Dedicato alle dimissioni di Papa Ratzinger.
Inizio della fine della chiesa tridentina, romana e papista. Risorge dalle ceneri l'anima di Giordano Bruno?
Pagine conclusive:
pp.201-205
CONCLUSIONE
Dal groviglio delle vicende della
storia religiosa italiana dagli ultimi decenni del' 400 al' 600, col XVI secolo
in posizione centrale data la rottura consumata in quegli anni dell 'unità
cristiana occidentale e la conseguente reazione della Chiesa cattolica, quali
conclusioni possiamo trarre? A parte I 'indubbia novità rivoluzionaria della
Riforma di marca protestante, per quel che riguarda il mondo cattolico è
possibile, a mio parere, registrare cambiamenti anche rilevanti pur in un
quadro di continuità, nova et vetera. In altre parole, da un lato la vita
religiosa italiana a tutti i livelli, nel popolo come nei ceti intellettuali e
colti, nella sua dimensione spirituale e morale, subisce trasformazioni radicali.
Dall'altro, riguardo all'assetto istituzionale della Chiesa cattolica, viene
esasperata la sua struttura gerarchica e verticistica proveniente da una lunga
tradizione, i cui inizi possono essere rintracciati nel secondo secolo, quando
comincia a prendere corpo prima la separazione fra clero e popolo e, negli
ultimi decenni, a trovare progressiva affermazione nelle singole chiese la
monarchia vescovile. Il Concilio di Trento, infatti, reagisce alla sfida
protestante sviluppando al massimo grado questa eredità, facendo della Chiesa
un corpo unico e compatto, militarizzato potremmo dire, sottoposto ad una
disciplina ferrea che impone a tutti fedeli sottomissione ed obbedienza incondizionata
all'autorità ecclesiastica, senza sbavature e dubbi. Al vertice di questa si
impone poi la figura del papa, non solo come simbolo dell'unità senza
incrinature del corpo ecclesiale, ma anche come effettiva forza impositiva di
coesione. In tal modo, l'iconografia che ne esce trova la sua espressione nella
sacralizzazione del pontefice romano, ormai collocato su un piano superiore
rispetto alla massa dei fedeli ed allo stesso clero. In fin dei conti i dogmi
del primato di giurisdizione su tutta la Chiesa e dell 'infallibilità attribuiti
al papa dal Concilio Vaticano I nel 1870 (Sessione IV del 18 luglio 1870), non
fanno altro che condurre a conclusione la realizzazione dell'idea di Chiesa
enunciata a Trento. Certamente, come si accennava prima, questo esito non
introduce elementi assolutamente nuovi. In fondo, esso non fa altro che
esplicitare ciò che già è presente implicitamente nell'assetto che la Chiesa
cristiana occidentale è venuta assumendo nella sua lunga storia, anche in
relazione alle complesse vicende seguite alla crisi ed alla caduta dell'Impero romano
d'occidente. Dovendo affrontare la sfida protestante, il cattolicesimo sceglie
perciò la via che gli appare in quel momento meno rischiosa, più facilmente
praticabile, e cioè estrarre da questa tradizione il nucleo autoritario e
gerarchico conservato e fatto crescere nel corso dei secoli, per condurlo alla
logica conclusione di una ecclesiologia autoreferenziale tutta incentrata sul
vertice papale. La Chiesa finisce quindi fatalmente per coincidere con questa
massima autorità e col corpo ecclesiastico che le fa da corona, anch' esso però
su un gradino inferiore e quindi sottomesso al capo supremo. Non è questo
certamente l'unico apporto estraibile dal passato dell ' esperienza storica
cristiana. In fin dei conti l' evangelismo tenta il recupero di motivi
evangelici andati smarriti o quasi, ma comunque ben presenti anch'essi in quel
grande corpo in cui consiste la tradizione, talvolta manifestatisi anche in
maniera esplosiva. Basti pensare alla sconvolgente esperienza spirituale e
cristiana di Francesco di Assisi. Tuttavia, quando la rottura protestante
esplode infrangendo l'unità della Chiesa, l'iniziativa per affrontare questa situazione
non viene ricercata nel rilancio dello spirito evangelico, che avrebbe
comportato la riforma interna del cattolicesimo nel senso del rinnovamento
della coscienza dei fedeli e della riattivazione della vita spirituale e
morale. La scelta disciplinare fatta a Trento, patrocinata dal papato, rompe
