De Gasperi, De Nicola, Terracini, 27 dicembre 1947
Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 20 ottobre 2013
Costituzione: via maestra
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con Paolo Solimeno
Carissim*
per chi stamattina c'era e per chi non c'era
inviamo il fascicolo che può essere utile come spunto
per andare a capire meglio quanto sta accadendo
in merito alle modifiche sulla Costituzione.
Alleghiamo anche il Disegno di legge costituzionale di cui si è parlato.
Con l'occasione ringraziamo ancora Paolo Solimeno,
che ha fatto per noi un prezioso servizio di crescita della consapevolezza
e della cittadinanza,
rendendo accessibile a tutt*, per quando possibile,
una materia complessa.
Claudia, Carlo, Maurizio, Gisella, Luisella
1. Lettura dal Vangelo
2. Scheda informativa
3. Appello Costituzione: via maestra
4. Articoli di riflessione
1. Letture dal Vangelo
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, parlò loro dicendo:
«[Beati] Ritti in piedi i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Ritti in piedi gli afflitti, perché saranno consolati.
Ritti in piedi i miti, perché erediteranno la terra.
Ritti in piedi quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Ritti in piedi i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Ritti in piedi i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Ritti in piedi gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Ritti in piedi i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Ritti in piedi voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Matteo, 5, 1-11
"Difendere la Costituzione è un dovere che mi riguarda come persona, come cittadino, come italiano e anche come sacerdote.
Tra Vangelo e Costituzione c'è una profonda compatibilità.
Il Vangelo sta dalla parte degli esclusi, degli umiliati, dei poveri.
La Costituzione è stata scritta per dire mai più esclusione, mai più oppressione, mai più povertà. Non è solo la legge fondamentale dello Stato: è un grimaldello delle coscienze, un richiamo alle nostre omissioni, uno specchio limpido che riflette quello che siamo.
Per questo tanti vorrebbero coprirlo o sostituirlo con un altro, a propria immagine e somiglianza.
Dobbiamo opporci a questa manomissione riscoprendo le responsabilità dell'essere cittadini e tenendo viva la Costituzione che nessuno può cancellare: quella scritta nei nostri cuori e nelle nostre coscienze". Luigi Ciotti
2. Scheda informativa
Scheda sulla nascita della Costituzione
La Costituzione Italiana fu scritta dall’Assemblea Costituente, appositamente eletta, e formata da 556 persone elette col sistema proporzionale al fine di rappresentare tutte le idee e gli orientamenti presenti nel Paese. I lavori durarono un anno e mezzo; poi la Costituzione fu approvata dall’Assemblea Costituente nel 22.12.1947 e poi promulgata dal HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Presidente_della_Repubblica_Italiana" \o "Presidente della Repubblica Italiana" capo provvisorio dello Stato HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_De_Nicola" \o "Enrico De Nicola" Enrico De Nicola il 27.12. HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/1947" \o "1947" 1947. Entrò in vigore il 1.1. HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/1948" \o "1948" 1948.
La Costituzione è composta da 139 HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_(legge)" \o "Articolo (legge)" articoli e relativi HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Comma_(legge)" \o "Comma (legge)" commi (5 articoli sono stati abrogati: 115; 124; 128; 129; 130), suddivisi in quattro sezioni:
HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_della_Repubblica_Italiana" \l "I_Principi_fondamentali_della_Costituzione_Italiana" \o "Costituzione della Repubblica Italiana" Principi fondamentali (articoli 1-12);
Parte prima: " HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_della_Repubblica_Italiana" \l "Parte_prima:_Diritti_e_Doveri_dei_cittadini" \o "Costituzione della Repubblica Italiana" Diritti e Doveri dei cittadini" (articoli 13-54);
Parte seconda: " HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_della_Repubblica_Italiana" \l "Parte_seconda:_Ordinamento_della_Repubblica" \o "Costituzione della Repubblica Italiana" Ordinamento della Repubblica" (articoli 55-139);
Disposizioni transitorie e finali (articoli I-XVIII).
La Costituzione è la HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Fonte_del_diritto" \o "Fonte del diritto" fonte principale del HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto" \o "Diritto" diritto italiano, da essa dipendono gerarchicamente dipendono tutte le altre. E’ una Costituzione scritta, HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_rigida" \o "Costituzione rigida" rigida, lunga, votata, compromissoria, democratica e programmatica:
è scritta ossia contenuta in un testo legislativo scritto;
è rigida, in quanto:
le leggi in contrasto con la Costituzione vengono rimosse dalla HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Corte_costituzionale_della_Repubblica_Italiana" \o "Corte costituzionale della Repubblica Italiana" Corte costituzionale;
è necessario un procedimento parlamentare rigoroso per la riforma/revisione dei suoi contenuti.
è lunga: contiene disposizioni in molti settori del vivere civile;
è votata: perché rappresenta un patto tra i componenti del popolo italiano.
è compromissoria perché frutto di una particolare collaborazione tra tutte le forze politiche uscenti dal HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Secondo_conflitto_mondiale" \o "Secondo conflitto mondiale" secondo conflitto mondiale.
è democratica perché è dato grande rilievo alla HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Sovranit%C3%A0_popolare" \o "Sovranità popolare" sovranità popolare, ai HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Sindacato" \o "Sindacato" sindacati e ai HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_politico" \o "Partito politico" partiti politici;
ed è programmatica perché attribuisce alle forze politiche e sociali il compito di realizzare, rendere e concreti gli obiettivi della Costituzione stessa.
Art. 138 della Costituzione
In base all'articolo 138 della Costituzione per modificare/riformare la Costituzione è necessario seguire una procedura particolare: sono necessaire due deliberazioni di entrambe le Camere ad un intervallo non minore di tre mesi ed a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda votazione.
Le modifiche al testo della costituzione non devono comunque compromettere lo spirito repubblicano e gli ideali sui quali essa si fonda. La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (articolo 139).
Nel caso in cui la legge costituzionale sia stata approvata con una maggioranza inferiore dei due terzi dei componenti in una o in entrambe le camere, se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, la legge è sottoposta a HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum" \o "Referendum" referendum e non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Cosa sta accadendo
In questi ultimi mesi, i passi concreti verso azioni di modifica alla Costituzione sono stati molti e rapidi. Proviamo qui a ricapitolare alcuni passaggi importanti.
Il Presidente della Repubblica Napolitano, nel suo ultimo discorso di insediamento ha detto “…non si può in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana”.
Molti vi hanno letto un riferimento a possibili riforme istituzionali che richiedono modifiche costituzionali anche se per la verità Napolitano ha parlato genericamente di riforme (non di riforme costituzionali) e ha riaffermato che tali riforme devono avere l’obiettivo generale del progresso della democrazia.
Nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio Letta, nella sezione dedicata alla “riforma delle istituzioni”, le riforme indicate come necessarie sono invece proprio riforme di tipo costituzionale. Ecco alcuni stralci presi da tali dichiarazioni programmatiche:
[..] L’obiettivo complessivo è quello di una riforma che riavvicini i cittadini alle istituzioni, rafforzando l’investitura popolare dell’esecutivo e migliorando efficienza ed efficacia del processo legislativo. I principi che devono guidarci sono quelli di una democrazia governante: la capacità degli elettori di scegliersi i propri rappresentanti e di decidere alle elezioni sui governi e le maggioranze che li sostengono. […]
[…] Dobbiamo superare il bicameralismo paritario, per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello che abbiamo appena sperimentato, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo. Nessuna legge elettorale è infatti in grado di garantire il formarsi di una maggioranza identica in due diversi rami del Parlamento. Dobbiamo quindi istituire una seconda Camera - il Senato delle Regioni e delle Autonomie - con competenze differenziate e con l’obiettivo di realizzare compiutamente l’integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una più chiara ripartizione delle competenze tra i livelli di governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V. Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire le provincie. Semplificazione e sussidiarietà devono guidarci al fine di promuovere l’efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi di funzionamento dello Stato … Bisogna altresì chiudere rapidamente la partita del Federalismo fiscale, rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia salvaguardando la centralità dei territori e delle Regioni. “
Sulle modalità da seguire per le riforme costituzionali. Abbiamo sopra ricordato che la Costituzione prevede la possibilità di essere modificata (art.138) ma con procedure rigide a protezione e garanzia. Ma sempre nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio Letta, si legge:
“[…]Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi.” […]
Il Governo ha presentato un Disegno di Legge Costituzionale dal titolo "Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali" (Atto numero 813 al Senato) ed ha istituito il “Comitato parlamentare per le riforme istituzionali” composta da parlamentari, scelti tra i membri delle Commissioni permanenti per gli Affari Costituzionali rispettivamente del Senato e della Camera, più i 2 presidenti delle Commissioni.
