Comunità
dell’Isolotto - Firenze, domenica 18 gennaio 2015
Il Cohousing, un altro modo di abitare
riflessioni
di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio,
con
l’intervento delle architette Genziana Fabiani e Anna Guerzoni
Letture
Una volta stabilitosi in casa, Davide disse al profeta Natan: «Ecco, io
abito una casa di cedro mentre l'arca dell'alleanza del Signore sta sotto una
tenda». Natan rispose a Davide: «Fa' quanto desideri in cuor tuo, perché Dio è
con te».Ora in quella medesima notte questa parola di Dio fu rivolta a Natan:
«Va' a riferire a Davide mio servo: Dice il Signore: Tu non mi costruirai la
casa per la mia dimora. Difatti io non ho mai abitato in una casa da quando
feci uscire Israele dall'Egitto fino ad oggi. Io passai da una tenda all'altra
e da una dimora all'altra. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme
con tutto Israele non ho mai detto a qualcuno dei Giudici, ai quali avevo
ordinato di pascere il mio popolo: Perché non mi avete costruito una casa di
cedro? Ora, riferirai al mio servo Davide: Dice il Signore degli eserciti: Io
ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, per costituirti principe sul
mio popolo Israele. Sono stato con te in tutte le tue imprese; ho distrutto
tutti i tuoi nemici davanti a te; renderò il tuo nome come quello dei più
grandi personaggi sulla terra. Destinerò un posto per il mio popolo Israele;
ivi lo pianterò perché vi si stabilisca e non debba vivere ancora
nell'instabilità e i malvagi non continuino ad angariarlo come una volta, come quando
misi i Giudici a capo di Israele. Umilierò tutti i tuoi nemici, mentre
ingrandirò te. Il Signore ha intenzione di costruire a te una casa. Quando i
tuoi giorni saranno finiti e te ne andrai con i tuoi padri, susciterò un
discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e gli renderò saldo il regno.
Costui mi costruirà una casa e io gli assicurerò il trono per sempre. Io sarò
per lui un padre e lui sarà per me un figlio; non ritirerò da lui il mio favore
come l'ho ritirato dal tuo predecessore. Io lo farò star saldo nella mia casa,
nel mio regno; il suo trono sarà sempre stabile».
[cronache,
1, 1-15]
In quei giorni Gesù disse: «Non
chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno:
Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel
tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non
vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie
parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua
casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e
si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la
roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile
a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed
essa cadde, e la sua rovina fu grande».
[Matteo, 7, 21-27]
I riferimenti alla “casa” si trovano molto spesso nella Bibbia,
sia nel nuovo che nel vecchio Testamento.
Nella Bibbia la tenda, l’abitazione, la casa rimandano ad un’esperienza
umana basilare che esprime sicurezza, conforto, riparo, solidarietà, luogo di
incontro e di scambio.
Ecco allora la preoccupazione costante del popolo biblico: la casa.
Per i Patriarchi essa è sinonimo di discendenza; per la gente in fuga
dall’Egitto e in cammino attraverso il deserto si identifica con la terra
promessa; per gli esiliati, lontani dalla patria, vuol dire rientrare a
contatto con la propria terra e con gli affetti familiari lontani.
Ad un certo punto, il re Davide vuole addirittura costruire una casa per
Dio, il tempio di Gerusalemme.
Gesù nel Vangelo dice di non avere dove posare il capo, di fatto alloggia
nella casa di Pietro a Cafarnao, e non disdegna di entrare in casa di Levi, di
Zaccheo, di Simone fariseo e di molti altri per mangiare e, nello stesso tempo,
coglie l’occasione per insegnare, guarire e perdonare.
Nei
Vangeli casa è espressa con i termini greci òikos,
òikia; entrambi questi termini
ricorrono ben 209 volte. Quindi vuol dire che l’idea-concetto di casa, nel
Nuovo Testamento, è più che attestata.
Nell’antica
traduzione greca della Sacra Scrittura, la cosiddetta traduzione dei LXX, òikos, oikìa traducono l’ebraico bait
(che veniva usata per intendere sia la casa come abitazione che la famiglia e
la dinastia, con una connotazione positiva
dell’ambiente domestico come luogo protetto rispetto ad un contesto esterno ostile),
ma possono tradurre anche altri significati, come tenda, reggia, ecc.
E’ curioso
osservare che tutta la vicenda di Gesù raccontata nei Vangeli inizia e finisce
in una casa, quella non disponibile per la sua nascita e quella dell’ultima
cena.
