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mercoledì 27 marzo 2013

Pasqua di resurrezione – Pasqua di liberazione




Appuntamento alle ore 10,30 alle baracche verdi, in via degli aceri 1
tel. 055711362



Pasqua di resurrezione – Pasqua di liberazione
Testimonianze e riflessioni di donne

Di fronte agli avvenimenti dell’oggi vivere questa Pasqua significa per noi leggere gli avvenimenti attuali come la fecondità di un cammino che ci ha visti protagonisti, un cammino lungo e difficile ma certamente gratificante e profetico.

Mappa

lunedì 25 marzo 2013

Il commercio equo e solidale

Da sinistra: Paola, Alessandra, Ilaria, Antonietta, Lucia
Alessandra e Ilaria presentano, con l'aiuto di diapositive, la realtà del Commercio equo e solidale oggi nel mondo con riferimento specifico al Consorzio Ctm altromercato, la maggiore organizzazione di commercio equo e solidale in Italia e la seconda a livello mondiale.
Il banchino dei prodotti messi in vendita al Bottegotto di Via Modigliani 51, all'Isolotto.
Web: www.altromercato.it

COMUNITA’ dell’ ISOLOTTO
Domenica 24.03.2013 riflessioni di Paola, Lucia ,Antonietta e Fiorella

Domenica delle palme

Matteo 21,1
Nell’avvicinarsi a Gerusalemme, arrivarono a Betfage, presso il monte degli Olivi, allora Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: “ Andate nel villaggio che vi sta di faccia e subito troverete un’asina col suo puledro, scioglietelo e conduceteli a me. Se qualcuno vi dirà qualche cosa, ditegli: il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà presto” Or, questo avvenne affinché si adempisse quanto era stato annunziato dal profeta che lasciò scritto: “ Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo re viene a te, mansueto, seduto sopra un’asina e un asinello, puledro d’una giumenta:”
I discepoli andarono e fecero come loro aveva comandato Gesù. Condussero l’asina e il puledro, misero loro addosso i mantelli, e ve lo fecero sedere sopra. Allora la maggior parte della folla stese i suoi mantelli per la strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li spargevano sul cammino. E le turbe che lo precedevano, e quelle che lo seguivano, gridavano dicendo:”Osanna al figlio di David. Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli” E al suo entrare in Gerusalemme tutta la città si commosse e si diceva: “Chi è costui?” E le turbe rispondevano: “ E’ Gesù , il profeta di Nazaret di Galilea”
LUCA.12,32- .
Poi disse ai suoi discepoli: “ Perciò dico a voi; non vi preoccupate per la vostra vita, che cosa mangerete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete, perché la vita vale più del nutrimento, e il corpo più del vestito: Osservate i corvi : non seminano ne raccolgono e non hanno ne dispensa ne granaio…..Considerate come crescono i gigli: non lavorano ne filano; eppure io vi dico che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria fu mai vestito come uno di loro…

Karl MARX,  Miseria della filosofia
Giunse infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile diventò oggetto di scambio, di traffico,  e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino ad allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, conoscenza ecc. . tutto divenne commercio. E’il tempo della corruzione generale, della venalità universale o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà morale o fisica divenuta valore venale, viene messa sul mercato per essere apprezzata al sua giusto valore.

Incontro con le volontarie del "Bottegotto", via Modigliani 51, 50142 Firenze. Tel. 055933135.

Il commercio equo oggi
Il Commercio Equo è oggi un movimento globale. Oltre un milione di piccoli produttori e lavoratori sono organizzati in più di 3.000 organizzazioni di base con le loro strutture principali in più di 50 Paesi nel Sud del mondo. I loro prodotti sono venduti in migliaia di Botteghe del Mondo in supermercati e in molti punti vendita nell’emisfero Sud..
Il movimento è impegnato in dibattiti con i politici delle istituzioni europee e in forum internazionali affinchè il commercio internazionale diventi più equo. E in effetti il Commercio Equo ha reso il commercio tradizionale più attento alle responsabilità sociali e ambientali. In breve, il Commercio Equo sta acquisendo sempre più importanza.
 
Dove cominciò tutto?
Ci sono molte versioni sulla storia del Commercio Equo.
Secondo alcuni i precursori furono gli americani, con Ten Thousand Villages (allora Self Help Crafts) che comprò tessuti lavorati da Puerto Rico nel 1946 e con SERVV che iniziò a commerciare con comunità povere del Sud verso la fine degli anni ’40. Il primo negozio di Commercio Equo aprì nel 1958 1958 negli USA

Le prime tracce di Commercio Equo in Europa risalgono alla fine degli anni ’50, quando Oxfam GB cominciò a vendere nei suoi punti vendita manufatti prodotti da rifugiati cinesi, creando nel 1964 la prima Organizzazione di Commercio Equo. Iniziative parallele iniziarono nei Paesi Bassi e nel 1967 venne istituita Fair Trade Organisatie, l’organizzazione di importazione olandese.

Allo stesso tempo, gruppi olandesi per il terzo mondo iniziarono a vendere zucchero di canna con il messaggio “comprando zucchero di canna dai alle persone dei Paesi poveri un posto nel sole della prosperità”. Questi gruppi passarono poi a vendere prodotti di artigianato del Sud e nel 1969 venne aperto il primo “Third World Shop”. Le Botteghe del Mondo, o World Shops, ebbero un ruolo fondamentale nel movimento del Commercio Equo, essendo non solo dei punti vendita, ma anche molto attive in campagne e nella diffusione di una nuova consapevolezza.

Durante gli anni ’60 e ’70, organizzazioni non-governative (Ong) e individui socialmente motivati in Asia, Africa e America Latina sentirono la necessità di fare commercio equo per dare consigli, assistenza e supporto ai produttori svantaggiati. Vennero così create organizzazioni di Commercio Equo nel Sud collegate alle nuove organizzazioni del Nord. Alla base dei loro rapporti: la partnership, il dialogo, la trasparenza e il rispetto. L’obiettivo: una grande equità nel commercio internazionale.
Parallelamente a questi movimenti cittadini, i Paesi in via di sviluppo indirizzavano forum politici internazionali, come la seconda conferenza UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) a Delhi nel 1968, per comunicare il messaggio “Trade not Aid” (“Commercio, non aiuti”). Questo approccio sottolinea l’intenzione di stabilire relazioni commerciali con il Sud del mondo, invece di appropiarsi dei benefici al Nord per poi far tornare una piccola parte di essi al Sud sotto forma di aiuti per lo sviluppo.