Questo Comitato lavorerà sulle proposte definite da un gruppo di 40 saggi, scelti tra giuristi, costituzionalisti, politologi, ecc. Essi formuleranno proposte su modifiche relative a ben 61 articoli (quasi la metà) su temi fondamentali che riguardano: il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il Governo, le Regioni, le Province, i Comuni.
Non si tratta quindi di “manutenzione ordinaria” della Carta Costituzionale, ma di veri e profondi cambiamenti che saranno pensati e proposti da un piccolo gruppo di persone, sia pur esperti, che non ha avuto alcun mandato popolare in tal senso.
Il Disegno di Legge Costituzionale prevede una deroga all’art. 138 della Costituzione, e un iter di discussione e approvazione delle modifiche costituzionali attualmente in discussione più semplificato; se quindi tale Disegno sarà approvato modifiche importanti che riguardano le forme e le funzioni di Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Regioni, Province saranno discusse e eventualmente approvate con una procedura semplificata.
In base all'art.2 comma 2 del DDL il Comitato può esaminare solo i progetti che gli assegnano i presidenti delle Camere, scelti tra quelli presentati alle Camere dall'inizio dell'attuale Legislatura (XVII) alla fine dei lavori del Comitato stesso.
Il testo prodotto dal Comitato dovrà poi essere approvato dalle Camere in doppia seduta e l'intervallo minimo tra le due deliberazioni potrà essere di soli 45 giorni anziché di tre mesi come previsto dall'art. 138 della Costituzione. A differenza di quanto prevede l'art.138, sarà possibile chiedere il referendum popolare sul testo approvato dalle Camere anche se l'approvazione avverrà con oltre i 2/3 dei voti. Il risultato, come per tutti i referendum confermativi, sarà valido indipendentemente dal numero degli elettori.
principali slogan di chi vuole cambiare la Costituzione confrontati con la realtà delle cose
secondo Emanuele Lombardi [da HYPERLINK "http://www.lacostituzione.it" www.lacostituzione.it ]
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serve una nuova Costituzione per meglio affrontare i problemi dell'ItaliaI problemi dell'Italia sono di ordine politico, economico e culturale, e non dipendono assolutamente dai 134 articoli della Costituzione! Sfido chiunque a trovare un collegamento tra Costituzione vigente e delinquenza organizzata (mafia, camorra, ndrangheta...), disoccupazione, evasione fiscale, scarso senso civico degli italiani, disonestà di alcuni politici, eccessiva burocrazia, basso livello culturale generale, poca moralità del Paese, limitata capacità industriale ed imprenditoriale, conflitto di interessi, carceri piene, ospedali che non funzionano ... Questi, che sono alcuni tra i veri problemi dell'Italia, non sono risolvibili da alcuna riforma costituzionale!
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la Costituzione è vecchia
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La Costituzione italiana ha 60 anni, quella degli Stati Uniti ne ha 220 e nessuno pensa di modificarla! Eppure il mondo è più cambiato dal 1787 ad oggi che dal 1948 ad oggi! …. La Costituzione tedesca è nata nel 2° dopoguerra in condizioni culturali e storiche praticamente identiche alle nostre (sconfitta militare alla fine di una feroce dittatura), ma nessun tedesco pensa sia ora di stravolgerla perchè è vecchia!
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per velocizzare l'iter legislativo dobbiamo superare il bicameralismo perfettoTutti diciamo che in Italia abbiamo troppe leggi, e questa enorme legiferazione non dipende certo dal bicameralismo, anzi se bastasse una sola Camera ad approvare una legge, oggi avremmo sicuramente un numero maggiore di leggi. Inoltre una legge che fosse sbagliata nel merito rimarrebbe sbagliata anche se per la sua promulgazione fosse sufficiente l'approvazione di una sola assemblea legislativa anziché due. Comunque la legge Alfano è stata presentata ed approvata da entrambe le Camere in venti giorni (Luglio 2008), quindi il bicameralismo perfetto non impedisce nulla, se c'è la volontà politica di farlo. Altre nazioni hanno il bicameralismo perfetto, USA e Francia tanto per rimanere tra le democrazie occidentali.
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diminuiamo il numero dei parlamentari per ridurre le spese dello Stato
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[..]] se il numero dei Parlamentari diminuisse di 200 unità si risparmierebbero 51 Milioni di € l'anno. Non è certo poco, ma è solo lo 0.06% della spesa totale delle Amministrazioni Centrali prevista per l'anno 2006.
La riduzione del numero dei Parlamentari quale sistema per ridurre i costi dello Stato è pura e semplice demagogia!
D'altra parte se si volesse veramente risparmiare sulle spese del Parlamento invece di cambiare la Costituzione per abbassare il numero dei Parlamentari basterebbe diminuirne le indennità ed i rimborsi spese[…] Anziché modificare la Costituzione per abbassare il numero dei Parlamentari di, per esempio, 200 sarebbe sufficiente che i Parlamentari con una legge ordinaria si abbassassero le indennità ed i rimborsi del 21% ed avremmo lo stesso risparmio!
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modificare la Costituzione per accelerare la ripresa economica Il 9 Febbraio 2011 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge costituzionale per la modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione. Alla pubblica opinione questo ddl è stato presentato come un modo per accelerare la ripresa economica, anche se è veramente difficile stabilire un collegamento tra Costituzione ed efficienza dell'attività economica. Il Governo parla di "obiettivi di liberalizzazione e di sviluppo dell'economia nazionale", ma il primo obiettivo (la liberalizzazione) sarà l'unico perseguito perché è evidente a tutti che qualsiasi Governo ha tutti gli strumenti per incidere sull'economia del Paese senza bisogno di scomodare la Costituzione. Può infatti emanare leggi ordinarie, leggi finanziarie, circolari amministrative, eccetera. Il risultato delle modifiche proposte, in particolare dell' art. 41, sarà la liberalizzazione assoluta e lo svincolo completo di qualsiasi attività economica dal controllo preventivo dello Stato confidando su un "principio di fiducia e leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni ed i cittadini" che, in un paese dove un quarto dell'economia è in mano alla delinquenza organizzata, non dovrebbe essere applicato a priori a chiunque! [..]
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3. Appello “Costituzione via maestra”
Ecco il testo dell'appello che ha convocato l'assemblea dell'8 settembre da cui scaturisce il percorso di mobilitazione per la difesa e l'applicazione della Costituzione; e al quale la Comunità dell’Isolotto ha aderito.
1. Di fronte alle miserie, alle ambizioni personali e alle rivalità di gruppi spacciate per affari di Stato, invitiamo i cittadini a non farsi distrarre. Li invitiamo a interrogarsi sui grandi problemi della nostra società e a riscoprire la politica e la sua bussola: la Costituzione. La dignità delle persone, la giustizia sociale e la solidarietà verso i deboli e gli emarginati, la legalità e l’abolizione dei privilegi, l’equità nella distribuzione dei pesi e dei sacrifici imposti dalla crisi economica, la speranza di libertà, lavoro e cultura per le giovani generazioni, la giustizia e la democrazia in Europa, la pace: questo sta nella Costituzione. La difesa della Costituzione non è uno stanco richiamo a un testo scritto tanti anni fa. Non è un assurdo atteggiamento conservatore, superato dai tempi. Non abbiamo forse, oggi più che mai, nella vita d’ogni giorno di tante persone, bisogno di dignità, legalità, giustizia, libertà? Non abbiamo bisogno di politica orientata alla Costituzione? Non abbiamo bisogno d’una profonda rigenerazione bonificante nel nome dei principi e della partecipazione democratica ch’essa sancisce?
Invece, si è fatta strada, non per caso e non innocentemente, l’idea che questa Costituzione sia superata; che essa impedisca l’ammodernamento del nostro Paese; che i diritti individuali e collettivi siano un freno allo sviluppo economico; che la solidarietà sia parola vuota; che i drammi e la disperazione di individui e famiglie siano un prezzo inevitabile da pagare; che la partecipazione politica e il Parlamento siano ostacoli; che il governo debba essere solo efficienza della politica economica al servizio degli investitori; che la vera costituzione sia, dunque, un’altra: sia il Diktat dei mercati al quale tutto il resto deve subordinarsi. In una parola: s’è fatta strada l’idea che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che si sia ormai in un tempo post-democratico: il tempo della sostituzione del governo della “tecnica” economico-finanziaria al governo della “politica” democratica. Così, si spiegano le “ineludibili riforme” – come sono state definite –, ineludibili per passare da una costituzione all’altra.
