Isolotto
Una comunità tra vangelo e diritto canonico
Autore: Sergio Gomiti
Disponibilità:
Prezzo: € 26,00
A distanza di 45 anni dal momento in cui il 'caso Isolotto' balzò alla ribalta della cronaca come episodio emblematico della possibilità di vivere il rinnovamento postconciliare della Chiesa, il racconto di Sergio Gomiti, uno dei preti protagonisti della vicenda, rappresenta un contributo di analisi fortemente innovativo rispetto alla pubblicistica finora conosciuta. L’autore offre un punto di vista interno alla cronistoria degli avvenimenti dal 1957 al 1999 seguendo le tappe fondamentali di un’esperienza collettiva singolare caratterizzata da grande coerenza. Nella controversia tra Comunità dell’Isolotto e Curia di Firenze, l’autore fa rivivere, con particolare intensità emotiva, la realtà dei fatti dando la parola ai documenti e ai protagonisti della vicenda. Il lettore ha così la possibilità di accostarsi ad una 'autobiografia comunitaria' nella quale vengono affermate convinzioni profonde e tesi precise sulle ragioni per le quali si è arrivati ad una non mai ricomposta frattura.
Comunità
dell’Isolotto - Firenze, domenica 9 novembre 2014
“L’Isolotto – Una comunità tra Vangelo e
diritto canonico”
Presentazione del libro di Sergio Gomiti
gruppo
Carlo, Chiara, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio e Sergio
con
l’intervento di Sergio Tanzarella
Letture Corali dal Vangelo secondo Matteo
Mentre si rivolgeva
alla folla
ecco sua madre e i suoi
fratelli
che erano fuori e
cercavano di parlargli.
Uno gli disse: Ecco tua
madre e i tuoi fratelli
sono là fuori e
desiderano parlarti.
Egli, rispondendo a chi
gli aveva parlato, disse
Chi è mia madre e chi
sono i miei fratelli?
Poi stendendo la mano
verso i suoi discepoli,
disse:
Ecco mia madre e i miei
fratelli.
Perché chi fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli
egli è mio
fratello, mia sorella e mia madre.
[Matteo 12, 46-50]
Sulla cattedra di Mosè
si sono assisi gli
scribi e i farisei
Vogliono essere
salutati sulle pubbliche piazze
ed essere chiamati
maestri.
Ma voi non vogliate
essere chiamati maestri
perché uno solo è il
vostro maestro
e voi siete tutti
fratelli. [Matteo 23, 1-11]
Riflessione dal testo ‘Predicazione
nella nostra chiesa” del 29 settembre 1968 (pag. 61 del libro)
Parrocchia
dell’Isolotto – 29 settembre 1968
Gesù in che modo ha predicato
il vangelo?
Un giorno egli disse:
“Lo Spirito del Signore è su di
me,
mi ha consacrato per annunziare
la buona novella ai poveri,
mi ha inviato a proclamare ai
prigionieri la libertà,
ai ciechi la vista, a sollevare
i cuori sfiduciati,
a rendere liberi gli oppressi,
a proclamare un anno di grazia
del Signore”.
La predicazione di Gesù toccava i problemi reali della società,
sconvolgeva l’uditorio, generava discussioni, creava scandalo e divisioni,
suscitava entusiasmo e odio.
Per la predicazione del Vangelo Gesù ci ha rimesso la vita. La stessa
cosa è accaduta agli Apostoli.
Per noi quale significato ha la
predicazione?
La predicazione è divenuta, in genere, ufficiale e convenzionale;
quasi un mestiere o un’abitudine.
Si affrontano solo alcuni problemi individuali e secondari.
Si denunciano con chiarezza esclusivamente i peccati individuali, come
quelli contro il VI comandamento o i precetti della Chiesa.
I peccati della società, dell’ordine costituito, delle istituzioni,
delle classi sociali, dei popoli, i peccati che generano la fame, lo
sfruttamento, la povertà, l’ignoranza, l’oppressione, la guerra, i peccati,
insomma, che gridano vendetta al cospetto di Dio non sono quasi mai affrontati
dalla predicazione o si denunciano solo genericamente e vagamente, per non
scontentare nessuno.
Chiunque, predicando il Vangelo, prende posizione in favore dei poveri
e degli oppressi, contro i ricchi e gli oppressori, viene criticato e accusato.
Si dice che non predica il Vangelo, che è partigiano e sovversivo.
Noi non possiamo predicare per
mestiere.
Molti di voi non possono subire
la predica per abitudine.
Siamo convinti che il predicare un Vangelo convenzionale, staccato dai
problemi reali della società di oggi, serve infine solo a chi vuole mantenere
il popolo nell’ignoranza e nella soggezione.
