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martedì 28 febbraio 2012

“non avere paura, ti racconto una storia"


 Comunità dell’Isolotto: incontri ragazzi, genitori, adulti
26 febbraio 2012
“non avere paura, ti racconto una storia”
la paura di restare soli: non aver paura, non resterai solo!

0. Introduzione al film “La profezia delle ranocchie”
Nel film che abbiamo visto nei giorni scorsi si racconta la storia di Ferdinand, marinaio in pensione, di sua moglie Juliette, originaria d'Africa e di Tom, loro figlio adottivo; una famiglia che vive in un casolare in cima ad una collina. I vicini, i Lamotte, che vivono poco lontano, stanno per partire per un viaggio. Juliette e Ferdinand si sono offerti di occuparsi, durante la loro assenza, di Lili la loro bambina. Ma la sera in cui i Lamotte stanno per partire, la campagna circostante è percorsa da un’enorme preoccupazione; il mondo delle rane è in subbuglio: le rane hanno capito che sta per arrivare un diluvio universale. Pioverà per quaranta giorni e quaranta notti, ma…

1. Storie del diluvio universale. Una metafora delle paure dell’umanità
Vediamo insieme alcune scene del film che annunciano un nuovo diluvio universale e che raccontano la paura delle rane, degli animali e degli uomini. E’ la paura naturale che l’umanità, ha provato, sia in tempi antichissimi sia oggi, di fronte alle calamità naturali, siano esse terremoti, alluvioni,  siccità, epidemie…ed è una metafora di tutte o di tante delle paure che ci attraversano.

1a. La storia del “diluvio universale” nella tradizione biblica (tratto dalla Genesi)
Il mondo era diventato un posto brutto perché gli uomini non facevano che litigare e farsi la guerra. Quando Dio se ne accorse si dispiacque così tanto che pensò che se il mondo era venuto così, tanto valeva distruggerlo.
Ma sulla Terra c’era un uomo buono, il suo nome era Noè. Allora Dio parlò a Noè: “So che ci sarà un grande diluvio…il mondo così com’è non mi piace, ma tu costruisci una grande arca, con più piani, ricoprila di pece per renderla impermeabile, portaci tutta la tua famiglia e una coppia di animali di tutte le specie”.
Poi cominciò a piovere. La pioggia divenne sempre più forte. I fiumi ruppero gli argini, il mare inondò la Terra. L’arca galleggiava. Piovve per giorni e giorni. Il mondo si ricoprì d’acqua, ma nell’arca tutti erano all’asciutto.
Poi dopo molti giorni, il vento si calmò e le acque cominciarono ad abbassarsi. Allora Noè mandò un corvo a fare un giro, ma il corvo non trovò un posto asciutto sulla Terra dove fermarsi.
Allora Noè aspettò ancora un po’ e poi mandò una colomba a fare un giro, ma la colomba dopo un po’ ritornò, non aveva trovato un posto asciutto dove fermarsi.
Noè aspettò ancora. Poi fece volare via di nuovo la colomba e questa volta la colomba tornò con un ramoscello di olivo nel becco. Noé capì allora che era arrivato finalmente il momento per scendere dalla barca. Tutti erano felici. In quel momento un bellissimo arcobaleno brillò nel cielo. E Dio disse: “Ve lo prometto ogni volta che vedrete l’arcobaleno ricordatevi della promessa che ti faccio ora: mai più sarà distrutta la Terra con tutte le sue creature”.

Il racconto del diluvio universale è presente nella memoria di moltissimi popoli, anche molto lontani tra loro. Sono stati contati oltre 400 miti diversi che narrano la storia di un grande diluvio. Questi miti sono così diffusi, diversi ma simili tra loro per molti aspetti, che gli studiosi sono arrivati a sostenere che è probabile che l’attuale umanità derivi da un’umanità sopravvissuta a terribili cataclismi avvenuti in tempi lontanissimi. Facciamo una lettura animata del mito greco.