La difesa della Costituzione è dunque innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. È un impegno, al tempo stesso, culturale e politico che richiede sia messa in chiaro la natura della posta in gioco e che si riuniscano quante più forze è possibile raggiungere e mobilitare. Non è la difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da costruire in Italia e in Europa.
2. Eppure, per quanto si sia fatto per espungerla dal discorso politico ufficiale, nel quale la si evocava solo per la volontà di cambiarla, la Costituzione in questi anni è stata ben viva. Oggi, ci accorgiamo dell’attualità di quell’articolo 1 della Costituzione che pone il lavoro alla base, a fondamento della democrazia: un articolo a lungo svalutato o sbeffeggiato come espressione di vuota ideologia. Oggi, riscopriamo il valore dell’uguaglianza, come esigenza di giustizia e forza di coesione sociale, secondo la proclamazione dell’art. 3 della Costituzione: un articolo a lungo considerato un’anticaglia e sostituito dall’elogio della disuguaglianza e dell’illimitata competizione nella scala sociale. Oggi, la dignità della persona e l’inviolabilità dei suoi diritti fondamentali, proclamate dall’art. 2 della Costituzione, rappresentano la difesa contro la mercificazione della vita degli esseri umani, secondo le “naturali” leggi del mercato. Oggi, il dovere tributario e l’equità fiscale, secondo il criterio della progressività alla partecipazione alle spese pubbliche, proclamato dall’art. 53 della Costituzione, si dimostra essere un caposaldo essenziale d’ogni possibile legame di cittadinanza, dopo tanti anni di tolleranza, se non addirittura di giustificazione ed elogio, dell’evasione fiscale. Ecco, con qualche esempio, che cosa è l’idea di società giusta che la Costituzione ci indica.
Negli ultimi anni, la difesa di diritti essenziali, come quelli alla gestione dei beni comuni, alla garanzia dei diritti sindacali, alla protezione della maternità, all’autodeterminazione delle persone nei momenti critici dell’esistenza, è avvenuta in nome della Costituzione, più nelle aule dei tribunali che in quelle parlamentari; più nelle mobilitazioni popolari che nelle iniziative legislative e di governo. Anzi, possiamo costatare che la Costituzione, quanto più la si è ignorata in alto, tanto più è divenuta punto di riferimento di tante persone, movimenti, associazioni nella società civile. Tra i più giovani, i discorsi di politica suonano sempre più freddi; i discorsi di Costituzione, sempre più caldi, come bene sanno coloro che frequentano le aule scolastiche. Nel nome della Costituzione, ci si accorge che è possibile parlare e intendersi politicamente in un senso più ampio, più elevato e lungimirante di quanto non si faccia abitualmente nel linguaggio della politica d’ogni giorno.
In breve: mentre lo spazio pubblico ufficiale si perdeva in un gioco di potere sempre più insensato e si svuotava di senso costituzionale, ad esso è venuto affiancandosi uno spazio pubblico informale più largo, occupato da forze spontanee. Strade e piazze hanno offerto straordinarie opportunità d’incontro e di riconoscimento reciproco. Devono continuare ad esserlo, perché lì la novità politica ha assunto forza e capacità di comunicazione; lì si sono superati, per qualche momento, l’isolamento e la solitudine; lì si è immaginata una società diversa. Lì, la parola della Costituzione è risuonata del tutto naturalmente.
3. C’è dunque una grande forza politica e civile, latente nella nostra società. La sua caratteristica è stata, finora la sua dispersione in tanti rivoli e momenti che non ha consentito di farsi valere come avrebbe potuto, sulle politiche ufficiali. Si pone oggi con urgenza, tanto maggiore quanto più procede il tentativo di cambiare la Costituzione in senso meramente efficientistico-aziendalistico (il presidenzialismo è la punta dell’iceberg!), l’esigenza di raccogliere, coordinare e potenziare il bisogno e la volontà di Costituzione che sono diffusi, consapevolmente e, spesso, inconsapevolmente, nel nostro Paese, alle prese con la crisi politica ed economica e con la devastazione sociale che ne consegue.
Anche noi abbiamo le nostre “ineludibili riforme”. Ma, sono quelle che servono per attuare la Costituzione, non per cambiarla.
Lorenza Carlassare
Don Luigi Ciotti
Maurizio Landini
Stefano Rodotà
Gustavo Zagrebelsky
4. Articoli di riflessione
Intervista a Gustavo Zagrebelsky - La Repubblica 7 ottobre 2013
"L'Italia prigioniera del Berlusconismo ma la Costituzione può guarirla"
Lei, Rodotà, don Ciotti, Landini e Carlassare. Nomi che fanno rumore se si ritrovano assieme. Come succede il 12 ottobre. Che accade, alla fine voi di Libertà e giustizia vi siete decisi a far nascere un nuovo partito?
"Sgomberiamo il campo fin da subito. La risposta è no e aggiungo, siccome da diverse parti si è fatto credere il contrario, che è un "no" evangelico: Quel che è sì è sì, quel che no è no, e tutto è opera del maligno".
Però il Vangelo non mette mai un limite alla provvidenza...
"Se fosse sì, non sarebbe la provvidenza, ma la "sprovvidenza". Ci mancherebbe solo che si pensasse di fare un nuovo, ulteriore, partitino".
Però... però... mi lasci dire, quando il manifesto dell'incontro, che non a caso si intitola "La via maestra", parla di "miserie, ambizioni personali, rivalità di gruppi spacciate per affari di Stato" non può che venire in mente il rifiuto di "questa" politica. Che ne richiama una nuova.
"Certamente. Ma per operare un rinnovamento o addirittura un ribaltamento delle pratiche politiche e sociali che ci affliggono in questi anni non c'è bisogno "di nuovi soggetti politici" - espressione, tra le tante, che io odio - C'è bisogno invece, secondo noi, che ciascuno, quale che sia il suo impegno nella società, faccia valere nelle sedi che gli sono proprie (politica, sindacato, cultura, scuola, tutto insomma ciò che ha riguardo con la vita civile) l'esigenza del rinnovamento. Comprenda e faccia comprendere che, continuando così, il nostro Paese si mette su un binario morto".
Lei, come sempre, è bravissimo nello scegliere espressioni e concetti forbiti, ma parliamo politichese: ci giura che un partito nuovo non nascerà?
"Nessuno di noi è profeta. Ma il 12 ottobre non c'è la fondazione di alcun partito. Anzi, il nostro intento è quello di raccogliere le preoccupazioni e le forze, non di dividerle ulteriormente".
Scusi se insisto, ma mi pare che qualcuno sia convinto che state proprio lavorando verso quell'approdo.
"Ribadisco, il nostro è un intento politico, ma non nel senso dei partiti. Se si può dir così, è un intento anche più ambizioso: lavorare alla rinascita di una politica, nel senso autentico della parola".
Lei non vede la politica "giusta" in Italia?
"In Italia esiste solo una messinscena della politica. La politica comporta il confronto tra idee e progetti. Oggi mancano le idee e i progetti, e a maggior ragione manca il confronto. Dunque, manca la politica. Venendo meno la politica, la democrazia stessa deperisce. Perché mai i cittadini si dovrebbero impegnare, anche solo nella cabina elettorale, se tanto tutto è destinato a restare quello che è? Viviamo da alcuni anni in stato di necessità. Ma la democrazia è lo stato della libertà".
Come mai, però, associazioni che pur avrebbero potuto rispondere al vostro appello solo rimaste silenti? "L'adesione è larghissima. Chi si è tenuto in disparte, l'ha fatto, mi sia permesso di osservare, perché è caduto nell'equivoco del "nuovo soggetto politico". Chiarito il quale, mi auguro che ci siano ripensamenti".
La nostra Costituzione. Lei torna lì, alla Carta del '48. Contestata, e che si cerca di riscrivere. Perché va tenuta ferma?
"C'è un paradosso. Tutti o quasi rendono omaggio alla prima parte della Costituzione, quella che tratta dei diritti, dei doveri, della giustizia, del lavoro, della libertà, della solidarietà. Quella parte descrive un tipo di società, molto lontana da quella in cui viviamo, che a noi invece pare tuttora di vivissima attualità. Proprio questa parte della Carta, però, è quella più largamente inattuata o violata. Le si può rendere omaggio in astratto perché ce ne si può dimenticare in concreto. C'è poi la seconda parte, che riguarda l'organizzazione della politica, e quindi i mezzi necessari per promuovere quel tipo di società. Oggi la discussione riguarda la riforma di questa seconda parte. Ma prima e seconda parte sono collegate e alcune delle modifiche che si prospettano, modifiche che definirei oligarchiche, si muovono nella direzione opposta all'attuazione della prima parte".
