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domenica 16 giugno 2013

La scuola pubblica

Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 16 giugno 2013
Percorsi di memoria
l’impegno per la laicità continua
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con Corrado Mauceri

1. Lettura dal Vangelo: Date a Cesare quel che è di Cesare
2. Sul filo della memoria…sostenitori da sempre della scuola pubblica
3. La Consulta per la Laicità e il lavoro fatto quest’anno
4. Il Referendum sulla scuola pubblica a Bologna. Alcune informazioni e alcuni articoli


1. Lettura dal Vangelo: Date a Cesare quel che è di Cesare

Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.
Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno.
Dicci dunque il tuo parere: E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro.
Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?».
Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.
                                                                                                               [Matteo, 22, 1-22]

da capitolo 6 “Laicità” in Obbedienza e Libertà di Vito Mancuso

[..] Questa frase del Vangelo è all’origine della storia politica dell’occidente e della separazione fra sacro e profano, genesi del concetto moderno di laicità. L’apporto specifico di Gesù non consiste tanto nella sottolineatura della sovranità di Dio, già presente in ogni pagina della Bibbia; consiste piuttosto nella consapevolezza che la sovranità divina non è in concorrenza con la sovranità terrena perché si gioca su un piano del tutto diverso. Si tratta di una visione che consegna il mondo e la sua gestione (cioè la politica, il diritto, l’economia, la scienza, la cultura) alla laicità, cioè a quella dimensione della mente nella quale si procede con ragionamenti e conclusioni che devono essere validi per sé stessi, “etsi deus non daretur”, [come se Dio non ci fosse] scrisse Ugo Grozio nel 1665. 
Appare evidente quindi che i mille anni dello Stato Pontificio con i suoi eserciti, le sue monete, i suoi tribunali, le sue condanne, furono anzitutto un tradimento della distinzione evangelica.
Dante lo dichiara apertamente:

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre
(Inferno, XIX, 115-117)




2. Sul filo della memoria… sostenitori da sempre della scuola pubblica

Da: “Isolotto la scuola e il Quartiere. 50 anni di storia”
Mauro Sbordoni così racconta:” ..Fra le varie sedi disponibili nella città avevo scelto l’Isolotto perché pensavo che in un quartiere popolare ci fosse più bisogno e anche “più attesa” di scuola e quindi che il lavoro di insegnante si potesse caricare di significati maggiori….Il breve viaggio di quel giorno oltre i limiti della città da me normalmente praticata si concluse alle “baracche verdi dell’Isolotto”…. Il complesso scolastico delle baracche era di una semplicità assoluta. Da un lato della strada i blocchi destinati alle classi maschili, dall’altro quelli destinati alle classi femminili. Ogni blocco aveva un vano d’ingresso con un tavolinetto, l’armadietto, le sedie destinate al custode di turno.. Su questo vano prospettavano quattro porte: due erano quelle delle aule, le altre due quelle dei gabinetti con lavandino… Le aule all’interno avevano… la cattedra, la lavagna, un armadietto, una o due carte geografiche. Una stufetta elettrica per riscaldare l’ambiente. Le baracche guardavano su un piazzaletto asfaltato che era il luogo del ritrovo comune e della ricreazione. Questi edifici scolastici (chiamiamoli così) erano agli antipodi rispetto alla tipologia edilizia delle scuole dell’epoca che risalivano tutte al periodo fascista… denotate da una funzione di rappresentanza con volumi rilevanti, grandi accessi con portoni austeri e ampie  scalinate, grandi finestrature. Tutto ciò connotava la funzione statale e ufficiale delle scuole come edifici “su”. Le baracche dell’Isolotto invece erano edifici “tra” le case del quartiere.. dalle aule…. si potevano sentire i discorsi che si facevano nelle abitazioni… si potevano udire i rumori che appartenevano in gran parte all’universo femminile… Io quindi, facendo il maestro, potevo sentire e vedere quanto accadeva intorno, ma potevo anche, mentre facevo scuola, essere ascoltato e visto dalle finestre degli edifici prospicienti…. Tutto questo a me piaceva molto. Perché mi dava l’idea di essere un maestro “tra” e non un maestro “su”…

L’inaugurazione della nuova scuola della Montagnola  aprì un primo processo di discontinuità rispetto alle baracche…. Essa si poneva “fuori” e “al di sopra” rispetto alla trama delle abitazioni….. era su un abbozzo di collinetta…. al centro di un giardino; le aule si presentavano come schiere di casette con porte a vetri sui giardini…. L’interno era a configurazione stellare con ampi atrii su cui si affacciavano aule non troppo grandi, suggerendo così l’idea di classi di non oltre 20 alunni e l’utilizzo degli atrii per attività comuni tra le classi e per l’allestimento di angoli strutturati per il lavoro a piccoli gruppi…… insomma una struttura scolastica che suggeriva, quasi imponeva, una didattica e un tessuto di relazioni interne ed esterne del tutto nuovi….

