam
Stop
coi Rolling Stones
Stop
coi Beatles stop
Nel
petto il cuore più non ha
Ma
due medaglie o tre
Tarataa
ta taratata ta……
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Samarcanda di Roberto Vecchioni
C'era una grande festa nella capitale perché la guerra era finita.
I soldati erano tornati tutti a casa e avevano gettato le divise.
Per la strada si ballava e si beveva vino, i musicanti suonavano
senza interruzione.
Era primavera e le donne potevano, dopo tanti anni, riabbracciare i
loro uomini. All'alba furono spenti i falò e fu proprio allora che tra la
folla, per un momento, a un soldato parve di vedere una donna vestita di nero
che lo guardava con occhi cattivi.
Ridere ridere ridere ancora
ora la guerra paura non fa,
brucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà
musica di tamburelli fino all'aurora
il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera Signora
vide che cercava lui e si spaventò.
"Salvami, salvami grande sovrano
fammi fuggire, fuggire di qua
alla parata lei mi stava vicino
e mi guardava con malignità"
"Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re
presto, più presto perché possa scappare
dategli la bestia più veloce che c'è".
"Corri cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò
non ti fermare, vola ti prego
corri come il vento che mi salverò...
oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo,
oh oh cavallo, oh oh".
brucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà
musica di tamburelli fino all'aurora
il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera Signora
vide che cercava lui e si spaventò.
"Salvami, salvami grande sovrano
fammi fuggire, fuggire di qua
alla parata lei mi stava vicino
e mi guardava con malignità"
"Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re
presto, più presto perché possa scappare
dategli la bestia più veloce che c'è".
"Corri cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò
non ti fermare, vola ti prego
corri come il vento che mi salverò...
oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo,
oh oh cavallo, oh oh".
Fiumi
poi campi poi l'alba era viola,
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era tra la folla quella nera Signora
e stanco di fuggire la sua testa chinò
"Eri tra la gente nella capitale
so che mi guardavi con malignità
son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale
son scappato via ma ti ritrovo qua!"
"Sbagli, ti inganni, ti sbagli soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per aspettar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua".
Non è poi così lontano Samarcanda,
corri cavallo, corri di là...
ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà.
"Oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo,
oh oh cavallo, oh oh".
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era tra la folla quella nera Signora
e stanco di fuggire la sua testa chinò
"Eri tra la gente nella capitale
so che mi guardavi con malignità
son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale
son scappato via ma ti ritrovo qua!"
"Sbagli, ti inganni, ti sbagli soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per aspettar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua".
Non è poi così lontano Samarcanda,
corri cavallo, corri di là...
ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà.
"Oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo,
oh oh cavallo, oh oh".
Blowin’ in the wind
Blowin'
in the wind (lingua originale)
|
Soffiando nel vento (Traduzione letterale
|
How many
roads must a man walk down
Before you call him a man? Yes, 'n' how many seas must a white dove sail Before she sleeps in the sand? Yes, 'n' how many times must the cannon balls fly Before they're forever banned? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind. How many times must a man look up Before he can see the sky? Yes, 'n' how many ears must one man have Before he can hear people cry? Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows That too many people have died? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind. How many years can a mountain exist Before it's washed to the sea? Yes, 'n' how many years can some people exist Before they're allowed to be free? Yes, 'n' how many times can a man turn his head, Pretending he just doesn't see? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind. |
Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo? E quanti mari deve superare una colomba bianca prima che si addormenti sulla spiaggia? E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone prima che siano abolite per sempre? La risposta, mio amico sta soffiando nel vento, la risposta sta soffiando nel vento Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto prima che riesca a vedere il cielo? E quanti orecchie deve avere un uomo prima che ascolti la gente piangere? E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia che troppa gente è morta? La risposta, mio amico sta soffiando nel vento, la risposta sta soffiando nel vento Per quanti anni una montagna può esistere prima che venga spazzata via dal mare? E per quanti anni può la gente esistere prima di avere il permesso di essere libere E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa fingendo di non vedere La risposta, mio amico sta soffiando nel vento, la risposta sta soffiando nel vento. |
Quante le
strade che un uomo farà
e quando
fermarsi potrà?
Quanti mari
dovrà traversar
un gabbiano
per poi riposar?
Quando la
gente del mondo riavrà
per sempre la
sua libertà?
Risposta non
c’è o forse chissà
perduta nel
vento sarà….(2 volte)
Quando dal
mare un’onda verrà
e i monti
lavare potrà?
Quando per
l’uomo che deve lottar
il duro
cammin finirà?
Quante
persone dovranno morir
perché sono
in troppi a morir?
Risposta non
c’è o forse chissà
perduta nel
vento sarà…..( 2 volte)
Lettura eucaristica
Quando sarai triste
siediti sul ciglio della strada
e attendi che il vento
ti porti la voce dell'ignoto.
Ascolta in silenzio quello che la voce ti dice,
e poi, alla luce del sole,
chiediti se tutto ciò è possibile.
Rimani così nella calma
sino a quando dal cielo scenderà la sera
perché anch'essa avrà un messaggio per te.
Rimani seduto sul ciglio della strada
sino a quando si accenderanno le stelle
perché anche loro avranno qualcosa da dirti.
Poi verrà la notte
con la sua lunga pausa di riflessione
e ti verrà in mente la vita.
Allora pensa di essere sempre te stesso
a qualsiasi costo,
e non fingere mai con gli affetti profondi
come l'amore, unica cosa grande al mondo.
Accetta con serenità il passare degli anni
perché anche la vecchiaia è un atto della vita.