Costituzione e costituzionalisti. La Moralità pubblica. Che pensare quando si legge dello scandalo dei professori sotto accusa per i concorsi truccati?
"Nel campo universitario c'è un ineliminabile aspetto di cooptazione. Naturalmente, quella che dovrebbe essere cooptazione dei migliori può degenerare in corruzione. La linea di confine è labilissima. Anche se, oltre un certo limite, lo scandalo diventa evidente. Mi auguro che si chiarisca che quella linea di confine non è stata superata".
Letta ha detto che mercoledì "si è chiuso un ventennio". Alfano ha vinto su Berlusconi, il Parlamento ha confermato il governo. Davvero un ventennio è finito?
"Chi e come lo si può dire?".
Letta lo dice.
"Temo che sia un'affermazione valida per la messinscena, quello che volgarmente si definisce il teatrino della politica. Quando evochiamo "ventenni" che si chiudono, credo che si debba pensare a quel rinnovamento profondo della politica di cui dicevo prima. Qualcuno potrebbe ipotizzare che si tratti solo di una razionalizzazione di ciò che ci sta appena alle spalle e che sta cercando di mettere ai margini gli "incommoda"".
A proposito di "incommoda", guardiamo all'estate di Berlusconi, al disperato tentativo di evitare la condanna, una politica concentrata su questo mentre la gente è sempre più povera. Lei pensa davvero che si possa tornare indietro? Non c'è troppa prima repubblica, addirittura peggio della prima, in questa seconda?
"È difficile non vedere una profonda continuità nelle strutture e nelle concezioni profonde del potere politico, economico e sociale, e perfino criminale, della nostra società. Da questo punto di vista non c'è stata né una prima, né una seconda, né una terza Repubblica. Sono mutate le forme esteriori. Il 12 ottobre ci interrogheremo non sulle forme, ma sulla sostanza. E ci auguriamo che da qui possa nascere un vero rinnovamento".
Un giudizio flash su Berlusconi. È ancora "vivo" politicamente, ha ancora appeal da spendere o è politicamente già in archivio? "A me non interessa tanto questo; mi interessa piuttosto che, Berlusconi o non Berlusconi, ci si occupi dei problemi del nostro Paese, la cui gravità Berlusconi ha contribuito ad accentuare e che rimarranno tali e quali davanti a noi, anche senza di lui".
Lo spauracchio delle elezioni. Minacciato da mesi. Che vantaggi avrebbero gli italiani da un nuovo voto?"Un voto che riproduca la situazione attuale non serve a niente. Un voto che rimetta in moto il confronto politico sarebbe invece essenziale. Ma per questo occorrerebbe un'altra legge elettorale".
2 ottobre 2013 – La Repubblica
Lo spirito della Costituzione di BARBARA SPINELLI
Forse è venuta l'ora di dire in termini chiari che l'imperatore è nudo: in Italia, e in tutti i Paesi dell'Unione europea immersi nella crisi. Non ha più scettro né manto.
E non è vero quello che i nostri capi di governo vanno dicendo: che saremmo in mano alla trojka di Bruxelles, se svanisse il bene molto equivoco di una stabilità politica che dipende dal condannato Berlusconi.
Quel condizionale - saremmo - va sostituito con l'indicativo.
L'Italia non rischia commissariamenti se cade il governo Letta, così come non li rischiava quando caddero Berlusconi o Monti, perché da tempo siamo sotto tutela. I nostri imperatori sono oltre che nudi, finti. La stabilità tanto vantata, da salvare ad alti costi, è in realtà stasi sanguigna, imperio di un'oligarchia che fa capo non a un re ma a un reggente.
Nel vocabolario Treccani, reggente è colui che "esercita le funzioni della Corona in sostituzione del re, in via straordinaria e in determinati casi (incertezza su chi ha diritto al regno, incapacità giuridica o impedimento fisico del monarca)". Tanto più perniciosa una stabilità che dovesse scaturire dalla spaccatura, clamorosa ma forse provvisoria, del Pdl. Anche abbandonato dai suoi, Berlusconi non cesserà di influenzarli. Surrettiziamente, continuerà a esser lui la garanzia della nostra solvenza finanziaria e della nostra onestà: soprattutto se in extremis voterà la fiducia.
Monti d'altronde lo annunciò, il 16 ottobre 2011 sul Corriere, un mese prima di divenire Premier: "Siamo già oggetto di "protettorato": tedesco-francese e della Banca centrale europea". Il protettorato ha assunto fattezze più civili, ma protettorato resta. Inutile continuare a dire che siamo sull'orlo del commissariamento. Ci siamo dentro, come Atene, Lisbona, Dublino, Madrid. A forza di fissare l'abisso, l'abisso guarda dentro di noi e ci inghiotte. Se le cose non stessero così, non ci allarmeremmo: "Chi sarà capace di parlare con Draghi, dopo Monti e Letta?" In altre parole: chi amministrerà, conscio di non essere che un reggente?
Questo non vuol dire che i giochi siano fatti per sempre. Che subordinazione e reggenza siano fatali leggi della natura. Vuol dire però che tutto va mutato, a Roma e in Europa: i vocabolari mistificatori che usiamo, le politiche che ne discendono, il nostro sguardo sulle istituzioni, le Costituzioni. Dice lo scrittore austriaco Robert Menasse, dei monarchi europei: "Uno Stato nazionale non può più risolvere problemi da solo, la sovranità è già ceduta". Tanto più in Italia, le cui anomalie hanno dilatato la subalternità oltre misura. Non solo l'anomalia di Berlusconi. È anomalia anche governare con un partito estraneo alla cultura giuridica. È anomalia anche un Parlamento che con bradipica lentezza espelle (se espelle) un senatore condannato per frode fiscale, quando la legge ordina di farlo "immediatamente".
Senza fare chiarezza impossibile affrontare l'instabilità vera: il disfarsi delle democrazie, e in primis della nostra. Lo dice chi proprio per questo s'aggrappa alla Costituzione, e il 12 ottobre a Roma scenderà in piazza per difenderla. Se trema la democrazia, per forza tremerà la sua Carta fondativa. Cosa significa oggi avere governi di reggenza, ipocritamente sovrani? Significa che "il monarca tradizionale è in una condizione di incapacità giuridica, di impedimento fisico". Lo scettro è in mano a potenze esterne, e il reggente lo sa ma non lo dice.
Gli effetti già li vediamo, li viviamo. La nostra Repubblica si è fatta presidenziale, sotto Napolitano, e la metamorfosi non è stata decisa dal popolo sovrano: è avvenuta come se l'avesse dettata, motu proprio, la natura. L'antagonismo politico piano piano è stato bandito, bollato come populista secondo la già collaudata, emergenziale logica degli opposti estremismi. È populista Berlusconi, che entrò in politica per restaurare un'oligarchia corrotta dopo Mani Pulite. Sono definiti specularmente populisti Syriza in Grecia o i movimenti cittadini vicini a Grillo, che dell'era Mani Pulite sono figli.
Ne consegue l'impotenza crescente delle costituzioni nazionali, quasi ovunque in Europa. Il popolo di cittadini non può far valere bisogni e paure, quando è amministrato (non governato) da oligarchie che pretendono regalità che non hanno più. Quando un rapporto della JP Morgan (28 maggio '13) definisce infide le costituzioni nate dalla Resistenza, caratterizzate come sono "da esecutivi deboli verso i parlamenti; dai diritti dei lavoratori; dall'eccessiva licenza di protestare contro modifiche sgradite dello status quo". Nella storia francese, il periodo in cui Filippo d'Orleans amministrò al posto di Luigi XV si chiama reggenza ed è sinonimo di governi brevi, dediti a sanare bilanci. Orleanismo è predominio delle coterie: cioè delle consorterie, o cricche.
Perché, visto che siamo sotto tutela, battersi perché la Costituzione incompiuta si compia? Perché è il suo spirito che conta: i suoi articoli sono la confutazione vivente degli imperatori apparenti come dei commissariamenti fatali. Nelle costituzioni democratiche non è scritto che lo Stato-nazione è sovrano. Pienamente sovrani sono i cittadini, e ciascuno di essi deve contare ai vari livelli del potere: comunale, nazionale, ed europeo. La democrazia è oggi postnazionale: le elezioni europee del 22-25 maggio prossimo sono importanti come quelle nazionali, ma governi e partiti fanno lo gnorri.