ogni collegamento con questa eredità e riprende al contrario i motivi
autoritari dell'ordine imposto dall'alto, della appartenenza obbediente al
corpo ecclesiale, della passiva sottomissione del fedele all'autorità
ecclesiastica. Gli effetti che ne conseguono sono devastanti. Come abbiamo
visto, la simulazione, la doppia morale, l'ipocrisia, il conformismo, lo
svuotamento della vita interiore e della spiritualità, da cui vengono espulsi
il dubbio e la ricerca di novità che ne costituiscono spesso alimento
indispensabile, la delazione e la cortigianeria, finiscono per disegnare il
panorama che da allora in poi viene a contrassegnare in profondità il carattere
italiano sotto tutti gli aspetti e non solo sotto il profilo strettamente
religioso. Perché è l'intero impasto della persona che viene forgiato dal
dominio totalitario di questa religione dell ' autorità, che non chiede al
fedele di cambiare, di praticare un rivolgimento profondo, rivoluzionario e
permanente della coscienza, ma esige solo di obbedire e di sottomettersi. E sul
fedele rispettoso e remissivo l'autorità ecclesiastica stende poi la sua mano
amorevole, liberandolo dalle sue colpe e restituendolo puro col perdono della
confessione. Con la reiterazione ininterrotta di questo sacramento non è quindi
rimesso in questione il comportamento peccaminoso in modo da dare alla vita una
svolta decisiva. Il messaggio che vi è racchiuso è chiaro e dice al fedele: tu
sei un peccatore, non puoi cambiare; io Chiesa ti capisco, ma ti tranquillizzo
con la mia autorità di rimetterti i peccati, purché tu mi sia rispettoso e
rimanga obbediente ai miei precetti. Viene in tal modo scavato un abisso
incolmabile con qualsiasi istanza di rinnovamento morale e spirituale della
coscienza personale, anche quella espressa e promossa dall'evangelismo interno
nonostante che, come si ricorderà, esso continui pure a riservare un ruolo
centrale al clero ed alla gerarchia. Sotto questo riguardo, allora, si può dire
che la Controriforma cattolica uscita dall'assise tridentina o, se vogliamo, il
progetto riformistico di quel concilio, non è solo rivolta all'esterno, contro
il mondo protestante, ma colpisce anche tutti i conati, compresi i più
moderati, di un riformismo interno che intenda far leva sulla coscienza
personale quale premessa irrinunciabile per la maturazione della fede. Ne
conseguono inevitabilmente effetti nefasti che investono in profondità il
tessuto morale e civile del nostro paese, che esce sfibrato moralmente, privo
di forza creativa e di iniziativa, sprofondato nella rassegnazione e nella
passività, irriconoscibile rispetto alla vitalità che lo ha reso grande fino
dal' 200 e dal '300, con l'umanesimo quattrocentesco e la sua esaltazione della
dignità dell 'uomo teso a progettare e creare la sua città di vita terrena, ed
anche esaltato dal genio del Rinascimento. Si può dire, allora, che col rogo di
Giordano Bruno e con i processi di Galilei si mette davvero fine a questa
grande tradizione civile e morale del nostro paese ed inizia una fase nuova, di
profonda decadenza. Per rendersene conto ci si può limitare a considerare la
sola dimensione della religiosità vissuta, dove è riscontrabile in modo
particolarmente pregnante quello che si accennava sopra e cioè la rottura
profonda che con la Controriforma cattolica si è verificata nella storia
cristiana del nostro paese. Perche davvero qui gli aspetti appena segnalati
segnano con nettezza lo spartiacque fra la religiosità del credente nel Basso
Medio Evo e quella nuova che va modellandosi sulle prescrizioni tridentine. Ai
cristiani di quel tempo è estranea infatti la sacralizzazione della figura
papale, che copre con la sua imponenza come una cupola la Chiesa
post-tridentina. Un uomo di fede come Dante, ad esempio, non esita a
scaraventare all'Inferno ben cinque papi, cosa sconvolgente ed inconcepibile
per il cattolico medio moderno, compreso quello contemporaneo inchiodato ad una
ferrea idolatria papale172. Forse perche tutti i papi moderni, da Pio IX in poi
sono tutti santi e degni del Paradiso, mentre la perversione si concentra
interamente in quelli del passato? Forse che la Chiesa moderna e contemporanea