Scuole: perché il decennio che va dal ’65 al ’75 è il decennio della crescita.. e della costruzione di scuole, costruzione rivendicata dai movimenti di base, dai comitati di quartiere…
La costruzione all’Isolotto della Scuola Media, della Scuola Elementare di Via dei Bassi, della scuola materna della Montagnola pose le condizioni per la creazione di un vero e proprio movimento per la scuola: si posero allora le questioni della creazione di una scuola media veramente unificata e unificante, della continuità fra scuola elementare e scuola media, fra scuola dell’infanzia e scuola elementare, fra scuole e territorio…

Franco Quercioli:” Ventidue anni, tanta voglia di lavorare e il gusto per l’avventura Fu così che scelsi l’Isolotto. Mi piacque il villaggio Gescal, le sue stradine e le piazzette interne, le piante e gli alberi; un posto dove i ragazzi giocavano per la strada e la sera d’estate la gente scendeva fuori con la seggiola a prendere il fresco. E poi la chiesa, Don Mazzi e Don Gomiti: due facce di uomini veri e non da prete, uno sguardo che mi dava il senso del futuro, il futuro che volevo abitare….. Nelle aule delle baracche ci si stava stretti. Il pavimento fatto di legno rintronava sotto i piedi degli scolari…

Era una mattina nebbiosa del 1969, uno di quei novembre umidi e diacci che a uscir di casa ci vuole coraggio… A tirar su la tenda ci volle poco e io ci attaccai sopra un cartello bianco, grande, che si vedesse bene da lontano: ”Erigenda scuola materna”…. E poi altri cartelli che spiegavano l’occupazione della Montagnola che la gente del quartiere aveva deciso la sera prima in assemblea. “No al dancing, sì alla scuola materna, assessore ripensaci, non alla speculazione edilizia”… Qualcuno portò le sedie pieghevoli delle baracche, qualcuno pensò agli spaghetti. Il vino non ci mancò e neppure il caffè a bollore…… Tre anni dopo i bambini dell’Isolotto andarono alla scuola materna della Montagnola……

Ancora negli anni 70: Eliminare le radici della selezione. Lettera degli insegnanti elementari e medi dell’Isolotto alla popolazione:
“Gli insegnanti della scuola elementare e media dell’Isolotto dopo aver discusso in una serie di riunioni il problema della selezione (bocciature, ripetenze, classi differenziali..) e del recupero scolastico, esprimono la convinzione che fino dalla scuola dell’obbligo vadano eliminate le radici della selezione per cui si discriminano gli alunni in base al merito scolastico ricorrendo sistematicamente alle bocciature e alle classi differenziali senza riuscire ad incidere sulla loro formazione intellettuale. Pensiamo anche che non serve a niente promuovere tutti; in tal caso il problema viene solo rimandato: dalla scuola elementare alla scuola media, alle scuole superiori e ai luoghi di lavoro dove i ragazzi pagheranno duramente la loro inferiorità culturale. La promozione quindi non ha senso se non si eliminano contemporaneamente le cause dell’insufficienza culturale. Solo eliminando le disuguaglianze culturali tra gli alunni che sono specchio delle disuguaglianze economiche e sociali, è possibile creare una autentica comunità scolastica dove si affermino quei valori di giustizia e di uguaglianza che non sono presenti in questo tipo di società…..”
Seguono una serie di proposte concrete perché le cose comincino a cambiare: unità di insegnamento, libertà di sperimentazione, istituzione di biblioteche e laboratori, 20 alunni per classe, corsi di recupero permanenti, ecc…

3. La Consulta per la Laicità di Firenze e il lavoro fatto quest’anno

3.1 Scheda informativa

Data di nascita: la  Consulta per la Laicità del Comune di Firenze è nata il 16.02.2009.

Scopo (dall’art.2 del Regolamento):
1. La Consulta per la Laicità è un organismo di partecipazione ed ha per scopo il perseguimento delle seguenti finalità:
·       raccolta di documentazione, dati statistici, pubblicazioni relativa ai diversi Movimenti, Associazioni, Comitati, Gruppi onde averne un più esauriente quadro conoscitivo;
·       organizzazione di incontri e seminari su grandi temi del dibattito civile quali scuola, giustizia, lavoro, sanità, diritti individuali;
·       promozione del principio di laicità relativamente a problemi etici, bioetici, politici, economici, demografici;
·       promozione di iniziative a favore della pace nella giustizia e per la tutela dei diritti civili.
2. La Consulta potrà trasmettere alla Amministrazione, oltre al rendiconto della propria attività, valutazioni e proposte relative a tematiche di sua pertinenza.


Presidente: Leonardo Bieber
Vice presidente: Picchi Debora (rappresentante dell’Associazione ”Libere Tutte”)

Associazioni che fanno parte della Consulta: Libere tutte; Laboratorio Laicità; Azione Gay Lesbica; UAAR;  Per la Scuola della Repubblica; Sinistra per la Costituzione; Il Giardino dei Ciliegi ; ARCI Coord. Genitori DemocraticiComitato per la Difesa della Costituzione; Fratellanza FiorentinaPer una Sinistra Unita e Plurale; Libera uscita; Comunità dell’Isolotto; Il Filo Rosso; Per un’ altra Città.

3.2 Adesione della Comunità dell’Isolotto alla Consulta per la Laicità - aprile 2009
La Comunità dell’Isolotto ha aderito alla Consulta per la Laicità nell’aprile 2009. Questo il comunicato dell’Assemblea nella quale si è discussa e decisa questa adesione.

Assemblea settimanale della Comunità dell'Isolotto
L'incontro comunitario che si svolgerà domenica 5 aprile alle ore 10,30 alle Baracche dell'Isolotto via Aceri 1 Firenze sarà dedicato a socializzare il senso e l'importanza della Consulta per la laicità del Comune di Firenze. Sarà presente Marco Ricca, consigliere comunale, promotore della Consulta. Si parlerà anche della mozione per un dignitoso funerale civile nell'ambito dell'intero Comune di Firenze, anch'essa promossa da Ricca insieme a Giuseppe D'Eugenio presidente del Q4.
La Consulta per la Laicità  del Comune di Firenze é già realtà: il suo regolamento approvato di recente dal Consiglio Comunale é esecutivo. Si tratta ora di passare alla fase operativa che ha come premessa l'informazione  e l'invito a tutte le Associazioni, Movimenti, Circoli ecc. di carattere laico che vorranno partecipare come soggetti attivi. La Comunità è ovviamente interessata a  questa  iniziativa.