La crescita del Commercio Equo (o Commercio Alternativo, come viene chiamato negli ultimi tempi) dalla fine degli anni ’60 in poi è stata associata anzitutto al commercio per lo sviluppo, che nacque come risposta alla povertà o, a volte, alle calamità nel Sud, concentrandosi nella promozione dei prodotti artigianali. I fondatori del movimento furono spesso attori del largo sviluppo o associazioni religiose nei Paesi europei. Queste Ong, collaborando con le loro controparti nel Sud, favorirono la creazione di organizzazioni di Commercio Equo nel Sud, che organizzano produttori e prodotti ed esportano al Nord. Accanto al commercio di sviluppo vi era anche una parte di commercio di solidarietà. Organizzazioni furono create per importare beni dai Paesi del Sud politicamente ed economicamente emarginati.

Prodotti artigianali e alimentari
Inizialmente le organizzazioni di Commercio Equo trattavano più che altro con produttori di artigianato, soprattutto per i contatti instaurati dai missionari. Spesso l’artigianato costituisce un reddito supplementare per le famiglie ed è di fondamentale importanza soprattutto per le donne, che hanno poche opportunità di lavoro. La maggior parte delle organizzazioni di Commercio Equo al Nord si basano sull’acquisto e la vendita di questi prodotti attraverso le Botteghe del Mondo. Il mercato dell’artigianato attraverso le Botteghe è ampiamente aperto e per molte organizzazioni le vendite continuano ad aumentare. Nel 1973 l’olandese Fair Trade Organisatie importava il primo caffè “equo” da cooperative di piccoli coltivatori del Guatemala. Oggi, a distanza di 30 anni, il caffè equo è diventato un concetto. Centinaia di migliaia di coltivatori di caffè hanno già tratto benefici dal Commercio Equo in questo settore, e in Europa si consuma sempre più caffè equo. Attualmente il 25-50% del fatturato delle organizzazioni di Commercio Equo deriva da questo prodotto.

Dopo il caffè, la gamma di prodotti alimentari si è espansa fino a includere tè, cacao, zucchero, vino, succhi di frutta, noci, spezie, riso, ecc. I prodotti alimentari danno la possibilità alle organizzazioni di commercio equo di aprirsi nuovi canali di mercato, come per esempio le istituzioni, i supermercati, i negozi biologici.

Accesso al mercato e marchio Fair Trade
Durante gli anni ’80 si sviluppò un modo per raggiungere un pubblico più vasto. Un prete che lavorava con piccoli proprietari terrieri e coltivatori di caffè in Messico e che collaborava con una Ong cattolica olandese, concepì l’idea di un marchio (“label”) per il Commercio Equo. I prodotti comprati, commerciati e venduti nel rispetto delle condizioni del Commercio Equo, sarebbero stati certificati con un marchio che li avrebbe differenziati dai prodotti comuni e che avrebbe permesso ad ogni compagnia di entrare in contatto con il Commercio Equo. Nel 1988 si creò in Olanda il marchio “Max Havelaar”. Il concetto prese piede: nel giro di un anno il caffè con questo marchio raggiunse una quota di mercato del 3%.
Negli anni successivi nacquero altre organizzazioni di certificazione Fair Trade in altri Paesi europei e in America del Nord. Nel 1997 venne creata la Fairtrade Labelling International (FLO), l’associazione mondiale di marchio per il Commercio Equo. Oggi FLO è responsabile di stabilire gli standard di commercio equo internazionale, di certificare e verificare la produzione e il commercio in accordo con tali standard, e di porre il marchio sui prodotti. La gamma di prodotti certificati, 12 ad oggi, si espanderà presto.

Il marchio Fair Trade ha di fatto aiutato il Commercio Equo a entrare nel commercio tradizionale: attualmente più di due terzi dei prodotti del Commercio Equo vengono venduti a catering e dettaglianti tradizionali
.
Parallelamente allo creazione di un marchio per i prodotti, WFTO ha sviluppato un sistema di monitoraggio per le organizzazioni di Commercio Equo che dovrebbe rafforzare la credibilità di queste organizzazioni di fronte ai politici, al mercato tradizionale e ai consumatori. Il marchio Fair Trade Organization di WFTO è stato lanciato nel gennaio 2004 per i membri WFTO che soddisfano le richieste e gli standard del sistema di monitoraggio, identificandoli come organizzazioni di Eommercio Equo registrate. WFTO lavora con FLO per trovare il modo di fornire anche i prodotti di artigianato di un marchio.

Informazione, campagne di sensibilizzazione e attività politica

Fin dall’inizio il movimento del Commercio Equo ha mirato alla crescita della consapevolezza dei consumatori sui problemi causati dal commercio tradizionale e ha cercato di introdurre modifiche alle sue regole. La vendita di prodotti è sempre stata accompagnata da informazioni relative ai prodotti, ai produttori e alle loro condizioni di vita. È diventato compito delle Botteghe e dei Fair Trade Shops mobilizzare i consumatori nella partecipazione in campagne per una giustizia globale.

La prima conferenza europea dei World Shops si ebbe nel 1984 e stabilì la stretta cooperazione tra i volontari delle Botteghe di tutta Europa. La rete europea delle Botteghe (NEWS!) venne ufficialmente stabilita nel 1994 e rappresenta approssimativamente 3.000 Botteghe in 15 Paesi europei. NEWS! coordina le attività di campagna europee e promuove lo scambio di informazioni e di esperienze riguardo allo sviluppo delle vendite e al compito di informazione.

Nel 1996 NEWS! stabilì la giornata europea delle Botteghe del Mondo come un’ampia giornata di campagna su una tematica particolare, spesso con obiettivi su scala europea. L’iniziativa è stata avanzata da WFTO - allora si chiamava IFAT - che la diffuse su scala mondiale: la prima giornata del Commercio Equo, che ne coinvolge il movimento mondiale, si celebrò il 4 maggio del 2002.
Nel corso degli anni il movimento di Commercio Equo è diventato più professionale nella diffusione dell’informazione e nell’attività politica. Si pubblicano documenti, materiale attrattivo su campagne ed eventi pubblici. Il movimento ha inoltre beneficiato dell’istituzione di strutture europee che favoriscono l’armonia e la centralità delle sue campagne e attività politiche. Uno strumento importante è stato l’istituzione dell’ufficio di attività politica di EFTA a Bruxelles, che mira a influenzare i dirigenti politici ed è supportato dall’intero movimento e rappresentato in FLO, IFAT, NEWS! e la stessa EFTA – da questo l’acronimo FINE.

