COMUNITA’ DELL’ISOLOTTO
Domenica 23 Novembre 2014
(gruppo Elena, Gian Paolo, Giulia, Maria,
Roberto, Sergio)
QUALE E' LO
STATO DI SALUTE DELLA DEMOCRAZIA OGGI?
Alcune chiavi di lettura come proposte per riflessioni e approfondimenti anche alla luce dell'esperienza della
Comunità di base dell'Isolotto
Letture
bibliche: Matteo, 23, 8-11; 12, 46-50
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Il tema della democrazia ha conosciuto negli ultimi decenni, a partire
da quelli di fine secolo fino ad oggi, un'attenzione sempre maggiore. Lo
attestano i numerosissimi libri ed articoli pubblicati, con una
intensificazione sempre maggiore negli ultimi anni. Il motivo va ricercato
nelle grandi trasformazioni economiche, sociali e politiche che hanno
contraddistinto la storia italiana, europea e mondiale da un quarantennio circa
a questa parte, e che continuano a caratterizzare il momento attuale. In linea
generale possiamo suddividere il periodo post-bellico in due fasi: la prima dal
1945 al decennio Settanta, e l'altra dal 1980 in poi. Secondo lo schema
interpretativo del sociologo anglo-tedesco Ralf Dahrendorf, la specificità
dell'immediato trentennio del dopo-guerra, è da intravedere nella equazione “Crescita
economica-diffusione di benessere sociale-robusta democrazia politica”,
mentre nei decenni successivi tale connessione perde il suo automatismo. Non
stupisce perciò che proprio da questo
momento in poi si moltiplichino gli interrogativi sulla sorte della democrazia
e sulla sua effettiva natura, in scritti che nel titolo esprimono chiaramente le
preoccupazioni dei loro autori: “La crisi della democrazia” (Commissione
Trilaterale), la “Post-democrazia” (Crouch), “Democrazia in vendita”
(Napoleoni), “Democrazia” (Petrucciani) solo per citarne alcuni della
immensa selva di interventi
In relazione alle due fasi sopra richiamate ed ai problemi che vi
emergono, riportiamo prima di tutto le idee della “Commissione Trilaterale”
che analizzano, ovviamente dal suo particolare punto di vista, lo stato del
regime democratico di fronte alla crisi economica degli anni '70, con proposte
di correzioni di importanza cruciale come dimostrerà la storia successiva. Per
quel che riguarda il periodo susseguente e quello attuale ci sembra stimolante
la riflessione del filosofo della politica, Stefano Petrucciani della
Università La Sapienza di Roma, sulla questione democratica nel quadro delle
grandi trasformazioni degli ultimi decenni ed, in particolare, della crisi economico-sociale
e politica iniziata nel 2007/8 ed ancora presente sulla scena sistemica
mondiale e specifica dei vari paesi.
I
La Commissione Trilaterale
La Commissione Trilaterale nasce nel 1973 per iniziativa di David
Rockfeller, figura di spicco del capitalismo americano, che incarica Zbigniew
Brzezinski di dar vita ad un nuovo gruppo di lavoro (The Trilateral Commission
) allo scopo di sviluppare i rapporti fra Stati Uniti, Europa e Giappone (da
qui deriva l'attributo di Trilaterale). Essa dichiara di essere
un'organizzazione non governativa ed apartitica dove vengono discusse le
politiche ritenute necessarie per agevolare l'interdipendenza economica e
politica fra i tre centri, di fronte alla crisi economica che colpisce in
quegli anni l'economia capitalistica (fine della grande crescita, alta
inflazione, caduta degli investimenti, ritorno della disoccupazione di massa e
via dicendo). Come scrive l'avvocato Gianni Agnelli, che ne fa parte, si tratta
di “Un gruppo di cittadini, studiosi, imprenditori, sindacalisti, delle tre
aree del mondo industrializzato che si riuniscono per studiare e proporre
soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità e di comune interesse”.