3.3 Intervento di Corrado Mauceri della Consulta

3.4 L’intervento della Consulta per la laicità del Comune di Firenze a sostegno del referendum di Bologna per il diritto di tutti/e alla scuola pubblica.
Il 26 maggio p.v. si svolgerà a Bologna il Referendum consultivo promosso dal “Comitato Art. 33” per rivendicare il diritto di tutti i cittadini alla scuola pubblica dell’infanzia fino  all’istruzione secondaria superiore.
La Costituzione difatti afferma all’art. 33: La Repubblica detta la norme generali dell’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Lo stesso art. 33 nel prevedere il diritto di Enti e privati di istituire proprie scuole, afferma “senza oneri per lo Stato”.
La Repubblica quindi ha l’obbligo costituzionale di istituire scuole pubbliche per tutti e  non può, come invece avviene a Bologna con la complicità  del Comune di Bologna, a causa dell’insufficienza di scuole pubbliche dell’infanzia, costringere i cittadini a rivolgersi alle scuole private, in gran parte confessionali; né il Comune e/o lo Stato possono, al fine di contenere la spesa pubblica, fare convenzioni con le scuole private, erogando ad esse contributi pubblici e costringendo le famiglie a iscrivere i loro figli nelle scuole private.
Le scuole private, peraltro in gran parte confessionali, hanno il diritto costituzionale  di essere scuole di  orientamento anche religioso e non sono tenute a garantire i principi di laicità e di pluralismo culturale che la scuola pubblica deve invece garantire.
La Consulta per la laicità  del Comune di Firenze manifesta anche la propria preoccupazione per le dichiarazioni del Presidente della CEI, Cardinale Bagnasco che, in palese violazione della Costituzione, rivendica per le scuole private un ulteriore incremento dei finanziamenti pubblici rispetto a quello già illegittimamente sono erogato.
La Consulta per la laicità del Comune di Firenze ribadisce con fermezza che tutte le risorse pubbliche devono essere utilizzate per  la scuola pubblica ed auspica un forte successo dell’iniziativa  referendaria del Comitato Bolognese per l’art. 33 e per la difesa della Costituzione ed invita il Consiglio Comunale di  Firenze   farsi promotore di tutte le opportune iniziative per il pieno sviluppo della scuola pubblica e per il rispetto della Costituzione.

4. Il Referendum sulla scuola pubblica a Bologna. Alcune informazioni e alcuni articoli

Il 26 maggio 2013 si è svolto a Bologna un Referendum consultivo sulla destinazione di risorse finanziarie alle scuole dell’infanzia a gestione privata da parte dell’Amministrazione comunale.

BREVE STORIA
·       La proposta di referendum presentata dal Comitato referendario “Nuovo Comitato Articolo 33″ è stata giudicata ammissibile dai garanti del Comune il 24 luglio 2012.
·       Perché il referendum potesse essere indetto, era necessario raccogliere almeno 9.000 firme in 3 mesi, ne sono state raccolte 13.500, il 50% in più del necessario.
·       Per favorire la partecipazione e ridurre i costi il Comitato promotore ha chiesto che il Referendum si svolgesse in concomitanza delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013, ma il sindaco non ha accolto questa istanza e ha indetto il referendum per il 26 maggio 2013.
·       Il comitato ha chiesto un numero e una dislocazione sul territorio di seggi tale da assicurare la maggior partecipazione possibile ma il sindaco ha individuato solo 199 seggi, lasciando scoperte alcune zone.

IL COMITATO PROMOTORE: è composto da 400 cittadini e da un vasto insieme di soggetti collettivi tra cui[1]: Assemblea Genitori e Insegnanti di Bologna e provincia; Associazione Nuovamente; Associazione Per la Sinistra Bologna; Chiesa metodista Bologna; Circolo UAAR Bologna; Cobas Scuola Bologna; Comitato bolognese Scuola e Costituzione; Comitato genitori nidi e materne; Coordinamento precari scuola Bologna; CUB Bologna; Federazione Lavoratori Conoscenza – CGIL; ; FIOM Bologna; Rete Laica Bologna; Scuola Infanzia LiberA Tutti; USB Bologna.

IL QUESITO: Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali
b) utilizzarle per le scuole paritarie private”.

PERCHE’ IL COMITATO HA VOLUTO QUESTO REFERENDUM
·       Per la scuola pubblica. E’ la scuola di tutti, laica e gratuita. Forma il cittadino democratico. Subisce tagli feroci. Intanto i finanziamenti alla scuola privata paritaria crescono o rimangono inalterati.
·       Per i diritti. Quest’anno a Bologna più di 300 bambini sono rimasti esclusi dalla scuola pubblica, che è un diritto costituzionale, per mancanza di posti e risorse. Saranno costretti a frequentare una scuola dell’infanzia privata, a pagarne la retta e a sottoscrivere un progetto educativo che non condividono (nel 99% dei casi confessionale). E l’anno prossimo quanti saranno gli esclusi dalla scuola pubblica?
·       Per la democrazia. Bologna è stata un modello della scuola dell’infanzia pubblica. E oggi? Il diritto alla scuola pubblica è una questione di democrazia. Riorientare la bussola della politica spetta ai cittadini. Il tuo voto è una scelta di democrazia e di partecipazione.
Il Comune di Bologna ha iniziato a destinare risorse economiche alla scuola comunale per l’infanzia privata nel 1995 destinando 295.000 euro, nel 2011 tali risorse erano quadruplicate arrivando a 1.188.585 euro (Grafico 1).