Il Fair Trade e le organizzazioni Fair Trade sono stati riconosciuti dalle Istituzioni europee
e dagli enti governativi nazionali e regionali per il loro contributo alla riduzione della povertà, lo sviluppo sostenibile e per la crescita di consapevolezza per i consumatori sui problemi del commercio. Il Parlamento europeo ha approvato parecchie risoluzioni sul Fair Trade (nel 1994, 1998 e nel 2006) e molti ministri europei e primi ministri hanno pubblicamente dato il loro appoggio al Fair Trade. Un numero sempre maggiore di istituzioni sta utilizzando i prodotti Fair Trade e le autorità locali stanno inserendo i criteri di equità e sostenibilità nella loro offerta pubblica. Migliaia di città, università e chiese si sono adoperate per il Fair Trade, impegnandosi nella sua promozione e contribuendo alla riduzione della povertà e dell’emarginazione. I rappresentanti dei paesi poveri promuovono con sempre maggior impegno il Fair Trade per consentire ai produttori più piccoli e marginalizzati dei propri paesi di vivere e lavorare con dignità.
Il Fair Trade è sempre più presente sulle agende dei politici di tutto il mondo.

Le reti
Dalla metà degli anni ’70 le organizzazioni di Commercio Equo nel mondo iniziarono a incontrarsi in modo informale ogni due anni. A metà degli anni ’80 c’era il desiderio di incontrarsi più formalmente e a fine decennio vennero fondate EFTA (European Fair Trade Association) nel 1987 e IFAT (oggi WFTO) nel 1989. Sono queste due organizzazioni molto diverse: EFTA riunisce gli 11 principali importatori di Commercio Equo d’Europa; WFTO è una rete globale di 250 organizzazioni (numero crescente) dirette a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni economicamente svantaggiate attraverso il commercio e organizzando un forum per lo scambio di informazioni e di idee.

La collaborazione tra le organizzazioni di Commercio Equo è di fondamentale importanza. In tutto il mondo si sono stabilite reti di associazioni, come i Fair Trade Forum in Asia e in Bangladesh, Fair Trade Group Nepal (AFTF), Co-operation for Fair Trade in Africa (COFTA), l’Association Latino Americana de Commercio Justo
 
(IFAT LA), IFAT Europe, Ecota Fair Trade Forum in Bangladesh, Fair Trade Group Nepal, Associated Partners for Fairer Trade Philippines, Fair Trade Forum India, Kenya Federation for Alternative Trade (KEFAT) ecc

FLO, IFAT, EFAT e NEWS! si incontrarono per la prima volta nel 1998 e la loro unione prende il nome di FINE. L’obiettivo di FINE è di rendere possibile la cooperazione tra queste reti e i loro membri in settori importanti, quali l’attività politica e le campagne, gli standard e il monitoraggio del Commercio Equo.

Per concludere
Durante i suoi 60 anni di storia, il Commercio Equo si è sviluppato in un movimento ampiamente diffuso e riconosciuto a livello politico e commerciale. Grazie al supporto delle organizzazioni Fair Trade, i commercio equo e solidale ha guadagnato il riconoscimento dei politici e del grande circuito commerciale. Ci si aspetta un successo ancora maggiore, come lo sviluppo delle FTO tra le organizzazioni più potenti del mercato globale e fare in modo che le compagnie entrino maggiormente in sintonia con la crescente domanda di prodotti Fair Trade nel mercato.






venerdì 22 marzo 2013

Coltivare speranza



COLTIVARE SPERANZA
Interrogativi intorno all’evento del nuovo papato: parole e riflessioni della comunità dell’Isolotto in Firenze.
            Sollecitati dalla pluralità di messaggi che si levano da tante realtà di base su questo tema,  nel rispetto delle diversità di considerazioni ed espressioni che scaturiscono a partire dai differenti contesti e vissuti di singole persone ed esperienze, desideriamo aggiungere la nostra lettura degli avvenimenti.
La fede su cui si fonda il nostro vivere, sia essa fede religiosa o fede laica, è spinta a rinnovarsi di continuo dalle vicende gioiose o tragiche della vita e della storia. Oggi guardiamo con speranza a questo popolo in cammino che ha il coraggio di manifestare apertamente la propria fede liberandosi da paure e soggezioni.
Educati dal Vangelo della tradizione cristiana e insieme arricchiti da tante altre tradizioni di sapienza e liberazione umana, ci interroghiamo.
            Assistiamo a folle che fissano gli occhi verso l’alto in attesa che qualcuno o qualcosa compia il miracolo della salvezza; questo atteggiamento di attesa passiva, in cui siamo cresciuti per generazioni, favorisce la cultura della dipendenza, non permette ai nostri occhi di vedere le tante formiche laboriose che si danno da fare e contribuisce a rafforzare i poteri che le schiacciano.
Da cristiani adulti e maturi, volgiamo lo sguardo verso chi ci è accanto, cercando insieme cammini nuovi.
            Il cerchio della comunità in cui ci riconosciamo e siamo cresciuti/e non prevede ruoli e personalità di prestigio o taumaturgiche, valorizza le diversità e le specificità di ciascuna/o con le risorse ed i limiti che ci caratterizzano. Anche al nostro interno, come dovunque, esistono problemi e complessità; a volte sarebbe più comoda e facile la delega a qualcuna/o anziché l’assunzione di responsabilità individuali, ma abbiamo sperimentato che la fatica del condividere ci arricchisce, ci sostiene, ci dona speranza, fiducia, serenità. “Né padri né maestri” dunque: il culto di miti, santi ed eroi crea soggezioni, dipendenze, insicurezze. Riconosciamo il valore di messaggi e contributi positivi di donne ed uomini di buona volontà a cui siamo grati, ma non amiamo i monumenti e gli altari. Secondo noi il movimento di Gesù e le prime comunità cristiane hanno proposto un messaggio ed una testimonianza collettiva e non un eroe mitico, e il linguaggio usato dal racconto dei Vangeli va contestualizzato, scoperto ed attualizzato costantemente.
             In questo contesto ci domandiamo che valore ha l'elezione di un nuovo Papa: ha un senso evangelico affidarci a dei “maestri”, esclusivamente uomini, che si preoccupano sostanzialmente di una struttura ecclesiastica ipertrofica, monarchica e feudale, legata alla ricchezza e al potere, che ci allontana dallo spirito della predicazione di Gesù di Nazareth?
Lo spirito è la grande risorsa dei senza-potere ai quali si vorrebbe negare passato e futuro. Ci piace ricordare in questo contesto il messaggio profetico di Gioacchino da Fiore, che nel lontano 1170  preconizzava l'avvento dell'età dello Spirito, uno Spirito che si diffonde su tutti gli uomini di buona volontà e rende superflua la struttura gerarchica della Chiesa: è l'età dei laici che prendono consapevolezza della propria dignità di Figli di Dio e si fanno promotori in prima persona del Regno della Giustizia, della Verità e dell'Amore.
            Oggi in molti abbiamo capito che dobbiamo confrontarci tutte/i apertamente per promuovere e inventare una nuova cultura di laicità e di rispetto reciproco che non passa solo per le battaglie sociali, politiche ed istituzionali ma anche e soprattutto attraverso la ricerca di valori condivisi da donne ed uomini, insieme, per accompagnare le nuove generazioni lungo percorsi nuovi e liberanti. La scienza, la conoscenza, la memoria, la storia e la riappropriazione della dimensione religiosa sono alcuni dei tanti luoghi del confronto e dell’approfondimento ai quali guardiamo senza timori né soggezioni, con atteggiamento consapevole e responsabile, perché secondo noi sono i nuovi cammini di incontro dell’umanità in ricerca.
Abbiamo imparato che “la verità” non appartiene a nessuno, che esistono “tante verità” che possono arricchire il cammino dell’umanità e che siamo chiamati a coniugare insieme in atteggiamento di responsabilità e di reciproca fiducia; consideriamo non coerente con lo spirito del Vangelo l’affermazione dell’esistenza di “principi non negoziabili”.
            Oggi, a 50 anni dall’inizio del Concilio, il divenire storico ci appare come un incessante cammino. Donne e uomini di tutti i tempi, luoghi e popoli procedono verso la liberazione spinti da una forza che si sprigiona dall'interno della vita e dall'intimo delle relazioni. Non più la storia come marcia trionfale del dominio, segnata dalle gesta di eroi, di santi, di potenti, negata alla gente comune chiamata "senza storia", ma la storia come immenso movimento dal basso, incerto, fluttuante, con alti e bassi, conquiste e arretramenti, scoraggiamenti e speranze. Oggi scopriamo che quello spirito del Concilio, così osteggiato e tradito dai luoghi del potere, ha camminato lungo le strade della storia. Semi sparsi germogliano e fecondano nuova vita. E’ tenendoci per mano che riusciamo a dare alla vita un senso sempre nuovo e al tempo stesso antico, ricco di tutta la sapienza del cammino umano nei secoli. Riteniamo di poter affermare che erede della chiesa del Concilio sia questa realtà in ricerca faticosa, generosa e autentica dei tanti modi di coltivare nuova speranza.
Firenze, 24 marzo 2013                                 La Comunità dell’Isolotto