Brzezinski definisce addirittura l'organizzazione come “Il gruppo delle
potenze intellettuali e finanziarie più forti che il mondo abbia mai conosciuto”.
Non desta meraviglia perciò che le più importanti multinazionali siano legate
alla Trilaterale: Coca Cola, IBM, Pan American, Hwlett Packard, FIAT (oggi
probabilmente la nuova società) Sony, Toyota, Exxon, Mobil, Dunlop, Texas
Instruments, Mitsubishi.
Allo scopo di sistemare in un quadro organico i problemi ritenuti più
urgenti ed importanti, vengono nominati tre studiosi per stilare un rapporto
che ha per oggetto e titolo della sua pubblicazione nel 1975 “La crisi della
democrazia”. Il suo fine è quello di individuare i fattori di crisi e le
opportune correzioni da apportare al sistema politico per assicurare la “governabilità
delle democrazie” (In italiano il Rapporto è stato pubblicato nel 1977 da
F.Angeli Editore, con prefazione di Giovanni Agnelli). Gli autori sono il
sociologo francese Michel J. Crozier, Samuel P. Huntington per gli Stati Uniti
ed il giapponese Joji Watanuki.
“La crisi della democrazia”
I tre autori naturalmente si soffermano spesso sulle specificità
problematiche della loro area geo-politica. Nondimeno emerge chiaramente un
disegno generale, riscontrabile anche nelle loro analisi particolari, che può
essere riassunto in alcuni punti cruciali.
1- La domanda che i tre
relatori si pongono è sintetizzata nella Prefazione di Giovanni Agnelli: “E' la democrazia politica, quale
oggi [1975] esiste una forma di governo attuabile per i paesi
industrializzati dell'Europa, del Nord America e dell'Asia?...Possono questi
paesi ...continuare a funzionare con le forme di democrazia politica sviluppate
nel corso del terzo quarto [del
'900] ? “. La risposta è drasticamente negativa, giacché si
ritiene che il sistema democratico ereditato dal passato sia in crisi a causa “della disgregazione dell'ordine
civile, del disfacimento della disciplina sociale, della debolezza dei leader e
dell'estraneazione dei cittadini”. Fra le minacce che rendono ingestibile la
democrazia “In un'epoca di grande
diffusione dell'istruzione secondaria e universitaria...” l'avvocato Agnelli ravvisa “Lo
sviluppo tra gli intellettuali d'una «cultura antagonista»” che “ha
influenzato studenti, studiosi, mezzi di comunicazione” portando la loro
avversione “alla subordinazione del sistema di governo democratico al
«capitalismo monopolistico»”. In breve, come afferma Crozier, si ha la
sensazione “che le democrazie siano diventate ingovernabili”. Anche
Huntington e Watanuki denunciano
l'aumento delle attività di governo negli anni '60 accompagnata da “una
sostanziale diminuzione dell'autorità governativa”. Il pericolo per la
democrazia diventa dunque la democrazia stessa: “L'impulso della democrazia
è di rendere il governo meno potente e più attivo, di accrescerne le funzioni e
di ridurne l'autorità”. In particolare negli anni '60 in USA si registra “l'espandersi
della partecipazione politica e l'intensificarsi dell'impegno per modelli
democratici ed egualitari”, per cui le cause “del declino dell'autorità
di governo vanno ricercate nell'ondata democratica degli anni '60”. In
conclusione, i problemi di funzionamento delle istituzioni politiche alla
svolta del decennio '70 vengono fatti dipendere “da un eccesso di democrazia”
da correggere (Huntington) pag.69-108. Esso consiste dunque nel fatto che “Le
richieste al governo democratico si fanno più pressanti, mentre le sue
possibilità ristagnano. Questo...è il dilemma di fondo della governabilità
della democrazia...” (Agnelli). In altre parole, la quantità di
rivendicazioni e di aspettative rivolte dai cittadini ai loro governi, ha
conosciuto nel dopoguerra una crescita eccedente le possibilità del sistema.
