Comunità dell’Isolotto Firenze
Incontro comunitario domenica 18 marzo 2007
Letture corali
I discepoli ritornarono da Gesù
e gli raccontarono tutte le meraviglie che avevano operato.
Egli, allora, esultò di gioia ed esclamò:
“Ti rendo lode, o Padre, perché tu hai nascosto queste cose
ai saggi e agli intelligenti e la hai rivelate ai piccoli:
questa è la tua volontà”.
E poi, rivolto ai discepoli, disse:
"Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete,
perché vi dico:
molti profeti e re hanno desiderato vedere quello che voi vedete
e non 1' hanno veduto,
udire quello che voi udite e non 1' hanno udito".
(dal Vangelo di Luca, 10)
(dal Vangelo di Luca, 10)
Gesù, posando lo sguardo sopra i suoi discepoli, disse:
"Beati voi, che siete poveri perché vostro è il regno di Dio;
beati voi, che ora avete fame perché sarete saziati,
beati voi che ora piangete perché sarete ricolmi di gioia.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno,
quando vi bandiranno e insulteranno
e il vostro nome sarà proscritto come infame
a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate
perché grande sarà la vostra ricompensa".
(dal Vangelo di Luca, 6)
(dal Vangelo di Luca, 6)
Preghiera per l'eucarestia
Il Vangelo è memoria di un bambino che nasce dal mondo dei senza storia,
di un figlio dell'uomo che condivide la vita e la morte
con la solita gente cui è negato il futuro.
Non figura negli annali.
Chi scrive la storia non sa niente di lui:
è un qualsiasi povero cristo.
Non un rigo, una citazione, una pietra scolpita.
Per una lunga stagione è affidato alla memoria di "pietre scartate”.
Testimoni di straordinarie esperienze usano gli strumenti poveri della loro cultura
per mantenerne viva la memoria:
gesti di condivisione, segni di fraternità, profezie di distruzione e condanna
per una società che li esclude,
attesa e preparazione di un mondo nuovo
di giustizia e di pace che chiamano "regno di dio",
parole quasi sussurrate da persona a persona.
Questa, per lungo tempo, la gestazione del Vangelo.
La memoria viva di una storia ufficialmente negata diviene,
nelle coscienze dei testimoni,
la chiave per comprendere il mondo e la vita, il passato e il presente,
ogni oggi che viene:
una memoria diventata la tua parola.
Tutto ciò rende attuale il gesto di Gesù prima che venisse ucciso:
mentre sedeva a tavola con i suoi apostoli e le sue apostole
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
"prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo"
Poi, preso un bicchiere, rese grazie, lo diede loro e tutti ne bevvero.
E disse loro: "questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i popoli".
Anche noi siamo testimoni di una trama di storie negate:
esperienze di solidarietà, integrazione fra persone che il potere voleva divise,
laboriosa e lenta gestazione dal basso di una società solidale.
I vangeli di ieri e i vangeli di oggi
siano intrecciati dal tuo Spirito in una memoria unica
che dà fondamento e senso alla vita.
Lettura dal Vangelo di Luca (cap. 4)
Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato e mi ha mandato
per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e bandire un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi.
Riflessione
dal libro Gesù Cristo Liberatore di Jon Sobrino (pagine 27-28).
Immagine di Cristo e sofferenza inflitta sono state in America Latina sin dall'inizio collegate tra loro, e continuano a esserlo. Eppure qualcosa di sorprendentemente nuovo è accaduto alcuni anni fa. Il tradizionale Cristo sofferente è stato visto non più solo come simbolo di sofferenza con cui potersi identificare, ma anche e specificamente come simbolo di protesta contro la propria sofferenza e soprattutto come simbolo di liberazione. È questo l'elemento nuovo e davvero sorprendente, dopo secoli di un'immagine unilaterale del Cristo sofferente.
Che esista questa nuova immagine di Cristo è ciò che possiamo chiamare il più grande fatto cristologico in America Latina, un vero “segno dei tempi. Ad essa, in quanto dato reale, si ispirerà la mia presentazione di Cristo.