Lettura da Il Profeta di Khalil Gibran
Allora un muratore si fece avanti
e domandò: Parlaci della Casa.
Egli rispose, dicendo:
Prima di costruire dentro le mura
cittadine, immaginate una dimora nel deserto.
Poiché come voi rincasate al crepuscolo, così fa il vagabondo che è in voi,
sempre lontano e solitario.
La casa è il vostro corpo più grande.
Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni. La
vostra casa non sogna? e sognando non lascia la città per un boschetto o per la
cima d'un colle?
Vorrei raccogliere in mano tutte
le vostre case e spargerle sui prati e le foreste come un seminatore.
Vorrei che le strade fossero valli, e i vostri viali verdi sentieri, perché
possiate cercarvi l'un l'altro tra le vigne, e incontrarvi con gli abiti
odorosi della fragranza della terra.
Ma queste cose non possono ancora
avvenire.
Nella loro paura, i vostri antenati vi riunirono troppo vicini gli uni agli
altri. E quella paura durerà ancora un po' a lungo. Ancora un po' le mura
cittadine separeranno dai campi i vostri focolari.
E ditemi, gente di Orphalese, che
cosa c'è in queste case? Che cosa proteggete con porte sbarrate?
Avete pace, la calma passione che rivela la forza?
Avete ricordi, le arcate luminose che abbracciano la sommità della mente?
Avete la bellezza, che guida il cuore dagli oggetti di legno e di pietra alla
montagna sacra?
Ditemi, avete questo nelle vostre case?
O avete solo gli agi, e la brama degli agi, quella cosa furtiva ch'entra in
casa come visitatrice, e poi diventa ospite, e infine padrona?
Sì, essa vi doma, e con frusta e
uncino trasforma in burattini le vostre più grandi aspirazioni.
Benché abbia mani di seta, il suo cuore è di ferro.
Vi addormenta cullandovi, solo per starvi accanto al letto e farsi gioco della
nobile carne.
Deride i sani sensi, e li pone tra i cardi come fragili vasi.
In verità, la brama degli agi uccide la passione dell'anima, e segue
sogghignando il suo funerale.
Ma voi, figli dello spazio, voi
irrequieti nel riposo, non sarete intrappolati e domati.
La vostra casa non farà da àncora, ma da albero maestro.
Non sarà la lucida pellicola che ricopre la ferita, ma la palpebra che protegge
l'occhio.
Non piegherete le ali per passare attraverso le porte, non chinerete la testa
per non urtare il soffitto, non tratterrete il fiato per paura che i muri si
crepino e cadano.
Voi non abiterete dentro tombe costruite dai morti per i vivi.
E a dispetto della sua magnificenza, la vostra casa non custodirà il vostro
segreto né riparerà la vostra ansia.
Perché quello che in voi è sconfinato dimora nel palazzo del cielo la cui porta
è la nebbia mattutina, e le finestre i canti e il silenzio della notte.
1. Breve
storia della casa
Fin dalla preistoria la specie umana – come del resto fanno anche gli
animali - ha cercato di trovare o costruirsi una casa, un luogo che fungesse da
riparo e da rifugio. La prima forma di casa in questo senso è stata la
grotta; poi c’è stata la tenda che ha accompagnato la specie umana
nei suoi percorsi di nomadismo; e la capanna
che compare fin dal Neolitico e che implica già la capacità della specie di minimo
di progetto di architettura; un altro tipo particolare di abitazione, anch'esso
risalente al Neolitico, è dato dalle palafitte, case di legno costruite su
piattaforme infisse nell'acqua su alti pali, allo scopo di difesa in ambienti
acquitrinosi e paludosi.
I materiali con cui venivano costruite le case nei tempi antichi come
oggi dipendevano dalle diverse condizioni ambientali e climatiche: il legno è tipico
delle zone ricche di boschi, mentre l'uso del mattone contraddistingue l’area mediterranea e le
zone medio-orientali. La costruzione con muri di argilla, ciottoli e pietre a
blocchi cominciò alla fine del Neolitico nelle grandi civiltà d'oriente. Qui
iniziarono ad essere costruite case la cui struttura rimarrà immutata nel corso
dei secoli: sono abitazioni ad uno o più piani, con il tetto a forma di
terrazza che serve a raccogliere l'acqua piovana.