Non è nemmeno scritto, nelle costituzioni, che una sola politica sia buona, e le vie diverse illegittime o populiste. La Carta sta lì a dirci le forme della democrazia che vogliamo, ma anche i suoi contenuti: l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; il lavoro, l'istruzione e la stampa libera come fondamenti; la tutela del patrimonio naturale e artistico; la separazione dei poteri; la protezione dei deboli, degli svantaggiati, di chi dissente.
Nelle crisi le Carte sono preziose perché aprono possibilità, non congelano i rapporti di potere esistenti. Consentono politiche alternative, non organizzano solo alternanze: né da noi né in Europa. Muoiono, se niente si muove. Oggi sono i nazionalisti a reclamare il nuovo (in Germania o in Austria, dove le destre estreme, antieuropee, hanno raccolto domenica il 30,8 % dei voti) ma perché la sinistra classica ha smesso da tempo di incarnare l'alternativa.
Prima del voto tedesco, su Spiegel online, il giornalista Wolfgang Munchau ha messo in relazione il declino socialdemocratico con il rifiuto di un'alternativa, nazionale e europea, all'austerità della Merkel. Risale agli anni '90 la rottura con Keynes, quando Schröder concepì la terza via: che non era affatto terza ma - come per Blair, per il Pd - adesione al mercato senza freni naufragato nel 2007-2008. Erano ancora keynesiani Brandt e il suo ministro del Tesoro Karl Schiller, nel '69. Lo fu anche Schmidt, negli anni '70. Solo l'estrema sinistra tedesca (la Linke) resta keynesiana.
Un'alternativa è possibile, se non se ne ha paura. Alexis Tsipras, capo di Syriza in Grecia, ha chiesto il 20 settembre al Forum Kreisky di Vienna un'Europa non frantumata dall'austerità, e una lotta "contro l'alleanza fra cleptocrazia ellenica e élite europee". Simile la lotta in Italia: il fronte costituzionalista di Rodotà e Landini, Zagrebelsky e Settis, dice questo. Quanto a Berlino, una maggioranza parlamentare alternativa alla Merkel esiste già (socialdemocratici, verdi, Linke), ma solo sulla carta. Da otto anni i socialdemocratici rinunciano a gettar ponti verso la Linke, a liberarla dal passato comunista.
Da noi l'alternativa potrebbe nascere se il Pd non proponesse solo reggenti, e scoprisse che per vent'anni la Carta è stata l'arcinemico della destra berlusconiana. Se dicendo il vero sul commissariamento, separasse la sovranità dei cittadini da quella degli Stati, e si battesse per una Costituzione che sarà compiuta quando i suoi princìpi s'estenderanno all'Europa.
12 Ottobre 2013 – ARTICOLO – Alfonso Gianni
Costituzione e lavoro ritrovano la piazza
Può succedere, in un paese come il nostro, che nell'anno definito dal Cnel come il «peggiore della storia dell'economia italiana nel secondo dopoguerra»; con la disoccupazione giovanile a livelli record e così pure l'incremento dei rapporti di lavoro precari; con importanti aziende come Telecom e Alitalia un tempo privatizzate oggi prede del capitale finanziario d'oltralpe per pochi milioni di euro; può succedere che si apra una crisi di governo che prelude a una crisi istituzionale vera e propria per mancanza di vie d'uscita all'orizzonte. Può succedere che questa crisi non si apra in virtù della insopportabilità della situazione economica e sociale a causa delle pedissequa osservanza di tutti gli ultimi governi ai diktat pro-austerity della troika, ma per fornire un filo di speranza a un condannato con sentenza definitiva di continuare a calcare le scene della "grande politica".
Può succedere che il presidente del consiglio in carica rinviando - con ciò pensando di compiere un atto di grande furbizia - provvedimenti economici che avrebbe dovuto prendere per evitare un disastroso incremento dell'Iva, o prospettando al suo posto un altrettanto rovinoso, se non peggiore, incremento del prezzo dei carburanti, fornisca così una insperata sponda al condannato e ai suoi sodali di ergersi populisticamente a difensore dei cittadini vessati dalle tasse. Può succedere che un Presidente della Repubblica per la prima volta rieletto a questo fine, veda il suo disegno delle larghe intese frantumarsi come un sogno di cristallo.
In effetti è successo e in queste ore ne vedremo le possibili evoluzioni. L'orizzonte del dibattito politico nelle stanze ufficiali non sembra però andare oltre il giorno fissato per le dichiarazioni di Letta al parlamento. Lì si vedrà se il Pdl saprà mantenersi insieme, malgrado la vistosa crepa apertasi dopo l'atto autoritario della imposizione delle dimissioni a ministri e deputati da parte del suo capo - uomo impaurito e confuso, dice oggi un suo antico cantore, come Vittorio Feltri - o se invece, come quelli del Pd e non solo sperano, si determineranno nuove condizioni per un Letta-bis, magari persino con l'appoggio di parte della attuale opposizione di sinistra, come accadde ai tempi di Dini.
Dietro a tutto ciò si avverte il disegno dei centri pensanti, pochi per la verità, delle nostre classi dominanti che vorrebbero dare vita a quella che fino a poco fa si sarebbe chiamata una formazione di centro di stampo europeo, ma che oggi, visto lo slittamento in quella direzione del Pd, che si accentuerebbe con la vittoria di Renzi, sarebbe obiettivamente collocata a destra. Ovvero quello che l'Italia non ha mai avuto, se si eccettua il piccolo partito liberale, una forza politica di destra non manifestamente eversiva.
In quest'ultimo caso e solo in questo, la legislatura potrebbe avere ancora durata, anche se pessima. Diversamente tutta la questione è se andare alle elezioni con il Porcellum, come vorrebbero sia Berlusconi che Grillo, o fare l'unica cosa ragionevole: modificare la legge elettorale cancellando almeno l'ignobile premio di maggioranza e reintroducendo una preferenza per evitare un parlamento assolutamente non rappresentativo delle volontà politiche dei cittadini e per di più rifatto con dei rinominati. Ma le ragioni della ragione e quelle della politique politicienne difficilmente si incontrano. Per il resto ha ragione persino Saccomanni. La legge di stabilità è già fatta dalla troika, visto che il suo parere è preventivo rispetto a quello del parlamento, quindi se ne potrebbe occupare persino un governo dimissionario senza la necessità di uno nuovo.
Quello che serve, e che ancora non c'è, dobbiamo dircelo, è la ripresa di un movimento popolare e sociale, un forte sommovimento democratico che scardini i cancelli della politica di palazzo.
La prima occasione è l'appuntamento già fissato del 12 ottobre. Per non sprecarla occorre però evitare un rischio fin troppo evidente. Bisogna essere espliciti su questo punto, altrimenti si corre il pericolo di un grave insuccesso.
Il rischio è quello di una separazione delle tematiche democratiche e costituzionali da quelle sociali. La proclamazione nello stesso mese di ottobre di altri appuntamenti dedicati ai temi della lavoro e della casa, separati e, per usare un eufemismo, scarsamente comunicanti con quello del 12, sottolinea il pericolo che stiamo correndo.
E' già accaduto nel passato. Si potrebbe dire, ora che possiamo fare un bilancio quasi ventennale, che tutta la lotta contro il berlusconismo ha sofferto di questa separazione o quantomeno di un incontro difficoltoso e pieno di equivoci e reciproci sospetti, fra chi si batteva per la legalità e la giustizia repubblicane e chi, per scelta e/o per necessità, privilegiava i temi della condizione dei lavoratori e dei disoccupati, dei giovani precari e della mancanza di abitazioni e servizi sociali. Questo iato ha facilitato la possibilità per i berluscones di giocare la carta del populismo. Cosa che tuttora stanno facendo.
La scesa in campo in particolare della Fiom in prima persona, quale soggetto e organizzazione sociale portante dello schieramento antiberlusconiano, ha solo in parte ovviato a queste divisioni e incomprensioni, visibili anche fisicamente nella separazione di cortei e manifestazioni. Quando non si è trattato addirittura di polemiche contrapposizioni nei contenuti, nelle parole d'ordine, nelle modalità delle proteste.
La manifestazione del 12 ha quindi un problema di qualità, prima ancora che di quantità, poiché quest'ultima dipende dalla prima. Se il messaggio che passa è solo quello della legalità e dell'osservanza costituzionale è troppo poco per mobilitare ampi settori popolari. Particolarmente ora, dentro una crisi politica dai contorni e esiti del tutto oscuri. Nella prima conferenza stampa tenuta dai cinque promotori, Landini ha fatto bene a dire con forza che non ci si mobilita per difendere la Costituzione - non solo - ma per applicarla integralmente. Intendendo quindi che parti di essa sono rimaste lettera morta e altre sono sotto tiro sul piano della organizzazione materiale della società prima ancora che su quello dei testi scritti.
