27 febbraio 2012
Messaggio di Gerardo Lutte dal Guatemala, letto al funerale di Giulio Girardi
Ho avuto il privilegio di una storia di amicizia con Giulio, durata 55 anni. Abbiamo vissuto e lavorato insieme dal ’58 al ’69 nell’Universitá Salesiana, dove avevamo molti altri amici, prima di tutti Bruno, con il quale formavamo un trio ben saldato, e anche Ramos Regidor, Manolo Gutierrez e altri che formavano il gruppo dei “manco venti”, che si impegnava per promuovere un rinnovamento evangelico, cioè al servizio dei poveri, della congregazione e della nostra Università. Poi le nostre vie si sono separate, ma sempre siamo rimasti uniti nei momenti duri e gioiosi della nostra vita.
Giulio è senz’altro un uomo che ebbe una grande influenza nella seconda metà del secolo scorso su tante persone del mondo cattolico, non solo in Italia, ma nel mondo intero, perché era un teologo della liberazione, consigliere di vescovi progressisti durante il Concilio Vaticano II. Le sue teorie hanno facilitato la nascita del movimento delle comunità di base e il movimento dei cristiani per il socialismo, prima in America Latina, poi in Europa.
Giulio era anche un grande filosofo, un filosofo della liberazione e il suo insegnamento ha marcato profondamente la formazione intellettuale di migliaia di persone. Era anche molto impegnato con tutti i movimenti di liberazione, particolarmente in America Latina e ha messo a disposizione di questi movimenti la sua riflessione teorica profonda e acuta, scrivendo numerosi libri su questo argomento.
Si è interessato anche di pedagogia, mettendo in risalto l’importanza dell’amicizia liberatrice nel rapporto educativo e analizzando come il dominio imperialista sull’economia è reso possibile dall’imperialismo culturale che pervade l’insegnamento a tutti i livelli e i mezzi di comunicazione di massa.
Giulio si distingueva da un grande rigore scientifico. Si aggiornava di continuo e non avrebbe mai utilizzato lo stesso testo per fare due lezioni o due conferenze sullo stesso tema. Sempre riscriveva da capo tutti i suoi interventi. Aveva trasformato il suo appartamento in biblioteca.
La sua ricerca non era puramente teorica, si faceva a partire dall’osservazione e dalla riflessione sulle esperienze concrete di liberazione. Ha condotto ricerche scientifiche di alto livello con la partecipazione degli attori della liberazione: gli operai della FIAT a Torino, durante gli anni della contestazione; i giovani della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, sottolineando che solo un metodo educativo basato sulla partecipazione e sul protagonismo degli stessi giovani, poteva aiutarli a liberarsi veramente. Fece anche una ricerca sull’importanza dell’amicizia liberatrice nell’educazione, analizzando la vita del Vescovo latino americano Proaño, impegnato con le comunità indigene del suo paese nel fare rispettare i loro diritti.
La sua vita era coerente con le sue teorie. Giulio non si è arricchito, non ha vissuto nel lusso e nelle comodità e tutta la sua vita è stato fedele all’annuncio della buona novella di liberazione dei poveri. Andava dovunque fosse chiamato, da una parte all’altra dell’Italia e del mondo, per una conferenza, un seminario, un corso di formazione, una ricerca. Ha accettato di fare, per vari anni, seminari ai miei studenti sulla cultura indigena e i movimenti di liberazione in America Latina. Gli studenti che hanno partecipato mi hanno più volte detto che questi seminari sono stati fondamentali nella loro formazione.
Giulio non poteva non interessarsi e amare le ragazze e i ragazzi di strada. Ha accettato di essere il padrino della figlia di una di queste ragazze, che aveva conosciuto mentre stava in Nicaragua. Ha partecipato a vari incontri della nostra onlus Amistrada, per trattare temi per noi importanti. Si è proposto di venire a spese sue in Guatemala a condurre un seminario con le ragazze e i ragazzi del Comitato di gestione, che dirigono il loro movimento, e con i consiglieri adulti. Ha trattato, sulla base delle esperienze dei partecipanti, il tema dell’amicizia liberatrice. Il suo apporto ci ha profondamente influenzato, al punto che il nostro metodo educativo è basato sull’amicizia liberatrice.
Qualche settimana prima di morire, Giulio, che da giorni non voleva mangiare e non parlava, ha raccolto le sue forze come se avesse presentito la sua fine prossima, e voleva comunicare un’ultima volta con le persone a lui più care. Sono stato avvisato e mi sono messo in contatto telefonico con lui tramite il nostro amico e fratello comune Bruno, che gli ripeteva quanto dicevo, perché non riusciva a decifrare la mia voce al telefono. Mi ha detto quanto era contento di rivedere la ragazza di cui era il padrino, che oggi ha 18 anni e finisce brillantemente gli studi secondari, e doveva venire in Italia nell’ottobre prossimo. E quando gli chiesi cosa dovevo dire alle ragazze e ai ragazzi di strada mi rispose: “Devono credere nella resurrezione!”.
Giulio, amico, fratello, compañero, lungo la tua vita hai aiutato tante persone a risorgere, a riprendere fiducia in se stessi, a diventare responsabili della loro vita e della società. E noi continueremo il tuo sogno utopico che cambia la realtà, la realtà di resurrezione degli ultimi, degli oppressi, dei poveri. Tu ci hai insegnato che sono i poveri i soli capaci di liberarsi e di aiutare noi stessi a liberarci. Grazie Giulio.
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