La Parola di Dio scritta nel libro del Vangelo e la Parola di Dio
contenuta nei fatti della vita sono una cosa sola.
Crediamo fermamente che Cristo è
presente negli uomini di oggi, a
incominciare dai più poveri e dagli oppressi.
Sentiamo in coscienza il dovere
di mettere a loro disposizione la nostra vita e la nostra predicazione.
Se ci comportassimo diversamente tradiremmo il Vangelo e le nostre
scelte più vitali. Meglio allora rinunziare alla predicazione?
Proposte pratiche
1. La predicazione domenicale, in linea di principio, dovrebbe sempre
affrontare, oltre al Vangelo scritto, i fatti della vita e della storia
attuale.
2. Si dovrebbero scegliere particolarmente:
- quei fatti che mettono in rilievo i peccati contro la giustizia, la
uguaglianza, la fraternità, la dignità umana, la libertà, la pace;
- quei fatti che mostrano i tentativi compiuti dagli uomini per
liberarsi dall’ingiustizia, dalla povertà, dalla discriminazione, dalla
oppressione, dall’ignoranza, dalla violenza, dalla guerra.
3. I fatti vanno guardati con obbiettività.
Questo significa che i fatti vanno visti con gli occhi di coloro che
li vivono e li soffrono.
Non possiamo essere neutrali, perché ciò significa lavarsi le mani per
poter dire. “Io sono innocente del sangue di questo giusto… “ (così disse
Pilato).
Noi vogliamo essere semplicemente dalla parte di Cristo, cioè di
coloro che soffrono la povertà, che subiscono l’ingiustizia, l’oppressione, la
discriminazione. Per questo vogliamo vedere la realtà coi loro occhi, cioè
attraverso i loro documenti, le loro versioni, le loro prese di posizione, le
loro giustificazioni, ecc.
Qualche volta sarà difficile fare una scelta chiara.
In questi casi dovremo stare doppiamente attenti contro la tentazione
del neutralismo e del disimpegno; dovremo moltiplicare il nostro sforzo di
documentazione; dovremo diffidare delle fonti di informazione controllate dal
mondo dei potenti.
Occorrerà rimanere fedeli a tale obbiettività anche quando ciò
comportasse dei rischi, anche quando ci trovassimo in contrasto con la
mentalità comune e con le posizioni ufficiali della Gerarchia.
4. Qualunque persona del quartiere potrà proporre dei fatti da
presentare nella predicazione.
5. Qualche laico che abbia particolare esperienza di alcuni fatti che
li abbia magari vissuti e sofferti direttamente, potrà integrare la
predicazione dei sacerdoti.
Conclusione - Su queste note vi chiediamo di riflettere
personalmente o a gruppi.
Qualcuno di voi, per esempio, potrebbe prendere l’iniziativa di
riunire in casa propria alcuni amici interessati al problema.
Quindi potreste comunicarci le
vostre impressioni a voce o per lettera.
Se alcuni lo richiederanno si potrà organizzare una riunione per
affrontare insieme questo problema.
“Isolotto – Una comunità tra Vangelo e
diritto canonico”
di
Sergio Gomiti
Casa
editrice – Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2014
[dalla
quarta di copertina ]
«Il Vescovo
Florit: […]. Ti invito a dimetterti dall’ufficio che il Vescovo ti
ha dato.
don Enzo
Mazzi: Mi ha chiamato solo per questo o per parlare?
Il Vescovo
Florit: Ci siamo detti tutto. […] Voi stessi avete detto che si
chiuda.
don Enzo
Mazzi : Per noi chiudere significa incominciare a parlare.
[…]
Il Vescovo
Florit: Mi prendo io tutte le responsabilità.
[…]
don Enzo
Mazzi: Lei si rifiuta di parlare con me.
Il Vescovo Florit: Oggi voglio
concludere e entro domani voglio inviare la rimozione. Ho giudicato. Non esiste sul
diritto
niente che mi obblighi a parlare con te».
(dialogo tra il Vescovo Florit e don Enzo Mazzi del 3
dicembre 1968)
«Ancora
oggi, dopo tanti anni questa frase mi è come rimasta scolpita nell’anima». (Sergio Gomiti)
A distanza
di 45 anni dal momento in cui il “caso Isolotto” balzò alla ribalta della
cronaca come episodio emblematico della possibilità di vivere il rinnovamento
postconciliare della Chiesa, il racconto di Sergio Gomiti, uno dei preti
protagonisti della vicenda, rappresenta un contributo di analisi fortemente
innovativo rispetto alla pubblicistica finora conosciuta. L’autore offre un
punto di vista interno alla cronistoria degli avvenimenti dal 1957 al 1999
seguendo le tappe fondamentali di un’esperienza collettiva singolare
caratterizzata da grande coerenza. Nella controversia tra Comunità
dell’Isolotto e Curia di Firenze, l’autore fa rivivere, con particolare
intensità emotiva, la realtà dei fatti dando la parola ai documenti e ai
protagonisti della vicenda. Il lettore ha così la possibilità di accostarsi ad
una “autobiografia comunitaria” nella quale vengono affermate convinzioni
profonde e tesi precise sulle ragioni per le quali si è arrivati ad una non mai
ricomposta frattura.