Email di risposta:

1 - D'accordo su tutto anche se io ormai mi considero "parzialmente cristiano e ateo". "Parzialmente cristiano" perché mi riconosco in tanti valori del cristianesimo (non in tutti) che comunque è , il cristianesimo, una risultante di vari apporti (giudaismo, ellensimo, etc. etc) ma anche in tante altre elaborazioni prodotte dalla cultura umana: es: il diritto, il giusnaturalismo, l'illuminismo, etc. etc; "ateo" perchè non credo in un Dio superiore esterno e sovraordinato alla natura. Soprattutto la natura umana. L'unica cosa sulla quale mi permetto di avere qualche riserva è il grande valore dato al Concilio. Un fenomeno che va storicamente e criticamente ripensato  e ridimensionate. Sul quale vennero forse poste e riposte troppe aspettative e speranze. 
Queste mie marginali riserve (tutte personali) non toccano il nocciolo della vostra argomentazione critica nei confronti delle attese  e delle relative acquiescenze che vengono assunte nei confronti di personalità carismatiche. Una critica quanto mai attuale.
E con ciò vi ringrazio per il lavoro che svolgete e vi saluto fraternamente.
Mauro 

2 - Grazie, Mauro, del messaggio. Non dimentichiamo il valore della tua presenza e del tuo apporto nei giorni intensi seguiti alla rimozione da parroco di Enzo con tutto quello che ne seguì. E la tua penna maestra nel tracciare, all'interno del gruppo riunito in seduta permanente i comunicati  giornalieri in risposta alla stampa nazionale e oltre, ai comunicati della Curia e dell'Osservatore Romano...Tutti pezzi che ritroviamo oggi nei notiziari che Sergio sta finendo di scannerizzare e che faranno parte dell'Archivio online della Comunità. Quanto al credente o non credente, tu sfondi, qui tra noi, una porta aperta. Quello che qui ci unisce ancora è il riferimento ai valori semplici e chiari del Vangelo. E poco altro. 
Quanto al riferimento al Concilio, la nostra è una adesione o aderenza a quella parte di umanità che vive all'interno della realtà "ecclesiale" configurata come grande organizzazione o grande ONG come riconosce papa Francesco e che continua a condizionare la vita dei singoli e degli Stati; è una aderenza a tutte quelle forze che dall'interno cercano si liberarsi liberando. Certo è vero che Gioacchino da Fiore aspetta lì dal 1170. Ma insomma, ci sono state tante spinte e modifiche, i movimenti religiosi "ereticali", le rivoluzioni civili, la Riforma, la fine del potere temporale...Come Comunità - e  non lo potremmo fare altrettanto bene come singoli -  intendiamo stare in aderenza a tutto questo. 
Saluti a te Gigliola e ..derivati. Qui dalle baracche, venerdi mattina del 22 marzo dell'anno di grazia 2013.  Urbano.


lunedì 18 marzo 2013

la salute bene collettivo

 Raffaele Faillace su "Il sistema sanitario e le sue prospettive"


Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 17 marzo 2013
Percorsi di memoria: la salute bene collettivo
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con il contributo di Raffaele Faillace


1. Letture e riflessioni dal Vangelo di Marco
(spunti liberamente tratti dal testo “Guarì molti che erano affetti da molte varie malattie” di A. Maggi)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea,
in compagnia di Giacomo e Giovanni.
La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.
Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati [persone che stavano male] e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.
Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; …

Proviamo a comprendere il brano inserendolo nel suo contesto:
·        si parla di una donna ammalata; i malati erano considerati impuri, non potevano essere né avvicinati, né toccati, né curati, tanto meno da un rabbino; le donne, considerate impure di per sé, quando erano  malate, erano considerate doppiamente impure e a maggior ragione nessuno le avvicinava e se ne preoccupava; (la visione maschilista de tempo è evidente in un dettaglio: nel brano si citano i nomi di tutti i protagonisti della vicenda ma non della donna!)
·        è giorno di sabato e di sabato sono proibite molte azioni e tra queste anche far visita o curare gli ammalati;
·        ci sono due coppie di fratelli, una più osservante formata da Giacomo e Giovanni che è appena uscita dalla sinagoga insieme a Gesù, e una meno osservante formata da Simone e Andrea (i loro nomi sono di origine greca) che è restata a casa e che è preoccupata per la salute della donna (infatti  non appena Gesù esce dalla sinagoga “subito…gli parlarono di lei”…).
·        Gesù infrange la Legge, va a caso loro, si avvicina alla donna, la fa alzare, addirittura la tocca prendendola per la mano e…”la febbre la lasciò”.  Gesù tra l’osservanza della regole della Legge e il bene delle persone  sceglie il bene delle persone.