Graf.1–Finanziamenti comunali alla scuola dell’infanzia privata. Comune di Bologna 1994-2011
Fonte 1: Comitato Referendario, 2013

Le scuole private non ricevono finanziamenti solo dal Comune ma anche da Stato e Regioni. Il Grafico 2 mostra l’andamento dei finanziamenti complessivi dati alla scuola dell’infanzia privata di Bologna.

Grafico 2 - Andamento dei Finanziamenti comunali destinati alla scuola dell’infanzia privata. Comune di Bologna – 1994 - 2011
Fonte 2: Comitato Referendario, 2013

RISULTATI: hanno espresso un voto valido 85.934 persone (poco meno del 30% degli aventi diritto al voto). Il 59% di essi ha votato l’Opzione A esprimendo la volontà che le risorse finanziarie comunali siano destinate alle scuole comunali e statali; mentre il 41% ha votato l’Opzione B esprimendo la volontà che tali risorse siano destinate come finora alle scuole paritarie a gestione privata.



4.1 L’Amaca di Michele Serra – La Repubblica 25 maggio 2013













4.2 “La buona azione di Bologna”  di Stefano Rodotà - Il Manifesto 5 maggio 2013
Si svolge domenica 26 maggio a Bologna un referendum sul finanziamento alla scuola privata importante, difficile e rischioso. Ma la politica, quella vera, è anche, e in molti casi soprattutto, proprio capacità di assumere rischi quando sono in questione principi, quando bisogna cercar di promuovere mutamenti nella società e nel sistema politico-istituzionale. Quel che dovrebbe sorprendere, allora, non è che qualcuno abbia avuto l'ardire di promuovere un referendum, ma che questo referendum si debba fare. E oggi, in presenza di iniziative politiche a dir poco azzardate, è più che mai necessario riprendere il filo, spezzato in questi anni, della politica costituzionale e della legalità che essa esprime.
L'oggetto specifico è quello ricordato - risorse pubbliche a beneficio di scuole private. Per giustificare questa scelta, a Bologna, e non solo, si adoperano argomenti di opportunità e ritornano le contorsioni giuridiche alle quali da anni si ricorre per aggirare l'articolo 33 della Costituzione. Ma questo, davvero, è un punto non negoziabile, per almeno due ragioni. La prima riguarda la necessità di rispettare la chiarissima lettera della norma costituzionale che parla di una scuola privata istituita «senza oneri per lo Stato». Ma bisogna anche ricordare - e questa è la seconda considerazione - che è sempre la Costituzione a prevedere che lo Stato debba istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi». In tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità possibile. Non a caso, Piero Calamandrei definì la scuola pubblica «organo costituzionale», individuando la linea dalla quale non può allontanarsi nessuna istituzione dello Stato.
Il cardinale Bagnasco ha dichiarato che quel finanziamento permette allo Stato di risparmiare. Non comprende che non siamo di fronte a una questione contabile. Si tratta della qualità dell'azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini. La consapevolezza di questi doveri si è assai affievolita in questi anni, e le conseguenze di questa deriva sono davanti a noi. È ottima cosa, allora, che siano proprio i cittadini a ricordarsene e a chiedere con un referendum che la legalità costituzionale venga onorata. I cittadini bolognesi hanno oggi la possibilità di far valere un principio, al di là delle convenienze. E, comunque si concluda questa vicenda, è stata fatta una buona azione civile, destinata a lasciare un segno nelle coscienze.
Buon voto a tutte e a tutti.

4.3 “Così la scuola ha vinto tre volte” di Antonia Sani,  Il Manifesto 29 maggio 2013

Il referendum ha rilanciato l'art. 33 della Costituzione La vittoria conseguita dal comitato referendario della città di Bologna è netta. Il 59% dei votanti contro il 37%, scegliendo l'opzione A, ha detto «no» al finanziamento del comune alle scuole dell'Infanzia private paritarie.
È un risultato di grandissima portata almeno per 3 ragioni:
          1) la prima è di ordine politico. La discesa in campo di uno schieramento che riuniva Pd, Pdl, Lega Nord, chiesa cattolica, animato dal sindaco e addirittura dall' ex presidente del consiglio, il bolognese Romano Prodi, non ha commosso la città, né sotto il profilo della chiamata al voto, né sotto quello della scelta «obbediente» dell'opzione B. Bologna ha rivendicato la sua tradizione di città democratica, impegnata nel sociale. Questa volta a fianco di quei genitori che semplicemente chiedevano ciò che la Costituzione ha loro garantito: una scuola pubblica per i loro bambini e bambine;
          2) la seconda ragione è l'incoraggiamento a noi tutti a non abbandonare la lotta, anche quando da Davide si tratta si affrontare un Golia, un Golia che oggi è rappresentato dall'indifferenza, dalla rassegnazione, da un'opinione pubblica trascinata verso chi è decretato «vincente» dai più diffusi mezzi di informazione. Il comitato referendario «Articolo 33» ci ha dimostrato che con l'intelligenza, la tenacia, la certezza di combattere per «la cosa giusta» si può sconfiggere Golia.
          3) ultima ragione, ma per noi la più importante, è la conferma di quel «senza oneri per lo stato» voluto dall'Assemblea Costituente in quell'aprile del 1947. Certo, neppure una vittoria dell'opzione B avrebbe potuto scalfire il dettato costituzionale ma importantissima è stata la sua riconferma popolare. Significa che si è riconosciuto ancora una volta che la Scuola dell'Infanzia è «scuola» e non «servizio» e come tale deve essere finanziata senza concessioni a un sistema integrato che ne nega il pluralismo.
Quando diciamo «Bologna riguarda l'Italia» intendiamo dirci disponibili a sostenere un fronte su tutte le analoghe situazioni che colpiscono i genitori nei diversi territori, affinché il dettato costituzionale venga finalmente rispettato, e la legge 62/2000 istitutiva del sistema nazionale integrato venga finalmente denunciata per ciò che rappresenta: un attacco all'articolo 33 della Costituzione. Alle associazioni, agli amici ai compagni e alle compagne di Bologna va il più vivo ringraziamento e la solidarietà dell'associazione nazionale «Per la Scuola della Repubblica».