Sergio Gomiti è stato vicario cooperatore alla parrocchia dell’Isolotto (Firenze) con don
Enzo Mazzi dal 1957 al 1965 ed è poi divenuto parroco della parrocchia della
Pentecoste alla Casella a Ponte a Greve dal ’65 al ’68, coltivando in entrambi
i luoghi gli orizzonti del Concilio Vaticano II. Dopo la rimozione da parroco
di don Mazzi (’68) si è dimesso da parroco per solidarietà con don Mazzi e da
allora vive l’esperienza della Comunità dell’Isolotto e delle Comunità di base
italiane. Ha lavorato per molti anni alla Biblioteca Nazionale di Firenze e ha
curato fin dagli inizi la realizzazione dell’Archivio storico della Comunità
dell’Isolotto, riconosciuto nel maggio 2004 di “particolare interesse storico”
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Prefazione
a cura della
Comunità dell’Isolotto
Le
persone della Comunità dell’Isolotto di Firenze e quanti da alcuni anni si
occupano dell’Archivio della Comunità hanno accolto questa lunga memoria come
un dono inatteso, non facile da comprendere nel suo reale significato.
Per
questo abbiamo cercato di capire meglio il senso di questo lavoro, cercando di
mettere a fuoco gli elementi di novità che possono portare alla conoscenza
della vicenda della Comunità dell’Isolotto, sia dal punto di vista della
ricostruzione fedele e documentata dei fatti, sia da quello del racconto nel
quale la soggettività, l’emotività, il coinvolgimento del
narratore-protagonista giocano un ruolo fondamentale.
Sono
trascorsi 45 anni da quando il “caso Isolotto” balzò alla ribalta della cronaca
nazionale e internazionale come episodio emblematico delle tensioni interne
alla Chiesa postconciliare, banco di prova della possibilità concreta di
mettere in pratica quanto il rinnovamento proposto dal Concilio aveva fatto
ritenere possibile: vivere la fedeltà al Vangelo senza compromessi e pensare la
«Chiesa come Popolo di Dio, nuova creatura, concepita dal Movimento che aveva
dato vita al Concilio Vaticano II»[1].
A
distanza di tanti anni, e dopo che tante ricostruzioni della vicenda sono state
date alle stampe, potevamo attenderci un atteggiamento più distaccato, una
ricostruzione capace di comprendere con uno sguardo d’insieme i tratti salienti
dell’esperienza. Invece questo racconto segue passo passo le tappe fondamentali
di un’esperienza collettiva singolare, caratterizzata da grande continuità e
coerenza, entra nei dettagli della “controversia”, avverte ancora l’urgenza di
affermare la realtà dei fatti facendo riferimento costante ai documenti
raccolti nell’Archivio.
Ci
sembra quindi opportuno richiamare l’attenzione dei lettori sugli elementi di
novità che possono essere trovati in questo libro, se confrontato con le altre
pubblicazioni che hanno narrato l’esperienza della Comunità dell’Isolotto[2].
Rispetto
a queste, nelle quali si fa ampio riferimento ai documenti ora conservati
nell’Archivio della Comunità, il racconto fatto da Sergio Gomiti, da lui
definito «una cronistoria puntuale degli avvenimenti che riguardano la vicenda
[…] dal 1957 al 1999», si caratterizza come la narrazione di uno dei
protagonisti principali degli eventi, che propone un punto di vista “interno”
al loro svolgersi e li ripercorre con grande ricchezza di particolari.
Quindi
non solo si offre un racconto in prima persona, un punto di vista interno allo
svolgersi delle vicende, che tocca anche gli aspetti di coinvolgimento
personale nei fatti di uno dei tre sacerdoti che hanno animato l’esperienza
iniziata nella parrocchia, ma viene messa a disposizione degli studiosi e dei
lettori anche la profonda conoscenza dell’evolversi delle vicende e del
contesto nel quale si sono sviluppate.
Il
testimone inoltre dimostra un profondo coinvolgimento emotivo nelle vicende
narrate, del resto dirompenti e portatrici di grandi novità per la storia della
Chiesa, e non solo, vicende cariche della forza capace di trasformare vite, di
lasciare segni profondi.