1b. Il racconto del “diluvio universale” secondo il mito greco
Il Dio del mare e degli oceani, Poseidone, batté il suo tridente, il mondo tremò e ogni superficie fu invasa dalle acque provenienti dal cielo, dai fiumi e dal mare
Il Titano Prometeo però aveva letto nella mente di Zeus, aveva capito cosa stava per succedere, e poiché aveva a cuore la sorte degli uomini si adoperò per salvare dal diluvio almeno suo figlio Deucalione e sua moglie Pirra, famosi in tutta la Grecia per la loro benevolenza e onestà.
Prometeo disse, allora: “Deucalione, Figlio mio, Presto, costruisci un’arca di legno e mettiti in salvo insieme a tua moglie! Porta con te le cose più care!”.
Deucalione si mise al lavoro e in poco tempo completò la costruzione dell’arca.
Poi piovve, piovve e piovve, per nove lunghi giorni e nove lunghe notti. Le acque ricoprirono completamente la Terra. La mattina del decimo giorno le piogge cessarono e l’arca fluttuava sulle acque finalmente calme.
“Guarda, moglie mia, i venti si sono placati…” disse Deucalione.
“… e i raggi del sole ricompaiono tra gli squarci delle nuvole”, aggiunse Pirra.
“Io però sono immensamente triste. Siamo rimasti soli. Non esiste più la Terra…. non ci sono più colline, né pianure, né montagne, né esseri viventi…Tutto è sommerso dalle acque” disse Deucalione.
Poi lentamente le acque si ritirarono, le valli si prosciugarono e il mondo riprese l’aspetto di prima. Era però completamente deserto e silenzioso.
“Moglie mia – disse triste Deucalione – siamo rimasti gli unici esseri umani. O se fossi capace, come fece un giorno mio padre, di modellare con il fango gli uomini e dare loro la vita”.
“Andiamo a pregare al Santuario della Dea Temi – propose Pirra, ella è benevola e sicuramente ci aiuterà”. Si misero in viaggio e quando giunsero al tempio invocarono la Dea. La loro preghiera fu così intensa che la Dea, commossa, rispose: “Andate, copritevi il capo in segno di rispetto e gettate dietro di voi le ossa della Grande Madre”.
I due si guardarono stupiti.
“Che cosa avrà voluto dire la Dea moglie mia?” disse Deucalione.
“Non capisco, rispose Pirra, come possiamo disperdere le ossa di nostra madre?”.
Pirra e Deucalione rimasero silenziosi a lungo, pensando alle parole della Dea. Ad un certo punto Deucalione esclamò: “Ma certo!! La nostra Grande Madre è la Terra! le sue ossa sono le pietre! sono queste che dobbiamo gettarci dietro le spalle!”. Così i due decisero di tentare, si coprirono il capo con un velo e iniziarono a camminare raccogliendo sassi e gettandoli dietro le spalle; in poco tempo le pietre persero la loro fredda durezza e presero la forma di esseri umani. I sassi scagliati da Pirra diventarono donne; quelli di Deucalione presero la forma di uomini. In questo modo il genere umano ripopolò la Terra sua Grande Madre.



1.c Il racconto del “diluvio universale” nella tradizione induista
Manu era un grande saggio. Suo padre era il Sole e suo nonno era il dio Brahma, ma Manu li superò entrambi per la fede e la costanza di una vita austera.
Un giorno mentre stava meditando vicino alla riva di un fiume un pesce gli rivolse la parola. Era un pesciolino e, disse, che la vita era molto difficile per lui a causa di tutti i pericoli che lo minacciavano. Manu ascoltò la supplica di quella piccola creatura, lo prese con le mani e lo mise in un vaso di argilla.
In poco tempo il pesce crebbe così tanto da non poter stare nel vaso e chiese a Manu di trovargli una dimora più adatta. Manu lo spostò prima in una grande vasca, poi nel Gange e infine nell’Oceano, tanto grande era diventato il pesce.
Il pesce ringraziò Manu per la sua benevolenza e gli disse che presto l’universo sarebbe stato distrutto da un grande diluvio: Manu doveva costruire una barca grande e robusta capace di resistere al diluvio. Non doveva parlare di questo con nessuno; avrebbe dovuto anche costruire una lunga corda e raccogliere nell’arca tutti i semi tenendoli ben divisi gli uni dagli altri. Il pesce promise che sarebbe ricomparso al momento giusto.
Manu costruì l’arca, vi raccolse semi di ogni tipo, intessé una lunga corda e attese il diluvio.
Quando questo iniziò Manu salpò sulle acque in tempesta e proprio in quel momento riapparve il pesce: Manu gettò la corda intorno alla grande pinna del pesce e questi trascinò l’Arca in mezzo alla tempesta.
Il diluvio durò per anni e in questo tempo scomparvero tutti gli esseri viventi, compresi gli dèi, i demoni, le bestie, gli uomini, gli abitanti del cielo e della terra.
Venne infine il giorno in cui il diluvio cessò e l’arca approdò su una montagna dell’Himalaya. A questo punto il pesce parlò di nuovo e disse: “Io sono Brahma, il signore di tutte le creature. Ho preso la forma di pesce per salvarti dal diluvio e ora tu creerai gli dèi, i demoni e gli uomini per ripopolare l’universo”.
Con il potere concessogli da Brahma, Manu iniziò a ripopolare la Terra e tutto l’universo.