4.4      A Bologna si riparte da 50.000 di  Wu Ming (gruppo di scrittura collettiva) 27.5.2013

E così l’esercito di Serse è stato battuto. Cinquantamila bolognesi  (59%) hanno risposto alla chiamata dei referendari e hanno votato A, contro circa 35.000 che hanno votato B (41%).
 In totale poco più del 28% degli elettori. Una percentuale che a botta calda consente ai sostenitori della B, il Partito Democratico in testa a tutti, di provare a sminuire la valenza del voto e di spingersi a
dire che “si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini. I bolognesi hanno capito che la sussidiarietà è la chiave di volta laddove lo Stato non riesce ad
arrivare” (E. Patriarca). Come a dire: non è successo niente, tireremo diritto.
Invece qualcosa è successo, per quanto possano fare i finti tonti. Il PD infatti non ha sostenuto la linea dell’astensione, ha fatto l’opposto, ha mosso le corazzate e l’artiglieria pesante per mandare
la gente a votare B. Si è speso il Sindaco in prima persona (che ha mandato una lettera a casa dei bolognesi per invitarli a votare B, e ha fatto un tour propagandistico per tutti i quartieri), gli
assessori, il partito locale, i parlamentari da Roma… Ai quali si è aggiunta la propaganda nelle parrocchie, quella del PdL, della Lega Nord, di Scelta Civica, della CISL, e gli endorsement di Bagnasco, di Prodi, di Renzi, di due ministri della repubblica, più le dichiarazioni di Ascom, Unindustria e CNA.
Questa santa alleanza contro i perfidi referendari ideologici è riuscita a muovere soltanto 35.000 persone (incluse le suore, le prime a presentarsi ai seggi ieri mattina). Significa che una buona parte dell’elettorato di quei partiti e dei fedeli cattolici ha disobbedito agli ordini di scuderia ed è rimasta a casa oppure ha votato A. Invece un comitato di trenta volontari, appoggiato solo da un paio di partiti minori e qualche categoria sindacale, che ha raccolto l’appoggio di tutti gli ultimi intellettuali e artisti di sinistra rimasti in Italia, ha portato a votare quindicimila persone in più.
Questo dato politico è il più interessante e pesante. Da un lato perché significa che il tema della riaffermazione del primato della scuola pubblica rompe gli schieramenti, i vincoli d’obbedienza, le usuratissime cinghie di trasmissione, e allude a una sinistra reale che potrebbe e dovrebbe ricostruirsi a partire da alcuni temi fondativi. Dall’altro lato perché se con le percentuali si può giocare al ribasso o al rialzo, invece con i numeri assoluti c’è poco da fare, vanno presi come sono. E cinquantamila sono esattamente la metà dei voti che Virginio Merola ha preso nel 2011, quando è stato eletto sindaco. Se questa giunta e questa classe dirigente hanno intenzione di tirare diritto, come traspare dalle prime dichiarazioni, dovranno considerare l’eventualità concreta che la marcia, scandita a ogni passo dall’incertezza e dalla paura, termini con una disfatta.
Le notizie che giungono dalla capitale non saranno di conforto per lorsignori: un altro mix micidiale di scarsa affluenza e sconfitta; disgusto per gli schieramenti politici e per qualcuno più che per altri.
La risposta a tutto questo è quella di Bologna: organizzazione dal basso e ingaggio della cittadinanza sui temi importanti, sulle scelte di indirizzo. La dimostrazione che “si può fare”.
Dunque oggi si riparte da qui. Da quota cinquantamila. Avanti.