Come giustificazione generale di tale scelta, diciamo che questa immagine, per il fatto di essere “liberatrice”, fa vedere meglio la rilevanza che assume Cristo per un continente segnato dall'oppressione, e ricupera meglio l'identità di Cristo - senza perderne la totalità - rinviando a “Gesù di Nazareth”.
Cristo viene visto come liberatore, in grado di liberare dalle varie schiavitù che affliggono i poveri del continente, di conferire una direzione a tale liberazione e di animare i credenti a diventarne soggetti attivi. Da questo punto di vista, la nuova immagine è essenzialmente portatrice di salvezza per il tempo presente, essa ricupera Gesù di Nazareth, inviato ad “annunziare ai poveri la buona Notizia e a liberare i prigionieri” (vangelo di Luca). Sulla base di questo fatto centrale viene rivalutata tutta la vita, l'agire e il destino di Gesù, di modo che il Cristo liberatore - senza che ciò significhi ignorare la totalità di Cristo - è innanzi tutto Gesù di Nazareth, il cosiddetto Gesù storico.
A questa nuova immagine corrisponde un nuovo modo di vivere la fede in Cristo. Molti cristiani credono oggi - esistenzialmente - in maniera diversa, perfino contraria, da come facevano prima; sono passati attraverso una conversione radicale nel loro modo di credere e l'hanno testimoniato con un impegno impressionante che arriva fino al dono della propria vita. Molti cristiani sono stati uccisi in America Latina, ma non cristiani qualsiasi, bensì quelli che operano coerentemente, secondo la nuova immagine del Cristo liberatore. Questo fatto generalizzato di martirio è la prova migliore che esiste davvero una nuova immagine di Cristo e un'immagine maggiormente in accordo con il Cristo Gesù.
Questo Cristo e questa fede sono anche conflittuali. Gesù è a favore di alcuni, gli oppressi, e contro altri, gli oppressori. I poveri lo proclamano come il vero Cristo, mentre i loro oppressori mettono in guardia contro di lui.
La Notificazione vaticana contro Jon Sobrino e il mistero delle sanzioni
(dati desunti da Claudia Fanti – ADISTA – Roma 16 marzo 2007)
Questo che abbiamo letto ci dice un po’ chi è Jon Sobrino, il teologo contro cui è stata rivolta in questi giorni la prima Notificazione del pontificato di Benedetto sedicesimo.
La voce di una possibile condanna del 69enne teologo di origine basca, residente nel Salvador dal 1957, era circolata già da qualche settimana. Era stato il quotidiano spagnolo El Mundo, il 9 marzo scorso, ad annunciare la pubblicazione del provvedimento, che, secondo il quotidiano, avrebbe dovuto imporre al teologo il divieto di insegnare in un qualsiasi centro cattolico e di pubblicare libri con il nulla osta dell’autorità ecclesiastica.
A confermarlo era stato, l’11 marzo, l’arcivescovo di San Salvador in persona, l’opusdeista cardinale Fernando Sáenz Lacalle, il quale, durante la conferenza stampa successiva alla messa domenicale in cattedrale, si era premurato di comunicare la decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede su Sobrino di condannare gli scritti di lui e di impedirgli di insegnare teologia in tutti i centri cattolici.
Pubblicata dalla Sala Stampa vaticana il 14 marzo, la Notificazione, che riguarda due libri di cristologia di Sobrino, Gesù Cristo Liberatore del 1991 e La fede in Gesù Cristo dalla parte delle vittime del 1999, non dice nulla a proposito delle sanzioni di cui aveva dato notizia El Mundo e che erano state confermate da Sáenz Lacalle. Un fatto che non ha ovviamente mancato di suscitare gli interrogativi più vari: se cioè le sanzioni non fossero previste fin dall’inizio o se piuttosto siano state eliminate all’ultimo, e, in quest’ultimo caso, se per disaccordi interni al Vaticano, su pressione della Compagnia di Gesù o per timore dello scalpore che tali misure stavano provocando.