Sceglie
inoltre di far parlare i documenti, e così all’intensità che caratterizza il
racconto in prima persona si aggiunge quella che emerge dai molti protagonisti
della vicenda – nei due contrapposti schieramenti - dagli interventi alle
assemblee, alle lettere, alle “notificazioni”… Si ha quasi la sensazione di
leggere un’ “autobiografia”, non personale, ma comunitaria, attraverso la quale
vengono affermate convinzioni profonde e precise tesi sulle ragioni per cui si
è arrivati alla rottura.
La
sequenza dei documenti tratti dall’Archivio, che costituiscono la gran parte
del testo qui pubblicato, restituisce con grande intensità non solo il senso
dell’esperienza comunitaria, ma anche il
clima emotivo nel quale veniva vissuta, la profonda partecipazione
collettiva che l’ha animata, la consapevolezza diffusa di essere protagonisti
di un’esperienza di rinnovamento che aveva vastissime ripercussioni. Colpisce
qui il livello del confronto, il grado di coinvolgimento, di elaborazione che
emerge dai documenti, dagli interventi alle assemblee trascritti. La lettura
dei documenti nella versione integrale ci porta a fare un tuffo nel passato,
misurando la distanza tra l’intensità di questa esperienza (e di altre
esperienze di profonda partecipazione democratica degli anni ’60-’70 del secolo
scorso) e il livello di disillusione e confusione che caratterizza invece
spesso anche le migliori esperienze di questi tempi.
Un
altro elemento di novità è costituito dalla ricostruzione molto puntuale del
contesto più ampio in cui l’esperienza dell’Isolotto è nata. E’ questo un
aspetto forse meno noto e meno indagato, messo ora bene in luce nella prima
parte di questa pubblicazione, che evidenzia quanto l’esperienza di
rinnovamento portata avanti nella parrocchia dell’Isolotto fin dall’inizio non
fosse isolata, ma si fosse sviluppata in un quadro di relazioni intense e
vitali con altri sacerdoti della Diocesi. E’ nelle istanze di riflessione e
rinnovamento proposte dai sacerdoti e dai laici dell’Isolotto agli altri
sacerdoti e laici della Diocesi, più che in altri eventi, che si colgono “le
ragioni per cui” venne colpita “l’esperienza dell’Isolotto”.
Perché questa pubblicazione
Questo
libro si potrebbe definire una cronistoria puntuale degli avvenimenti che
riguardano la vicenda della Comunità dell’Isolotto dal 1957 al 1999 effettuata
attraverso i documenti dell’archivio della Comunità: documenti di pastorale,
liturgia, catechesi, predicazione (omelie), percorsi di vita cristiana,
ciclostilati, veglie, preghiere per la celebrazione dell’Eucarestia, lettere,
fotografie, bobine audiovisive, bobine audio delle assemblee, delle assemblee
eucaristiche in piazza, degli incontri con realtà italiane ed estere, del
processo, articoli di quotidiani e riviste riguardanti la Comunità, libri della
Comunità.
La
scelta del materiale è guidata dall’intento di presentare la realtà
dell’Isolotto intorno alla quale si è molto parlato e scritto, su libri,
riviste, quotidiani, il più delle volte per sentito dire, senza preoccuparsi di
una documentazione, attinente ai fatti, e quindi talvolta stravolgendoli o per
ignoranza o per voluta cattiva informazione.
Ho
richiamato alla memoria anche alcuni miei ricordi che ancora sento vivi e
presenti e che hanno in parte indirizzato certe mie scelte di vita.
Ho
cominciato la narrazione dal 1957 quando, ordinato sacerdote, sono stato
mandato alla parrocchia Beata Vergine Maria, all’Isolotto, dove dal 1954 era
parroco Don Enzo Mazzi e l’ho fondamentalmente terminata al 3 maggio 1971,
quando è iniziato il processo per “istigazione a delinquere e turbativa di
funzione religiosa” a carico di otto persone (si trattava di tre persone della
Comunità, di due sacerdoti fiorentini non dell’Isolotto, di un sacerdote di
Milano, di uno di Torino e di uno di Verona solidali con la Comunità) e per
“turpiloquio” per una unica persona.
Un’ultima
parte, per veloci accenni, riguarda gli anni dal 1972 al 1999 e ho voluto
mettere in rilievo come sia cambiata la vita della Comunità e come si siano
evoluti i rapporti con la Curia.
Infine
un capitolo per far conoscere la vita della Comunità oggi.
In
appendice ho riportato gli avvenimenti riguardanti il processo, le sbobinature
delle udienze, le arringhe finali. Sono stato molto incerto se inserire questa
ultima parte che è già stata ampiamente trattata nel libro Comunità dell’Isolotto (ed.), Il processo dell’Isolotto, Manifestolibri,
Roma 2011. Alla fine ho valutato che, per il lettore interessato, potesse
essere un utile e ulteriore supporto documentario.
