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giovedì 30 gennaio 2014

Riflessioni sul neopentecostalismo in Brasile

Riflessione sul neopentecostalismo oggi in Brasile presentata da Elia De Virgilio (che sull'argomento ha fatto la tesi di laurea) nell'assemblea domenicale del 5 gennaio 2014 (v. sotto post "Giovanni Franzoni")



IL VANGELO DELLA PROSPERITA'

ALLA CONQUISTA DEI POVERI

riflessioni sul neopentecostalismo in Brasile


La crisi dei nostri giorni

Oggi abbiamo la certezza che non possiamo più andare avanti così. Il limite della “crescita” (demografica, materiale) sarà presto raggiunto in questo 21° secolo.
Questa certezza però significa che tante delle “certezze” sulle quali si basava la nostra civiltà, prima di tutto il  modello di crescita della società capitalista, stanno crollando. Proprio perché esse non prevedevano il raggiungimento di un limite, la fine del processo di accumulazione, o del progresso nella visione positivista.
Il mito del progresso, evocato tanto nel 19° secolo, epoca del positivismo e della grande rivoluzione industriale è perdurato e perdura fino ad oggi. Si continua a parlare di innovazioni tecnologiche, energie rinnovabili, sviluppo sostenibile etc. che dovrebbero permettere il cammino in salita di un progresso incessante.
Invece diventa sempre più evidente che le promesse del progresso non potranno essere mantenute.
Anche le speranze dell’Illuminismo, con la democrazia e la “pace perpetua”, si stanno rivelando dei sogni troppo belli per essere veri. Il termine democrazia sembra essere sempre più una semplice etichetta, una parola svuotata dal suo senso. Non sappiamo più chi o cosa votare, in quale ideologia credere e noi cittadini di “stati democratici” stiamo scoprendo che il potere è tutt’altro che nelle nostre mani e che, per di più, siamo sorvegliati e controllati se non addirittura perseguitati incessantemente dai nostri stati! A dirlo in altre parole: “le aspettative illuministiche… sono state smentite dalla storia” (Almond, Appleby, Sivan, 2006: 12).
Però forse più del futuro  della democrazia, dell’umanità  e in generale delle sorti di questo pianeta noi esseri umani ci stiamo preoccupando ognuno della sua lotta quotidiana di sopravvivenza. Qui in Europa assistiamo allo smantellamento dei sistemi di sicurezza sociale, all’aumento della disoccupazione, al lavoro sempre più precario. In altri continenti, neanche tanto lontani da noi, scoppiano guerre, le migrazioni aumentano (e vengono sempre più fortemente contrastate) e gli effetti della globalizzazione e di mercati sempre più aggressivi si mostrano con tutta la crudeltà. Buona parte della popolazione mondiale si concentra negli slum, le bidonvilles, i kampung o le favelas delle megalopoli del mondo (Davis, 2006).
Insomma, sembra che crescente miseria, conflittualità e incertezza stanno dominando la percezione dei nostri tempi.
Però noi esseri umani abbiamo bisogno di sicurezza, abbiamo bisogno di certezze a cui aggrapparci, su cui costruire le nostre vite, capaci di dare un senso a quello che facciamo (Bauman, 2007).


Il ritorno delle religioni

Le religioni e la fede in Dio da sempre hanno cercato di soddisfare questo bisogno di certezza in un modo trascendentale, quando la ragione umana non sapeva dare risposte.
Ma dall’epoca dell’Illuminismo in poi il processo di secolarizzazione ha diminuito in modo continuo l’influenza delle religioni, sostituito dalla “fede positivista” nella scienza, nella ragione, nel progresso, nel mercato.
Ora che siamo arrivati all’”eclisse delle grandi ideologie del 20° secolo” che erano state il marxismo e il liberalismo (Pace 1990: 164), assistiamo a un ritorno delle religioni? Il ritiro delle religioni dalla sfera pubblica è stato solo il primo tempo della partita tra la laicità e le religioni? E’ arrivato il tempo della “rivincita di Dio”? Come avviene questo ritorno o risveglio religioso? Come  si stanno evolvendo le religioni nei nostri tempi?
Gilles Kepel (1991) nel La rivincita di Dio fa un’analisi di questo processo, individuando gli anni ’70 come decennio di svolta nel quale avviene una inversione di tendenza negli sviluppi delle religioni. Sono anni turbolenti e con la crisi del petrolio per la prima volta la vulnerabilità del modello di sviluppo occidentale diventa visibile, percepibile. Nel contesto del “discredito globale della modernità” (Kepel 1991:13) un nuovo discorso religioso si viene affermando, in contrasto con il discorso religioso progressista avviato negli anni ’60. Questo fenomeno si manifesta all’interno di tutte le grandi religioni, in particolare nelle tre religioni del libro, il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam, ma anche in altre religioni come l’Induismo.
Il pentecostalismo come forma religiosa nasce già all’inizio del XX secolo negli Stati Uniti, ma è nella sua versione neopentecostale, a partire dalla metà degli anni '70, che arriva a conquistare le masse popolari ed avere un forte impatto sulle società dove vi è presente questa nuova variante del Cristianesimo, in particolare nei paesi del “terzo mondo”.
La domanda alla quale cerco di dare risposta nella mia tesi è questa:
Il neopentecostalismo è la nuova variante del Cristianesimo che più si adatta al mondo globalizzato e alla vita nelle grande città?

