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martedì 25 novembre 2014

Qual'è lo stato di salute della democrazia oggi


COMUNITA’  DELL’ISOLOTTO
Domenica 23 Novembre 2014
 (gruppo Elena, Gian Paolo, Giulia, Maria, Roberto, Sergio)


 QUALE  E'  LO STATO DI SALUTE DELLA DEMOCRAZIA OGGI?
                  
      Alcune chiavi di lettura come proposte per riflessioni e approfondimenti  anche alla luce dell'esperienza della Comunità di base dell'Isolotto



Letture bibliche:  Matteo, 23, 8-11;  12, 46-50



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Il tema della democrazia ha conosciuto negli ultimi decenni, a partire da quelli di fine secolo fino ad oggi, un'attenzione sempre maggiore. Lo attestano i numerosissimi libri ed articoli pubblicati, con una intensificazione sempre maggiore negli ultimi anni. Il motivo va ricercato nelle grandi trasformazioni economiche, sociali e politiche che hanno contraddistinto la storia italiana, europea e mondiale da un quarantennio circa a questa parte, e che continuano a caratterizzare il momento attuale. In linea generale possiamo suddividere il periodo post-bellico in due fasi: la prima dal 1945 al decennio Settanta, e l'altra dal 1980 in poi. Secondo lo schema interpretativo del sociologo anglo-tedesco Ralf Dahrendorf, la specificità dell'immediato trentennio del dopo-guerra, è da intravedere nella equazione “Crescita economica-diffusione di benessere sociale-robusta democrazia politica”, mentre nei decenni successivi tale connessione perde il suo automatismo. Non stupisce perciò che  proprio da questo momento in poi si moltiplichino gli interrogativi sulla sorte della democrazia e sulla sua effettiva natura, in scritti che nel  titolo esprimono chiaramente le preoccupazioni dei loro autori: “La crisi della democrazia” (Commissione Trilaterale), la “Post-democrazia” (Crouch), “Democrazia in vendita” (Napoleoni), “Democrazia” (Petrucciani) solo per citarne alcuni della immensa selva di interventi
In relazione alle due fasi sopra richiamate ed ai problemi che vi emergono, riportiamo prima di tutto le idee della “Commissione Trilaterale” che analizzano, ovviamente dal suo particolare punto di vista, lo stato del regime democratico di fronte alla crisi economica degli anni '70, con proposte di correzioni di importanza cruciale come dimostrerà la storia successiva. Per quel che riguarda il periodo susseguente e quello attuale ci sembra stimolante la riflessione del filosofo della politica, Stefano Petrucciani della Università La Sapienza di Roma, sulla questione democratica nel quadro delle grandi trasformazioni degli ultimi decenni ed, in particolare, della crisi economico-sociale e politica iniziata nel 2007/8 ed ancora presente sulla scena sistemica mondiale e specifica dei vari paesi.


                                                                              I
                                                      La Commissione Trilaterale

La Commissione Trilaterale nasce nel 1973 per iniziativa di David Rockfeller, figura di spicco del capitalismo americano, che incarica Zbigniew Brzezinski di dar vita ad un nuovo gruppo di lavoro (The Trilateral Commission ) allo scopo di sviluppare i rapporti fra Stati Uniti, Europa e Giappone (da qui deriva l'attributo di Trilaterale). Essa dichiara di essere un'organizzazione non governativa ed apartitica dove vengono discusse le politiche ritenute necessarie per agevolare l'interdipendenza economica e politica fra i tre centri, di fronte alla crisi economica che colpisce in quegli anni l'economia capitalistica (fine della grande crescita, alta inflazione, caduta degli investimenti, ritorno della disoccupazione di massa e via dicendo). Come scrive l'avvocato Gianni Agnelli, che ne fa parte, si tratta di “Un gruppo di cittadini, studiosi, imprenditori, sindacalisti, delle tre aree del mondo industrializzato che si riuniscono per studiare e proporre soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità e di comune interesse”. Brzezinski definisce addirittura l'organizzazione come “Il gruppo delle potenze intellettuali e finanziarie più forti che il mondo abbia mai conosciuto”. Non desta meraviglia perciò che le più importanti multinazionali siano legate alla Trilaterale: Coca Cola, IBM, Pan American, Hwlett Packard, FIAT (oggi probabilmente la nuova società) Sony, Toyota, Exxon, Mobil, Dunlop, Texas Instruments, Mitsubishi.
Allo scopo di sistemare in un quadro organico i problemi ritenuti più urgenti ed importanti, vengono nominati tre studiosi per stilare un rapporto che ha per oggetto e titolo della sua pubblicazione nel 1975 “La crisi della democrazia”. Il suo fine è quello di individuare i fattori di crisi e le opportune correzioni da apportare al sistema politico per assicurare la “governabilità delle democrazie” (In italiano il Rapporto è stato pubblicato nel 1977 da F.Angeli Editore, con prefazione di Giovanni Agnelli). Gli autori sono il sociologo francese Michel J. Crozier, Samuel P. Huntington per gli Stati Uniti ed il giapponese Joji Watanuki.