Ciò perché “In tutto l'Occidente la libertà di scelta dell'individuo è
aumentata straordinariamente. Con lo sgretolarsi delle vecchie barriere ogni
cosa appare possibile” (Crozier). Per affrontare questa massa di richieste
occorrerebbe un “maggior controllo sociale che sia associato con i valori
gerarchici” che però vengono rigettati e scartati dai cittadini. Nel
passato le chiese ed in particolare la Chiesa cattolica svolgevano, anche nei
paesi laici come la Francia, la funzione fondamentale di diffondere valori
gerarchici e di disciplina che stanno a fondamento dell'ordine sociale. Oggi,
però, lamenta Crozier, la loro autorità è andata perduta. Del resto anche altre
istituzioni, come l'esercito, sono sconvolte dal crollo dell'autorità morale
(pagg. 40-41). Ciò perché è diffuso il convincimento che l'autorità venga
imposta dall'alto. Ne discende un eccesso di libertà che minaccia caos e che
perciò richiede la restaurazione dell'ordine quale “modo di realizzare
l'efficienza, che è la condizione del buon funzionamento d'una società”.
(pag.55). Purtroppo, secondo Crozier, mancano nella politica europea “la
determinazione, il senso della missione, la dedizione alla lotta intesi a
restaurare un ordine morale del passato; la disponibilità a lottare per il
capitalismo o la libera iniziativa non è poi tanta”. Questa disgregazione
dei valori e di ogni autorità è talmente vasta che perfino i comunisti
subiscono le tendenze generali della società ed appaiono “incapaci di
impedire la disgregazione del loro modello di autorità” (pag.61).
Anche per
Watanuki l'eccesso di partecipazione politica “ha fatto aumentare le
richieste ai governi”, mettendone in crisi l'autorità nel momento in cui la
caduta della crescita economica non mette a disposizione le risorse necessarie
a soddisfarle. Da qui la necessità del ripristino del potere governativo e di
maggior controllo sociale.
2 – Com'è possibile allora per le nazioni europee sopravvivere e
superare questa situazione di crisi. La risposta di Crozier è lapidaria: esse “devono
realizzare una trasformazione di fondo del loro modello di governo e del loro
modo di controllo sociale...”. C'è necessità di rilanciare la crescita
economica per “impedire la disoccupazione e l'esasperazione dei conflitti
sociali” con una “trasformazione radicale delle condizioni di lavoro”
e, quindi abbandonando il modello delle politiche economiche-sociali degli anni
precedenti (pag.62-64) [Quelle della domanda degli anni 1945-'70 di
grande crescita, ridistribuzione del reddito verso il basso, sviluppo dei
diritti sociali, pieno impiego].
Nella sua proposta Huntington afferma che “il funzionamento efficace
d'un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia
e di disimpegno da parte di certi individui e gruppi” come dimostra il
fatto che nel passato la marginalizzazione di alcuni gruppi [in USA la
popolazione di colore)], pur essendo “intrinsecamente antidemocratica”,
ha “consentito alla democrazia di funzionare efficacemente”. Pertanto
conclude con l'ammettere che “ci sono ...limiti potenzialmente auspicabili
all'ampliamento indefinito della democrazia politica. Con una esistenza più
equilibrata la democrazia avrà una vita più lunga” (pag.109-110).
3 – Il distillato di tutto l'impianto analitico e propositivo del “Rapporto
della Commissione Trilaterale” può essere racchiuso in alcune citazioni di
personaggi conosciuti, anche del passato.
a- “E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del
nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse, credo che
scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina”
Henry Ford
b- “Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura
invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del
governo democratico”.
Kenneth
Boulding docente universitario americano negli anni '60
c-“Probabilmente dovremo avere dei governi molto forti, che siano in
grado di far rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre a
quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle
forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica;
probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle
libertà personali. Ma non sempre tutto ciò sarà un male”.