Il vangelo della prosperità

Tradizionalmente il Cristianesimo è una religione che si pone al lato degli umili e poveri. La festa del natale ci ricorda proprio questo: Gesù nasce in una stalla in mezzo ad animali. Sono i pastori dei campi i primi ad adorarlo. La sua provenienza è quella da una famiglia semplice e durante tutta la sua vita egli sta al lato degli ultimi. La condanna dell'accumulazione di ricchezze avviene più volte. Il passaggio più famoso è quando Gesù parla dell'impossibilità per i  ricchi di entrare nel regno dei cieli. Più facile sarebbe che un cammello passasse dal buco di un ago (Mt 19, 24).
I fortunati nella vita invece hanno bisogno. Necessitano di sapere che hanno diritto alla loro fortuna in questo mondo.
Con il rapido processo di modernizzazione che avviene in Brasile a partire dagli anni '60 e la conseguente ascesa sociale di una parte della società cresce questo secondo bisogno. Il boom economico e la crescita degli anni '90 e 2000 hanno sicuramente aumentato ancor di più il bisogno di dare un fondamento religioso alla nuova ricchezza in un paese con la distribuzione del reddito tra le più diseguali al mondo.
Il neopentecostalismo ha introdotto con successo la cosiddetta Teologia della Prosperità, una dottrina che propone una interpretazione alternativa degli insegnamenti biblici rispetto al tema della ricchezza. Questa teologia, che nasce negli USA durante  gli anni '60 negli ambienti pentecostali e carismatici, afferma che il regno dei cieli non aspetta i fedeli nell'aldilà, ma che lo si può raggiungere oggi e qua, nella vita terrestre del presente. Riporto qui alcune voci di predicatori del Vangelo della Prosperità o della Confessione positiva come viene anche chiamato.

“Siamo figli di Dio e siamo stati creati per la vittoria (…) Dio ci vuole prosperi, in buona salute, vittoriosi.”

“La Teologia della Prosperità porta il celeste nelle nostre vite terrene. Per mangiare i cibi migliori, per vestire i vestiti migliori, per guidare le macchine migliori, per avere il meglio di tutte le cose, per accumulare tante ricchezze, per non ammalarsi mai, per non soffrire nessun incidente, per avere una lunga vita, per morire una morte dolce – basta credere con il cuore e pregare a voce alta per tutte queste cose. Basta usare il nome di Gesù con la stessa libertà con cui usiamo i nostri assegni bancari.” (voci citate in Mariano 1999: 147).

Con la promessa che il mondo può essere un luogo di felicità, prosperità e abbondanza la Teologia della Prosperità permette a coloro che la seguono l'accettazione della società dei consumi.

Per i difensori della Teologia della Prosperità gli uomini sono destinati alla prosperità, alla salute, al successo e alla felicità. Basta avere una fede incondizionata, rivendicare i propri diritti ad alta voce in nome di Gesù ed essere obbedienti e fedeli nel pagamento della decima.
Il pagamento della decima viene giustificato con il principio della reciprocità, che vuole dire che per ricevere bisogna prima dare.

“Dio non ha bisogno dei nostri soldi, perché appartengono a Lui tutto l'argento e tutto l'oro. Ma egli ha bisogno che noi lo obbediamo, affinché ci possa benedire. Esiste una intima relazione tra il dare e il ricevere. Quanto più diamo, più riceviamo.”
(Robson Rodovalho in Mariano 1999: 160)

Secondo la Teologia della Prosperità tra Dio e i fedeli esiste una relazione di tipo contrattuale. Come abbiamo già detto, il fedele ha dei diritti (il diritto a una vita in abbondanza e senza sofferenze) e Dio ha degli obblighi nei suoi confronti. Allo stesso modo i credenti hanno però degli obblighi nei confronti di Dio. Per giustificare il pagamento della decima, ovvero la donazione della decima parte dello stipendio o degli altri introiti che uno riesce a guadagnare a Dio tramite le offerte alla sua Chiesa, le Chiese neopentecostali trovano conferme in diversi passaggi delle sacre scritture.