Rispetto
al materiale ho lavorato in questo modo:
-
ho riportato integralmente i documenti, le lettere, gli articoli di giornale, o
qualsiasi materiale scritto, o per intero o facendo una selezione delle parti
più significative,
-
per gli interventi orali, dovendo lavorare su sbobinature delle assemblee, dei
vari incontri, come pure del processo, ho cercato di rimanere fedele al testo
anche se ho dovuto trasformare l’orale in un linguaggio scritto che fosse
leggibile e comprensibile. Gli interventi sono stati comunque il più possibile
limitati, come risulta dal confronto con i documenti utilizzati, di cui viene
data sempre la collocazione.
Un
ultimo accenno all’Archivio della Comunità dell’Isolotto da cui ho tratto tutto
il materiale, archivio riconosciuto di “particolare interesse storico” da parte
del Ministero per i Beni e le Attività culturali, con decreto n. 800 del 28
maggio 2004, archivio aperto alla consultazione di chiunque ne sia interessato.
Esso
è nato, si è sviluppato e tuttora vive con l’intento di documentare la fedeltà
ai fatti storici nello stretto legame tra memoria e vita attuale, di
valorizzare le memorie dei “senza storia” e quei processi e quelle strutture
che guidano dal basso l’evoluzione della cultura.
Ogni
documento pubblicato nel libro porta accanto il riferimento al numero di
segnatura nell’inventario dell’archivio.
Per
rendere più comprensibili le citazioni inserite nel testo, elenco di seguito le
serie documentarie presenti (vedasi anche:
http://www.comunitaisolotto.org/Archivio/Sintesiguida.pdf):
Emp:
editoria minore periodo parrocchiale. Sono i documenti del percorso di
rinnovamento di tutti i settori della vita parrocchiale dal 1954 al 1968;
Em:
Editoria minore – documenti ciclostilati. Si tratta di volantini e inserti dal
1968 al presente;
Em
Notiziari: i notiziari della Comunità dal 1968 al 2001;
Em
Processo: Documenti del processo (1968-1971);
Em
documenti significativi: i documenti più
significativi dal 1953 ad oggi;
Gr:
Giornali-Riviste. Sono circa 2900 articoli di quotidiani e periodici dal 1954
ad oggi;
Lt:
lettere. Circa 1250 lettere dal 1968 al 2008;
BA:
le bobine audio di 245 assemblee dal 1968 al presente;
BAV:
bobine audiovisive dal 1968 al presente;
FT:
2000 fotografie dal 1968 ad oggi.
L’archivio
comprende anche un Fondo che riguarda il territorio (movimento per la scuola e
movimento di quartiere) e nove faldoni contenenti documenti di movimenti e
Comunità Cristiane di Base italiane, spagnole, francesi, tedesche, olandesi.
Sono
inoltre stati raccolti e aggregati all’Archivio, dal 2012 in poi, alcuni nuclei
di carte di altre Comunità di base, toscane e non, individuate nell’ambito del
Censimento degli Archivi delle Comunità e del Cristianesimo di base in Italia
promosso dalla Comunità dell’Isolotto in accordo con la Segreteria nazionale
delle comunità di base italiane, e realizzato con il sostegno della Tavola
Valdese. Di particolare rilievo il Fondo della Segreteria tecnica delle
comunità di Base, costituito da Ciro Castaldo, depositato nell’Archivio della
Comunità dell’Isolotto nel 2012 dalla Comunità del Cassano di Napoli.
Notizie sulla Casa editrice Il pozzo di Giacobbe
Il
Pozzo di Giacobbe è una piccola casa editrice indipendente, di Trapani, che si
occupa di argomenti religiosi ed ecclesiali in modo aperto, intelligente e non
scontato, con idee, storie, autori poco conosciuti e che hanno una grande
valore e significato umano e spirituale.
Queste
le parole dell’editore Crispino Di Girolamo, in un’intervista in occasione del 27°
Salone internazionale del libro di Torino: “Ci sono idee, storie e autori che
rimangono troppo spesso fuori dal mercato editoriale anche nell’editoria di
ispirazione cattolica, Papa Francesco ci spinge ad uscire fuori dai recinti
degli spazi chiusi e invita soprattutto i laici ad osare, a vincere il momento
di crisi che stiamo vivendo mettendo in circolo energie positive. La nostra
esperienza ci dice che si può coniugare impegno culturale, azione civile e
impresa, facendo editoria indipendente di qualità. … Ringraziamo tutti gli
ospiti che ci onorano della loro presenza e della loro amicizia ma anche tutti
coloro che ci seguono e sostengono la nostra sfida: fare editoria creando uno
spazio in cui le forze positive del nostro Paese possano incontrarsi e
confrontarsi liberamente e sostenere dal Sud la cultura dell’antimafia e della
legalità e il rinnovamento della vita ecclesiale nella fedeltà al Vangelo
mettendo in circolo idee, ricerche, proposte”.