Queste parti riguardano tutte, o in modo assolutamente prevalente, i temi sociali. In primo luogo quelli del lavoro; della rimozione degli ostacoli a trovarne uno dignitoso - che ci porta dritto al tema del reddito di base -; della salvaguardia degli istituti del welfare state; della loro gratuità e universalità; dell'equa retribuzione; della democrazia nei luoghi di lavoro; del diritto ad una vita dignitosa sotto ogni aspetto che incrocia il diritto all'abitare; della difesa dell'ambiente e del paesaggio che contrasta con le megaopere distruttive come la Tav. Punti fondanti della nostra Carta Costituzionale che sono minati dalle politiche economiche dell'austerity decise contro ogni buon senso in Europa, ma pedissequamente applicate, anche con eccessi - come nel caso della costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, ai tempi di Monti - , dalla maggioranza delle larghe intese e dal governo.
Non si tratta di affogare la manifestazione del 12 ottobre in un universalismo rivendicativo indistinto, né di caricarla di toppe attese e responsabilità, ma avere la consapevolezza che l'attaccamento alla Costituzione che gli italiani hanno già dimostrato nel 2006 sconfiggendo il disegno del premierato (che i cosiddetti saggi vorrebbero riproporci), è fatto di molti, differenti ma potenzialmente convergenti sensibilità e bisogni.
Tutte queste sensibilità e tutti questi bisogni devono e possono concorrere a un appuntamento così ambizioso, la cui riuscita sarà frutto solamente dell'autorganizzazione, e devono rendersi visibili nella fisionomia della manifestazione e nei contenuti dei discorsi che animeranno la sua fase conclusiva in piazza del Popolo.
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE 813
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (LETTA)
dal Ministro per le riforme costituzionali (QUAGLIARIELLO)
e dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell’attività di Governo (FRANCESCHINI)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 GIUGNO 2013
Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali
ONOREVOLI SENATORI. -- Gli elementi cruciali dell'assetto istituzionale disegnato nella parte seconda della nostra Costituzione (forma di governo, sistema bicamerale) sono rimasti sostanzialmente invariati dai tempi della Costituente. È invece opinione largamente condivisa che tale impianto necessiti di essere aggiornato per dare adeguata risposta alle diversificate istanze di rappresentanza e d'innovazione derivanti dal mutato scenario politico, sociale ed economico; per affrontare su solide basi le nuove sfide della competizione globale; dunque, per dare forma, sostanza e piena attuazione agli stessi principi fondamentali contenuti nella parte prima della Carta costituzionale.
Come autorevolmente sottolineato anche dal Presidente della Repubblica nel suo discorso d'insediamento davanti al Parlamento in seduta comune, «non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana».
L'attuale situazione di crisi economica ha reso non più tollerabili le inefficienze e i nodi irrisolti che il nostro sistema politico e istituzionale si trascina, ormai, da oltre trent'anni. Si tratta di un costo che l'Italia non è più in grado di assorbire in una situazione di recessione che non trova precedenti nella storia recente del Paese.
Ed è proprio su questa consapevolezza che si fonda la ragione principale dell'impegno del Governo. Come infatti enunciato in sede di dichiarazioni programmatiche, e come testimoniato peraltro dal conferimento di un apposito incarico ministeriale, le riforme costituzionali rappresentano la priorità più importante da realizzare nell'interesse del Paese.
Nell'affrontare una stagione di riforme istituzionali e costituzionali bisogna tuttavia guardarsi da due insidie opposte ma speculari.
Occorre in primo luogo scongiurare quel conservatorismo costituzionale che, a volte anche animato da nobili intenzioni, rischia di bloccare ogni percorso di riforma. Sulla scorta dell'idea che la nostra sia la Costituzione più bella del mondo, vi è chi arriva a rifiutare qualunque intervento riformatore della Carta fondamentale.
La Carta del 1947 rappresenta storicamente un nobilissimo compromesso che ha reso possibile quello che chiamiamo «miracolo costituente». Nessuno oggi immagina di lavorare per l'adozione di una nuova Costituzione; nessuno mette in discussione i princìpi fondamentali della Carta o la sua prima parte, sui diritti e doveri dei cittadini; nessuno propone l'attivazione del potere costituente. Quel che dobbiamo fare è esercitare il potere costituito: verificare solo se la parte seconda, sull'ordinamento della Repubblica, sia adeguata ai tempi o viceversa richieda una revisione. Si tratta in particolare di lavorare sulle tre pagine -- forma di Stato, forma di governo e bicameralismo -- che i padri costituenti, nelle temperie della guerra fredda, consegnarono alla riflessione delle successive generazioni.
Il secondo pericolo da evitare è l'accanimento modellistico. Le riforme costituzionali non devono essere confinate nell'alveo delle dispute accademiche. Bisogna evitare che si ripeta per l'ennesima volta lo scontro fra le diverse fazioni, ognuna inflessibile sostenitrice del proprio modello e irrimediabilmente convinta della sua superiorità rispetto a tutti gli altri. Trasferito nella concreta dinamica politica, un approccio simile è non solo sbagliato, ma anche pericoloso perché è il miglior modo per non concludere nulla.
Lavorare sul tema delle riforme non vuol dire infatti disegnare un ideale astratto di modello costituzionale da calare dall'alto sul sistema sociale e politico. La Carta fondamentale di un Paese non è un bellissimo e solenne documento consegnatoci dalla Storia. Le Costituzioni sono materia viva e vitale, che evolve continuamente e che in alcune fasi storiche richiede una presa d'atto dei cambiamenti intervenuti per adeguare al nuovo contesto le regole che governano il funzionamento della democrazia. Ciò proprio al fine di salvaguardare lo spirito costituente originario.
Ma accanto a questi profili, un ruolo centrale nel concreto sviluppo del percorso delle riforme lo assume la definizione di una procedura coerente, trasparente, rispettosa di tutte le garanzie di democraticità e capace, se ve ne sono le condizioni politiche, di approdare a un risultato.
È proprio questo l'oggetto del presente disegno di legge, il quale rappresenta una puntuale traduzione delle indicazioni formulate dal Parlamento con l'approvazione da parte delle due Camere, il 29 maggio 2013, delle mozioni sulle riforme costituzionali.
Negli atti di indirizzo delle Camere è evidenziata la necessità di definire tempestivamente, attraverso l'approvazione di un'apposita legge costituzionale, una procedura straordinaria di revisione costituzionale che consenta di avviare un lavoro comune dei due rami del Parlamento, di programmare una tempistica certa e in linea con le attese del Paese dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Carta, nonché di assicurare il consenso parlamentare più ampio possibile e potenziare il controllo dei cittadini sul risultato finale del processo riformatore; una procedura, pertanto, idonea a valorizzare il ruolo del Parlamento e a garantire la partecipazione diretta dei cittadini.
In coerenza con il dibattito svoltosi in quella sede e con gli impegni assunti dal Governo con le dichiarazioni programmatiche, il disegno di legge disciplina un procedimento legislativo speciale per l'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale e dei connessi progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali, inteso a favorire, nel rigoroso rispetto delle prerogative del Parlamento e del principio della sovranità popolare, il compimento entro diciotto mesi del processo riformatore.
Il percorso delineato dal disegno di legge appare nella sostanza pienamente rispettoso dello spirito del Costituente nel definire, all'articolo 138, l'iter di revisione costituzionale. Anzi, rispetto a tale disposizione viene previsto un importante aggravamento procedurale laddove si stabilisce che il referendum confermativo possa essere richiesto anche se le riforme della Costituzione siano state approvate dal Parlamento con la maggioranza dei due terzi. Si tratta della migliore risposta alla domanda di partecipazione e di trasparenza delle decisioni politiche che sale con forza dai cittadini. In questo contesto, come principale semplificazione procedurale il disegno di legge prevede che l'attività referente sia svolta, anziché separatamente dalle due Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato, da un organismo bicamerale formato paritariamente da componenti delle medesime Commissioni. Importante è anche la definizione di una precisa scansione temporale dell'esame parlamentare, diretta da un lato a garantire uno spatium deliberandi adeguato all'importanza dell'intervento, dall'altro a evitare che il percorso delle riforme venga subordinato alle emergenze che la quotidianità pone al centro dell'agenda parlamentare.