“Poi, alzati gli occhi, Gesù vide dei ricchi che mettevano i loro doni nella cassa delle offerte. Vide anche una vedova poveretta che vi metteva due spiccioli; e disse: «In verità vi dico che questa povera vedova ha messo più di tutti; perché tutti costoro hanno messo nelle offerte del loro superfluo; ma lei vi ha messo del suo necessario, tutto quello che aveva per vivere».”  (Luca 21, 1-4)

Ma allora come si spiega il fatto che tanti fedeli che pagano regolarmente la loro decima vivono nelle favelas e ricevono, se lo ricevono, uno stipendio da fame? La risposta che danno i leader neopentecostali è semplice: non basta pagare la decima. Gli affari sulla terra vengono fatti dagli uomini. E per questo bisogna anche essere intelligenti, furbi e saper approfittare delle opportunità. Queste qualità, combinate con la benedizione divina porteranno a una ricchezza infinita. Ai fedeli viene consigliato di aprire negozi propri per diventare padroni. Per diventare ricchi non basta pagare correttamente la propria decima. Bisogna mettersi in gioco, lavorare e rischiare. Dio aiuterà colui che se lo merita.

Una usanza nei culti neopentecostali sono le testimonianze di chi ha ottenuto la benedizione divina. Spesso i testimoni non sono presenti personalmente e quindi si fa ricorso ai piccoli video che vengono registrati nelle chiese più grandi per poi essere diffusi nelle altre chiese. Il racconto dei fedeli segue sempre lo stesso schema. Si comincia a raccontare la vita antecedente all'esperienza di conversione. Questa vita era caratterizzata da miseria, depressione, paura, disoccupazione, criminalità, dipendenze tossiche e altre disgrazie. Arrivato “al fondo del pozzo” (espressione comune tra i neopentecostali) la persona si rende conto di non avere più nulla da perdere e mette ogni speranza nelle mani di Dio, donando quel poco che gli è rimasto (che nei racconti dei testimoni spesso non è poi così poco).  Questo è il momento decisivo e di svolta. Dopo il sacrificio avviene un incontro con Dio ed egli porta tutte le benedizioni nella vita del fedele. Alla fine della testimonianza il fedele racconta quanti sogni ha potuto realizzare, quanti beni materiali si è potuto comprare. Spesso nei video delle testimonianze alla fine si fanno vedere una casa bella e lussuosa, delle macchine grosse e sportive e altre cose del genere per dimostrare quanti miracoli Dio ha concesso a chi ha scommesso tutto su di Lui.
Il credente che esige una grande benedizione, deve essere radicale nella sua fede. Deve far cose che possono sembrare irrazionali, deve correre rischi donando tutto quello che ha, e lo deve fare senza un minimo di dubbio. Perché, così dice Macedo,  “il dubbio è del Diavolo”. Si arriva addirittura a un linguaggio di tipo finanziario. I sacrifici sono investimenti sicuri che porteranno una rendita incomparabile. Cito sempre Macedo:

“bisogna dare quello che non si potrebbe dare. I soldi che uno ha risparmiato per un sogno futuro, questi soldi hanno un valore, perché quello che viene dato senza soffrire alcuna mancanza non ha valore per il fedele e ancor meno per Dio.” (Macedo, IstoéSenhor, '89, in Mariano 1999: 170).

Questa insistenza sul pagamento della decima sta causando diversi tipi di reazione nei fedeli. In una ricerca di Ari Pedro Oro sulle rappresentazioni del denaro nel neopentecostalismo brasiliano alcuni fedeli confessano di avere vergogna di non donare niente (Oro, 1992 in Mariano 1999: 174). Preferiscono accettare i lavori più umili e ridurre ulteriormente i loro consumi per poter fare le loro donazioni alla Chiesa. Altri lasciano la Chiesa a causa della insistenza degli appelli finanziari, specialmente dopo che non si sentono ripagati come era stato loro promesso. Nonostante questo, il numero dei neopentecostali che praticano il “Vangelo della Prosperità” è in continua crescita.