4.5 Miracolo a Bologna: Davide batte Golia - di Paolo Flores d’Arcais – Micromega 28.5.2013
Domenica è avvenuto un miracolo, ma l’establishment ha ordinato di battezzarlo “flop” e i media della disinformazione unica sono scattati sull’attenti e hanno intonato un pronto “obbedisco!”. Il miracolo è avvenuto a Bologna. Da una parte una trentina di cittadini, senza risorse se non una grande passione civile e l’amore adamantino per la Costituzione repubblicana. Dall’altra tutti i poteri della città, ma proprio TUTTI: dal cardinal Caffarra al sindaco Pd, dalla confindustria alle coop, da Comunione e liberazione alla Lega, fino alla ciliegina di Romano Prodi. Le parrocchie scatenate come ai tempi della guerra fredda, di Gedda e delle madonne pellegrine. Le sezioni Pd con l’ordine tassativo di mobilitarsi (l’ha fatto solo la nomenklatura di partito). I media locali allineati e intruppati come una falange macedone.
Eppure i laici-laici hanno vinto con un perentorio 59% contro il 41% del Potere unificato clerico-partitocratico-affaristico-mediatico. Davide contro Golia, ma un Davide che non aveva neppure la fionda. Un miracolo. Che sarebbe un flop perché comunque a votare è andato meno di un cittadino su tre. Non si rendono conto, i megafoni e i lacchè dell’establishment, che si danno la zappa sui piedi? Gli strumenti per una mobilitazione di massa ai seggi li avevano solo il cardinale e il sindaco, ma se con tutto l’enorme dispendio di mezzi materiali e di grancassa “giornalistica” sono riusciti a portare alle urne solo 35 mila pecorelle obbedienti, suona davvero ridicolo e risibile che giudichino un flop i cinquantamila elettori che sono stati convinti da un pugno di cittadini liberopensanti e del tutto privi di mezzi e di potere. A Roma questo si chiama “conzolasse co’ l’ajetto”, cari signori della Curia e del Partito.
Naturalmente il comune, in mano al Pd (Partito doroteo), andrà avanti come se nulla fosse accaduto, continuerà a beneficiare la scuola privata sottraendo risorse a quella pubblica, toglierà cioè alla scuola di tutti per regalare soldi di tutti alla scuola di pochi e “dei preti”, calpestando il risultato del referendum (tanto era consultivo!) e irridendo alla Costituzione, che le scuole private le tollera solo se “senza oneri per lo Stato”. E’ allora sperabile che il comitato “articolo 33” non si sciolga ma rilanci, e anzi si trasformi in una organizzazione di più generale “cittadinanza attiva”, chieda le elezioni comunali anticipate e vi partecipi. Il non-voto in tutte le città, ormai di dimensioni gigantesche, sottolinea il divorzio dai partiti esistenti e l’insufficienza del solo M5S.

4.6 COMUNICATO STAMPA di SEL – da La Repubblica 27 Maggio 2013
Mauro Romanelli (Sel): "Ora una svolta anche in Toscana. I soldi devono essere usati tutti per la scuola pubblica, mentre anche nella nostra Regione le materne private ricevono oltre 2 milioni di euro di contributi diretti"
Il risultato di Bologna con la vittoria del referendum da parte dei cittadini contrari al finanziamento alle scuole materne private, deve far riflettere anche la Giunta Regionale Toscana, e produrre un'inversione di tendenza: anche qui troppe risorse vengono distolte all'Istruzione Pubblica, a favore delle scuole private" - è il commento del Consigliere Regionale di Sinistra Ecologia e Libertà Mauro Romanelli.
In Toscana, ad esempio, le scuole materne private paritarie ricevono dalla Regione 2 milioni di euro di contributi diretti da parte dell'Amministrazione Regionale, mentre ulteriori 450mila euro vengono ogni anno versati alla principale Associazione di Scuole Materne dell'Infanzia, la Fism, di impostazione cattolica, per progetti di coordinamento pedagogico-didattico e di messa in rete delle scuole private (!!!).
"Credo che tutto questo debba essere rivisto e che la Giunta Toscana debba concentrare le risorse sulle scuole pubbliche. Certamente da tempo la nostra Regione copre con svariati milioni di euro le classi di scuola materna statale che lo Stato ha lasciato scoperte, arrivando quest'anno ad erogare 6 milioni di euro, una cifra molto rilevante, a questo scopo. Così come va altrettanto riconosciuto l'impegno della Regione, quasi 2 milioni di euro annui, per le scuole materne comunali. Non possiamo quindi lamentarci, nel complesso, per l'impegno della nostra Giunta su questo tema: esso è infatti assai rilevante e di molto superiore a quanto realizzato in altre Regioni. Ma oggi il risultato del Referendum bolognese ci chiama a fare di più, e a rispettare integralmente lo spirito del Dettato Costituzionale: le scuole private possono esistere, ma SENZA ONERI per lo Stato".


4.7 “La scuola al centro della politica costituzionale” di S.Rodotà La Repubblica 10.6.2013