Intervista a Giovanni
Agnelli rilasciata al Corriere della Sera il 30 gennaio 1975
d-“Fu deciso che il documento [Trattato di Lisbona] fosse
illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale [in modo da
evitare referendum]...Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state
ragioni per sottoporlo a referendum...”
Giuliano Amato
e- “..i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato
non sarebbe stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a
referundum...”
parlamentare europeo danese Jeans-Peter Bonde
I due interventi sono stati
registrati alla riunione del Centro per la Riforma Europea tenuta a Londra il
12 luglio 2007.
4 – Siccome nel Rapporto viene delineata una nuova visione della scuola
e della università, nel senso di collegare strettamente l'istruzione al mondo
economico, appaiono rilevanti le osservazioni critiche di Ralf Dahrendorf durante la discussione con gli autori ed
altri membri della Trilaterale: “...credo che una delle cose che, in
qualunque situazione, non devono verificarsi è una politica premeditata di
delimitazione dell'istruzione – un indirizzo politico secondo il quale le
istituzioni scolastiche siano ancora una volta poste in relazione con la
produzione e con il rendimento economico, anziché con l'esigenza di dare a ogni
individuo una possibilità di prendere parte al processo politico”
(pag.173). Inoltre, aggiunge, le democrazie “Devono guardarsi dal pensare
che un po' più di disoccupazione, un po' meno di istruzione, un po' più di
disciplina imposta e un po' meno di libertà di espressione possano migliorare
il mondo, farne un luogo in cui è possibile governare efficacemente”
(pag.174).
II
Il
disagio della democrazia oggi
La riflessione
del filosofo Stefano Petrucciani
1 -Il punto di partenza della riflessione parte dalla constatazione che
“il tasso di credibilità, ovvero la fiducia che i cittadini nutrono nelle
istituzioni tradizionali della democrazia rappresentativa scende di anno in
anno sempre più in basso”.
2 – Occorre allora capire la causa o le cause di questa disaffezione
crescente verso le istituzioni democratiche e gli organi rappresentativi.
Petrucciani ritiene che questa crisi di fiducia sia ben motivata e che risponda
ad una effettiva situazione critica della democrazia contemporanea, almeno in
Italia ed in Europa.
3 – Infatti, negli ultimi decenni si sono avuti mutamenti politici
importanti, decifrabili come “processo
di regressione oligarchica della democrazia”. Questo processo consiste
nello “spostamento verso l'alto dei rilevanti centri decisionali, in forza
del quale le decisioni politiche scivolano via dalle sedi più ampie e
partecipate e si ritirano verso luoghi meno accessibili, per lo più riservati a
ristretti gruppi oligarchici”. La tendenza in questa direzione è attestata,
secondo Petrucciani, dai seguenti aspetti:
a) “svuotamento del ruolo dei
Parlamenti a favore degli esecutivi, accoppiata alla centralizzazione
leaderistica e personalistica dei poteri di governo, sostenuta anche dalla
diffusione di ideologie presidenzialistiche”;
b) “sganciamento e deresponsabilizzazione degli eletti rispetto agli
elettori”. In Italia si arriva “fino alla imposizione di candidati
precostituiti..che produce la costituzione dei rappresentanti politici in
«casta» separata”;
c- “svuotamento della discussione interna ai partiti e loro
caratterizzazione sempre più leaderistica”.
In sostanza, la tendenza è “quella di uno spossessamento dei
cittadini rispetto agli eletti, della base di partito rispetto ai leader, dei
parlamentari rispetto all'esecutivo, dell'esecutivo rispetto al premier”.