Neopentecostalismo e capitalismo

C'è chi sostiene che il pentecostalismo comporta una maggiore affinità con lo “spirito del capitalismo”, analogamente al protestantesimo di matrice calvinista, e quindi dovrebbe favorire l'ascesa sociale dei suoi membri e lo sviluppo economico dei paesi dove è presente (David Martin, 1990).
La mia riflessione sul legame tra neopentecostalismo e capitalismo è invece ispirata  all'analisi marxista:
Il sistema capitalistico necessita di una classe proletaria che sia succube e laboriosa. Il pericolo più grande per la classe dominante che detiene il controllo del sistema economico è una base sociale che sia cosciente della ingiustizia e dello sfruttamento. La mobilità sociale e la prosperità di cui godono alcuni pentecostali fortunati nella lotteria di Dio serve per mantenere accesa la speranza delle masse che popolano le favelas. Il fatto che tutti, ricchi e poveri, si sentano parte della stessa famiglia o comunità e siano legati emotivamente dalle esperienze comuni fatte nei templi pentecostali impedisce anche che un sentimento di invidia possa crescere nei meno fortunati. Essi al contrario attribuiscono la causa delle loro condizioni di vita alla loro fede imperfetta e si sentono in colpa per non essere tanto fermi nella loro fede. I fedeli che stanno al fondo della piramide sociale ammirano coloro che invece stanno in cima, segno che questi sono riusciti ad ottenere la benevolenza di Dio. Il pentecostalismo, ancor più nella sua versione neopentecostale, funziona come antidoto efficace che mantiene la popolazione in una condizione di incoscienza della situazione di oppressione. Esso funziona efficacemente come “oppio del popolo” adattato ai nostri tempi.


Conclusioni

La fine degli anni '70 e gli anni '80, sono il momento in cui arriva la cosiddetta terza ondata pentecostale nel continente latino-americano. Vengono fondate chiese nuove che cominciano a riempirsi, a diffondersi nell'intero paese e ad avere un notevole successo soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione. Inizialmente sono viste come un fenomeno marginale e vengono poco considerate.  Ma con il loro grande successo e l'esplosione del numero di aderenti dagli anni 90 ad oggi, le Chiese pentecostali e neopentecostali si sono diffuse in larghe fasce della società brasiliana e non si può più non prenderne atto. Il successo in termini di numero di aderenti a queste Chiese pentecostali non si limita al solo Brasile, ma si estende a tutta l'America Latina come anche a tante altri parti del mondo, dall'Africa fino alla Cina.
I numeri delle conversioni fanno vedere un paradosso. Sembra che la gran parte della popolazione povera ed emarginata è più attratta dal modello propagato dalle Chiese neopentecostali, pagando fedelmente la loro decima e credendo nel “Vangelo della Prosperità”, invece che dal messaggio della Teologia della Liberazione che ha sempre sostenuto le rivendicazioni economiche e politiche di questa fascia della popolazione.
Da dove viene l'attrazione che il neopentecstalismo esercita sulle popolazioni del “sud del mondo”?
Probabilmente il pentecostalismo, con la sua grande enfasi sulle emozioni, sui doni dello Spirito Santo, sulla cura divina, ha una forte attrattività per chi vive in condizioni difficili. Dall'altro lato si potrebbe pensare che gli ambienti cristiani di sinistra attorno alla Teologia della Liberazione sono troppo razionali e trascurano l'aspetto mistico ed emotivo, un elemento importante delle religioni.
Ci si può anche chiedere se,

“visto che il neopentecostalismo adatta “i “poveri” alle esigenze del mercato, abbiamo a che fare con il “braccio spirituale” non solo dell'imperialismo americano, ma anche del neoliberalismo trionfante? (…)
I nuovi culti arrivano effettivamente ad attutire l'impatto negativo dei programmi di aggiustamento strutturale. Offrono ai convertiti quello che la Banca Mondiale auspica, cioè l'empowerment (...)” (Corten in Le monde diplomatique 2001).

“Empowerment” nel senso che il neopentecostalismo dà ancoraggio e sicurezza a chi si trova a dover sopravvivere in un contesto di sradicamento come lo troviamo nelle periferie delle grandi metropoli del “terzo mondo”, perché le sue regole semplici, semplici da capire e da seguire, si mostrano molto efficaci, in quanto capaci di produrre un miglioramento immediato delle vite dei fedeli.
Non sono pochi i credenti di questa religione che sono usciti dalla miseria dalla quale provenivano e sono riusciti a salire di qualche gradino nella scala della mobilità sociale. Questo successo forse dovrebbe essere attribuito alle nuove possibilità di ascesa sociale che un paese in forte crescita economica come il Brasile offre oggi, ma per i fedeli neopentecostali il loro eventuale successo viene attribuito all'opera dello Spirito Santo e alla determinazione con la quale essi credono.