Gli “errori” del teologo
La Congregazione per la Dottrina della Fede aveva deciso già nell’ottobre del 2001 di iniziare sui due volumi del teologo “uno studio ulteriore e approfondito”, adottando, per via dell’“ampia diffusione” dei suoi scritti, la “procedura urgente”. In seguito a tale esame, nel luglio del 2004 era stato inviato all’autore, per mezzo del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, p. Peter Hans Kolvenbach, un Elenco di proposizioni erronee e pericolose rilevate nei due libri, a cui Sobrino aveva risposto nel marzo del 2005: una risposta che, all’esame della Congregazione, non era risultata “soddisfacente”. Da qui la decisione di pubblicare la Notificazione “allo scopo di offrire ai fedeli un criterio di giudizio sicuro, basato sull’autentica dottrina ecclesiale, circa alcune affermazioni contenute negli scritti dell’autore”, relativamente ai presupposti metodologici, alla divinità di Gesù Cristo, all’incarnazione del Figlio di Dio, alla relazione fra Gesù Cristo e il Regno di Dio, all’autocoscienza di Gesù Cristo e al valore salvifico della sua morte.
Accompagna la Notificazione una Nota esplicativa che riconosce la preoccupazione di Sobrino “per la situazione dei poveri e degli oppressi, specialmente in America Latina” - preoccupazione che, afferma, “appartiene senza dubbio alla Chiesa intera” -, ma sottolinea la necessità di mettere in rilievo i “gravi difetti, sia metodologici che di contenuto” presenti nell’opera del teologo.
Il primo errore di Sobrino sarebbe quello di considerare come luogo ecclesiale della cristologia la “Chiesa dei poveri”, la base della Chiesa e non “la Fede apostolica trasmessa attraverso la Chiesa a tutte le generazioni”. La sua teologia dal basso sarebbe, a giudizio della Congregazione, “la causa dei problemi presenti nella sua teologia”.
Nessun errore dottrinale
In una lettera a p. Peter Hans Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, del dicembre 2006, Jon Sobrino spiega il perché della sua mancata ritrattazione degli “errori” chiesta a lui dal Vaticano La “ragione fondamentale”, scrive il teologo, è che “un buon numero di teologi” ha letto le opere incriminate e “il loro giudizio unanime” è che in esse “non c’è nulla che non sia compatibile con la fede della Chiesa”. “Tutti questi teologi sono buoni conoscitori del tema cristologico, a livello teologico e dottrinale. Sono persone responsabili. Si sono concentrati esplicitamente su possibili errori dottrinali. Sono rispettosi della Chiesa. E non hanno riscontrato errori né affermazioni pericolose. Allora non posso comprendere come la notificatione legga i miei scritti in maniera tanto diversa e persino contraria”. Ma c’è anche una seconda ragione: “In questi anni, molti teologi e teologhe (…) sono stati perseguitati senza misericordia. E non solo loro. Anche vescovi: mons. Romero durante la sua vita (c’è ancora in Vaticano chi non lo ama; chi, perlomeno, non ama il mons. Romero reale ma un mons. Romero annacquato), dom Helder Camara, Proaño, Samuel Ruiz e un eccetera assai lungo. Hanno cercato di decapitare, a volte con l’inganno, la Conferenza dei religiosi latinoamericani, migliaia di religiose e religiosi di generosità immensa (…). E soprattutto hanno fatto il possibile perché sparissero le comunità di base, i piccoli, i privilegiati di Dio. Aderire alla notificatione, che esprime in buona parte questa campagna e questo modo di procedere, molto spesso chiaramente ingiusto, contro tanta gente buona, sento che sarebbe come avallarlo. Non voglio peccare di arroganza, ma non credo che aiuterebbe la causa dei poveri di Gesù e della Chiesa dei poveri”.
Dopo aver denunciato, nella lettera, la presenza di un clima ostile, “a priori”, alla sua teologia e in generale alla Teologia della Liberazione (“so bene”, scrive, che un ostacolo alla canonizzazione di mons. Romero “è stato il mio possibile influsso sui suoi scritti ed omelie”), e dopo aver risposto alle critiche rivolte alla sua opera dal “teologo Joseph Ratzinger”, Sobrino conclude: “È mia opinione che vi sia nella Norificazione, in buona misura, ignoranza, pregiudizio e l’ossessione di sopprimere la Teologia della Liberazione. Sinceramente non è facile dialogare con questo tipo di mentalità”.