Composizione e costituzione del Comitato parlamentare bicamerale
Ai fini sopra delineati, l'articolo 1 del presente disegno di legge costituzionale istituisce un Comitato bicamerale, composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri delle Commissioni Affari costituzionali del Senato e della Camera. La Presidenza del Comitato è affidata congiuntamente ai Presidenti delle predette Commissioni, che pertanto fanno parte di diritto dell'organo.
Conformemente al dispositivo degli atti d'indirizzo, la nomina dei membri del Comitato viene effettuata dai Presidenti delle Camere, su designazione dei Gruppi parlamentari, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base a un criterio misto che deve tenere conto sia della complessiva consistenza numerica dei Gruppi, sia del numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo, nonché di un rappresentante delle minoranze linguistiche.
Naturalmente, qualora l'intesa tra i Gruppi non dovesse intervenire, è previsto che i Presidenti delle Camere provvedano alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei predetti criteri, in modo da consentire comunque l'avvio del processo di riforma.
Le fasi di costituzione del Comitato debbono concludersi al massimo entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale proposta con il presente disegno di legge. Non oltre i successivi quindici giorni deve aver luogo la prima riunione del Comitato, nella quale è eletto l'Ufficio di presidenza, composto, oltre che dai Presidenti, da due vicepresidenti e quattro segretari, con un numero eguale di senatori e deputati, eletti a voto limitato.
Il procedimento di revisione costituzionale
Ai sensi dell'articolo 2, in coerenza con quanto indicato dalle mozioni parlamentari, al Comitato è attribuito il compito di esaminare in sede referente i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli dei titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, concernenti le materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo, nonché i progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali che risultino coerenti con gli interventi di revisione costituzionale. Naturalmente, spetterà al Parlamento valutare l'opportunità di apportare quelle limitate estensioni della competenza del Comitato parlamentare, che si ritenessero necessarie al fine di assicurare la sistematicità del processo riformatore.
I Presidenti delle Camere assegnano, o riassegnano, al Comitato i disegni e le proposte di legge costituzionale e ordinaria relativi alle suddette materie presentati alle Camere a partire dall'inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei lavori del Comitato.
Nell'impianto del disegno di legge si è cercato, come si vedrà, di scandire le diverse fasi procedurali evidenziando il legame e la consequenzialità tra le modifiche costituzionali e quelle relative alla materia elettorale, che devono risultare tra loro coerenti e, si potrebbe dire, anche complementari.
L'attenzione alla logica complessiva degli interventi di riforma è desumibile anche dalla disposizione di cui all'articolo 4, comma 2, la quale prevede che ciascun progetto di legge costituzionale approvato in sede referente dal Comitato debba essere omogeneo e autonomo dal punto di vista del contenuto, nonché coerente dal punto di vista sistematico.
Quest'ultima previsione, tra l'altro, agevola indirettamente una corretta espressione della volontà popolare laddove fosse richiesta una consultazione referendaria ai fini della promulgazione delle leggi costituzionali; consultazione che il disegno di legge, rafforzando il principio della sovranità popolare sotteso all'articolo 138 della Costituzione, rende possibile anche qualora le leggi di revisione costituzionale fossero approvate con una larga maggioranza parlamentare.
L'esame in sede referente
Il procedimento in sede referente, disciplinato dai commi da 3 a 7 dell'articolo 2, presenta alcune peculiarità ed è così articolato:
a) la fase referente dell'esame dei progetti di revisione costituzionale, nonché di quelli ordinari in materia elettorale, anziché svolgersi in due momenti distinti nei due rami del Parlamento presso le competenti Commissioni permanenti, è affidata a un unico organo bicamerale, ossia il Comitato;
b) quest'ultimo osserva nei propri lavori le norme di procedura previste dal disegno di legge e, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento della Camera. Il Comitato può tuttavia, a maggioranza assoluta dei componenti, adottare ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori, fermo restando che non è in ogni caso ammessa in sede referente la presentazione di questioni pregiudiziali, sospensive e di non passaggio agli articoli;
c) al fine di favorire la più ampia partecipazione parlamentare al procedimento di formazione dei testi legislativi, si dispone che, conclusosi l'esame preliminare dei progetti di legge assegnati, il Comitato trasmetta ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame; entro termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei predetti testi;
d) il Comitato si pronuncia sugli emendamenti presentati nei termini necessari ad assicurare che i progetti di legge di revisione costituzionale siano trasmessi ai Presidenti delle Camere, ai fini dell'avvio dell'esame da parte delle Assemblee, entro quattro mesi dalla sua prima seduta;
e) ai fini del rispetto della suddetta scadenza, il disegno di legge prevede che il Comitato assegni un termine per la presentazione delle relazioni e un termine entro il quale pervenire alla votazione finale; inoltre, per le medesime finalità, la Presidenza del Comitato ha facoltà di ripartire, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea, che prevedono, com'è noto, una dettagliata disciplina dei tempi di esame dei provvedimenti;
f) anche nel caso in cui, entro il predetto termine di quattro mesi, per uno o più progetti di legge costituzionale non si pervenga all'approvazione, per evitare l'arrestarsi del procedimento si prevede che il Comitato sia comunque tenuto a trasmettere un progetto di legge fra quelli assegnati, nel testo eventualmente emendato dal Comitato stesso;
g) per quanto concerne i progetti di legge in materia elettorale si applicano procedure analoghe a quelle testé richiamate, salvo la precisazione che i Presidenti delle Camere stabiliscono, d'intesa tra loro, i termini di conclusione dell'esame, in coerenza con i termini di esame fissati dal disegno di legge per i progetti di legge costituzionale, di cui si dirà oltre;
h) in ogni caso, i progetti di legge costituzionale od ordinaria esaminati dal Comitato sono sottoposti all'esame delle Camere corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza.
L'esame nelle Assemblee
Terminata, con le modalità e nei termini predetti, la fase di esame in sede referente, l'articolo 3 del disegno di legge prevede che i Presidenti delle Camere adottino le opportune intese per l'iscrizione del progetto o dei progetti di legge costituzionale od ordinaria all'ordine del giorno delle Assemblee, stabilendo altresì la data entro la quale ciascuna Camera procede alla loro votazione finale, nel rispetto di uno specifico «crono-programma» dell'organizzazione dei lavori parlamentari, disciplinato dall'articolo 4 e diretto ad assicurarne la conclusione entro i citati diciotto mesi.
In particolare, la procedura prevista per l'esame nelle Assemblee delle due Camere, regolata per quanto non diversamente disposto dal disegno di legge dalle norme dei rispettivi regolamenti, è finalizzata a coniugare le esigenze di certezza dei tempi e conseguente speditezza del procedimento con quelle del corretto, attento e meditato utilizzo del potere legislativo costituzionale.
In questa prospettiva, la più significativa novità concerne il regime per la presentazione di emendamenti e subemendamenti da parte del Comitato e dei parlamentari, che ricalca sostanzialmente le previsioni regolamentari per l'esame dei disegni di legge collegati alle manovre di finanza pubblica. Si prevede, infatti, che fino a cinque giorni prima della data fissata per l'inizio della discussione generale, i componenti dell'Assemblea possano ripresentare solo gli emendamenti respinti dal Comitato in sede referente, ovvero presentare emendamenti al testo del Comitato, ma solo se gli stessi siano direttamente correlati con le parti modificate. Si è inteso in tal modo concentrare in via prevalente la facoltà di presentazione degli emendamenti da parte di tutti i senatori e deputati nell'ambito della sede referente, assicurando la più ampia partecipazione parlamentare a tale fase attraverso la procedura sopra illustrata di trasmissione ai Presidenti delle Camere dei testi base adottati dal Comitato.
Nella logica di razionalizzazione del procedimento s'inscrivono altresì le norme per la presentazione degli emendamenti o subemendamenti da parte del Comitato e del Governo, che possono attivarsi fino a quarantotto ore prima dell'inizio della seduta in cui è prevista la votazione degli articoli o degli emendamenti ai quali si riferiscono.
Per evitare propositi ostruzionistici o strategie dilatorie, si è inoltre disposto che agli emendamenti del Comitato e del Governo, che sono immediatamente stampati e distribuiti, possano essere presentati subemendamenti da parte di un Presidente di Gruppo o di almeno venti deputati o dieci senatori fino al giorno precedente l'inizio della seduta in cui è prevista la votazione di tali emendamenti.