Sulla base di queste elementi possiamo già fare alcune considerazioni:
·        nel brano siamo di fronte a una “buona novella”: è tempo di costruire un mondo in cui non si divida l’umanità tra puri e impuri, tra emarginati e non; le persone nella loro umanità e nei loro bisogni sono più importanti di qualsiasi regola o dettame della religione.
·        sono le persone meno osservanti – Simone e Andrea - che prima di altri colgono, comprendono, il senso di questa buona notizia; e cominciano a costruire questo nuovo modo di vivere;
·        in merito alla guarigione della donna osserviamo che a noi non interessa la figura di Gesù come mago-taumaturgo, ma ci interessa sottolineare che l’attenzione, la considerazione, la sollecitudine, il contatto fisico ed emotivo, allora come oggi, sono una grande potente medicina: “la febbre la lasciò!”.
·        molte persone (malate e non solo) hanno paura della Legge e infatti per avvicinare Gesù aspettano la sera, quando il sabato, giorno di tutte le proibizioni, è concluso; il peso di questa paura è più grande del desiderio di guarigione…
·        la parola tradotta con “malati” non indica tanto gli infermi per malattia, ma persone che stavano male, e questo “star male” indica proprio lo stato in cui si sta quando si vive nella paura, nell’oppressione, nella mancanza di giustizia sociale. In questo stato di oppressione e di malessere viveva una moltitudine di persone (“Tutta la città era riunita”).
·        possiamo dunque pensare che l’azione di cura indicata nel Vangelo - “Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni” - non è tanto di ordine medico-sanitaria, ma è un percorso di liberazione dalla paura, un percorso di trasformazione di quella mentalità chiusa che impedisce la salute, il benessere, le relazioni positive con  gli altri.

2. Alcuni riferimenti della normativa in materia di salute
[informazioni tratte da www.wikipedia.it o dal working paper di Klaus Fusser e Giorgia Oss su : ” sanità pubblica e privata – profili italiani ed europei”.]

La Costituzione della Repubblica Italiana
  • articolo 32: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un  determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
  • articolo 117: “lo Stato ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute attraverso la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”.
Il comma 3 dello stesso articolo afferma che la tutela della salute è materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni, ovvero le Regioni devono garantire in concreto il raggiungimento degli obiettivi di salute dei cittadini tramite una disciplina di dettaglio.

Una breve storia:  dall’art. 32 della Costituzione alla legge 833 del 1978
Nei decenni successivi all’instaurazione del nostro Stato unitario e sino alla fine della seconda guerra mondiale la tutela della salute fu intesa prevalentemente come tutela della salute collettiva con particolare attenzione ai profili igienico sanitari.
La tutela della salute del singolo cittadino, cioè, la cura del suo stato di malattia, non aveva riconoscimento di bene pubblico. Le funzioni pubbliche per la tutela della salute collettiva erano attribuite al Ministero dell'Interno e all'apparato periferico dell'amministrazione costituito dai prefetti, dai sottoprefetti e dai Sindaci.
Si produsse così una sorta di dualismo fra le autorità fornite del potere di decisione, ma estranee in sé alle problematiche sanitarie (Ministero dell'interno, prefetti, Sindaco come ufficiale di governo), e i funzionari tecnici esperti nei temi della sanità pubblica, ma privi, in pratica, di effettive possibilità decisionali.
Soltanto con l’istituzione dell'Alto Commissariato all'Igiene e Sanità (D.L. 12 luglio 1945, n. 417) si avviò un primo serio tentativo di superamento di tale dualismo, in quanto vennero affidate ad una specifica struttura amministrativa le competenze in materia sanitaria, senza tuttavia riordinare le competenze dell'amministrazione periferica, cosicché prefetto e Sindaco risultavano confermati  quali autorità sanitarie, con conseguenti frequenti conflitti di competenza tra la nuova figura dell'Alto commissariato e le autorità sanitarie periferiche.
L’entrata in vigore della Costituzione e del suo art. 32 (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti") modificò completamente i termini della questione riconoscendo la salute come oggetto di tutela da parte della Repubblica  mentre i precedenti più significativi si erano limitati alla previsione dell’obbligo statale di organizzare un unitario sistema assicurativo per tutelare la salute del lavoratore, e ad una generica affermazione del diritto o alla salute come mero problema di ordine pubblico.
Sotto il profilo degli strumenti, si poneva il problema di unificare sia le istituzioni preposte al governo del servizio pubblico salute, sia il sistema delle prestazioni sanitarie, all’interno dell’ormai accettato principio dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie e superando la stratificazione dell’organizzazione mutualistica, culturalmente e politicamente legata a una nozione di salute non più rispondente ai canoni costituzionali. Dal canto loro, lo sviluppo delle scienze mediche e la connessa evoluzione della nozione stessa di salute (intesa non più soltanto come assenza di malattia, ma come complessivo stato di benessere psicofisico) comportavano ugualmente la necessità di un adeguamento degli strumenti istituzionali e organizzativi, oltre che del coinvolgimento di ciascun cittadino nell’elaborazione di adeguati stili di vita idonei a prevenire le patologie e della responsabilizzazione di singoli e gruppi in ordine al funzionamento del servizio salute.
La competenza regionale sull’assistenza sanitaria e ospedaliera, prevista dall’originario art. 117 e interpretata come insieme delle attività volte a tutelare il diritto alla salute, veniva a completare il disegno costituzionale e a costituire una preziosa indicazione organizzativa, individuando nell’articolazione decentrata dei servizi sanitari lo strumento per rispondere in modo più efficace ai bisogni di salute. L’espressione “sanità pubblica” si riferisce allora, tanto nel linguaggio giuridico quanto in quello politico e in quello comune, sia al complesso delle prestazioni o degli interventi pubblici preordinati al soddisfacimento di esigenze sanitarie, sia agli apparati amministrativi e alle procedure necessarie per erogare quelle prestazioni e attuare tali interventi. Il compito del livello centrale in sanità sta anzitutto nel porre i principi fondamentali del sistema attraverso la legislazione cornice, orientata dall’obiettivo fondamentale della tutela della salute. All’interno dell’apparato centrale, alle istituzioni preposte alla tutela della salute, spetta il necessario compito di coordinamento tra i diversi livelli di governo, compito che si caratterizza per una forte componente tecnica e tecnico-scientifica.
A livello di legislazione ordinaria, si è assistito alla faticosa ricerca, poi sfociata nella legge 23 dicembre 1978, n. 833, di un modello di sistema sanitario che superasse sia la frammentazione del sistema mutualistico, sia quella dell’apparato organizzativo centrale e periferico. Le modifiche legislative successive alla legge n. 833, per quanto importanti, non hanno inciso sul nucleo essenziale del sistema e dei suoi principi di fondo, così sintetizzabili: responsabilità pubblica della tutela della salute; universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari; globalità di copertura in base alle necessità assistenziali di ciascuno, secondo quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza; finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale; “portabilità” dei diritti in tutto il territorio nazionale e reciprocità di assistenza con le altre regioni.
Non si deve però pensare che il percorso sopra sintetizzato sia stato lineare e univoco, troppo diverse essendo le opzioni sottese alle varie proposte di politica sanitaria. Si sono infatti delineati, nel tempo, due distinti approcci in tema di Servizio sanitario nazionale.
Il primo approccio si fonda sulla valorizzazione del principio costituzionale di solidarietà sociale (art. 2 Cost.), al quale collega il principio di sussidiarietà, consistente nell'esigenza di far corrispondere il livello della risposta sociale, politica e amministrativa con il livello dell'interesse e/o del bisogno cui fare fronte. La base di questa impostazione è quella per cui alcuni diritti, in particolare quello alla salute, caratterizzano così fortemente la condizione di cittadinanza da rendere inaccettabile, culturalmente e politicamente, un diverso godimento dei livelli essenziali dei medesimi originato da diverse scelte dei governi locali.  Ne consegue che la regionalizzazione propugnata non confligge con l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale, purché questo sia inteso anzitutto come il “complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali”. Collante del sistema sono anzitutto i  livelli essenziali di assistenza, la cui individuazione a livello nazionale costituisce la premessa per l’autonomia organizzativa dei modelli regionali, entro la cornice dei principi del Servizio sanitario nazionale.
Il secondo approccio mette l’accento sul singolo individuo e sulla tendenza all’individualizzazione della risposta al bisogno, reputata più facilmente soddisfabile in un contesto di concorrenza non regolata, al fine di valorizzare la libera scelta del cittadino. Questa posizione mette in luce più il profilo difensivo che non quello promozionale, riconducendo la nozione stessa all’interno dell’iniziativa privata e delle cosiddette leggi del mercato. In questa prospettiva, l’autonomia totale postulata alle Regioni per quanto concerne l’organizzazione sanitaria viene a svolgere una funzione per così dire di alleggerimento dell’organizzazione della sanità pubblica, apparendo strumento adatto a rompere l’equazione tra diritto alla salute e organizzazione del Servizio sanitario nazionale su base pubblica, in vista di una sua riorganizzazione su basi diverse, considerate più moderne e adeguate alla tendenza individualizzante e soggettivizzante del vivere contemporaneo.