Con il passare del
tempo e con la formazione delle prime civiltà stanziali, oltre alla funzione di
riparo e protezione le abitazioni assumono anche altre funzioni, le funzioni di
inter-relazione e socialità tra i membri della famiglia e non solo.
Assumono poi
aspetto e forma diverse a seconda dei diversi strati sociali. Si assiste, così,
allo sviluppo di modalità costruttive diverse per le abitazioni popolari da un
lato e per le élite dall'altro. Una distinzione che, con modalità differenti,
durerà fino ai nostri giorni.
2. Il cohousing, un diverso modo di abitare
Cos’è il cohousing? : è un modello
abitativo nato negli anni Sessanta nel nord-Europa che combina l'autonomia
dell'abitazione privata con la condivisione di spazi e servizi comuni (cucine, lavanderie, spazi giochi, orti e
ogni altro spazio comune considerato rilevante
per quella specifica comunità) da
parte di un gruppo limitato di nuclei famigliari. Gli spazi comuni sono
utilizzati e gestiti in modo collettivo ottenendo così risparmi di costi e
benefici dal punto di vista sociale e ambientale.
I vantaggi
del co-housing: questo modo di abitare presenta alcuni interessanti
vantaggi:
-
la
socializzazione, la cooperazione, il reciproco aiuto tra le persone;
-
il
contenimento dei costi nella gestione dell’abitare, il risparmio energetico, il
minor impatto ambientale.
Quando nasce il cohousing: la nascita del cohousing è fissata nel 1964
quando un architetto danese, Jan Gødmand Høyer, progetta e realizza la prima
esperienza di co-abitazione per la comunità di Skråplanet. Successivamente il
cohousing si diffonde nei paesi del Nord Europa e in particolare in Danimarca,
Olanda e nei paesi scandinavi, ma fino agli anni ‘Ottanta resta un fenomeno
limitato al contesto nord-europeo. Successivamente prende piede anche negli USA
e in Australia e da qualche anno comincia ad essere conosciuto e sperimentato
anche nei paesi mediterranei,
compresa l’Italia.
Le
caratteristiche comuni alle varie esperienze di co-housing
Ogni
progetto di cohousing ha una storia diversa e proprie caratteristiche, vi sono
tuttavia alcuni tratti comuni alle diverse esperienze finora realizzate.
· Progettazione partecipata: riguarda il progetto
edilizio vero e proprio ma soprattutto il progetto di comunità: cosa e come
condividere, come gestire i servizi e gli spazi comuni.
· Gestione locale: le comunità di cohousing sono amministrate
direttamente dagli abitanti, che si occupano anche di organizzare i lavori di
manutenzione e della gestione degli spazi comuni.
· Struttura non gerarchica: nelle comunità di cohousing si
definiscono responsabilità e ruoli di gestione degli spazi e delle risorse
condivise (in genere in relazione agli interessi e alle competenze delle
persone) ma nessuno esercita alcuna autorità sugli altri membri; le decisioni
sono prese sulle base del consenso.
· Sicurezza: il cohousing offre la garanzia di un ambiente sicuro, con
forme alte di socialità e collaborazione, particolarmente idoneo per la
crescita dei bambini e per la sicurezza dei più anziani.
·
Benefici economici e
servizi a valore aggiunto: la condivisione di beni e servizi consente di risparmiare
sul costo della vita. Inoltre indipendentemente dalla tipologia abitativa, la
formula del cohousing consente di accedere a beni e servizi condivisi che per
il singolo individuo avrebbero un costo economico maggiore.
· Privacy: L’idea del cohousing permette di coniugare i benefici della condivisione
di alcuni spazi e attività comuni, mantenendo l’individualità della propria
abitazione e dei propri tempi di vita.
Il co-housing nel mondo.Tre esperienze del Nord
America [tratto da www.cohousingitalia.it]
·
In
Canada : l'ultima pietra del cohousing
canadese Pacific gardens è stata posta nel settembre 2009. Ubicato presso
la città di Nanaimo, i cohousers condividono vita, spazi ma sopratutto un
progetto: vivere in pace, nel rispetto della natura, degli uomini e di tutti
gli esseri viventi. Rendere la propria presenza fonte di miglioramento
dell'ambiente circostante: per questo lo stile architettonico utilizzato per
gli esterni ricorda un grande giardino e gli interni un grande cortile. Un
luogo sicuro e sereno per tutte le generazioni, che vivono come in una grande
famiglia allargata mantenendo comunque il proprio spazio intimo e personale.