2. Scene dall’Arca. Una metafora di una possibile gestione dei conflitti
In ogni Arca ci sono creature anche molto diverse: c’è chi è piccolo e teme di essere schiacciato e chi è grande e grosso e ha bisogno di spazio, chi dorme di notte e chi di giorno, chi è tranquillo e chi è vivace.... Si possono creare dei conflitti: in genere questi si creano non perché ci sono i “buoni” e i “cattivi”, ma perché ognuno ha bisogni diversi.
Nella prima parte della scenetta mostreremo come i contrasti possono degenerare (animali che si aggrediscono l’uno con l’altro) quando non si sanno dire i propri bisogni e non si ascoltano quelli degli altri. Nella seconda parte un bradipo in gamba, ci mostrerà che “per con-vivere sull’arca” può essere utile e anche divertente vedere le cose da più punti di vista, imparare a riconoscere i propri bisogni, ad ascoltare quelli degli altri e a cercare delle soluzioni per tutti.
Recita delle scenette.






3. Proiezione delle scene tratte dal film su bambini che hanno paura di restare soli..
In questo film, e anche nel film che avevamo visto prima di Natale “Vai e vivrai”, sono raccontate storie di bambini spaventati perché hanno perso (o temono di perdere) i genitori, hanno paura di restare soli e che nessuno si occuperà di loro. Nel film c’è anche la storia di una bambina i cui genitori hanno una difficoltà temporanea e si appoggiano ad una famiglia amica per fronteggiare la situazione.

3a. Il racconto di esperienze di adozione, affido, reti familiari di sostegno
Le paure di questi bambini sono grandi paure, legittime, alle quali il mondo degli adulti deve dare risposte. Non abbiamo voluto parlarne in teoria ma con esperienze e testimonianze vissute.
Abbiamo pensato di farci raccontare alcune storie:
la testimonianza di Luciana che ci racconta le scelte fatte tanti anni fa dalla Comunità nel farsi carico di bambini che non avevano famiglia;
la testimonianza dei genitori di Michele che anni fa hanno adottato una bambina coreana;
le testimonianze di altri che vogliono raccontare la loro esperienza ….
Oltre a quelle di Luciana e di Carla ci sono state anche le testimonianze di Noemi, di Maria e Giampaolo, di Paola e Urbano, di Claudia, di Lucia e Lorenzo … una emozionante condivisione di ricordi e di racconti passati e presenti, di difficoltà, di gioie, di scelte e affetti importanti.
























4. Dal Vangelo: la storia della tempesta [Marco, 4, 35-41]
In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro:“Passiamo all’altra riva”.
E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca.
Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento che gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.
Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva.
Allora lo svegliarono e gli dissero:“Maestro, non t’importa che moriamo?”.
Destatosi, sgridò il vento e disse al mare:“Taci, calmati!”.
Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.
Poi disse loro:“Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”.
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”.