1958 - Il Ministero della Salute: è istituito per la prima volta il Ministero della Salute (prima di salute si occupava il Ministero degli Interni).

Il Sistema delle “casse mutue”: prima del 1978 l’assistenza sanitaria in Italia era basata sugli enti mutualistici o casse mutue (il più noto era l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie - INAM). Ogni categoria di lavoratori doveva essere obbligatoriamente iscritta allo stesso ente mutualistico; ogni ente forniva ai propri iscritti cure mediche ed ospedaliere, ed era finanziato con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro.
Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all'essere cittadino ma all'essere lavoratore (o suo familiare) con conseguenti casi di mancata copertura; vi erano, inoltre, sperequazioni tra gli stessi assistiti, vista la disomogeneità delle prestazioni assicurate dalle varie casse mutue.

1968 – Legge n.132/1968: nel 1968, con la cd legge Mariotti gli ospedali che fino ad allora erano gestiti da enti di assistenza e beneficenza diventano enti pubblici (enti ospedalieri); la legge ne disciplina l'organizzazione, la classificazione in categorie, le funzioni nell'ambito della programmazione nazionale e regionale ed il finanziamento.

Legge n.833/1978 - Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN): nel 1978 viene istituito il SSN, un sistema pubblico di carattere universalistico e solidaristico che intende garantire l’assistenza sanitaria gratuita a tutti i cittadini senza distinzione di genere, residenza, età, reddito, lavoro.  

In base al principio di sussidiarietà, il SSN è articolato secondo diversi livelli di responsabilità e di governo:
  • livello centrale: lo Stato ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte sistema di garanzie e attraverso i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
  • livello regionale: le Regioni hanno la responsabilità diretta della realizzazione del governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del Paese. Le Regioni hanno competenza esclusiva sulla regolamentazione ed organizzazione di servizi e di attività destinate alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle ASL e della Aziende ospedaliere.

Il SSN non è dunque formato da una sola Amm.ne ma comprende enti ed organi nazionali e regionali:
  • il Ministero della Salute, che coordina il piano sanitario nazionale;
  • una serie di enti e organi a livello nazionale (tra cui, per es. il Consiglio superiore di sanità (CSS), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l'Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL), etc..);
  • i servizi sanitari regionali. Questi, a loro volta, comprendono:
    • le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
    • le aziende sanitarie locali (ASL) e le aziende ospedaliere (AO), attraverso le quali le regioni e le province autonome assicurano l'assistenza sanitaria.

Decreto n.502/1992 - Con il Decreto 502/1992 si mantiene la natura pubblica del servizio reso ai cittadini ma si introduce la possibilità che questo servizio sia erogato da strutture private accreditate che abbiano stipulato un contratto con la regione e le ASL (sistema dell’accreditamento). La differenza nella regolamentazione regionale e nella relativa arbitrarietà dei criteri di accreditamento ha fatto nascere una serie di problemi sia nella qualità dei servizi offerti che nelle spese sostenute per i servizi stessi.

29.11.2001 – nel 2001 vengono definiti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ossia l'insieme di tutte le prestazioni e i servizi che i cittadini hanno diritto ad ottenere dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), garantite in condizioni di uniformità a tutti e su tutto il territorio. Sono quelle prestazioni che lo Stato ritiene così importanti da non poter essere negate mai a nessuno. Il sistema dei Livelli Essenziali di Assistenza prevede:
  1. assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro ( già prevenzione)[1],
  2. assistenza distrettuale[2],
  3. assistenza ospedaliera (pronto soccorso, ospedali, day hospital, etc..).

Le risorse economiche del SSN: il SSN è finanziato dallo Stato stesso attraverso la fiscalità generale e le entrate dirette percepite dalle ASL attraverso ticket sanitari e prestazioni a pagamento.
Circa il 95% del costo del SSN è sostenuto quindi tramite le tasse; dopo l’entrata in vigore del Decreto 56 del 2000 sul federalismo fiscale, altre forme di finanziamento della sanità sono provenute da risorse regionali di vario tipo (IRAP, IVA, accise sulla benzina, ticket, …).

La dotazione per il 2012 per il Servizio Sanitario Nazionale ammontava a circa 109 miliardi di euro, di cui 106 (destinato ai LEA) da ripartire tra le 20 regioni italiane.. La compartecipazione dei cittadini italiani alla spesa sanitaria nazionale è pari ad un importo di 4 miliardi di euro.