                                                “La crisi della democrazia”

I tre autori naturalmente si soffermano spesso sulle specificità problematiche della loro area geo-politica. Nondimeno emerge chiaramente un disegno generale, riscontrabile anche nelle loro analisi particolari, che può essere riassunto in alcuni punti cruciali.

1- La domanda che i tre relatori si pongono è sintetizzata nella Prefazione di Giovanni Agnelli: “E' la democrazia politica, quale oggi [1975] esiste una forma di governo attuabile per i paesi industrializzati dell'Europa, del Nord America e dell'Asia?...Possono questi paesi ...continuare a funzionare con le forme di democrazia politica sviluppate nel corso del terzo quarto [del '900] ? “. La risposta è drasticamente negativa, giacché si ritiene che il sistema democratico ereditato dal passato sia in crisi a causadella disgregazione dell'ordine civile, del disfacimento della disciplina sociale, della debolezza dei leader e dell'estraneazione dei cittadini”. Fra le minacce che rendono ingestibile la democraziaIn un'epoca di grande diffusione dell'istruzione secondaria e universitaria...” l'avvocato Agnelli ravvisa “Lo sviluppo tra gli intellettuali d'una «cultura antagonista»” che “ha influenzato studenti, studiosi, mezzi di comunicazione” portando la loro avversione “alla subordinazione del sistema di governo democratico al «capitalismo monopolistico»”. In breve, come afferma Crozier, si ha la sensazione “che le democrazie siano diventate ingovernabili”. Anche Huntington e  Watanuki denunciano l'aumento delle attività di governo negli anni '60 accompagnata da “una sostanziale diminuzione dell'autorità governativa”. Il pericolo per la democrazia diventa dunque la democrazia stessa: “L'impulso della democrazia è di rendere il governo meno potente e più attivo, di accrescerne le funzioni e di ridurne l'autorità”. In particolare negli anni '60 in USA si registra “l'espandersi della partecipazione politica e l'intensificarsi dell'impegno per modelli democratici ed egualitari”, per cui le cause “del declino dell'autorità di governo vanno ricercate nell'ondata democratica degli anni '60”. In conclusione, i problemi di funzionamento delle istituzioni politiche alla svolta del decennio '70 vengono fatti dipendere “da un eccesso di democrazia” da correggere (Huntington) pag.69-108. Esso consiste dunque nel fatto che “Le richieste al governo democratico si fanno più pressanti, mentre le sue possibilità ristagnano. Questo...è il dilemma di fondo della governabilità della democrazia...” (Agnelli). In altre parole, la quantità di rivendicazioni e di aspettative rivolte dai cittadini ai loro governi, ha conosciuto nel dopoguerra una crescita eccedente le possibilità del sistema. Ciò perché “In tutto l'Occidente la libertà di scelta dell'individuo è aumentata straordinariamente. Con lo sgretolarsi delle vecchie barriere ogni cosa appare possibile” (Crozier). Per affrontare questa massa di richieste occorrerebbe un “maggior controllo sociale che sia associato con i valori gerarchici” che però vengono rigettati e scartati dai cittadini. Nel passato le chiese ed in particolare la Chiesa cattolica svolgevano, anche nei paesi laici come la Francia, la funzione fondamentale di diffondere valori gerarchici e di disciplina che stanno a fondamento dell'ordine sociale. Oggi, però, lamenta Crozier, la loro autorità è andata perduta. Del resto anche altre istituzioni, come l'esercito, sono sconvolte dal crollo dell'autorità morale (pagg. 40-41). Ciò perché è diffuso il convincimento che l'autorità venga imposta dall'alto. Ne discende un eccesso di libertà che minaccia caos e che perciò richiede la restaurazione dell'ordine quale “modo di realizzare l'efficienza, che è la condizione del buon funzionamento d'una società”. (pag.55). Purtroppo, secondo Crozier, mancano nella politica europea “la determinazione, il senso della missione, la dedizione alla lotta intesi a restaurare un ordine morale del passato; la disponibilità a lottare per il capitalismo o la libera iniziativa non è poi tanta”. Questa disgregazione dei valori e di ogni autorità è talmente vasta che perfino i comunisti subiscono le tendenze generali della società ed appaiono “incapaci di impedire la disgregazione del loro modello di autorità” (pag.61).
Anche per Watanuki l'eccesso di partecipazione politica “ha fatto aumentare le richieste ai governi”, mettendone in crisi l'autorità nel momento in cui la caduta della crescita economica non mette a disposizione le risorse necessarie a soddisfarle. Da qui la necessità del ripristino del potere governativo e di maggior controllo sociale.
 