·
Swan’s
Market - Oakland in
California (USA): il mercato
è un edificio storico dell‘inizio del ‘900 ristrutturato in modo da ospitare un
mercato alimentare, una gallerie d’arte, un museo d’arte per bambini, dei
negozi, un caffè, uffici, case in affitto a prezzi ragionevoli e un cohousing. Swan’s Market è il risultato di un
progetto di riqualificazione di un’area urbana degradata. La riprogettazione ha
dovuto tener conto di parecchi vincoli a causa sia del suo carattere di mercato
storico e della presenza di attività economiche, ma questi vincoli hanno anche
suggerito la struttura. La casa comune ha
una cucina e una sala da pranzo dove i residenti condividono un pasto
tre volte alla settimana; c'è una stanza a vetri con moquette per i giochi dei
bambini. Al pianterreno si trovano la lavanderia e la futura stanza degli
ospiti, la palestra e il laboratorio. E’ adatta a portatori di handicap. Il
consenso generale è che un rilassato pomeriggio di domenica con a seguire una
cena condivisa, sia la scelta più piacevole per la riunione mensile dei
cohousers.
·
Temescal
Creek - Oakland in California (USA): nel marzo 1999, dopo soli tre mesi
di incontri, un gruppo di cinque famiglie ha fondato il cohousing di Temescal
Creek, una comunità di “retrofit cohousing”[1]
a Oakland in California. La nostra idea era quella di creare e vivere in una
comunità che promuovesse l’armonia al suo interno e nel suo rapporto con la
società e con l’ambiente. Il primo passo nella creazione del nostro progetto è
stato quello di acquistare, in proprietà comune, da un proprietario
comprensivo, tre unità bifamiliari adiacenti, nel Nord di Oakland. Più tardi
abbiamo acquistato altre due case adiacenti nello stesso isolato.
Abbiamo
assunto una società specializzata in cohousing per aiutarci a sviluppare un
piano adatto per la nostra comunità. Il problema era quello di costituire
un’associazione condominiale mentre progettavamo e costruivamo la nuova casa
comune. In tal modo ogni unità avrebbe avuto un mutuo separato e sarebbe
diventata proprietaria di una parte, uguale per tutti, della casa comune.
Abbiamo pagato 20 euro l’ora ad alcuni dei residenti della nostra comunità per
sbrigare il lavoro necessario ad ottenere i permessi e per variare la struttura
proprietaria da comune a condominiale. Per conoscere i nostri vicini abbiamo
organizzato feste per tutto l’isolato e altre divertenti occasioni di incontro.
Qualche tempo dopo, quando presentammo alla commissione edilizia una grossa
variazione di progetto per costruire proprio sulla linea di confine, quei
vicini scrissero lettere di sostegno e uno di loro si presentò davanti alla
commissione per parlare in nostro favore.
Per limitare i costi non abbiamo fatto eseguire tutti i lavori all’impresa edile. Abbiamo preferito pagare uno della comunità che lavora nel ramo, per subappaltare la finitura esterna in stucco, l’imbiancatura, i lavori sul terreno e le opere esterne in cemento. È un sistema per ridurre i costi che raccomandiamo nel caso ci sia qualcuno disponibile a farlo che abbia il sostegno del resto della comunità. Spesso pensiamo che se la nostra comunità avesse preso la strada della costruzione ex novo, probabilmente a questo punto staremmo appena traslocando. Invece in questi cinque anni, abbiamo avuto il piacere di vivere nella comunità mentre noi stessi la stavamo creando, condividendo pasti e pietre miliari e guardandola crescere assieme i nostri figli.
Per limitare i costi non abbiamo fatto eseguire tutti i lavori all’impresa edile. Abbiamo preferito pagare uno della comunità che lavora nel ramo, per subappaltare la finitura esterna in stucco, l’imbiancatura, i lavori sul terreno e le opere esterne in cemento. È un sistema per ridurre i costi che raccomandiamo nel caso ci sia qualcuno disponibile a farlo che abbia il sostegno del resto della comunità. Spesso pensiamo che se la nostra comunità avesse preso la strada della costruzione ex novo, probabilmente a questo punto staremmo appena traslocando. Invece in questi cinque anni, abbiamo avuto il piacere di vivere nella comunità mentre noi stessi la stavamo creando, condividendo pasti e pietre miliari e guardandola crescere assieme i nostri figli.