Il 98% delle risorse è dedicato ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e a loro volta sono così ripartite:
  • 5% alla prevenzione;
  • 50% ai distretti presenti sul territorio;
  • 45% all'assistenza ospedaliera.

Secondo una ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, risalente al 2000, l'Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i cittadini, dopo la Francia.


3. Percorsi di memoria : la nascita della Humanitas all’isolotto

La nostra storia non è centenaria, ha poco meno di quarant’anni, ma racchiude in se la storia di centinaia di persone che con passione e dedizione hanno dedicato il proprio tempo al servizio degli altri. Centinaia di persone che hanno donato il proprio tempo spinti dalla consapevolezza di poter creare qualcosa di buono e di nuovo. La storia di persone che credono in un mondo giusto, e che la partecipazione sia la strada per la libertà. Ognuna di esse ha dato qualcosa ricevendo in cambio solo la soddisfazione di essere parte di qualcosa: una famiglia.

La nostra storia inizia nel 1972, il quartiere dell’Isolotto aveva poco più di una decina di anni, ed era l’inizio di un decennio che avrebbe segnato la storia d’Italia. Alcuni cittadini, spinti da un forte senso civico e di responsabilità, chiesero alla Pubblica Assistenza Humanitas Scandicci di fornire i mezzi e la struttura per avviare una sezione nel quartiere, così da garantire il servizio di trasporto infermi e primo soccorso sul proprio territorio. Così nacque la sezione V° zona Isolotto, in via Sernesi, già col nome di Humanitas Firenze. Si era creato qualcosa di nuovo e intimamente connesso con  il tessuto dell’Isolotto.

Poco dopo si cercò infatti l’indipendenza, sia dirigenziale che economica e nel 1974, con il primo statuto, nasce la Pubblica Assistenza Humanitas Firenze società di mutuo soccorso. La nuova Associazione, nel 1975 si trasferirà nei locali del nuovo viale Talenti, sede storica e ancora oggi punto di riferimento per chiunque passi in quella zona. Le difficoltà economiche iniziali rischiarono di stroncare sul nascere i buoni propositi dei volontari, ma grazie ad una sottoscrizione popolare ed all’impegno di tutti, si riusì a trovare la somma necessaria a sistemare la sede ed i primi debiti, consentendo all’Associazione di poter iniziare il proprio cammino. Già da questo primo gesto dei cittadini del quartiere si inizia a capire come la storia di entrambi sarà strettamente legata.

L’Humanitas, indipendente e con una casa propria, presta soccorso alla popolazione ma in quegli anni il soccorso d’ambulanza è poco più di un trasporto a tutta velocità. La ricerca continua della qualità del servizio prestato, spingerà presto i volontari dell’Humanitas a ricercare fin da subito, l’aiuto di professionisti. Sono questi anche gli anni del tremendo terremoto in Friuli, teatro di una sconvolgente catastrofe che dette il via ad una gara di solidarietà cui parteciparono anche i volontari dell’Humanitas. Erano i prodromi di una Protezione Civile organizzata che solo qualche anno più tardi vedrà la luce. Erano anni pionieristici, che getteranno le basi della moderna organizzazione per la gestione delle emergenze.

Arrivano gli anni ottanta e l’esperienza porta pubbliche assistenze e misericordie alla creazione di servizi di soccorso avanzati. Sotto il nome di CEMM e SPAMU si iniziano a vedere le prime ambulanze con professionisti a bordo, pagati dalle associazioni per garantire la presenza di un medico durante il soccorso ed il trasporto degli infermi. L’Humanitas mette sulle ambulanze anche medici anestesisti, per inseguire quella qualità che ritenevano adeguata al soccorso. Soddisfare i bisogni e le richieste, un bisogno di crescere dettato dalle esigenze di quanti chiedevano aiuto era e rimane il primo obiettivo dell’Associazione. Nel 1980 si interverrà anche per il terremoto in Irpinia, aggiungendo all’invio di uomini e mezzi anche la raccolta di fondi e materiale vario. Alla fine degli anni ottanta viene inaugurato il servizio di onoranze funebri, sempre per inseguire le esigenze di quanti si rivolgevano all’Humanitas e per fungere da calmiere in un settore che spesso si lasciava andare ad una troppa ricerca di lucro. Iniziano gli anni novanta e l’Humanitas si getta nella realizzazione del proprio Poliambulatorio, affiancando al servizio soccorso anche l’offerta di un servizio medico qualificato, riuscendo anche qui a gettare le basi di quel privato sociale che oggi è l’unica via di mezzo fra il pubblico e il privato puro, per garantire qualità di prestazioni a prezzi sostenibili.

Nel 1992 nasce il 118 in Italia. Superate le prime diffidenze da parte del volontariato che si vede privato di un qualcosa che ha contribuito in larga misura a far nascere, parte la centralizzazione organizzata del servizio di richiesta di soccorso medico. L’Humanitas è fino dall’inizio punto di emergenza territoriale medica, ospitando e lavorando quotidianamente con i nuovi medici del 118 cui garantiva mezzi e personale adeguatamente formato 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno. Spinti dal costante bisogno di crescere e di far meglio nel 1995 viene acquistata una nuova sede, più grande e accogliente, per soddisfare l’esigenza di collocare un maggior numero di volontari e di mezzi e soddisfare un sempre crescente numero di richieste. Non è ancora iniziata la crisi di vocazioni che colpirà tutti i settori del volontariato negli anni successivi, minando tutto il sistema e la risposta risulta sempre adeguata. Nel 1996 nasce il Gruppo Affari Sociali, su richiesta del Quartiere 4, e di alcune famiglie aventi l’esigenza di trovare una struttura che organizzasse attività ricreative nel tempo libero rivolte ai portatori di handicap, al fine di offrire a questi ultimi una possibilità di svago e divertimento al di fuori della famiglia e della scuola (o lavoro). Fiore all’occhiello di quel Settore Sociale, che da sempre ha affiancato le storiche attività di Soccorso Sanitario e Protezione Civile.

La nuova sede, dopo varie vicissitudini, vedrà il trasferimento definitivo delle attività soltanto nel 2003. Da allora ad oggi si è lavorato costantemente per il consolidamento di quanto ottenuto, raggiungendo traguardi insperati solo qualche anno fa, soprattutto riguardo il lato economico.


4. Sanità pubblica e privata
da www.telemeditalia.it di Raffaele Bernardini

[Raffaele Bernardini é un giornalista, esperto di comunicazione sociale.
Ha collaborato a numerosi giornali (per 18 anni é stato collaboratore de L'Osservatore Romano per la sanità) ed é stato per molti anni redattore capo della rivista L'Assistenza Ospedaliera.
E' stato anche capo ufficio stampa e relazioni esterne dell'Associazione delle Istituzioni sanitarie religiose. Collabora tuttora a pubblicazioni specializzate in materia sanitaria ed é socio dell'Associazione della stampa medica italiana (ASMI)].