Condannando Sobrino – è questo il sentimento prevalente in tutte le reazioni – non si colpisce solo un singolo teologo: si colpisce un simbolo. La Notificazione “è lo sbocco di una strategia vaticana che dura da più di 30 anni” finalizzata a “condannare e ridurre al silenzio Sobrino”, e con lui tutta la Teologia della Liberazione.
Lettera di solidarietà della Comunità dell’Isolotto di Firenze a Jon Sobrino
Riuniti nell’Assemblea eucaristica vogliamo esprimerti la nostra piena solidarietà e partecipazione.
La “teologia dal basso”, che è nella sostanza l’oggetto del monito rivolto a te dalla Congregazione vaticana per la dottrina della fede, è l’anima stessa della ricerca di fede delle realtà ecclesiali definite sommariamente come “Chiesa dei poveri” e in particolare delle Comunità di base, non solo latinoamericane ma anche europee e italiane. Condannare la “teologia dal basso”, la “cristologia dal basso”, vuol dire colpire al cuore la fede e soprattutto la prassi evangelica di vita, la solidarietà col mondo dei poveri, che costituisce il senso del cammino di tutte queste realtà.
Non possiamo non collegare questo “monito” vaticano con la strage di vent’anni fa, era il 16 novembre del 1989, con cui gli squadroni della morte vollero tappare per sempre la bocca ai “profeti del vangelo della liberazione”, cioè ai teologi dell’Università Centroamericana di San Salvador. E questo massacro avvenne dopo che erano stati uccisi centinaia di laici, sindacalisti, preti, suore e il vescovo Oscar Romero. Non riuscirono a uccidere il loro principale obiettivo che eri proprio tu, insieme a padre Ignazio Ellacuria, perché ti trovavi in Tailandia.
L’attuale monito dell’ex Sant’Uffizio è di fatto in continuità con quella strage, è un po’ il compimento della stessa.
Vogliamo sperare che il “processo” intentato contro di te non abbia altre conseguenze, che cioè non seguano condanne e sanzioni più gravi. Anche se la nostra speranza è smentita dalla storia dei procedimenti vaticani.
Non sarebbe l’ora che finalmente si creasse un grande movimento di solidarietà verso i “capri espiatori” di cui i vertici della Chiesa si servono di tempo in tempo per covare la paura, la soggezione, l’obbedienza acritica e per imporre la “teologia dall’alto”? Non sarebbe l’ora che germinasse un movimento critico mondiale non solo nei confronti della politica repressiva vaticana, ma verso le radici strutturali e teologiche dalle quali deriva necessariamente, come conseguenza coerente, il centralismo ecclesiale e la sua “onnipotenza” che impedisce con ogni mezzo l’attuazione del Concilio nel suo fulcro essenziale, in quella cioè che viene chiamata a ragione la “rivoluzione copernicana” della Chiesa, e cioè la centralità del “Popolo di Dio”? E’ questa nuova “centralità conciliare” il “segno dei tempi” a cui si ispira la tua ricerca. E’ questa emersione di soggettività popolare cosciente della propria forza storica, questa “rivoluzione copernicana” a partire dalla base sociale più emarginata che anima la tua ricerca e la tua fede. Nella tua testimonianza e nei tuoi libri troviamo conferme, sostegni e indirizzi importanti.
A te va tutta la nostra solidarietà. Anche se dovessero tapparti la bocca, noi sappiamo per diretta esperienza che lo Spirito, il quale “soffia dove vuole” ha canali di comunicazione inattaccabili dalle potenze di questo mondo.
La Comunità cristiana di base dell’Isolotto
Firenze 18 marzo 2007
Appendice
Lettera aperta di cattolici al Vescovo di Firenze
Ci siamo ritrovati, uomini e donne della Chiesa fiorentina, per un passaparola intorno alla comune esigenza, come credenti e operatori pastorali, di esprimerci, in merito ad alcuni avvenimenti recenti, secondo il diritto/dovere dei laici di far conoscere il proprio parere, su aspetti che toccano la vita della chiesa (cfr. Lumen Gentium 37) e della società.