Il co-housing in Europa [da www.cohousingitalia.it]
Il primo cohousing, sorto nel 1972 nei pressi di
Copenhagen, ha dato il via a molte esperienze sviluppatesi inizialmente in nord
Europa - Svezia, Germania, Inghilterra,
Olanda, Danimarca – e poi nel resto d’Europa e del mondo. Ne descriviamo qui
alcune.
-
Wandelmeent
- Olanda: Wandelmeent è la prima esperienza di cohousing olandese; vi
sono
50 abitazioni dove vivono circa 200 persone (single, giovani coppie con o senza bambini e anziani) situate tra Amsterdam e Utrecht. Tutto è cominciato nel 1969, quando una donna scrisse a un giornale, lanciando un appello per la creazione di una struttura di tipo comunitario. Sei mesi più tardi, nacque un gruppo interessato all’iniziativa e furono decisi i tre aspetti principali del progetto: accessibilità a tutte le fasce di reddito; dimensioni delle abitazioni; autonomia nel decidere il modo di organizzare e gestire la comunità. Nel 1972, dopo un’intensa campagna di reclutamento, il gruppo promotore si arricchì di numerosi membri. Lo studio di architetti “Leo de Jonge” propose un progetto sperimentale che venne sovvenzionato dal Ministero della Cultura, del Tempo Libero e della Solidarietà Sociale. Finalmente, nel 1977, le prime famiglie si trasferirono nel cohousing. L’architettura di Wandelmeent è molto particolare. Il viale tra le abitazioni è punteggiato da piazzette e affiancato dal verde della natura che abbellisce anche le costruzioni, l’aspetto estetico del villaggio è di grande richiamo. Il piccolo borgo è costituito da 10 costruzioni, ognuna delle quali comprende 5 abitazioni e una sala comune abbastanza ampia da accogliere tutti gli abitanti di quel circolo. La sala comune è arredata con una cucina con in mezzo una grande tavola circondata da numerose sedie. Nella struttura sono presenti altre costruzioni destinate al tempo libero. Agli ospiti sono destinate tre camere, ognuna con bagno privato, dove possono alloggiare amici e visitatori di passaggio. Per entrare a far parte di Wandelmeent è previsto un percorso di ammissione allo scopo di conoscere meglio le motivazioni del candidato e le possibilità di integrazione con il gruppo dei residenti. Ognuno si impegna a partecipare alla riunione comunitaria che si svolge almeno una volta al mese, il cui scopo è quello di promuovere la convivialità all’interno del gruppo, ma anche affrontare le numerose questioni organizzative.
50 abitazioni dove vivono circa 200 persone (single, giovani coppie con o senza bambini e anziani) situate tra Amsterdam e Utrecht. Tutto è cominciato nel 1969, quando una donna scrisse a un giornale, lanciando un appello per la creazione di una struttura di tipo comunitario. Sei mesi più tardi, nacque un gruppo interessato all’iniziativa e furono decisi i tre aspetti principali del progetto: accessibilità a tutte le fasce di reddito; dimensioni delle abitazioni; autonomia nel decidere il modo di organizzare e gestire la comunità. Nel 1972, dopo un’intensa campagna di reclutamento, il gruppo promotore si arricchì di numerosi membri. Lo studio di architetti “Leo de Jonge” propose un progetto sperimentale che venne sovvenzionato dal Ministero della Cultura, del Tempo Libero e della Solidarietà Sociale. Finalmente, nel 1977, le prime famiglie si trasferirono nel cohousing. L’architettura di Wandelmeent è molto particolare. Il viale tra le abitazioni è punteggiato da piazzette e affiancato dal verde della natura che abbellisce anche le costruzioni, l’aspetto estetico del villaggio è di grande richiamo. Il piccolo borgo è costituito da 10 costruzioni, ognuna delle quali comprende 5 abitazioni e una sala comune abbastanza ampia da accogliere tutti gli abitanti di quel circolo. La sala comune è arredata con una cucina con in mezzo una grande tavola circondata da numerose sedie. Nella struttura sono presenti altre costruzioni destinate al tempo libero. Agli ospiti sono destinate tre camere, ognuna con bagno privato, dove possono alloggiare amici e visitatori di passaggio. Per entrare a far parte di Wandelmeent è previsto un percorso di ammissione allo scopo di conoscere meglio le motivazioni del candidato e le possibilità di integrazione con il gruppo dei residenti. Ognuno si impegna a partecipare alla riunione comunitaria che si svolge almeno una volta al mese, il cui scopo è quello di promuovere la convivialità all’interno del gruppo, ma anche affrontare le numerose questioni organizzative.