2 – Com'è possibile allora per le nazioni europee sopravvivere e superare questa situazione di crisi. La risposta di Crozier è lapidaria: esse “devono realizzare una trasformazione di fondo del loro modello di governo e del loro modo di controllo sociale...”. C'è necessità di rilanciare la crescita economica per “impedire la disoccupazione e l'esasperazione dei conflitti sociali” con una “trasformazione radicale delle condizioni di lavoro” e, quindi abbandonando il modello delle politiche economiche-sociali degli anni precedenti (pag.62-64) [Quelle della domanda degli anni 1945-'70 di grande crescita, ridistribuzione del reddito verso il basso, sviluppo dei diritti sociali, pieno impiego].
Nella sua proposta Huntington afferma che “il funzionamento efficace d'un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia e di disimpegno da parte di certi individui e gruppi” come dimostra il fatto che nel passato la marginalizzazione di alcuni gruppi [in USA la popolazione di colore)], pur essendo “intrinsecamente antidemocratica”, ha “consentito alla democrazia di funzionare efficacemente”. Pertanto conclude con l'ammettere che “ci sono ...limiti potenzialmente auspicabili all'ampliamento indefinito della democrazia politica. Con una esistenza più equilibrata la democrazia avrà una vita più lunga” (pag.109-110).
3 – Il distillato di tutto l'impianto analitico e propositivo del “Rapporto della Commissione Trilaterale” può essere racchiuso in alcune citazioni di personaggi conosciuti, anche del passato.
a- “E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse, credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina
                                                       Henry Ford

b- “Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico”.
                     Kenneth Boulding docente universitario americano negli anni '60

c-“Probabilmente dovremo avere dei governi molto forti, che siano in grado di far rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre a quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica; probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle libertà personali. Ma non sempre tutto ciò sarà un male”.
      Intervista a Giovanni Agnelli rilasciata al Corriere della Sera il 30 gennaio 1975

d-“Fu deciso che il documento [Trattato di Lisbona] fosse illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale [in modo da evitare referendum]...Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum...
                                                       Giuliano Amato

e- “..i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referundum...
                           parlamentare europeo danese Jeans-Peter Bonde

 I due interventi sono stati registrati alla riunione del Centro per la Riforma Europea tenuta a Londra il 12 luglio 2007.

4 – Siccome nel Rapporto viene delineata una nuova visione della scuola e della università, nel senso di collegare strettamente l'istruzione al mondo economico, appaiono rilevanti le osservazioni critiche di Ralf Dahrendorf  durante la discussione con gli autori ed altri membri della Trilaterale: “...credo che una delle cose che, in qualunque situazione, non devono verificarsi è una politica premeditata di delimitazione dell'istruzione – un indirizzo politico secondo il quale le istituzioni scolastiche siano ancora una volta poste in relazione con la produzione e con il rendimento economico, anziché con l'esigenza di dare a ogni individuo una possibilità di prendere parte al processo politico” (pag.173). Inoltre, aggiunge, le democrazie “Devono guardarsi dal pensare che un po' più di disoccupazione, un po' meno di istruzione, un po' più di disciplina imposta e un po' meno di libertà di espressione possano migliorare il mondo, farne un luogo in cui è possibile governare efficacemente” (pag.174). 


                                                                   II
    
                                             Il disagio della democrazia oggi
                                 La riflessione del filosofo Stefano Petrucciani

1 -Il punto di partenza della riflessione parte dalla constatazione che “il tasso di credibilità, ovvero la fiducia che i cittadini nutrono nelle istituzioni tradizionali della democrazia rappresentativa scende di anno in anno sempre più in basso”.

2 – Occorre allora capire la causa o le cause di questa disaffezione crescente verso le istituzioni democratiche e gli organi rappresentativi. Petrucciani ritiene che questa crisi di fiducia sia ben motivata e che risponda ad una effettiva situazione critica della democrazia contemporanea, almeno in Italia ed in Europa.