Ma l'aspetto più rilevante del processo in corso è “la sottrazione di larghi
ambiti di decisione, che vengono avocati da vari tipi di organismi
sovranazionali caratterizzati da una più o meno marcata natura «tecnica» o
sedicente tale”. “Sembra dunque che con le trasformazioni in corso si
sia giunti al punto di approdo di un lungo processo di riduzione della
rappresentatività democratica, il cui inizio si può far risalire al rapporto
sulla «Crisi della democrazia» redatto nel 1975 da Crozier, Huntington e
Watanuki per la commissione Trilaterale”, nel quale si auspicava «un più
equo rapporto tra autorità statale e controllo popolare».
4 – Un'altra causa importante di questa crisi di fiducia è data, a
parere di Petrucciani, dal fatto “che è sostanzialmente saltata la
rispondenza tra le forze politiche democraticamente confliggenti secondo la
discriminante destra/sinistra e le aggregazioni delle classi e dei gruppi
sociali”. La conseguenza è che molti settori sociali che in precedenza
avevano il loro riferimento politico nella sinistra, ora rimangono senza
rappresentanza politica.
5 – Insomma, abbiano davanti una crisi della democrazia perché è in
crisi la politica ed il suo ruolo. Per la sinistra, secondo la sua
tradizione storica, la politica svolge un ruolo decisivo in quanto è strumento
per dare soddisfazione alle aspirazioni degli strati subalterni della
società. Al contrario, per la destra
liberale e conservatrice la politica perde di valore e deve essere ridotta alo
minimo indispensabile. Il suo ideale è infatti quello di una società in cui si
potesse fare a meno della politica, in modo da lasciare la determinazione dei
rapporti sociali ai meccanismi economici. “Crisi della politica democratica
e crisi della sinistra vanno dunque insieme”.
6 – Un ulteriore motivo di sfiducia deriva dalla percezione dello
svuotamento sostanziale della sovranità popolare a causa di interventi di
poteri esterni non democraticamente legittimati. Infatti, il governo delle
dinamiche globali prima della crisi e, a maggior ragione, a seguito di essa, è
in mano ad agenzie ed organi sovranazionali le cui decisioni sfuggono ad un
controllo di base. Qualsiasi governo, di destra o di sinistra, salvo piccole
differenze, non può fare a meno di applicare le ricette che vengono imposte
dall'esterno.
Prima di tutto, “le democrazie nazionali sono...confrontate con
problemi che sfuggono alle loro capacità di controllo e di gestione: dai
movimenti migratori ai flussi della comunicazione globale, dai problemi di
approvvigionamento energetico agli spostamenti di capitali in tempo reale”,
tanto per portare alcuni esempi. Ma uno dei nodi più complicati da districare è
quello dell'intreccio fra politica democratica, potere economico e potere
mediatico. Si può tentare di scioglierlo con una regolamentazione rigorosa, per
evitare ad esempio conflitti di interesse. Ma il legame sotterraneo fra potere
economico e potere politico in vari ambiti è di difficile individuazione e,
quindi, di arginamento.
A questo livello incontriamo il problema fondamentale della democrazia e
cioè quello della uguaglianza politica. Democrazia infatti, come ideale
normativo, significa uguaglianza politica, secondo la definizione di Iris
Marion Young. La declinazione di questo concetto appare però alquanto
complessa.
Si può concepire la democrazia come sistema di procedure decisionali
legittimate in quanto prese da tutti i cittadini ugualmente titolari della
sovranità politica. Però le “risorse politiche”, come le definisce il
politologo Dahl (Sull'uguaglianza politica, Laterza 2007), cioè gli strumenti
idonei a determinare il processo democratico (denaro, informazione e via
dicendo) “sono distribuite in modo fortemente ineguale”. Di conseguenza,
“l'uguaglianza politica come uguale possibilità di influenzare le decisioni
politiche è un obiettivo difficile se non impossibile da raggiungere” e per
di più “scarsamente compatibile con la presenza di assetti economici basati
sul capitalismo di mercato”. La
conclusione che Petrucciani riprende da Dahl, è che le enormi disparità
socio-economiche generate dall'economia capitalistica fatalmente si traducono
in “disuguaglianze politiche tra i cittadini di un Paese democratico”.