·
Community
Project – Gran Bretagna: Il
Community Project è una vivace comunità di cohousing costituita da 21 famiglie.
É inserita in 5 ettari di terreno che ospitano anche animali domestici. Il
venerdì sera si tiene una cena comune dove ognuno porta una pietanza. Il
progetto era nato proprio attorno a un tavolo da pranzo dove un gruppo di amici
parlava di “come sarebbe bello se...”. Come sarebbe bello se potessimo vivere
vicini l’uno all’altro, se potessimo vivere in un vicinato unito, amichevole e
vivace. Volevano trovare un equilibrio tra il sentimento comunitario di
amicizia e il bisogno di intimità e privacy. Una sorta di comunità, ma con abitazioni
private e senza economia in comune. Solo dopo anni dall’inizio dello sviluppo
del loro progetto hanno sentito parlare di cohousing e hanno capito che era
esattamente quello che essi avevano creato. L’edificio comune è enorme e in
continua trasformazione fino ad oggi. É dotato di una cucina, una sala da
pranzo, una sala da gioco per i piccoli e una per i ragazzi, un’ampia sala
utilizzata per spettacoli, un laboratorio artigiano, una palestra che può anche
ospitare incontri di molte persone, stanze per gli ospiti, una serie di uffici,
di cui nove sono affittati a membri della comunità che lavorano “da casa”. La
gestione quotidiana della vita nel cohousing è organizzata in sottogruppi. Ogni
sottogruppo ha un suo budget, ma le spese maggiori devono essere approvate da
un gruppo più ampio. L’esperienza del Community Project indica che una sola
cena a venerdì è al limite minimo della frequenza. I residenti sostengono anche
che, una volta che le cose hanno trovato un loro ordine, è molto difficile
trovare il consenso necessario per cambiare.
Munksøgaard Roskilde – Danimarca:
è un grande cohousing vicino al centro universitario di Roskilde, una città di
45.000 abitanti. La comunità, suddivisa in 5 blocchi di 20 abitazioni ciascuno
è stata edificata intorno a una vecchia fattoria. Le case di legno sono a due
piani. Un blocco è per i giovani e un altro per gli anziani, mentre i tre
blocchi rimanenti sono destinati a famiglie: in uno gli alloggi sono di
proprietà privata, in un altro sono in affitto e il terzo è di proprietà di una
cooperativa. Tutti i blocchi comprendono edifici per le attività comuni. Ad est
dell’insediamento vi sono dei campi dove
sono tenuti gli animali da pascolo e si sta avviando la coltivazione di ortaggi
e cereali. Due anni fa Munksøgaard ha vinto il primo premio per il miglior
insediamento sostenibile del XXI secolo. La costruzione è stata realizzata da
un normale imprenditore edile. I collaboratori del progetto hanno curato
particolarmente l' aspetto ecologico. Il processo di pianificazione è iniziato
nel marzo del 1995 intorno a un progetto che poi è stato sintetizzato nella
dichiarazione d’intenti: “Vogliamo
costruire una comunità di cento alloggi, sia per giovani che per anziani. Una
parte delle abitazioni deve essere destinata a chi si può permettere una casa
di proprietà, una parte a chi può sostenere solo una parte di un mutuo e una
parte ancora destinata a quelle persone che possono permettersi solo un
affitto. Le case dovranno essere realizzate con i materiali migliori e più
salubri, cercando di individuare, per ogni aspetto, le soluzioni più
sostenibili”. Con la costruzione di Munksøgaard abbiamo dato un aiuto
concreto all’amministrazione locale a sviluppare l’edilizia nell’area di
Trekroner. Non ci aspettiamo troppo l’uno dall’altro, ma ci rispettiamo,
proponendo possibilità concrete di collaborazione: per esempio condividiamo
l’uso delle automobili e i pasti nella sala della comunità. Raccogliamo l’acqua
piovana e la usiamo per il bucato nelle case comuni. Abbiamo un sistema di
riscaldamento locale basato una combinazione di legna (per la combustione) e
pannelli solari (per l’acqua). I pannelli solari assicurano circa il 50%
dell’energia necessaria al riscaldamento dell’acqua. Le case sono costruite in
legno con muri interni fatti di mattoni d’argilla cruda.
Esperienze di co-housing in Italia
La conoscenza del co-housing si diffonde con il libro 'Cohousing
e condomini solidali' di Matthieu Lietaert pubblicato nel 2007 da
TerraNuova Edizioni.