3 – Infatti, negli ultimi decenni si sono avuti mutamenti politici importanti, decifrabili come  processo di regressione oligarchica della democrazia”. Questo processo consiste nello “spostamento verso l'alto dei rilevanti centri decisionali, in forza del quale le decisioni politiche scivolano via dalle sedi più ampie e partecipate e si ritirano verso luoghi meno accessibili, per lo più riservati a ristretti gruppi oligarchici”. La tendenza in questa direzione è attestata, secondo Petrucciani, dai seguenti aspetti:
 a) “svuotamento del ruolo dei Parlamenti a favore degli esecutivi, accoppiata alla centralizzazione leaderistica e personalistica dei poteri di governo, sostenuta anche dalla diffusione di ideologie presidenzialistiche”;
b) “sganciamento e deresponsabilizzazione degli eletti rispetto agli elettori”. In Italia si arriva “fino alla imposizione di candidati precostituiti..che produce la costituzione dei rappresentanti politici in «casta» separata”;
c- “svuotamento della discussione interna ai partiti e loro caratterizzazione sempre più leaderistica”.

In sostanza, la tendenza è “quella di uno spossessamento dei cittadini rispetto agli eletti, della base di partito rispetto ai leader, dei parlamentari rispetto all'esecutivo, dell'esecutivo rispetto al premier”. Ma l'aspetto più rilevante del processo in corso è “la sottrazione di larghi ambiti di decisione, che vengono avocati da vari tipi di organismi sovranazionali caratterizzati da una più o meno marcata natura «tecnica» o sedicente tale”. “Sembra dunque che con le trasformazioni in corso si sia giunti al punto di approdo di un lungo processo di riduzione della rappresentatività democratica, il cui inizio si può far risalire al rapporto sulla «Crisi della democrazia» redatto nel 1975 da Crozier, Huntington e Watanuki per la commissione Trilaterale”, nel quale si auspicava «un più equo rapporto tra autorità statale e controllo popolare».

4 – Un'altra causa importante di questa crisi di fiducia è data, a parere di Petrucciani, dal fatto “che è sostanzialmente saltata la rispondenza tra le forze politiche democraticamente confliggenti secondo la discriminante destra/sinistra e le aggregazioni delle classi e dei gruppi sociali”. La conseguenza è che molti settori sociali che in precedenza avevano il loro riferimento politico nella sinistra, ora rimangono senza rappresentanza politica.

5 – Insomma, abbiano davanti una crisi della democrazia perché è in crisi la politica ed il suo ruolo. Per la sinistra, secondo la sua tradizione storica, la politica svolge un ruolo decisivo in quanto è strumento per dare soddisfazione alle aspirazioni degli strati subalterni della società.  Al contrario, per la destra liberale e conservatrice la politica perde di valore e deve essere ridotta alo minimo indispensabile. Il suo ideale è infatti quello di una società in cui si potesse fare a meno della politica, in modo da lasciare la determinazione dei rapporti sociali ai meccanismi economici. “Crisi della politica democratica e crisi della sinistra vanno dunque insieme”.