Dal mondo della scuola, da Bologna e da Napoli, arrivano indicazioni significative per stabilire quale debba essere oggi la politica costituzionale, e che mettono in evidenza l’importanza delle iniziative dei cittadini e l’illegittimità di vincoli economici che possono pregiudicare i diritti fondamentali delle persone. Grandi questioni di principio entrano così, con la forza della concretezza, in una discussione costituzionale da troppo tempo confinata in astratte e rischiose operazioni di “ingegneria istituzionale”, con scarsa considerazione dei principi da rispettare e disattenzione crescente per le essenziali questioni dei diritti.
È ormai ben noto che un gruppo di cittadini bolognesi aveva promosso un referendum sul finanziamento pubblico alle scuole materne private, ricordando che l’articolo 33 della Costituzione riconosce il diritto dei privati “di istituire scuole senza oneri per lo Stato”. Veniva così messa in discussione una linea di politica scolastica nazionale e locale costruita negli anni da maggioranze diverse, che aveva aggirato la norma costituzionale riconoscendo ai privati cospicui finanziamenti.
Contro il referendum si era costituito un massiccio schieramento che vedeva insieme il Pd, il Pdl e la Curia. Sembrava così che il risultato fosse scontato. E invece contro il finanziamento si è pronunciato il 58,8% dei votanti, smentendo non solo le previsioni, ma pure l’accusa secondo la quale si trattava di una iniziativa estremista e minoritaria, che metteva in discussione il diritto dei bambini appartenenti alle famiglie più svantaggiate. Se, infatti, si analizzano i risultati del voto quartiere per quartiere, emerge con nettezza il fatto che il sostegno al referendum è venuto proprio dalle zone più popolari dov’è più forte l’elettorato di sinistra che, dunque, non si è allineato alla posizione ufficiale del Pd. Si è cercato di sminuire il significato del referendum insistendo sulla bassa affluenza alle urne (28,7%). Argomento debole, soprattutto in tempi di astensionismo generalizzato.
Ma il risultato bolognese si presta a riflessioni di carattere generale.
La prima riguarda la fedeltà alla Costituzione e la voglia delle persone di impegnarsi in iniziative che difendono principi: e questa è una indicazione importante in una fase in cui si vuole avviare una stagione di riforme che rischia di mettere in discussione proprio aspetti fondamentali del testo costituzionale.
La seconda si riferisce alla necessità di rispettare il risultato del voto referendario, anche se, come nel caso di Bologna, non ha valore vincolante. E, infatti, personalità eminenti del mondo cattolico, che si erano schierate a favore del mantenimento del finanziamento ai privati, hanno responsabilmente sottolineato la necessità di tenere comunque conto della volontà popolare.
La questione del rispetto dei risultati referendari non è nuova. Da due anni, da quando ventisette milioni di elettori votarono contro la privatizzazione dell’acqua, è in corso una guerriglia che vede istituzioni pubbliche impegnate nell’illegittimo tentativo di vanificare il risultato di quel voto. E negli ultimi tempi si è ripetutamente insistito sul fatto che, nel 1993, il 90% degli elettori votò a favore dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, poi mantenuto in vita con diversi artifizi. Sembra, invece, essersi perduta la memoria di quei sedici milioni di cittadini che nel 2006, votando contro la riforma costituzionale approvata dalla maggioranza berlusconiana l’anno precedente, confermarono l’impianto della Costituzione, opponendosi a forzature che avrebbero accentuato i rischi della concentrazione autoritaria del potere. Vale il richiamo al referendum sul finanziamento ai partiti e non quello sulla fedeltà alla Costituzione? Due pesi e due misure? Certo, i risultati referendari non escludono la possibilità di riprendere in esame i temi affrontati e nella mozione appena approvata dalle Camere sull’iter delle riforme costituzionali si dice esplicitamente che un referendum sarà possibile. Ma, istituzionalmente e politicamente, è preoccupante la disattenzione per una opinione pubblica che ha ripetutamente mostrato un orientamento ostile alle semplificazioni autoritarie del sistema costituzionale e la sua attenzione ai principi che lo fondano.

Principi che non possono rimanere sulla carta e che, quindi, non possono essere messi tra parentesi con l’argomento dei vincoli imposti dalla crisi economica. È questo il grande significato di una decisione della Corte dei conti che ha giudicato legittima una decisione del Comune di Napoli anch’essa legata al funzionamento delle scuole. Che cosa aveva fatto il Comune? Aveva approvato una delibera che consentiva la nomina degli insegnanti necessari per il funzionamento delle scuole dell’infanzia e degli asili nido, delibera che formalmente si poneva in contrasto con i divieti imposti dal patto di stabilità ai Comuni con pesanti buchi nel bilancio. La questione era finita davanti alla sezione campana della Corte dei conti, che doveva appunto accertare la legittimità dell’iniziativa presa dagli amministratori napoletani. L’argomentazione del Procuratore regionale è molto netta: “I pur fortissimi diritti di contenuto economico e finanziario posti a salvaguardia dell’integrità dei bilanci pubblici non possono incidere sui diritti fondamentali della persona”. E qui le persone sono le bambine e i bambini che sarebbero stati privati proprio della possibilità di accedere ad un servizio essenziale, come quello scolastico, con evidente violazione del diritto all’istruzione, elemento costitutivo del diritto costituzionale al libero sviluppo della personalità. Nella delibera del Comune, peraltro, si affrontava anche il tema della riduzione di altre spese, non altrettanto indispensabili, per sostenere quelle relative all’assunzione degli insegnanti. Sulla base di una dettagliata analisi delle norme vigenti e degli orientamenti delle corti italiane e europee viene così messa radicalmente in discussione la subordinazione dei diritti fondamentali alla logica economica, che sembra essere divenuta l’unica norma di riferimento del tempo che viviamo. Si blocca così una deriva che ha portato a vere e proprie sospensioni delle garanzie costituzionali. Il caso napoletano dovrebbe allora imporre un riflessione generale ad una politica disattenta e che sembra non più attrezzata per affrontare questioni di tale portata. Che però non possono essere eluse, perché intorno ad esse si costruisce quella politica costituzionale di cui sempre più si avverte il bisogno.
La scuola pubblica, scriveva Piero Calamandrei, è “organo costituzionale”. Quella definizione torna alla mente perché da lì, dal luogo dove principi fondativi e formazione civile s’incontrano, viene oggi una spinta forte per uscire dalla regressione nella quale stiamo sprofondando e per indicare alla politica l’orizzonte largo nel quale deve muoversi per recuperare credito e nobiltà.