rimane del tutto estranea agli appetiti terreni di potere anche politico e
della ricchezza? Solo un fanatismo cieco e di attaccamento idolatrico
all'istituzione ecclesiastica ed ai suoi vertici può sostenere una cosa del
genere. Ma torniamo al Medio Evo. Per capire quale sia lo spirito che anima gli
uomini dell ' età comunale esemplari mi paiono queste pagine di Luigi
Salvatorelli che riporto per intero, dove si descrive la politica dei Comuni
ostile alla Chiesa per la sua pretesa di immunità e di privilegi economici. " Si discutevano questioni di
principio: i limiti fra potere civile e potere religioso, la distinzione, nella
Chiesa, dello spirituale e del temporale, dei doni celesti e degli interessi
terreni. I beni del clero e i diritti ecclesiastici, materia di conflitti,
erano sentiti come un ostacolo ed una pietra d 'inciampo. Parole mordaci
correvano sugli attaccamenti terreni ed i costumi mondani del clero; fiorivano
motti satirici contro I' avarizia e la cupidità della Curia, rasentando talora
la bestemmia. Si giocava sul nome di papa Lucio III paragonandolo al pesce
omonimo: «questo insidia i pesci, quegli divora gli uomini». Si diceva che a
Roma il dio non era Trino, ma Quattrino". Ed ancora: "L'isolamento della casta e della
gerarchia, il contrasto di interessi, l'urto dei poteri, acquistavano
profondità e gravità, perché al di là di essi era sorta una certa
incomprensione morale. Non si trattava del Credo, di dommi: il popolo seguitava
a credere quello che la Chiesa insegnava. ..Tanto meno si trattava di rito e di
culto: nessuna società come quella dei Comuni aveva tanto amato le grandi cattedrali
e le processioni solenni. Come prima, il popolo trovava nel sacerdote il
ministro del rito, il dispensiere dei sacramenti. Vi trovava invece assai meno
di prima l'interprete dei propri sentimenti, il confidente delle proprie
incertezze, il consigliere intimo e la guida morale". Il fatto è che " Lo stato degli spiriti, dal secolo X
al XIIL era cambiato profondamente nel mondo laico. Non si chinava più il capo,
con rassegnazione inerte, sotto le difficoltà, i dolori e le oppressioni; e si
cercava di provvedere alla proprie sorti secondo il motto: aiutati che Dio ti
aiuta. La fede religiosa si faceva morale e vita pratica: accanto alle virtù monacali
della umiltà e della penitenza venivano in onore quelle laiche della prudenza,
della fortezza, della giustizia, generatrici di bene, rettrici e maestre della
città e della vita sociale "(173). Da queste pagine, come si può ben
vedere, esce l'immagine di un popolo vivo, non passivo e supinamente sottomesso
alla gerarchia ecclesiastica, come invece accadrà quando il peso schiacciante
della disciplina imposta dal Concilio di Trento soffocherà, anche con inaudita
violenza fisica oltre che morale, ogni barlume di autonomia nella spiritualità
e nella coscienza religiosa del popolo italiano. sicché, si può davvero
argomentare storicamente che con la Controriforma cattolica non solo vengono
davvero sradicati dalla vita spirituale del nostro paese, qualsiasi accenno e
conato ad una pur minima autonomia, ma muoiono anche quelle riserve di energia morale
e di forza creatrice che nel passato avevano fatto dell'Italia un faro di
civiltà. Insomma, dopo avere narcotizzato la coscienza religiosa e, proprio per
quel motivo, la Controriforma cattolica opera una vera e propria espulsione di
ogni forma di indipendenza personale ed è quindi alla radice della corruzione
della coscienza morale del nostro paese, che tanti effetti nefasti riverserà
sulla successiva storia nazionale italiana fino ai nostri giorni.
172. I nomi dei papi condannati
nell 'Inferno dantesco sono: Celestino V nel vestibolo, fra gli ignavi (Canto III);
Anastasio Il, nel cerchio VII fra i violenti (Canto XI); Niccolò III Orsini nel
cerchio VIII, terza bolgia, fra i simoniaci; Bonifacio VIII, non ancora defunto
nell'anno in cui Dante immagina il suo viaggio nell’oltretomba, sempre fra i
simoniaci; Clemente V; non solo non ancora defunto, ma addirittura neppure
ancora papa, anche lui fra i simoniaci.
173. Luigi SaIvatoreIIi -Vita di
San Francesco di Assisi -Einaudi 1973, pag. 15 e 18/19
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