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una tempesta che spaventa i personaggi di questa storia; il mare non è un mare vero e proprio, ma è il lago di Tiberiade che gli Ebrei chiamavano “mare di Galilea”.
Abbiamo imparato che le storie del Vangelo spesso descrivono una situazione, ma in realtà vogliono spiegare qualcosa di diverso.
Anche in questo caso il significato della storia è un po’ più complicato rispetto a quello che sembra, al racconto miracoloso di Gesù che calma il vento e le onde. Lo studioso della Bibbia Padre Alberto Maggi dà questa interpretazione: “nella parabola precedente, quella del seminatore, Gesù aveva paragonato il regno di Dio a un granello di senape che, gettato nell’orto, fa nascere un albero così grande che tutti gli uccelli vi possono trovare riparo.
Con questo Gesù intendeva che il regno di Dio era così grande che tutti gli uomini vi avrebbero trovato posto, non solo gli ebrei, chi professava una certa religione o viveva in una certa nazione.
Gesù diceva che non era venuto a restaurare il regno di Israele (riservato al popolo che si considerava eletto) ma a inaugurare il regno di Dio, aperto a tutti i popoli grazie all’amore di Dio che non conosce confini e abbraccia tutta l’umanità.
Ma qui iniziano le difficoltà, perché i discepoli non capiscono, non ne vogliono sapere di dividere con qualcun altro il Messia, pensano al dominio di Israele su tutte le altre nazioni, che dovevano essere sottomesse e dominate.
Quindi i discepoli in qualche modo “sequestrano” Gesù per non farlo stare troppo con gli altri, per non condividerlo e tenerlo tutto per loro e si preparano ad attraversare il lago per andare verso la sponda opposta dove Gesù ha chiesto di andare.
Ma sulla sponda opposta abitano i pagani e i discepoli non hanno nessuna intenzione di mescolarsi con loro; come nel libro di Giobbe, il timore è quello che “se vado in terra pagana e predico la conversione, poi il Signore li perdona”, allora meglio prendere un’altra direzione per non incontrarli e non correre rischi.
Quindi la tempesta che si scatena non è una vera tempesta ma è una metafora del contrasto fra i discepoli e Gesù: i discepoli sono in ”tempesta” perché combattuti fra rispettare la sua richiesta e obbedire alla propria diffidenza, invece Gesù “dorme a poppa” perché è perfettamente tranquillo.
Gesù  vuole portare il suo amore ai pagani, invece i discepoli resistono e hanno paura.
Gesù li rimprovera “perché siete così paurosi, non avete ancora fede?”, non hanno quel briciolo di fede grande come un  granello di senape che sarebbe sufficiente per portare l’amore di Dio a tutta l’umanità”.






CANZONE “Ci son due cocco-drilli ed uno orango tango…”
prima di cantarla facciamo una sottolineatura….. i popoli antichi di fronte alle grandi catastrofi pensavano che il loro Dio (o i loro Dei) fossero arrabbiati con gli uomini… oggi sappiamo che i diluvi, i terremoti, le catastrofi, le malattie sono fenomeni naturali non sono mandati da nessun Dio. Allora possiamo cantare la canzone correggendo la frase:
"Il Signore si è arrabbiato il diluvio manderà:voi non ne avete colpa, io vi salverò" con: “Attenzione, attenzione, un diluvio ci sarà: bisogna organizzarci, ci salveremo”.


Ci son due coccodrilli
ed un orango tango,
due piccoli serpenti
e un'aquila reale,
il gatto, il topo, l'elefante:
non manca più nessuno;
solo non si vedono i due leocorni.

Un dì Noè nella foresta andò
e tutti gli animali volle intorno a sè:
"Il Signore si è arrabbiato il diluvio manderà:
voi non ne avete colpa, io vi salverò"
"Attenzione, attenzione un diluvio ci sarà: bisogna organizzarsi, ci salveremo”

Ci son due coccodrilli
ed un orango tango,
due piccoli serpenti
e un'aquila reale,
il gatto, il topo, l'elefante:
non manca più nessuno;
solo non si vedono i due leocorni.

E mentre salivano gli animali
Noè vide nel cielo un grosso nuvolone
e goccia dopo goccia a piover cominciò:
"Non posso più aspettare l'arca chiuderò."

Ci son due coccodrilli
ed un orango tango,
due piccoli serpenti
e un'aquila reale,
il gatto, il topo, l'elefante:
non manca più nessuno;
solo non si vedono i due leocorni.

E mentre continuava a salire il mare
e l'arca era lontana con tutti gli animali
Noé non pensò più a chi dimenticò:
da allora più nessuno vide i due liocorni.

Ci son due coccodrilli
ed un orango tango,
due piccoli serpenti
e un'aquila reale,
il gatto, il topo, l'elefante:
non manca più nessuno;
solo non si vedono i due leocorni

































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