Sergio
Tanzarella è il curatore della collana Oi Cristianoi.
Intervento di Sergio Tanzarella
ordinario di Storia della Chiesa presso la
Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli
curatore della Collana Oi Christianoi per la casa editrice Il Pozzo di Giacobbe
Domande e confronto
Lettura di alcuni brevi stralci dal libro
[pag 17 – stralcio
dalla Parte I - cap. 1
L’Isolotto e il card. Elia Dalla Costa]
[…]
Enzo Mazzi aveva già cercato di dare una impronta alla parrocchia. Ne fa testo
questo stralcio dalla sua prima omelia del Natale 1954:
“Il nostro Isolotto deve diventare il regno
della fraternità, dove tutti cioè si considerino veramente fratelli senza
distinzioni, od esclusioni… dove tutti cioè cerchino di collaborare attivamente
per il bene della intera Comunità evitando di rinchiudersi o separarsi, in una
parola il nostro Isolotto deve diventare il regno dell’amore scambievole, ecco
il messaggio di questo S. Natale”. (Emp 0002)
Nella
mia parrocchia di provenienza avevo spesso sentito parlare di “i nostri” e “gli
altri”, un linguaggio comune a molti preti e a molti cristiani. I “nostri”
erano i praticanti e i democristiani, gli “altri” i non praticanti e i
comunisti, socialisti, addirittura scomunicati fino dal 1948.
Quella
prima omelia, che casualmente mi ritrovai tra le mani, mi allargò il cuore.
***
[pag 21 – stralcio
dalla Parte I - cap. 1
L’Isolotto e il card. Elia Dalla Costa]
[…]
La liturgia vide, fin dal 22 dicembre
1957, giorno della consacrazione della chiesa, l’altare staccato dal muro e
rivolto verso la navata. Si diceva la messa in latino, ma un gruppo di giovani
si dava il cambio, alle varie messe della domenica, per leggere la traduzione
in italiano, traduzione che veniva preparata settimana per settimana. Nella
chiesa c’erano due altari laterali: in uno veniva alloggiato il Santissimo e
nell’altro veniva tenuto aperto un grande libro della Bibbia come invito alla
lettura da parte di coloro che frequentavano la chiesa.
Dal
1960 in
poi, coloro che partecipavano alla messa vennero invitati, al momento
dell’offertorio, a salire sul presbiterio disponendosi intorno all’altare.
Questo
movimento creava qualche malumore da parte di alcuni che, purtroppo, erano
stati educati e abituati ad andare alla messa per cercare ciascuno il proprio
Dio e non per incontrare i fratelli.
***
[pag 149 – stralcio
letto a 2 voci dalla Parte IV - cap. 2 La
Comunità per l’autenticità e l’unità]
A Sua
Eminenza Reverendissima
Il Card.
Ermenegildo Florit
Arcivescovo
di Firenze.
Eminenza,
la Sua del 5
corr., ancora una volta, ci ha sconcertati ed amareggiati. Un’altra
raccomandata-espresso, un’altra diffida, un’altra minaccia [….]
Noi crediamo
fermamente nella Chiesa e quindi sappiamo che il nostro rapporto ecclesiale si
basa sulla fede e sull’amore di Cristo. Dobbiamo volerci bene, ma non basta.
[...] la
misura di tutto è l’amore verso i fratelli e specialmente verso “il fratello
che è nel bisogno”, cioè l’amore verso gli ultimi. La stessa ricerca e difesa
della verità ed anche la liberazione dal peccato vanno misurate sul metro di
tale amore. Ciò vale per i nostri rapporti. La Sua autorità da una parte, la
nostra ubbidienza dall’altra avrebbero un carattere non cristiano, ma
semplicemente “mafioso”, se si realizzassero al di fuori di un tale amore o
peggio ancora contro di esso. Non basta che siamo uniti, che ci vogliamo bene,
che siamo ubbidienti. Questo lo fanno anche i massoni. Dobbiamo essere uniti
per annunziare il Vangelo ai poveri, non per tradirli. Verremo giudicati
sull’esercizio dell’autorità o dell’obbedienza non in sé, ma in quanto
strumenti dell’amore effettivo verso gli affamati, gli assetati, i senzatetto,
gli ignudi, gli infermi, i carcerati (Mt.25, 31-46).
