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venerdì 8 ottobre 2010

RIFLESSIONI su Ecclesiaste 3,25 - 4,17


Assemblea domenica 26 settembre 2010
RIFLESSIONI su Ecclesiaste 3,25 - 4,17

Questo libro sapienziale è tra i più recenti raccolti nella Bibbia, databile all'inizio del II sec. a.C. e redatto, almeno nella sua traduzione greca, in quella città di Alessandria d'Egitto che era allo stesso tempo centro della cultura ellenistica e residenza di una popolosa comunità ebraica.
Si ripropongono qui le stesse tematiche sulla sapienza elaborate nella parte introduttiva del libro dei Proverbi, ma con un approfondimento particolare, collegato al vissuto quotidiano e quindi con riferimenti più concreti.
Viene messo anzitutto in evidenza che la sapienza è contrapposta alla superbia, alla presunzione che può avere l'uomo di possedere la verità. L'uomo superbo non si mette in discussione e quindi non ricerca un metodo di vita più corretto: persiste nei suoi errori ed è per questo che in lui non ci può essere cambiamento in positivo. La superbia rappresenta in definitiva la sua condanna a rimanere sclerotizzato e a non percepire più la vita, che è essenzialmente una forza in continua evoluzione.
Chi invece è attento ai problemi sociali e si adopera per cambiare la situazione delle persone emarginate e sofferenti, trarrà beneficio dalle sue stesse azioni e troverà solidarietà da parte di molti nei momenti di difficoltà. E' elencata una serie di situazioni in cui l'uomo può dare un contributo al miglioramento sociale, dall'aiutare gli indigenti al consolare gli afflitti fino a rispettare le leggi(v.7) ed essere disponibili ad un impegno per liberare gli oppressi dall'ingiustizia e perorare la causa di orfani e vedove.
La saggezza sta tutta qui, in questo impegno concreto dettato dall'amore per la vita che ritorna in sovrabbondanza sull'autore stesso che ha operato secondo saggezza. Da notare che l'autore fa una distinzione molto importante tra conoscenza e saggezza: la conoscenza è solo la premessa della sapienza perché questa è identificata con la correttezza del comportamento e non è affatto teoria astratta. Inoltre il sapiente viene definito "sacerdote di Dio"(v.15), colui che è mediatore tra Dio e la società, colui che introduce nella realtà quotidiana gli ideali, le speranze, tutte quelle dinamiche che conducono a Dio. Ci sono senz'altro molte difficoltà da superare e la tentazione è quella di mollare tutto e di cambiare obiettivi, rifugiarsi nel proprio spazio privato e starsene tranquillo, con meno preoccupazioni.
Se però si persevera nell'impegno, allora si svelano tutti i segreti della sapienza e si penetra in profondità il vero senso della vita. E' questa la testimonianza che ci danno i molti che credono nel progresso civile e umano e che anche oggi si impegnano in questo fino a sacrificare anche la propria vita e i propri interessi individuali. A prescindere dalla loro appartenenza o coscienza religiosa essi sono a tutti gli effetti "ministri di Dio", strumenti di elevazione dell'uomo verso la realtà di Dio-Sapienza.
Giuseppe Bettenzoli

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