Del resto anche un altro politologo, David Held (Democrazia e ordine globale,
Asterios 1999) giunge alle medesime
conclusioni osservando che le nostre società sono attraversate da “concentrazioni
di potere che producono asimmetrie di opportunità di vita le quali,
direttamente o indirettamente, erodono la possibilità dell'autonomia
democratica”.
Alla luce delle osservazioni precedenti Petrucciani conclude
sottolineando che la democrazia “deve essere intesa non solo come un insieme
di regole circa il modo con cui la comunità politica deve essere governata, ma
anche come l'orientamento politico volto a realizzare un determinato scopo, e
cioè quello della condivisione paritaria del potere politico tra i cittadini”,
che in tal modo, si può dire, diviene l'obiettivo di una democrazia in
permanente costruzione.
Interrogativo conclusivo
Dall'analisi precedente emerge chiaramente che l'equazione fra
capitalismo e democrazia, che è il principale cavallo di battaglia
dell'ideologia liberistica, non risponde più alla realtà politico-sociale.
Insomma, democrazia, intesa in senso sostanziale e non solo formale come
sistema di regole per selezionare la classe dirigente (Schumpeter), e capitalismo non vanno più d'accordo. La
questione è lasciata in sospeso da Petrucciani. La possiamo riproporre
utilizzando il titolo di un recente libro di Crouch aggiungendovi un punto
interrogativo:
Quanto capitalismo può sopportare la società?
Dalla risposta che si da a
questa domanda, sul piano teorico e pratico-politico, dipende o meno il
superamento dell'attuale crisi del sistema democratico .
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Il ruolo che la Chiesa Cattolica
ha svolto nel diffondere valori gerarchici e di disciplina che stanno a
fondamento dell’ordine sociale, al quale si è fatto accenno a metà di pag. 3,
può essere meglio compreso dalla lettura dei seguenti brani dell’Enciclica di
Leone XIII “Quod Apostolici Muneris” del 1978, riportati dai Notiziari della
Comunità dell’Isolotto n. 264-265-266:
…………………..
Noi a cui presentemente è
affidato il governo di tutta la Chiesa, come fin dall’inizio del Nostro
Pontificato mostrammo ai popoli ed ai Principi sbattuti da violenta procella il
porto ove riparare, così adesso, preoccupati dall’estremo pericolo che
sovrasta, di nuovo indirizziamo loro l’Apostolica voce; ed in nome della loro
salvezza e di quella dello Stato di nuovo li preghiamo insistentemente e li
scongiuriamo di accogliere ed ascoltare come maestra la Chiesa, tanto
benemerita della pubblica prosperità dei regni, e si persuadano che le ragioni
della religione e dell’impero sono così strettamente congiunte che di quanto
viene quella a scadere, di altrettanto diminuiscono l’ossequio dei sudditi e la
maestà del comando. Anzi, conoscendo che la Chiesa di Cristo possiede tanta
virtù per combattere la peste del Socialismo, quanta non ne possono avere le
leggi umane, né le repressioni dei magistrati, né le armi dei soldati, ridonino
alla Chiesa quella condizione di libertà, nella quale possa efficacemente
compiere la sua benefica azione a favore dell’umano consorzio.
………………..
Infine, siccome i seguaci del
Socialismo principalmente vengono cercati fra gli artigiani e gli operai, i
quali, avendo per avventura preso in uggia il lavoro, si lasciano assai
facilmente pigliare all’esca delle promesse di ricchezze e di beni, così torna
opportuno di favorire le società artigiane ed operaie che, poste sotto la
tutela della Religione, avvezzino tutti i loro soci a considerarsi contenti
della loro sorte, a sopportare la fatica e a condurre sempre una vita quieta e
tranquilla.
………………………….