Eminenza, noi
vogliamo ubbidire. L’ubbidienza al Vescovo non la consideriamo un peso o una
diminuzione, ma una fonte di gioia e di liberazione quando ci aiuta ad amare e
servire il Cristo presente negli ultimi. Ma quando risulta un tradimento del
Cristo allora si trasforma in un dramma e può diventarci impossibile. Qui non
c’è una élite in ricerca di esperimenti pastorali o novità teologiche, un
gruppetto di intransigenti, ribelli, contestatori, attaccati alle proprie idee.
Qui c’è invece una Comunità formata, per la maggior parte, da persone umili del
popolo: operai e impiegati, donne di casa, giovani e anziani, disoccupati,
senzatetto e senza famiglia, infermi, invalidi, incriminati, carcerati,
affamati e assetati di giustizia. Tale Comunità ha la sola esigenza vitale di
trovare nella pratica del Vangelo la forza di vivere e la speranza per lottare
e andare avanti. Essa chiede alla Chiesa un minimo di spazio, di libertà e di
amore, che la Chiesa stessa non può rifiutarle senza venir meno alla sua
fedeltà a Cristo.
Tale Comunità
invece si sente non amata, anzi rifiutata e soffocata dal Vescovo e con essa si sentono rifiutate e soffocate, in
diocesi e fuori, tante persone specialmente le più umili. […]
Le è
richiesto invece di venire di persona, in atteggiamento di padre e fratello, a
rendersi conto, a capire profondamente la realtà, a cercare una informazione
diretta e obbiettiva (questo è quanto noi stessi Le chiediamo insistentemente
da anni; ora preghiamo il Signore che non sia troppo tardi).
Le sono
richiesti gesti di fraternità, di accoglimento, di amore. In questo impegno di
testimonianza all’amore di Cristo siamo pronti ad ogni obbedienza. Al di fuori
di esso l’obbedienza e la disciplina, anche ecclesiali, significherebbero per
noi disubbidienza e indisciplina. […]
Siamo certi
che Lei ci comprenderà e ci chiederà, in nome dell’ubbidienza al Vangelo e alla
Chiesa, di somigliare con tutte le nostre forze al Samaritano il quale reputa
impossibile abbandonare l’uomo ferito sulla strada, anziché al Sacerdote e al
Levita i quali si allontanano per timore di contrarre una impurità legale.
Devoti
saluti.
sac. Enzo Mazzi, sac. Sergio
Gomiti, sac. Paolo Caciolli
***
[pag 149 – stralcio
dalla parte IV – cap. 3 Il Cardinale riapre la chiesa e
celebra la messa]
1969, 30 agosto. La sera alle
23 arrivò una telefonata all’Isolotto in cui si avvertiva che la mattina
seguente il Cardinale, dopo otto mesi, avrebbe riaperto la chiesa e celebrato
la messa. Tutto questo senza alcun preavviso se non ai giornali, a persone
amiche della Curia, alla Polizia e ai Carabinieri.
Il
sabato sera, a quell’ora, era in corso l’assemblea in cui si discuteva della
risposta da mandare al Cardinale in cui si comunicava l’accettazione della sua
proposta da parte dei preti e di quali preghiere e brani biblici leggere
durante la messa che sarebbe stata celebrata nella piazza da un sacerdote
gesuita, padre Del Zanna.
Giunta
la notizia, iniziammo a scrivere il seguente documento da portare
immediatamente al Cardinale: (Em documenti
145)
Isolotto-Firenze 30.8.1969
Al nostro Vescovo
[….]
Questa nostra
Comunità, oppressa chiaramente da tale situazione, anche domani riunita in
assemblea davanti alla chiesa, continuerà ad attendere, come fa da dieci mesi,
che Ella prima di iniziare la celebrazione della messa annunzi, con gesti
concreti capaci di togliere l’oppressione:
“Lo Spirito
del Signore è su di me;
per questo
Egli mi ha unto,
per
evangelizzare i poveri mi ha mandato,
a guarire i
contriti di cuore,
ad annunziare
ai prigionieri la libertà,
a restituire
ai ciechi la vista,
a rendere liberi
gli oppressi,
a proclamare
l’anno di grazia del Signore” (Lc. 4, 18-19).
Solo allora
la messa sarà il gesto di riconciliazione e l’inizio di un nuovo cammino di
comune conversione.
La
Comunità dell’Isolotto.
Una
delegazione composta da 7 persone partì immediatamente e si recò in
Arcivescovado per consegnare il documento al Cardinale. La delegazione si recò sul posto; all’una e
mezza suonava il campanello della villa; per tutta la notte attese invano che
il cancello si aprisse. Fu ricevuta dal Cardinale alle ore 7 del mattino. Alle
ore 8,30, tornati all’Isolotto, i componenti della delegazione stesero la
seguente relazione sul colloquio: (Em Documenti 145/1)
[…]
Laico: Eminenza questi suoi discorsi sono troppo duri e insostenibili. Le
chiediamo di ripensarci e di fermarsi in piazza in mezzo alla nostra Comunità
per offrirci una risposta diversa, prima di dire la messa.