Ma la domanda cruciale che dobbiamo porre è quale sia il modello che questi fedeli cercano di seguire, che gli viene presentato come strada da percorrere, una volta che saranno riusciti a fare il passo tanto sognato verso una vita in prosperità?
Nelle Chiese neopentecostali i racconti dei testimoni sulle loro vite dopo che, secondo la loro visione, sono state benedette da Dio e lo Spirito Santo ha cominciato ad operare, fare miracoli e realizzare i loro sogni, sono come abbiamo visto quasi tutti dello stesso tipo: una vita consumista, ricchezza materiale. Questi sono, nei racconti neopentecostali, i segni della benedizione di Dio.
Secondo Paulo Freire l'unico modello di umanità che gli oppressi conoscono è quello degli oppressori. Per questo essi mirano a diventare come loro.
Non celebra forse il neopentecostalismo questa ascesa di alcuni degli oppressi nel rango degli oppressori? Non siamo arrivati con la “Teologia della Prosperità” ad una perfezione della idolatria del consumismo e della ricchezza materiale? E questa idolatria avviene proprio tra i poveri, tra coloro che meno hanno la possibilità di accesso all'abbondanza materiale, ad una vita edonistica e consumista.
Citiamo Freire quando parla della invasione culturale.

“L'invasione culturale è la penetrazione degli invasori nel contesto culturale degli invasi... In questo senso l'invasione culturale, indiscutibilmente alienante, realizzata o no con soavità, è sempre una violenza all'essere della cultura invasa, che perde la sua originalità o si vede minacciata di perderla. (...)
In realtà, ogni dominazione comporta un'invasione, non solo fisica, visibile, ma a volte camuffata, in cui l'invasore si presenta come se fosse l'amico che aiuta. In fondo l'invasione è una maniera di dominare economicamente e culturalmente l'invaso. Invasione realizzata da una società-matrice, metropolitana, su una società dipendente, oppure invasione implicita nella dominazione di una classe su un'altra, in una stessa società.
Come manifestazione della conquista, l'invasione culturale porta alla non-autenticità dell'essere degli invasi (…).
E' importante, all'invasione culturale, che gli invasi vedano la loro realtà con l'ottica degli invasori e non con la loro.
La stabilità degli invasori è garantita dal mimetismo degli invasi.
Una condizione fondamentale per il successo dell'invasione culturale è la convinzione, da parte degli invasi, della loro inferiorità intrinseca. E poiché nulla esiste senza il suo contrario, nella misura in cui gli invasi si riconoscono come “inferiori”, necessariamente riconosceranno la “superiorità” degli invasori. I valori di questi vengono ad essere il programma degli invasi. Quanto più si accentua l'invasione, alienando gli invasi nella cultura e nell'essere, tanto più questi vorranno somigliare a quelli; camminare come quelli; vestire alla loro moda, parlare come loro.” (Freire 1971: 186, 187).

Le dinamiche dell'invasione culturale, come le descrive Freire ancora prima che il neopentecostalismo esistesse e conquistasse le masse popolari del mondo, sono state adottate e perfezionate da questa religione.
Forse il neopentecostalismo può essere visto come un'espressione emblematica dello stadio nel quale si trova il nostro mondo globalizzato. Una fase del capitalismo avanzato che genera crisi continue ma allo stesso tempo sembra inarrestabile. In questa fase la diversità delle forme ed espressioni culturali e religiose del mondo si sta livellando, fondandosi in poche espressioni omologate. Una di queste espressioni standardizzate è rappresentata dal neopentecostalismo, nel quale i più umili adorano il trionfo dei forti, il successo materiale dei ricchi e condannano la loro stessa povertà come opera del Diavolo.

Chiusi in una visione del mondo distorta, questi credenti non riescono più a vedere e capire i veri motivi della loro condizione miserabile, non si rendono conto di essere oppressi e sfruttati, non si accorgono della colonizzazione culturale della quale sono vittime.

Se con la Teologia della Liberazione si era creata una religiosità “coscientizzante” che apriva gli occhi agli oppressi e univa le loro mani, tra la grande parte dei poveri del Brasile questa religiosità è stata rimpiazzata con successo dal neopentecostalismo.
Il neopentecostalismo, così come tutte le altre espressioni religiose alienanti, è “(...) il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli.” (K. Marx 1844).
Foto della riunione


 Marilia Carvalho e Silvia. Brasile

Elia Di Virgilio
E' seguito un dibattito vivace con Elia. Da segnalare la testimonianza di prima mano di Marilia Carvalho e Silvia, brasiliana e  l'intervento approfondito e puntuale di Giovanni Franzoni, presente alla riunione.

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