Nel febbraio 2010 si è costituita la Rete Italiana Cohousing formata da associazioni e gruppi formali e
informali, spontanei e senza scopo di lucro, che si occupano di promozione e/o
realizzazione di esperienze di cohousing a livello locale e si riconoscono in
questi principi e obiettivi:
·
Promuovere e diffondere sul territorio nazionale la cultura del cohousing ed
interagire con realtà affini sia a livello nazionale che internazionale.
·
Sostenere gruppi di cohousing condividendo le conoscenze acquisite e
le esperienze maturate, per renderle patrimonio collettivo;
·
Interagire
con gli enti pubblici e privati e con tutte quelle realtà territoriali che
a vario titolo sono impegnate in attività di supporto alla realizzazione di
abitazioni solidali.
·
Fornire
informazioni ed essere di stimolo e supporto alle amministrazioni pubbliche
nello sviluppo di strumenti normativi ed operativi volti a favorire la
costituzione e la diffusione di insediamenti di cohousing;
·
La Rete può essere supportata nelle proprie
funzioni da consulenti interni o esterni alla propria organizzazione per
l’approfondimento di tematiche specifiche.
Alcuni
nodi della rete ed esperienze sono:
·
Abitare Nexsus – Pandino (Cremona) - www.e-cohousing.it
·
Le Case Franche - Forlì - www.clusterize.it/progetti/2008/le-case-franche
·
CoVAbito – Varese- www.des.varese.it
·
Kuraj – Reggio Emilia
·
Luoghi Comuni – Como - www.lisolachece.org
·
Associazione CoAbitare – Torino - www.coabitare.org
·
Cohousing in Toscana – Firenze - www.cohousingintoscana.it
· Urban Village Bovisa – Milano cohousing.it/content/view/34/24/
·
Cohousing in Toscana – Firenze - www.cohousingintoscana.it
· Ciò- housing – Faenza - www.ciohousing.it
·
Ecoabitare – Roma - ecohousing-roma.wikidot.com
Il bando regionale in Toscana
É stato pubblicato
sul BURT del 23 maggio 2012 il bando da 13 milioni di euro per interventi pilota rivolti alla
sperimentazione di forme innovative dell’abitare e del costruire. Lo ha
annunciato l’assessore al welfare e alle politiche per la casa Salvatore
Allocca nel corso di un convegno sul social housing che si è tenuto presso lo
stand della Regione a Terra Futura.
“Il bando che
abbiamo più volte annunciato – ha detto l’assessore Allocca – è adesso realtà.
I Comuni, ai quali il bando si rivolge, avranno 6 mesi di tempo per presentare
le proprie proposte nell’ambito delle tre linee di intervento previste. Il
bando è una risposta importante al fabbisogno abitativo toscano che ha assunto
i caratteri di vera e propria emergenza. Inoltre punta a coniugare concetti
importanti come la sostenibilità ambientale, attraverso l’utilizzo di tecniche
costruttive ad impatto minimo, quella economica, mettendo al centro il diritto
fondamentale ad avere un’abitazione, e quella sociale, cercando di recuperare
le relazioni sociali”.
Il bando individua
tre linee di intervento:
- Il 50% dei 13 milioni è destinato ad interventi
pilota di co-housing (linea 1), secondo le tecniche della bioarchitettura e
bioedilizia e serviranno per costruire o recuperare alloggi da dare in affitto
ad un canone inferiore a quello di mercato.
- Un 25% sarà messo a disposizione per la costruzione
di alloggi di rotazione (linea 2), destinati cioè a persone o famiglie che
si trovano in una condizione temporanea di disagio abitativo.
- Il restante 25% sarà utilizzabile per interventi
sperimentali di autocostruzione o autorecupero (linea 3).
Destinatari
del bando sono i Comuni
(singoli o associati) che potranno rispondere non soltanto con progetti propri
ma anche con quelli proposti da altri soggetti (cooperative edilizie, imprese
di costruzione e cooperative di produzione e lavoro, sia in forma singola che
consorziate, associazioni, cooperative o altri organismi senza scopo di lucro).
Il contributo regionale, ad esclusione delle eventuali spese per l’acquisto
degli immobili o delle aree edificabili, sarà del 100% del costo se
l’intervento viene promosso e realizzato dal Comune o dal soggetto gestore Erp,
mentre in caso di soggetto proponente privato il sostegno non supererà il 40%
dei costi (fatte sempre salve le spese per l’acquisto degli immobili o delle
aree). Anche per la linea 2 il sostegno regionale ai costi dell’intervento sarà
del 100% ma per un importo che non potrà superare 1 milione di euro (ed anche
in tal caso sono escluse le spese per l’acquisto degli immobili o delle aree).