Cardinale: Il Vescovo non si può fermare in piazza a fare comizi. Io parlerò
poco e parlerò da Pastore, solo in chiesa. Se voi venite alla messa siete con
me, se non venite alla messa, voi, che già siete fuori della Chiesa, vi porrete
definitivamente come porzione scismatica della Chiesa. Abbiate il coraggio di
leggere quella frase molto bella della Bibbia in cui Cristo dice che nessuno è
obbligato a rimanere nella Chiesa. Abbiate perciò il coraggio di ammettere di
essere usciti dalla Chiesa.
[…]
1969, 31 agosto. La piazza era
gremita di gente, al centro l’altare era pronto per la celebrazione della
messa.
Un
membro della delegazione lesse il resoconto dell’incontro con il Cardinale.
Fu
un momento drammatico, di tensione e di dolore indescrivibile.
Molti
piangevano.
Ma
la tensione e il dolore crebbero a dismisura quando si aprì il portone della
chiesa, chiuso da quasi un anno e vi entrò il Cardinale scortato dai
Carabinieri e da decine di poliziotti in divisa e in borghese; quando in chiesa
scrosciò l’applauso frenetico dei pochi dell’Isolotto e dei molti venuti dal di
fuori in gruppi organizzati; quando si udì gridare: “abbiamo vinto”; quando
dentro la chiesa furono intonati canti trionfali che nessuno dell’Isolotto
conosceva, perché non usati nella nostra parrocchia.
Mentre
l’Arcivescovo celebrava la messa nella chiesa, la Comunità rimaneva nella
piazza.
Non
venne celebrata la messa anche se c’erano dei sacerdoti venuti da fuori per
celebrarla, come avveniva le altre domeniche.
Venne
letta la Passione di Gesù dal Vangelo di Matteo.
A
seguito di questi avvenimenti i tre sacerdoti ritirarono l’accettazione della
proposta di andare ad abitare per qualche tempo con il Cardinale.
Preghiera eucaristica
Coniugare memoria e
presente
non è un fatto scontato
e innocuo;
costituisce una scelta
precisa e faticosa.
E’ un modo di impostare
la vita.
Si radica nella fede,
in ogni fede.
Esige la capacità di
avvertire, presente ed operoso,
lo Spirito che soffia
dove vuole,
che assume tanti nomi
quante sono le culture,
le tradizioni
religiose, le visioni della realtà.
Nessuna persona o
parola o realizzazione del passato
possono imprigionare lo
Spirito.
Neppure il presente,
l'idealità o il progetto
possono pretendere di
afferrare ciò che sfugge ad ogni misura.
Lo Spirito è la grande
risorsa dei senza-potere
ai quali si vorrebbe
negare passato e futuro.
Lo Spirito riempie di
significato la vita e la morte dei senza-storia,
unifica il tempo e lo
spazio, rende tutto parziale e relativo.
Tutto connette e in tal
modo tutto valorizza.
Crea coscienze
critiche, autonome, generando costruttori di pace.
Il concetto biblico di
resurrezione crediamo che indichi
proprio questo
intreccio fra memoria e presente
come fondamento ultimo
della realtà e della storia:
non seppellire ma far
rivivere, annunciare la tomba vuota
e la presenza viva del
crocifisso-risorto.
Gesù, la sera prima di
essere ucciso, mentre sedeva a tavola
con i suoi apostoli e
apostole,
prese del pane lo
spezzò,
lo distribuì loro
dicendo:
“Prendete e mangiatene
tutti: questo è il mio corpo”.
Poi, preso un
bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti e
tutte ne bevvero, e disse loro:
“Questo è il mio sangue
che viene sparso per
tutti i popoli”.
Ci impegniamo affinché
questi segni della
memoria antica
rendano realizzabili ed
efficaci
i segni di attiva
speranza presenti nel tempo attuale.
[1] Enzo
Mazzi, «Racconti di speranza», in Comunità
dell’Isolotto (ed.), Oltre i confini. Trent’anni di ricerca comunitaria, LEF, Firenze 1995,
13-54.
[2]
Tra tutte consideriamo particolarmente
significative: Comunità dell’Isolotto,
Isolotto 1954/1969, Laterza, Bari 1969); Comunità
dell’Isolotto, Oltre i confini. Trent’anni di ricerca comunitaria, LEF, Firenze 1995 e Christian G. De Vito, Mondo operaio e
cristianesimo di base. L’esperienza
dell’Isolotto di Firenze, EDIESSE, Roma 2011.
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