Fin dal tempo delle mutue il sistema sanitario italiano è stato un mix tra pubblico e privato e tale sistema, sostanzialmente, ha funzionato bene, con particolare soddisfazione degli assistiti. Anche il Servizio Sanitario Nazionale, istituito il 23 dicembre 1978 con la legge 833, ha mantenuto e rispettato la suddetta situazione.
Con leggi successive si pose fine al sistema delle convenzioni e si introdusse l’ accreditamento istituzionale delle strutture pubbliche e private, che volevano operare nel SSN. I criteri di accreditamento, in base a linee-guida del Ministero della Salute, dovevano essere e sono stati precisati dalle regioni, prima provvisoriamente, poi definitivamente, fino ad arrivare alla legge 299 del 1999.
Si é così a definito meglio e più organicamente l’assetto organizzativo ed erogativo delle strutture nel sistema di assistenza sanitaria del nostro Paese. Si é determinata, di conseguenza, una situazione di parità e di razionale competizione tra pubblico e privato, una “pari dignità”, che poteva privilegiare sia il pubblico che il privato accreditati. Si pensava, con questo sistema, di porre fine a quel contrasto ideologico, che aveva contraddistinto il rapporto pubblico-privato e che veniva “aizzato”, di tanto in tanto, da alcuni partiti e movimenti politici.
Con l’ accreditamento cessavano i rapporti convenzionali e si dava luogo al nuovo sistema, per la verità con un percorso lungo e complesso, che in qualche regione pare non sia ancora terminato.
Purtroppo negli ultimi tempi si è verificato un “ritorno di fiamma” del citato contrasto ideologico tra pubblico e privato nella sanità e in parecchi casi le strutture sanitarie private, seppure regolarmente accreditate, sono state sottoposte ad attacchi e rilievi, spesso ingiusti e strumentali. E nel mirino di tale contrasto sono state anche coinvolte Istituzioni sanitarie religiose, che da tempo hanno svolto e svolgono un ruolo di importante rilievo nella sanità italiana e che operano in regime di accreditamento.
Ritengo che non sia giusto e neppure razionale rispolverare ideologie e tesi politiche per contestare l’ attività del privato, laico e religioso, nel Servizio Sanitario Nazionale. Non è giusto perché l’ accreditamento, che venne introdotto da disposizioni di legge della Repubblica italiana, ha stabilito un pari livello di dignità e di operatività tra pubblico e privato, determinando anche una “ sana competizione” tra le due aree, che vengono ovviamente “privilegiate” e liberamente scelte dai cittadini per le loro esigenze di salute. Non è razionale, in quanto –come è noto- le strutture private (Ospedali religiosi classificati, Case di cura e Centri di riabilitazione ) sono servite e servono, tra l’altro, ad integrare e supportare, anche in situazioni di emergenza, quelle pubbliche, alcune delle quali, per la verità, non brillano per efficienza ed efficacia dei loro servizi.
Dunque ristabiliamo la verità ed evitiamo che si riproponga un conflitto “ideologico” pubblico-privato, che pragmaticamente non ha ragione di essere, specialmente quando si constata che le strutture private accreditate hanno un buon livello di funzionamento e di efficienza.
Il diritto alla tutela della salute non ammette “conflitti ideologici”, bensì qualità ed efficienza delle strutture dedicate, siano esse pubbliche o private e purché siano tutte finalizzate al servizio dei cittadini.


[1] L’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro (prevenzione) comprende, tra gli altri i seguenti ambiti: Profilassi delle malattie infettive e parassitarie; tutela della collettività da rischi sanitari connessi agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali; tutela della collettività e del singolo dai rischi infortunistici connessi agli ambienti di lavoro; Sanità Pubblica veterinaria (sorveglianza epidemiologica delle popolazioni animali, farmacovigilanza veterinaria, vigilanza dei mangimi, etc); tutela igienico-sanitaria degli alimenti; Sorveglianza e prevenzione nutrizionale.
[2] L’assistenza distrettuale comprende i servizi sanitari e sociosanitari, assistenza farmaceutica, specialistica e diagnostica ambulatoriale, fornitura di protesi ai disabili, servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi; i consultori familiari, i SER.T, servizi per la salute mentale, servizi per la riabilitazione dei disabili ecc...; strutture semiresidenziali e residenziali: residenze per anziani e disabili, centri diurni, case famiglia e comunità terapeutiche.

Nota

Raffaele FAILLACE
E' nativo di San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza, Raffaele Faillace, 61 anni, da oggi direttore generale all' assessorato alla Sanità. Faillace risiede a Firenze, nel borgo Sanfrediano, e nel capoluogo toscano ha conseguito la laurea in Scienze politiche. 
Dal '94 ad oggi, Faillace ha svolto varie attività, tra cui quella di commissario straordinario nella costituenda azienda Usl 2 di Lucca, di cui poi e' stato direttore generale. Successivamente ha esercitato le funzioni di commissario liquidatore delle ex Usl 4, 5 e 6; direttore generale dell' Azienda Usl 5 di Pisa e commissario liquidatore delle Usl 12, 15 e 16.
Come ultimo incarico e' direttore di progetto e consulente del Centro polifunzionale riabilitativo Auxilium Vitae Spa a Volterra. Assai corposo il curriculum di Faillace, il quale nel periodo antecedente al 1994 ha fra l' altro contribuito alla elaborazione della politica socio-sanitaria in Toscana, con attività direzionali nel settore dell' igiene e della sicurezza del lavoro e poi, per circa dieci anni, dirigente del servizio regionale ''Prevenzione, Igiene e sicurezza del lavoro''. 
Professore a contratto alla scuola di specializzazione in Medicina del lavoro della Università di Firenze, nel 1989 Faillace ha contribuito all' elaborazione del secondo Piano sanitario regionale ed ha un ricco elenco di pubblicazioni, riguardanti per lo più il settore in Toscana. 
Nel curriculum di Faillace, spicca il risanamento finanziario dell' Azienda 2 di Lucca, dove si e' passato dalla più alta spesa pro capite della Toscana al pareggio del bilancio alla fine del 1998. In questo stesso contesto, il tasso di ospedalizzazione, dal 223 per mille del 1995, il più alto della Toscana, alla fine del 1998 si e' attestato a 174 per mille. 
Dal 2000 al 2004, un identico risanamento finanziario Faillace ha ottenuto all' Usl 5 di Pisa (320 mila abitanti), con una forte politica di investimenti nel campo delle tecnologie sanitarie.