L'uomo dimostra di essere piccolo o grande
a seconda dell'importanza che dà alle grandi
o alle piccole cose.
Ricordati che se sei venuto al mondo
hai pieno diritto di esistere.
Cerca Dio anche se non sai dove abita
e abbi sempre comprensione per tutti.
Rimani seduto sul ciglio della strada sino all'alba.
Passerà qualcuno e ti chiederà se ti sei perduto
e tu risponderai che ti stai cercando.
Accogliamo questo messaggio
come dono di serenità e saggezza
che ci rende liberi e consapevoli
e vogliamo coniugarlo con il messaggio
ed il gesto di Gesù il quale
prima che venisse ucciso,
mentre sedeva a tavola con i suoi amici,
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
"prendete e mangiatene tutti, questo è il mio
corpo".
Poi, preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero e disse loro:
"questo è il mio sangue
che viene sparso per tutti i popoli".
I vangeli di ieri
e i vangeli di oggi
siano intrecciati
in una memoria unica
che dà fondamento e senso alla vita.
[1] Ghiannis Ritsos (1909
-1990) è stato un importante poeta greco contemporaneo; ebbe una infanzia
difficile segnata da gravi lutti familiari; da adulto partecipò prima alla
lotta di resistenza contro i nazisti e poi contro i governi dittatoriali o
reazionari succedutisi in Grecia
tra il 1936 e il 1970, non dimenticando
mai la sua passione per la letteratura e la poesia.
“L'albino africano”
Nel passato, l'albino era considerato un diverso per l'handicap
del colore della pelle, degli occhi,
e dei capelli. Nell'antichità un bianchissimo neonato poteva
parere strano in Africa, ma era comunque, considerato un cucciolo umano come
tutti gli altri bambini.
Un dono di Dio o di Madre natura. Difatti la tradizione sociale,
economica, politica e religiosa imponeva di rispettare la vita degli innocenti,
di abolire la violenza, l'assassinio e ogni comportamento criminale.
E la collettività capiva che era una malformazione quella
pelle e che andava protetta dai raggi del sole spalmandola di burro.
Nel tempo la superstizione
attribuì all'albino dei difetti imprecisati, che per il superstizioso
erano reali. Vedere un albino scatenava in loro un sentimento di paura che
esorcizzavano coi riti, come:”sputarsi sul cuore, e pregare dio di non
mettere al mondo” un simile figlio.
O “evitare di guardarlo negli occhi.” Il sapere vulgato
quasi proverbiale dice che gli occhi sono
lo specchio dell'anima dell'uomo e della donna...Allora cosa
vedeva lui in quegli occhi-specchio?
Forse vedeva il riflesso di se stesso? Ma nonostante la
stupida superstizione, nessuno aveva
mai pensato che quel corpo avesse poteri magici.
“Moda
o follia...?”
Oggi,come nel XX secolo, ogni educazione politica,
economica, sociale e religiosa è più o
meno pervasa dal potere omologante del denaro. Poiché, come
sosteneva Simone Weil, nulla è
seduttivo, affascinante e semplice da apprendere come una
cifra, anche da un bambino.
È
così che ogni educazione si muta in diseducazione e costringe la collettività a
disinteressarsi di de stessa per seguire l'imposto pensiero e agire della
frustrante omologazione. Così che a educare la cittadinanza a pensare,
riflettere e agire secondo “I diritti-umani” pare di lottare contro i
mulini a vento... .
In Africa Centrale dal pregiudizio che “ 'albino non può
morire, ma solo scomparire” e dalla
vergogna di avere messo al mondo un figlio bianchissimo, si
è passati all'orrore di pensare
e decidere che esso “è una preziosa preda. Poiché “vale
tanto oro quanto pesa per la diceria dei suoi poteri magici.”
Poteri illusori concretizzati in un macabro, orribile
commercio di neri-bianchissimi assassinati.
Poiché un “corpo” vale da “600 mila franchi = a
fino a 400 mila euro.”
In Tanzania è diffusa la moda dell'artigiano stregone-commerciante
il quale prepara intrugli
con ossa, sangue e capelli degli albini. Questi sono
ricercatissimi dai superstiziosi, convinti di
trovare grazie ad essi le gemme più preziose e diamanti, e
da chi crede di poter tirare su copiose pescate nel lago Vittoria.
Dopo quaranta omicidi il governo per proteggere gli albini
indice il censimento. Col risultato che
nel 2008 la superstizione che sfocia nel criminale commercio scoppia in
Burundi. Nel 2010 si rileva che quattro albini al mese vengono immolati
sull'altare del dio denaro.
E che all'Associazione ASF (Albini
senza frontiere ) viene “rifiutata l'autorizzazione di
manifestare per chiedere che gli albini siano considerati
esseri umani e siano accettati per quello che sono,”
Così come avveniva in passato. Occorre sostiene il presidente
dell'Asf che il governo:
“si metta in gioco affinché
gli albini e tutti i burundesi possano essere coscienti che la sicurezza dei
diversi non può essere garantita che dalla popolazione,” quando essa riesce
a “capire che questi premeditati assassini sono un attacco ad ogni diritto
alla vita e al fatto che tutti” donne e uomini, “nascono liberi e
uguali.”
Gli ignobili sostenitori del criminale commercio l'attribuiscono
alla miseria che genera la crisi dei valori, non all'ignoranza nella quale la
gente è tenuta, derubata della possibilità di usare liberamente il proprio
pensiero. Per conoscere e rispettare gli altri e rispettando se stessa.
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