Di converso, diversamente dalle procedure speciali delineate da leggi costituzionali che nel passato hanno attribuito poteri referenti ad organi bicamerali per l'approvazione delle riforme della Carta, il disegno di legge non riproduce, per l'esame in Assemblea, il divieto di presentazione di questioni pregiudiziali, sospensive, per il non passaggio agli articoli o per il rinvio al Comitato, bilanciando in tal modo ancora una volta le esigenze di speditezza del procedimento con quelle di pieno esercizio delle prerogative parlamentari.
L'Assemblea di ciascuna Camera procede separatamente all'esame del progetto o dei progetti di revisione costituzionale. Il disegno di legge prescrive comunque per tutte le votazioni il voto palese e stabilisce che il Comitato sia rappresentato davanti alle Assemblee da un Sottocomitato formato dai Presidenti, dai relatori e da senatori e deputati in rappresentanza di tutti i gruppi.
Il «crono-programma» dei lavori parlamentari
Tra gli aspetti più significativi del disegno di legge vi è, come accennato, la definizione di una precisa scansione temporale delle principali fasi dei lavori parlamentari relativi ai progetti di legge di costituzionale, i quali, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 4, dovranno essere organizzati in modo tale da assicurarne la conclusione entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle norme previste dal disegno di legge.
A tal fine, terminato entro i primi quattro mesi l'esame in sede referente da parte del Comitato, si prevede che in prima deliberazione l'Assemblea della Camera che procede per prima all'iscrizione del progetto di legge costituzionale all'ordine del giorno debba concluderne l'esame entro il termine di tre mesi. Il progetto di legge approvato è quindi trasmesso all'altra Camera, che deve concluderne l'esame entro i successivi tre mesi. A questo punto del procedimento, il compito di fissare le scadenze per la conclusione delle ulteriori fasi dell'esame delle Assemblee è rimesso ai Presidenti delle Camere, che procedono d'intesa tra loro al fine di rispettare il predetto termine conclusivo di diciotto mesi. Anche i termini per il completamento dell'esame dei progetti di legge ordinaria in materia elettorale sono stabiliti d'intesa dai Presidenti delle Camere, in coerenza con i termini di esame dei progetti di legge costituzionale.
In analogia con l'ordinario procedimento di revisione, sono infine previste due successive deliberazioni sul progetto o i progetti di riforma costituzionale da parte della stessa Camera, a un intervallo minimo l'una dall'altra che viene ridotto da tre a un mese, fermo restando che per la validità della seconda deliberazione è richiesto il quorum della maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e che, come accennato, ai sensi dell'articolo 5 del disegno di legge, il referendum popolare potrà essere richiesto anche qualora la legge o leggi costituzionali fossero approvate con la maggioranza dei due terzi.
L'articolo 6 del disegno di legge precisa, infine, il carattere speciale della procedura da esso definita, stabilendo che la stessa si applichi esclusivamente ai progetti di legge assegnati al Comitato, specificando altresì che per le successive modificazioni della legge o delle leggi costituzionali od ordinarie, eventualmente approvate secondo quanto stabilito dal disegno di legge, debbono osservarsi le norme di procedura rispettivamente previste dalla Costituzione.
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)
1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri, rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Fanno parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.
2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e di un rappresentante delle minoranze linguistiche. Se nei quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta designazione, i Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.
3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
4. Nella prima seduta il Comitato elegge un Ufficio di presidenza composto di due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e quattro segretari, dei quali due senatori e due deputati, con voto segreto e limitato a due. Risultano eletti rispettivamente il senatore e il deputato e i due senatori e i due deputati che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età.
5. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.
Art. 2.
(Competenze e lavori del Comitato)
1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, afferenti alle materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo, nonché i coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali.
2. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale ed ordinaria relativi alle materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall'inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori.
3. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della Camera dei deputati, in quanto applicabili. Il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali, sospensive e di non passaggio agli articoli.
4. Il Comitato nomina uno o più senatori o deputati con funzioni di relatore. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione finale.
5. Il Comitato, concluso l'esame preliminare dei progetti di legge ad esso assegnati ai sensi del comma 2, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame.
6. Entro i termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 5, sui quali si pronuncia il Comitato.
7. Al fine di rispettare i termini di cui all'articolo 4, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea.
Art. 3.
(Lavori delle Assemblee)
1. I Presidenti delle Camere adottano le opportune intese per l'iscrizione del progetto o dei progetti di legge costituzionale od ordinaria all'ordine del giorno delle Assemblee e stabiliscono la data entro la quale ciascuna Camera procede alla loro votazione finale, nel rispetto dei termini di cui all'articolo 4.
2. Il Comitato è rappresentato nella discussione dinanzi alle Assemblee di ciascuna Camera da un sottocomitato formato dai Presidenti, dai relatori e da senatori e deputati in rappresentanza di tutti i Gruppi.
3. Nel corso dell'esame davanti alle Assemblee si osservano le norme dei rispettivi regolamenti. Le votazioni avvengono a scrutinio palese. Fino a cinque giorni prima della data fissata per l'inizio della discussione generale, i componenti dell'Assemblea possono ripresentare gli emendamenti respinti dal Comitato in sede referente e presentare emendamenti al testo del Comitato, in diretta correlazione con le parti modificate ai sensi dell’articolo 2, comma 6. Il Comitato e il Governo possono presentare emendamenti o subemendamenti fino a quarantotto ore prima dell'inizio della seduta in cui è prevista la votazione degli articoli o degli emendamenti ai quali si riferiscono. Agli emendamenti del Comitato e del Governo, che sono immediatamente stampati e distribuiti, possono essere presentati subemendamenti da parte di un Presidente di Gruppo o di almeno venti deputati o dieci senatori fino al giorno precedente l'inizio della seduta in cui è prevista la votazione di tali emendamenti.
Art. 4.
(Organizzazione dei lavori)
1. I lavori parlamentari relativi ai progetti di legge costituzionale di cui all'articolo 2, comma 1, sono organizzati in modo tale da assicurarne la conclusione entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
2. Ai fini di cui al comma 1, il Comitato, entro quattro mesi dalla data della sua prima seduta, trasmette ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale approvati in sede referente, corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza. Ciascun progetto di legge è omogeneo e autonomo dal punto di vista del contenuto e coerente dal punto di vista sistematico. Qualora entro il predetto termine per uno o più progetti di legge costituzionale non si pervenga all'approvazione, il Comitato trasmette comunque un progetto di legge fra quelli assegnati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel testo eventualmente emendato dal Comitato stesso.
3. In prima deliberazione, l'Assemblea della Camera che procede per prima all'iscrizione del progetto di legge costituzionale all'ordine del giorno ne conclude l'esame nei tre mesi successivi alla data della trasmissione di cui al comma 2. Il progetto di legge approvato è trasmesso all'altra Camera, che ne conclude l'esame entro i successivi tre mesi. I termini per la conclusione delle ulteriori fasi dell'esame delle Assemblee sono fissati d'intesa dai Presidenti delle Camere.
4. Il progetto o i progetti di legge costituzionale sono adottati da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di un mese e sono approvati a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
5. Il Comitato trasmette altresì ai Presidenti delle Camere uno o più progetti di legge ordinaria di cui all'articolo 2, comma 1, approvati in sede referente, corredati di relazione illustrativa e di eventuali relazioni di minoranza. I Presidenti delle Camere stabiliscono, d'intesa tra loro, i termini di conclusione dell'esame dei progetti di legge di cui al presente comma, in coerenza con i termini di esame dei progetti di legge costituzionale stabiliti ai sensi del presente articolo.
Art. 5.
(Referendum)
1. La legge o le leggi costituzionali approvate ai sensi della presente legge costituzionale sono sottoposte, quando ne facciano domanda, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, a referendum popolare anche qualora siano state approvate nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti e sono promulgate se al referendum siano state approvate dalla maggioranza dei voti validi.
Art. 6.
(Ambito di applicazione del procedimento)
1. Il procedimento di cui alla presente legge costituzionale si applica esclusivamente ai progetti di legge assegnati al Comitato nei termini di cui all'articolo 2, comma 2.
2. Per la modificazione della legge o delle leggi costituzionali od ordinarie, approvate secondo quanto stabilito dalla presente legge costituzionale, si osservano le norme di procedura rispettivamente previste dalla Costituzione.
Art. 7.
(Cessazione delle funzioni del Comitato)
1. Il Comitato cessa dalle sue funzioni con la pubblicazione della legge o delle leggi costituzionali od ordinarie approvate ai sensi della presente legge costituzionale, ovvero in caso di scioglimento di una o di entrambe le Camere.
Art. 8.
(Spese di funzionamento)
1. Le spese per il funzionamento del Comitato sono poste a carico, in parti eguali, del bilancio interno del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Art. 9.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione.