domenica
16 novembre 2014
La
relazione tra nonni e nipoti
con riflessioni e parole del gruppo
genitori e dei nostri ragazzi
Lettura dal
Vangelo di Luca
.. vi era un sacerdote di nome Zaccaria,
della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome
Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili
tutte le leggi ... non avevano figli, perché Elisabetta era sterile ed entrambi
erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue
funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli
toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel
tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. … Apparve a lui un angelo
del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso.
Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso
da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è
stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai
Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita,
perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande
inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e
ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a
lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso
i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo
ben disposto».
Zaccaria disse all'angelo: «Come potrò mai
conoscere questo? Sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni».
L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che
sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto
annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non
potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai
creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».
I personaggi del racconto: Zaccaria ed Elisabetta sono una coppia
in là con gli anni senza figli. Fanno parte dell’elite religiosa d’Israele e sono
considerati “giusti”, sono osservanti in modo irreprensibile di tutte le leggi.
La scena: l’annuncio di Dio dell’arrivo di un figlio si svolge
proprio nel momento in cui Zaccaria è entrato nel tempio per svolgere una
funzione prestigiosa che capitava a sorte e molto raramente[1]:
entrare nel tempio per offrire l’incenso. Zaccaria resta turbato, quasi
infastidito, sostanzialmente sordo e incredulo. E Zaccaria che non ha
ascoltato, non ha capito, che non si è fatto coinvolgere dal messaggio di novità, finisce per restare
muto, incapace di nuove parole.
Ma perché Zaccaria
non accoglie una bella novità come la nascita di un figlio? Possono esserci
molte riflessioni, molte possibili risposte su questo. Tra queste:
- Il teologo Alberto Maggi osserva che chi è ligio alle preghiere formali e rigidamente legato ai privilegi delle tradizioni è incapace di cogliere le novità, anche quelle liete, di realizzare i cambiamenti, di cogliere i segni dei tempi, di avere fiducia nel futuro.
- Le obiezioni intimorite di Zaccaria “…come è possibile, se sono vecchio?” sembrano o sono razionali, di buon senso; ma si può allora dire che “lo spirito di dio”, il nuovo, richiedono di non restare ancorati rigidamente al buon senso, ma di avere la capacità di andare oltre, e di avere fiducia.
Noi più semplicemente osserviamo
che spesso i nonni quando nasce un nipote, quando accolgono la ventata di
novità che essi portano, trovano una nuova energia positiva, una capacità di
fare cose che non avevano mai fatto prima, o cose che facevano prima ma con una
prospettiva nuova.
1. I nonni nelle parole
dei nostri ragazzi
I nonni mi rendono felice
quando …
Tiziano (8 anni): le mie nonne Carla e
Bianca mi fanno felice quando ci fanno andare, a me e a Flavio, dal giornalaio
e quando ci fanno mangiare tutto quello che vogliamo. E quando usciamo insieme
per andare ai giochini.
Simone (10 anni): la mia nonna Lina mi fa
felice quando fa un discorso, e poi lo cambia e a me fa tanto ridere.
Mio nonno Ferruccio mi fa
felice quando prima di andare a letto mi dà un bacio, e io glielo
ridò.
Gaia (18 anni): mi piacciono tanto i miei
nonni quando …
quando fanno le loro
battute antiche con la loro sapienza contadina
quando il nonno Piero
recita le poesie e piange perché si commuove
quando la nonna Edi mi dà
i consigli sui vestiti
quando il nonno Tesio fa
la pomarola e me la porta per pranzo
quando il nonno Tesio ed
io abbiamo aggiustato insieme la bici
quanto il nonno Piero mi
corregge le versioni di latino
quando con la nonna Edi
decidiamo cosa mangiare per pranzo
quando il nonno Tesio dice
“vado via” e poi si addormenta sul divano..
Gregorio (18 anni): mio nonno mi rende felice
quando mi racconta di cosa faceva alla mia età; quando mi insegna lavori vari
di falegnameria o quando mi porta a comprare le camicie.
Sono felice quanto torno
da scuola e capisco che ci sono i nonni dal profumo di ragù per le scale.
Virginia (12
anni):
La
nonna Lilli:
Mi
piace quando “litiga” con il mio nonno perché sembra una scenetta.
Mi
piace quando ci dà le paghette, ce le vuole dare sempre, a volte esagera.
Mi
piace quando mi incontra per strada e non mi riconosce e dice al nonno: “Guarda
un po’ Fosco, sembra la Virginia! ”
Mi
piaceva quando mi faceva tutti i pranzi e cene pieni di roba buonissima. Ora
non sta tanto bene.
Il
nonno Fosco:
Mi
piace quando si perde nel suo mondo e non ascolta più nessuno.
Mi
piace quando mi racconta tutte le volte la storia di Dante e Marradi.
Mi
piace quando mi racconta questa specie di barzelletta:
-La conosci
la barzelletta del cavolo?
-No
-Nemmeno io!
Mi
piace quando mi guarda e per nessun motivo ride.
La nonna Luisa, mi piace quando mi fa le cose
buone da mangiare; quando mi regala delle cose che i miei genitori non mi
comprerebbero mai! e quando mi dà retta in una discussione.
Matilde (14 anni): Mi piace stare con i nonni
quando mi raccontano il loro passato, perché è un modo per vivere da un’altra
prospettiva il presente come lo conosco oggi.
Mi piace quando ripetono sempre la stessa cosa o
quando la nonna si immagina cose belle, credendo che siano vere, ma non lo
sono.
Mi piace quando li accompagno da qualche parte o
li aiuto a salire le scale, perché mi sento utile e se penso che posso aiutarli
in queste piccolissime cose, affrontare quelle grandi non è più un problema.
Mi piace spiegare ai nonni i meccanismi tecnologici
anche se so che non ci capiscono nulla.
Mi piace ricordare le sensazioni di dolcezza che
provavo da bambina quando stavo con loro.
Margherita (14 anni): Mi piace tanto quando i
nonni mi raccontano di quando erano piccoli, e quando mi insegnano a fare
qualcosa.
Dario (17
anni): Mi ricordo quando mio nonno raccontava a me e a mio fratello
delle battute che aveva sentito da giovane e ci facevano ridere molto. Mi
ricordo quando da più piccolo gli chiedevo di farmi una spada di legno e poi
combattevamo. Il sentimento che provo pensando a lui è semplicemente felicità,
ma allo stesso tempo una grande nostalgia. Invece pensando alle mie nonne mi
sento protetto e coccolato da loro due, che mi fanno sempre dei buonissimi
pranzi, mi tirano su il morale quando sono triste o mi aiutano come possono;
infine provo un grande dispiacere per non avere incontrato il mio nonno paterno
e la mia bisnonna di cui le uniche cose che so le so grazie ai miei genitori o
alle foto dove sono presenti. In generale, pensando ai miei nonni mi sento come
a casa e protetto da persone che mi vogliono bene.
2.I nostri nonni (nelle parole di noi genitori)
Lucia:
Ho chiuso gli occhi ed ho pensato a quando c’erano i nonni; sono
tornata bambina. Che bella sensazione! La casa dei fantasmi. La casa dei nonni
è sempre stata un po’ così.
Foto sbiadite, ritoccate, nelle
quali ho cercato le somiglianze. Storie passate, avvolte nella nebbia dei
racconti di cose mai viste: i panni lavati al fiume, gli incontri coi
partigiani nell’Appennino, l’esercito inglese liberatore e però brutale.
Cassetti chiusi, misteriosi,
pieni di cose preziose e mutande di lana e forcine e pizzi.
Armadi colmi di vestiti
imbustati, che di anno in anno prendono aria, si deve cambiare la naftalina
anche se nessuno li mette più.
Poltroncine antiche e divanetti
fragili, non ti puoi sedere, non ci puoi buttare la cartella quando torni da
scuola.
Lenzuola bianche a coprire i
mobili quando si va via.
Le sedie di formica arancione in
cucina. E il corridoio lungo con tante porte scure e sopra la soffitta, lassù
sì che c’è il passato: il prete per scaldare il letto prima di andare a
dormire, la ciotola e la brocca di metallo della toilette, e i bauli di cuoio
con dentro servizi di tazzine e carte
ingiallite.
Lì nella casa dei nonni c’è
stabilità, sicurezza, accoglienza gratuita, non devi niente in cambio, basta
esserci, portare un po’ di vita. C’è pace, calduccio e libertà.
Torno da scuola e il pranzo è
sempre pronto e poi c’è anche il gelato.
Il lettone della nonna è bellissimo.
Prima di dormire io e mia sorella, la nonna nel mezzo a leggere una storia o a
fare la settimana enigmistica e noi a commentare o cercare le parole.. che
risate con Don Abbondio!!
La nonna Silvia è dolce,
delicata, morbida ed ha il grembiule pieno di caramelle. Prepara sempre cose
buone da mangiare e si preoccupa che siamo vestite abbastanza. Ci regala
pigiami felpati e pantofole calde.
Ho capito con lei il diritto di
lasciarsi andare. Lei lo ha fatto, si è lasciata morire, perché la vita è trascorsa
e non può sostenere la perdita dell’unico figlio. Ma è delicata anche in questo
“Tesorini non venite a trovarmi in questo posto, non è bello per delle
bambine”.
Claudia:
La nonna Rita era la mia nonna di casa, la nonna toscana. Aveva un
negozio con laboratorio, faceva i cappelli di paglia, di feltro e di pelliccia e
mi ha insegnato che nella vita si deve andare a testa alta, con coraggio e
fierezza, e non solo per portar al meglio il cappello. Era una donna minuta, ma
con un carattere forte, coraggioso e battagliero. E’ sempre stata capace di
risollevarsi: dopo la morte del marito ancora giovanissimo, dopo la casa rasa
al suolo dalle bombe, dopo ogni difficoltà. Ma era anche un tipo difficile e
non aveva la pazienza di insegnare le cose, perché per lei le cose bisognava
impararle al volo, con gli occhi. Da lei ho imparato che si dev’essere capaci
di farsi le proprie ragioni e non si deve avere né paura né soggezione di
nessuno, né di dottori, né di preti, né di avvocati, né tanto meno delle
banche: avevo 16 anni e lei 80 quando andammo insieme alla banca principale
della città che secondo lei le aveva fatto un torto, le bastò un attimo per
spazientirsi di fronte all’impiegato che le riservava parole gentili ma
inconcludenti, e disse a voce spiegata:
- La mi chiami il direttore che lei
qui la un’ conta nulla;
- e io: nonna ma parla più piano…
- No, no, ché piano, e devon
sentir tutti ….
E quando il direttore dopo averci
fatto accomodare in una stanza riservata, continuò discorsi gentili ma
inconcludenti, lei sentenziò: “Sa quante banche c’è in città? ..Io prendo tutti
i mi quattrini e me li porto via..”. Non
ricordo come finì la questione ma per me è stata una lezione di vita.
La nonna Elena era la nonna di montagna. Un giorno di ritorno da
una visita scrissi queste righe, che poi lessi anche il giorno del suo
funerale.
Da tempo ogni volta che la incontro
accade così. Le prendo la mano. Mi prende la mano. E presto le mani si
sovrappongono, a mani giunte, la mia e la sua. La mia destra, la sua sinistra.
La mia ha 47 anni, la sua quasi 102. La mia è appena un po’ più rosa, la sua
appena un po’ più blu, per effetto delle vene in superficie. Entrambe sono
morbide, belle, della stessa piccola grandezza.
Lei, in
questo gioco di mani, sorride e dopo un poco dice: “te me someji”, “mi somigli”.
E allora
anch’io sorrido, e mi si allarga il cuore. E’ un dono inaspettato, immeritato.
Vorrei che
aggiungesse altre parole, che spiegasse il suo pensiero, ma lei, montanara, è
di poche parole. E allora posso solo provare ad intuire, immaginare, dal
sorriso, dai gesti, dagli occhi.
E così mi perdo a pensare in cosa mai
posso somigliarle, oltre - forse - ai colori e alla forma ovale del viso.
In cosa posso somigliarle, lei vissuta
all’inizio del secolo scorso in alta montagna, terra di povertà ed emigrazione,
terra di dignità e fierezza, ed io, nipote, nata in pianura, con il boom delle
nascite e dell’economia degli anni Sessanta?
Lei che ha vissuto due guerre mondiali,
due dopoguerra, che ha coltivato la terra, cucito babbucce di feltro, allevato
mucche, cresciuto quattro figli e aspettato il marito, muratore, sempre via
all’estero emigrante, muratore in Svizzera e Germania; ed io cresciuta nel
tempo del benessere per tutti?
La nonna mi guarda persa in questi miei
pensieri, sorride di nuovo e conclude: “così po’….”, “ è così che vi vuoi
fare...”.
E da quelle due piccole parole, intuisco
infine che delle sue molte qualità, una in particolare vorrei avere; in una
speciale vorrei davvero somigliarle: la pazienza.
Una pazienza che in lei non è né triste
rassegnazione, né stanca sopportazione.
In lei la pazienza è accoglienza e
serena accettazione dei cambiamenti; è vitale capacità di vedere, apprezzare e
godere di ogni piccola buona cosa che la vita riserva.
In questa che mi sembra una preziosa e
davvero rara sapienza spero di somigliarle e di poter pensare, un giorno, che
abbia avuto ragione quando mi diceva, o mi augurava, “te me someji”.
Lorenzo: Non
ho conosciuto i miei nonni, o meglio, solo la mamma di mio padre che quando ero
bambino era già molto vecchia, allettata e viveva immersa in un mondo tutto
suo.
Me la ricordo magrolina che parlava fra sé e sé dando vita a
lunghi dialoghi con familiari del passato.
In famiglia sono cresciuto con mio padre e mia madre già un
po’ anziani per l’epoca e mia sorella e mio fratello più grandi di me di 13 e
12 anni. Posso dire che da bambino non ho avvertito la mancanza dei nonni,
credo per il fatto di avere avuto una famiglia molto presente.
Crescendo, verso i venti anni, ho avuto la curiosità di
sapere qualcosa di più sui miei nonni e mi sono molto piaciuti i racconti e gli
aneddoti sulla loro vita. Ricordo con piacere i miei fratelli che mi
raccontavano la loro infanzia in campagna durante le vacanze estive da mia
nonna. Ci andavano volentierissimo, la nonna Giulia era simpatica e buffa e non
nascondo che sarebbe piaciuto anche a me vivere quella esperienza.
3. Un racconto di Rodari, 1
riflessione, 1 articolo, 4 numeri, 1 spettacolo
- Un
racconto di Gianni Rodari
Un
giorno sul diretto Capranica-Viterbo vidi salire un uomo con un orecchio
acerbo.
Non
era tanto giovane, anzi era maturato tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era
restato.
Cambiai
subito posto per essergli vicino e potermi studiare il fenomeno per benino.
Signore,
gli dissi dunque, lei ha una certa età di quell’orecchio verde che cosa se ne
fa?
Rispose
gentilmente: – Dica pure che sono vecchio di giovane mi è rimasto soltanto
quest’orecchio.
È un orecchio
bambino, mi serve per capire le voci che i grandi non stanno mai a sentire.
Ascolto
quel che dicono gli alberi, gli uccelli, le nuvole che passano, i sassi, i
ruscelli.
Capisco
anche i bambini quando dicono cose che a un orecchio maturo sembrano
misteriose.
Così
disse il signore con un orecchio acerbo quel giorno, sul diretto
Capranica-Viterbo.
·
Una riflessione:
Il valore del legame con i nonni
Pensiamo che il legame tra
ragazzi e nonni - quando è adeguato ai ruoli, non-autoritario, non-invasivo e
quindi positivo – sia molto significativo ed importante per tutti:
- è un legame che ci parla di gratuità e del valore del tempo lento: i nonni
dedicano tempo, pazienza, insegnamenti, esperienze senza fretta, con
calma, senza chiedere riscontri, per la semplice grande gioia di essere lì
in quel momento con i nipoti o con i ragazzi in generale;
- è un legame che sottolinea il valore della memoria, una memoria individuale, familiare e
collettiva che è molto importante per le giovani generazioni: quando i nonni raccontano di quando
erano giovani, di quando hanno conosciuto la/il nonna/o, di quando c’era
la guerra, di quando si metteva lo scaldino dentro al letto, di quando è
passato il fronte, di quando si facevano chilometri a piedi o in
bicicletta, si impara la storia familiare e collettiva in un modo intenso,
efficace perché trasmesso attraverso un supporto affettivo prezioso. E gli
psicologi dicono che i ragazzi hanno un “bisogno profondo” di sapere da
dove vengono, di conoscere le “proprie origini”, per capire chi sono, dove
vorrebbero andare.
- è un legame che insegna il valore della manualità: ascoltando
i nostri ragazzi parlare dei nonni ci si accorge che a loro piace tanto
quando fanno insieme ai nonni la passata di pomodoro, i lavori di
giardinaggio, quando riparano la bici, o fanno piccoli lavori di
falegnameria. I nonni, che hanno esperienza, conoscenze, insegnano una
manualità che è tanto più preziosa quanto più i ragazzi di oggi vivono e
giocano con i computer nei “mondi virtuali”. E la manualità, la capacità
di fare con le mani, porta con sé piacere, autostima, soddisfazione.
- è un legame che insegna il valore del cibo buono, fatto con calma
e cura: ascoltando i ragazzi parlare dei nonni ci si accorge che a
loro piace tanto quando i nonni cucinano per loro … ci sono cose che come
fanno i nonni non le fa nessuno … in un mondo dove gli adulti vanno di
fretta, e il cibo è spesso “fast food”, il legame con i nonni afferma un
modo lento, piacevole, buono di cucinare e di mangiare.
- è un legame che ci ricorda il legame con la natura e con la terra:
i nonni spesso possono insegnare ai bambini i nomi degli alberi, le
abitudini di alcuni animali, come si potano le piante, cosa si osserva di
una vigna, come di travasano le piante … e questo legame con la terra è
molto bello e significativo.
·
Un articolo: I
nonni attraverso gli occhi dei nipoti dott.ssa
Sabrina Di Blasio
La nascita di un
bambino rappresenta un evento che rivoluziona i dinamismi relazionali dei vari
componenti della struttura familiare, dai genitori fino ai neo nonni,
costringendo questi ultimi a ricercare e ad adattarsi al nuovo ruolo che di lì
in avanti dovranno affrontare.
All’interno del sistema familiare si instaurano rapporti trigenerazionali, con forti implicazioni, affettive ed emotive, poiché i nonni danno vita con i nipoti ad un rapporto diretto, istintivo, talora molto solido, a volte in armonia coi genitori, a volte in contrasto con loro.
Le figure dei nonni nella nostra società hanno sempre avuto funzioni fondamentali nella cura e nell’accudimento dei nipoti durante la crescita. La relazione tra i nonni e i loro nipoti è, in un certo senso, un incontro tra il passato e il futuro, e questa relazione è vantaggiosa per entrambe le parti in causa. I nonni possono avere influenza sul nipote sotto diversi punti di vista, essendo coloro che tramandano i ricordi e le tradizioni familiari, contribuiscono a rafforzare le radici del nipote, forniscono al bambino una preziosa fonte d’affetto e di conoscenze.
All’interno del sistema familiare si instaurano rapporti trigenerazionali, con forti implicazioni, affettive ed emotive, poiché i nonni danno vita con i nipoti ad un rapporto diretto, istintivo, talora molto solido, a volte in armonia coi genitori, a volte in contrasto con loro.
Le figure dei nonni nella nostra società hanno sempre avuto funzioni fondamentali nella cura e nell’accudimento dei nipoti durante la crescita. La relazione tra i nonni e i loro nipoti è, in un certo senso, un incontro tra il passato e il futuro, e questa relazione è vantaggiosa per entrambe le parti in causa. I nonni possono avere influenza sul nipote sotto diversi punti di vista, essendo coloro che tramandano i ricordi e le tradizioni familiari, contribuiscono a rafforzare le radici del nipote, forniscono al bambino una preziosa fonte d’affetto e di conoscenze.
Ma come appaiono
i nonni agli occhi dei nipoti? Grazie ad una ricerca condotta da Battistelli,
Cavallero e Farneti è emerso che la dimensione che più caratterizza l’immagine
del nonno agli occhi del nipote è la funzione filiativa: fare qualcosa
insieme per il solo gusto di stare insieme. Questa dimensione è tanto più
accentuata quanto più la figura del nonno non riveste un ruolo particolarmente
autoritario ed è presente soprattutto nei bambini di 4-5 anni che tendono a
sottolineare soprattutto la dimensione ludica del rapporto. A partire dai 7-8
anni, invece, i nipoti riconoscono anche la natura affettiva del rapporto, ma è
solo a 10-11 che si raggiunge la piena consapevolezza della parentela che
li lega ai nonni e la conoscenza del loro ruolo in tutti gli aspetti.
Uno studio condotto con bambini di età scolare, infatti, ha rilevato che l’immagine che il nipote ha del proprio nonno è fortemente legata all’età del bambino stesso: tra i più piccoli la figura del nonno è particolarmente ricca di significati simili a quelli dei genitori, nell’età successive invece la figura del nonno sembra impoverirsi sia da un punto di vista affettivo che strumentale, pur non arrivando mai all’abbandono o all’emarginazione.
Uno studio condotto con bambini di età scolare, infatti, ha rilevato che l’immagine che il nipote ha del proprio nonno è fortemente legata all’età del bambino stesso: tra i più piccoli la figura del nonno è particolarmente ricca di significati simili a quelli dei genitori, nell’età successive invece la figura del nonno sembra impoverirsi sia da un punto di vista affettivo che strumentale, pur non arrivando mai all’abbandono o all’emarginazione.
Nella descrizione
dei propri nonni i bambini di 4-5 anni si concentrano più sulle caratteristiche
fisiche e concrete, mentre a 7-8 anni iniziano a comparire le caratteristiche
personali. Infine, solo a 10-11 anni le descrizioni acquistano un aspetto più
evoluto perché contengono anche inferenze psicologiche e descrizioni
legate al carattere dei propri nonni.
Ma l’immagine dei
nonni dipende inevitabilmente anche dalla frequenza dei contatti: per esempio
la ricerca di Cadessus ha rilevato, attraverso l’espressione grafica, che un
bambino che ha contatti regolari e armoniosi con i nonni disegna una famiglia
piena di vita riunita attorno ad un tavolo imbandito; il bambino che ci
trascorre poco tempo si disegna con loro attorno ad un tavolo vuoto e infine il
bambino che non conosce i propri nonni disegna solo un tavolo vuoto.
Questo ci induce
a riflettere sull’importanza e la significatività del rapporto nonni-nipoti:
tanto maggiore è la frequenza dei loro contatti tanto più si arricchisce il
loro processo di crescita. In modo particolare questo legame assume una grande
rilevanza per tutti quei nipoti cresciuti dai nonni in una condizione di
assenza di uno o entrambi i genitori (lutti, separazioni, abbandoni). Il
beneficio maggiore di questo rapporto risiede nella 'solidità affettiva' che i
nonni hanno offerto loro nel tempo: l’affetto e la vicinanza ricevuti possono
compensare e riscattare sofferenze e lutti subiti.
·
Uno spettacolo di
danza: Altissima povertà: duetti sulla trasmissione tra partigiani e
giovanissimi coreografia di Virgilio Sieni
Preghiera
eucaristica
Vogliamo coltivare le relazioni positive
e tutti gli aspetti che producono
serenità e benessere,
senso di responsabilità e libertà.
Vogliamo essere felici
per l’intreccio tra le generazioni
perché è fonte di sapienza,
di equilibrio e di felicità.
Vogliamo coltivare la consapevolezza
che i figli e le figlie non ci appartengono,
non sono fatti per rispondere alle nostre aspettative,
ma sono frecce che vanno verso la vita che è loro
davanti.
Vogliamo affermare che siamo responsabili di tutti i
piccoli,
di tutti i figli, e non solo dei “nostri”,
perché pensiamo di essere legati
da una umanità e fratellanza universale.
Vogliamo credere nelle capacità positive
dei bambini, dei ragazzi e di tutti i giovani,
ed aiutarli a crescere imparando
ad essere per loro esempi credibili.
Ci sembra che questo sia anche il messaggio contenuto
nel Vangelo e nella testimonianza del cammino di Gesù
il quale la sera prima di essere ucciso
dai sacerdoti e dai potenti del tempo,
mentre sedeva a tavola con i suoi amici e le sue
amiche,
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
“prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo”.
Poi preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero, e disse loro:
”questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i
popoli”.
Questo pane e questo vino,
queste riflessioni e queste emozioni,
questa comunità che li offre e li fa propri
divengano segni di liberazione dalle paure e dalle
ottusità
e si trasformino in una cultura nuova
nel segno del rispetto, della fiducia reciproca
tra tutte le persone
tra tutti i popoli.
[1] Il sacerdote che veniva sorteggiato per l’offerta
dell’incenso non poteva più essere estratto finché tutti gli altri sacerdoti
non avessero avuto la stessa possibilità.
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