Sentiamo anzitutto la necessità, sulle tracce del Vaticano II e dell’esperienza fiorentina del sinodo diocesano di alcuni anni fa, di una effettiva ripresa del dialogo e del confronto nella comunità ecclesiale, in cui tutte le espressioni plurali della riflessione dei credenti possano esprimersi e i Pastori possano realizzare pienamente il loro ministero della sintesi.
Ci sollecita a questa richiesta il disagio da noi provato in questi mesi di fronte a vari e diversi interventi di esponenti della gerarchia ecclesiastica su temi e avvenimenti “eticamente sensibili”, di carattere pubblico o riferiti a persone.
Riteniamo che la proposta di dottrine e indicazioni morali debba essere accompagnata da riflessioni teologiche e atteggiamenti pastorali che abbiano a cuore la condivisione dei dolori e delle aspirazioni degli uomini contemporanei, riconoscano quanto di profondo e sincero c’è nelle scelte, talvolta travagliate, delle persone, in modo da testimoniare quello stile evangelico che richiama a farsi prossimo non per dettare regole “ma per infiammare il cuore dell’uomo mentre si conversa con lui lungo il suo cammino” (cfr. Lc 24,33).
In particolare riteniamo di proporre alla riflessione e al confronto i seguenti punti:
1. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato la legittima autonomia delle realtà terrene e politiche. In una società come quella attuale, le disposizioni normative devono considerare la pluralità di posizioni dei cittadini: occorre rispettare i diritti di tutti per giungere a regole che garantiscano la libertà e la solidarietà tra le persone. Questo anche in materia di convivenze diverse dal matrimonio, tema sul quale sono presenti nella società orientamenti e scelte diverse.
2. La distinzione tra fede cristiana e scelte politiche è sottolineata non per separare ma per ricomporre, in modo mai definitivo, la radicalità del vangelo e la laicità dell’essere cittadini.
Se la fede cristiana si riduce a una morale si priva della sua forza profetica. La tolleranza nei confronti delle opinioni altrui non nasce dalla debolezza della fede ma dalla sua sicurezza che non si impone attraverso la legge dello stato (cfr. Duquoc)
Per questo non possiamo tacere la preoccupazione per interventi che chiedono alla politica e alle leggi di essere garanti dei valori cristiani come socialmente necessari e culturalmente unificanti. Questo ci sembra lesivo della laicità dello stato e della politica e pericoloso per l’autonomia e la significatività della fede religiosa.
3. Tanti hanno vissuto poi con vero e proprio sconcerto il fatto che sia stato negato il funerale cristiano a un credente che ha molto sofferto e alla sua famiglia. Quanto accaduto non ci sembra aver offerto una testimonianza adeguata allo stile evangelico e di fiducia nel mistero della misericordia accogliente di Dio.
Per questo riteniamo importante:
· creare nelle nostre comunità cristiane spazi di confronto e condivisione.
· chiedere al Vescovo e ai Pastori della Chiesa fiorentina di accentuare nel loro ministero l’ascolto delle diverse esperienze e competenze di cui la Chiesa è ricca.
· proporre a quanti guardano “dall’esterno” questa Chiesa di prestare attenzione alla pluralità di scelte e di esperienze che in essa vivono e che non possono essere ridotte ad un'unica voce.
Pensiamo che in questa prospettiva si possa ancora affermare che “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri e soprattutto di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et Spes 1).
Mario Batistini, Fabrizio Biagi, Renzo Bonaiuti, Luca Brogioni, Francesca Caderni, Mario Casini, Manuela Casini, Carlo Corti, Bruno D’Avanzo, Angela Cruci D’Avanzo, Alessandra Daly, Giampiero Donnini, Cristina Ermini, Ugo Faggi, Lorenza Giani, Donata Graziani, Alessio Malpassi, Andrea Poggi, Francesco Poggi, Angela Protesti, Laura Ricciarelli, Anna Sbolci, Letizia Scheggi, Paola Ugolini, Alberto Zanobini (promotori).
Ha aderito insieme a molti altri anche la Comunità dell’Isolotto.
Firenze 16 marzo 2007
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