Per la linea 3 il contributo regionale non potrà superare i 5 mila euro per
quanto riguarda i costi di promozione, coordinamento e formazione, i 10 mila
euro per quelli di progettazione ed i 25 mila euro per ogni alloggio
realizzato.
Il Comune di Firenze ha aderito al bando della Regione Toscana per
nuove costruzioni con la modalità dell’autocostruzione-autorecupero mettendo a
disposizione immobili di proprietà comunale e precisamente:
-
in Via
Aretina 513
-
in Via
delle Torri 31
-
in Via
Reginaldo Giuliani 364
Comunicato
stampa del Comune di Firenze del 24.04.2013
Questo pomeriggio
il consiglio, approvando la delibera sul regolamento dei contratti, ha dato
anche il via libera all’emendamento elaborato dalla Commissione Urbanistica con
cui si introduce la possibilità di individuare immobili dismessi dal Comune che
possono essere finalizzati ad edilizia sociale (convenzionata, co-housing,
autorecupero, ecc.). Secondo il presidente della commissione Urbanistica
“significa che nel prossimo piano delle alienazioni e delle valorizzazioni si
potrà decidere che un immobile possa essere venduto o messo in concessione non
semplicemente per realizzare una entrata di bilancio ma anche per fare alloggi
sociali.
Nella stessa
direzione va la delibera che approva le varianti che rendono possibili due
interventi (uno per alloggi per giovani in co-housing nella ex sede del
Quartiere in via Assisi e uno per un intervento di auto recupero proposto da
una associazione di abitanti in via delle Torri) che rientrano tra quelli
candidati dal Comune all'apposito bando di finanziamento regionale. In
relazione a questa seconda delibera, la Commissione urbanistica, raccogliendo
anche le richieste del Consiglio di Quartiere 4, ha raccomandato
all'amministrazione comunale di fare in modo che l'intervento di via Assisi
garantisca il mantenimento e la valorizzazione del Centro di Formazione
Professionale lì collocato, sviluppando con questo una sinergia tramite la
realizzazione di alloggi che potrebbero essere dedicati prioritariamente
proprio ai ragazzi utenti dello stesso CFP, e che siano mantenute tutte le
attrezzature pubbliche e associative attualmente esistenti nello stesso
immobile.
Una
possibile esperienza di co-housing nel Quartiere 4: l’associazione Autorecupero
Cohousing Le Torri
intervento di arch. Anna Guerzoni e arch. Genziana
Fabiani
Preghiera eucaristica
La
solidarietà abita nel più profondo di ognuno di noi.
Scoprendo
l'universo degli altri, diversi ma simili,
e
coltivando orizzonti di vicinanza e solidarietà
riusciamo
a liberarci dalle catene che ci imprigionano
e
a cercare modi più umani ed autentici di vivere.
E’
tenendoci per mano che riusciamo a dare alla vita
un
senso nuovo, aperto ad orizzonti ancora impensati,
e
al tempo stesso antico,
ricco
di tutta la sapienza del cammino umano nei secoli.
Questo
spirito ci unisce alle donne e agli uomini di tutti i tempi:
l’anelito
e la ricerca di un mondo in cui non esistano più gerarchie,
dove
le ultime e gli ultimi siano le prime e i primi,
dove
possiamo vivere liberamente la differenza
ed
arricchirci delle differenze.
Questa
ricerca ha animato anche l’esperienza di Gesù.
il
quale, la sera prima di essere ucciso,
durante
la cena pasquale con le donne e gli uomini che lo seguivano,
prese
del pane, lo spezzò e lo distribuì loro dicendo:
"Prendete
e mangiatene tutti, questo è il mio corpo".
Poi
prese il calice del vino, lo diede loro e disse:
"Prendete
e bevetene tutti, questo è il calice del mio sangue
versato
per tutti i popoli".
Sapienza,
condivisione, partecipazione,
sono
oggi le parole che accompagnano il cerchio di persone qui riunito
il
quale, insieme a tutte le donne e gli uomini di buona volontà,
cerca
di dare alla vita un senso sempre
rinnovato
senza
perdere una goccia di tutta la sapienza
del
cammino umano nei secoli,
compresa
la sapienza dischiusa dal Vangelo.
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