4.8 Comunicato del Tavolo regionale per la scuola statale e dal Laboratorio Laicità di Firenze
     La bella lezione di Bologna e noi.

Pare quasi non esserci stato il referendum. Un silenzio e una censura fin troppo spiegabile hanno oscurato questa espressione di dissenso così radicale da farla apparire simile al fastidio di una sbucciatura del ginocchio da ragazzi, quando riprendevamo a giocare immediatamente senza dar troppa importanza al dolore.
La bella lezione di Bologna ci impone alcune riflessioni per il futuro immediato e conferma la forza dei nostri convincimenti.
Innanzitutto la scuola statale: è la scuola dell'inclusione e dell'accoglienza, della libertà di insegnamento e della pluralità, e tutti questi valori non sono negoziabili né disponibili nelle scuole di tendenza, ancorché regolamentate da apposite convenzioni. Le scuole di tendenza, che la Costituzione riconosce, sono altro e come tali devono essere «senza oneri per lo Stato».
Per questa ragione tutte le risorse devono essere disponibili per la scuola statale.
La bella lezione di Bologna riconferma il nostro obiettivo della generalizzazione della scuola dell'infanzia e lo riconferma sotto un duplice aspetto: il diritto dei bambini e delle bambine a frequentare una scuola laica e non confessionale o di tendenza; e l'obbligo costituzionale della Repubblica di istituire scuole di ogni ordine. Ricordiamo che tale obbligo costituzionale è espressamente previsto (art. 33) e non va confuso con l'obbligo scolastico (art. 34).
La bella lezione di Bologna conferma le crepe della nostra democrazia e i rischi dell'autoritarismo. La maggioranza del governo della città sembra non voler tener conto del risultato referendario, intenta come è a sminuirne il valore. In questo non è sola. I commenti di opinionisti e giornalisti si sono concentrati sulla bassa affluenza alle urne e attribuiscono l'astensione all'opzione B (quella che ha perso) o al disinteresse per il referendum stesso. Ignorano due dati essenziali: l'assenza di quorum è un elemento significativo del referendum consultivo o confermativo, come nel caso di quello di conferma o meno delle leggi costituzionali, che non consente logicamente di attribuire l'astensionismo ad una opzione o all'altra in assenza di argomenti indipendenti, tanto è vero che gli astensionisti possono aver disertato il voto proprio in ragione della sfiducia maturata nei confronti di un ceto politico incapace di ascolto e confronto. E questa ipotesi non deve essere del tutto peregrina, se guardiamo al dato generale dell'astensione anche solo nelle ultime due tornate elettorali del 2013. In secondo luogo scordano, quelli che hanno perso, di non aver invitato all'astensionismo, ma di votare l'opzione B che, appunto, ha ricevuto meno voti!
Noi chiediamo da tempo dati esatti sulle iscrizioni alle scuole paritarie, sul numero di bambini che restano in lista di attesa e su quanti sono costretti ad iscriversi alle scuole paritarie. Ma non riceviamo risposta, in Toscana e a Firenze.
Noi vorremmo sapere quante risorse sono dirottate alle scuole paritarie, ma è difficile rintracciare i mille rivoli del bilancio della Regione, delle Province e dei Comuni.
Noi vorremmo sapere se gli enti locali, la nostra Regione, i Comuni sono disponibili ad aprire dei tavoli di confronto con i cittadini e discutere. Qualche settimana fa abbiamo invece letto le dichiarazioni del nostro Presidente della Regione che dichiarava di voler aprire un tavolo di consultazione permanente con il FISM (Federazione Italiana Scuole Materne), mentre la reiterata richiesta di costituire una Consulta delle scuole, proposta dal nostro Tavolo, quale luogo di conoscenza e di confronto fra l'ente locale e la scuola, è stata rigettata.
Il referendum di Bologna può essere l'occasione di riaprire il confronto e inviteremo Comuni, Province e Regione a farlo, forti delle nostre ragioni, ragioni che spesso si scontrano con il muro della scarsezza di risorse. Ma forse qualche crepa in quel muro si intravede, se la Corte dei conti della Campania ha riconosciuto che talvolta si può sforare per far funzionare servizi indispensabili, come l'istruzione pubblica.



[1] Molti altri soggetti hanno aderito al Comitato promotore, tra cui: Agedo Bologna;Alleanza Lavoro Beni comuni Ambiente; Arcigay Il Cassero; ArciLesbica Bologna; Assemblea delle Scuole di Bologna e provincia; Associazione nazionale Per la Scuola della Repubblica; Bartleby; Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana; Circolo de Il Manifesto di Bologna; Comitato Acqua Bene Comune; Comitato No People Mover; Coordinamento Nazionale per la scuola della Costituzione; Educatrici ed educatori contro i tagli; Famiglie Arcobaleno; GenerazioneTQ; Il Bolognino; Italia Dei Valori; Medicina Democratica; M.I.T. – Movimento Identità Transessuali; Movimento 5 Stelle; Noa – Cultura bene comune; Partito Comunista dei Lavoratori; Partito dei Comunisti Italiani; Partito della Rifondazione Comunista; Partito Socialista di Bologna; Radio Città Fujiko; Resistenze Internazionali – Giovani Contro il Capitalismo; Rete dei Comunisti Bologna; Rete delle Città Solidali; Rete Sviluppo e Solidarietà;  Sinistra Ecologia e Libertà; Una nuova primavera per la scuola pubblica; Vag61 Verdi, ecologisti e reti civiche; L’area programmatica congressuale “La CGIL che vogliamo” Bologna.

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