6 – Un ulteriore motivo di sfiducia deriva dalla percezione dello svuotamento sostanziale della sovranità popolare a causa di interventi di poteri esterni non democraticamente legittimati. Infatti, il governo delle dinamiche globali prima della crisi e, a maggior ragione, a seguito di essa, è in mano ad agenzie ed organi sovranazionali le cui decisioni sfuggono ad un controllo di base. Qualsiasi governo, di destra o di sinistra, salvo piccole differenze, non può fare a meno di applicare le ricette che vengono imposte dall'esterno.
Prima di tutto, “le democrazie nazionali sono...confrontate con problemi che sfuggono alle loro capacità di controllo e di gestione: dai movimenti migratori ai flussi della comunicazione globale, dai problemi di approvvigionamento energetico agli spostamenti di capitali in tempo reale”, tanto per portare alcuni esempi. Ma uno dei nodi più complicati da districare è quello dell'intreccio fra politica democratica, potere economico e potere mediatico. Si può tentare di scioglierlo con una regolamentazione rigorosa, per evitare ad esempio conflitti di interesse. Ma il legame sotterraneo fra potere economico e potere politico in vari ambiti è di difficile individuazione e, quindi, di arginamento.
A questo livello incontriamo il problema fondamentale della democrazia e cioè quello della uguaglianza politica. Democrazia infatti, come ideale normativo, significa uguaglianza politica, secondo la definizione di Iris Marion Young. La declinazione di questo concetto appare però alquanto complessa.
Si può concepire la democrazia come sistema di procedure decisionali legittimate in quanto prese da tutti i cittadini ugualmente titolari della sovranità politica. Però le “risorse politiche”, come le definisce il politologo Dahl (Sull'uguaglianza politica, Laterza 2007), cioè gli strumenti idonei a determinare il processo democratico (denaro, informazione e via dicendo) “sono distribuite in modo fortemente ineguale”. Di conseguenza, “l'uguaglianza politica come uguale possibilità di influenzare le decisioni politiche è un obiettivo difficile se non impossibile da raggiungere” e per di più “scarsamente compatibile con la presenza di assetti economici basati sul capitalismo di mercato”. La conclusione che Petrucciani riprende da Dahl, è che le enormi disparità socio-economiche generate dall'economia capitalistica fatalmente si traducono in “disuguaglianze politiche tra i cittadini di un Paese democratico”. Del resto anche un altro politologo, David Held (Democrazia e ordine globale, Asterios 1999)  giunge alle medesime conclusioni osservando che le nostre società sono attraversate da “concentrazioni di potere che producono asimmetrie di opportunità di vita le quali, direttamente o indirettamente, erodono la possibilità dell'autonomia democratica”.
Alla luce delle osservazioni precedenti Petrucciani conclude sottolineando che la democrazia “deve essere intesa non solo come un insieme di regole circa il modo con cui la comunità politica deve essere governata, ma anche come l'orientamento politico volto a realizzare un determinato scopo, e cioè quello della condivisione paritaria del potere politico tra i cittadini”, che in tal modo, si può dire, diviene l'obiettivo di una democrazia in permanente costruzione.


                                                     Interrogativo conclusivo

Dall'analisi precedente emerge chiaramente che l'equazione fra capitalismo e democrazia, che è il principale cavallo di battaglia dell'ideologia liberistica, non risponde più alla realtà politico-sociale. Insomma, democrazia, intesa in senso sostanziale e non solo formale come sistema di regole per selezionare la classe dirigente (Schumpeter),  e capitalismo non vanno più d'accordo. La questione è lasciata in sospeso da Petrucciani. La possiamo riproporre utilizzando il titolo di un recente libro di Crouch aggiungendovi un punto interrogativo:
 
                                     Quanto capitalismo può sopportare la società?

   Dalla risposta che si da a questa domanda, sul piano teorico e pratico-politico, dipende o meno il superamento dell'attuale crisi del sistema democratico .




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Il ruolo che la  Chiesa Cattolica ha svolto nel diffondere valori gerarchici e di disciplina che stanno a fondamento dell’ordine sociale, al quale si è fatto accenno a metà di pag. 3, può essere meglio compreso dalla lettura dei seguenti brani dell’Enciclica di Leone XIII “Quod Apostolici Muneris” del 1978, riportati dai Notiziari della Comunità dell’Isolotto n. 264-265-266:

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Noi a cui presentemente è affidato il governo di tutta la Chiesa, come fin dall’inizio del Nostro Pontificato mostrammo ai popoli ed ai Principi sbattuti da violenta procella il porto ove riparare, così adesso, preoccupati dall’estremo pericolo che sovrasta, di nuovo indirizziamo loro l’Apostolica voce; ed in nome della loro salvezza e di quella dello Stato di nuovo li preghiamo insistentemente e li scongiuriamo di accogliere ed ascoltare come maestra la Chiesa, tanto benemerita della pubblica prosperità dei regni, e si persuadano che le ragioni della religione e dell’impero sono così strettamente congiunte che di quanto viene quella a scadere, di altrettanto diminuiscono l’ossequio dei sudditi e la maestà del comando. Anzi, conoscendo che la Chiesa di Cristo possiede tanta virtù per combattere la peste del Socialismo, quanta non ne possono avere le leggi umane, né le repressioni dei magistrati, né le armi dei soldati, ridonino alla Chiesa quella condizione di libertà, nella quale possa efficacemente compiere la sua benefica azione a favore dell’umano consorzio.

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Infine, siccome i seguaci del Socialismo principalmente vengono cercati fra gli artigiani e gli operai, i quali, avendo per avventura preso in uggia il lavoro, si lasciano assai facilmente pigliare all’esca delle promesse di ricchezze e di beni, così torna opportuno di favorire le società artigiane ed operaie che, poste sotto la tutela della Religione, avvezzino tutti i loro soci a considerarsi contenti della loro sorte, a sopportare la fatica e a condurre sempre una vita quieta e tranquilla.

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