Raffaele Faillace su "Il sistema sanitario e le sue prospettive"
Comunità dell’Isolotto -
Firenze, domenica 17 marzo 2013
Percorsi di
memoria: la salute bene collettivo
riflessioni di Carlo,
Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con il contributo di
Raffaele Faillace
1. Letture e
riflessioni dal Vangelo di Marco
(spunti liberamente tratti dal testo “Guarì molti
che erano affetti da molte varie malattie” di A. Maggi)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito
andò nella casa di Simone e Andrea,
in compagnia di
Giacomo e Giovanni.
La suocera di Simone era a letto con la febbre e
subito gli parlarono di lei.
Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per
mano; la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli
portavano tutti i malati [persone che stavano male] e gli indemoniati.
Tutta la città era riunita davanti alla porta.
Guarì molti che erano affetti da varie malattie e
scacciò molti demòni; …
Proviamo a comprendere il brano inserendolo nel
suo contesto:
·
si
parla di una donna ammalata; i malati erano considerati impuri, non potevano
essere né avvicinati, né toccati, né curati, tanto meno da un rabbino; le
donne, considerate impure di per sé, quando erano malate, erano considerate doppiamente impure
e a maggior ragione nessuno le avvicinava e se ne preoccupava; (la visione
maschilista de tempo è evidente in un dettaglio: nel brano si citano i nomi di
tutti i protagonisti della vicenda ma non della donna!)
·
è
giorno di sabato e di sabato sono proibite molte azioni e tra queste anche far
visita o curare gli ammalati;
·
ci
sono due coppie di fratelli, una più osservante formata da Giacomo e Giovanni
che è appena uscita dalla sinagoga insieme a Gesù, e una meno osservante
formata da Simone e Andrea (i loro nomi sono di origine greca) che è restata a
casa e che è preoccupata per la salute della donna (infatti non appena Gesù esce dalla sinagoga
“subito…gli parlarono di lei”…).
·
Gesù
infrange la Legge, va a caso loro, si avvicina alla donna, la fa alzare,
addirittura la tocca prendendola per la mano e…”la febbre la lasciò”. Gesù tra l’osservanza della regole della
Legge e il bene delle persone sceglie il
bene delle persone.
Sulla base di queste elementi possiamo già fare
alcune considerazioni:
·
nel
brano siamo di fronte a una “buona novella”: è tempo di costruire un mondo in
cui non si divida l’umanità tra puri e impuri, tra emarginati e non; le persone
nella loro umanità e nei loro bisogni sono più importanti di qualsiasi regola o
dettame della religione.
·
sono
le persone meno osservanti – Simone e Andrea - che prima di altri colgono, comprendono,
il senso di questa buona notizia; e cominciano a costruire questo nuovo modo di
vivere;
·
in
merito alla guarigione della donna osserviamo che a noi non interessa la figura
di Gesù come mago-taumaturgo, ma ci interessa sottolineare che l’attenzione, la
considerazione, la sollecitudine, il contatto fisico ed emotivo, allora come
oggi, sono una grande potente medicina: “la
febbre la lasciò!”.
·
molte
persone (malate e non solo) hanno paura della Legge e infatti per avvicinare
Gesù aspettano la sera, quando il sabato, giorno di tutte le proibizioni, è
concluso; il peso di questa paura è più grande del desiderio di guarigione…
·
la
parola tradotta con “malati” non indica tanto gli infermi per malattia, ma persone
che stavano male, e questo “star male” indica proprio lo stato in cui si
sta quando si vive nella paura, nell’oppressione, nella mancanza di giustizia
sociale. In questo stato di oppressione e di malessere viveva una moltitudine
di persone (“Tutta la città era riunita”).
·
possiamo
dunque pensare che l’azione di cura indicata nel Vangelo - “Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti
demoni” - non è tanto di ordine medico-sanitaria, ma è un percorso di
liberazione dalla paura, un percorso di trasformazione di quella mentalità
chiusa che impedisce la salute, il benessere, le relazioni positive con gli altri.
2. Alcuni riferimenti della normativa in materia
di salute
[informazioni tratte da www.wikipedia.it o dal working paper di
Klaus Fusser e Giorgia Oss su : ” sanità pubblica e privata – profili italiani
ed europei”.]
La
Costituzione della Repubblica Italiana
- articolo 32: “la Repubblica
tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse
della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno
può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana.
- articolo 117: “lo Stato ha la
responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute attraverso
la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”.
Il comma 3 dello stesso
articolo afferma che la tutela della salute è materia di legislazione
concorrente fra Stato e Regioni, ovvero le Regioni devono garantire in concreto
il raggiungimento degli obiettivi di salute dei cittadini tramite una
disciplina di dettaglio.
Una breve storia:
dall’art. 32 della Costituzione alla legge 833 del 1978
Nei decenni successivi all’instaurazione del nostro
Stato unitario e sino alla fine della seconda guerra mondiale la tutela della
salute fu intesa prevalentemente come tutela della salute collettiva con
particolare attenzione ai profili igienico sanitari.
La tutela della salute del singolo cittadino, cioè,
la cura del suo stato di malattia, non aveva riconoscimento di bene pubblico.
Le funzioni pubbliche per la tutela della salute collettiva erano attribuite al
Ministero dell'Interno e all'apparato periferico dell'amministrazione
costituito dai prefetti, dai sottoprefetti e dai Sindaci.
Si produsse così una sorta di dualismo fra le
autorità fornite del potere di decisione, ma estranee in sé alle problematiche
sanitarie (Ministero dell'interno, prefetti, Sindaco come ufficiale di
governo), e i funzionari tecnici esperti nei temi della sanità pubblica, ma
privi, in pratica, di effettive possibilità decisionali.
Soltanto con l’istituzione dell'Alto Commissariato
all'Igiene e Sanità (D.L. 12 luglio 1945, n. 417) si avviò un
primo serio tentativo di superamento di tale dualismo, in quanto vennero
affidate ad una specifica struttura amministrativa le competenze in materia
sanitaria, senza tuttavia riordinare le competenze dell'amministrazione
periferica, cosicché prefetto e Sindaco risultavano confermati quali autorità sanitarie, con conseguenti
frequenti conflitti di competenza tra la nuova figura dell'Alto commissariato e
le autorità sanitarie periferiche.
L’entrata in vigore della Costituzione e del suo art.
32 (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli
indigenti") modificò completamente i termini della questione riconoscendo
la
salute come oggetto di tutela da parte della Repubblica mentre i precedenti più significativi si
erano limitati alla previsione dell’obbligo statale di organizzare un unitario sistema
assicurativo per tutelare la salute del lavoratore, e ad una generica
affermazione del diritto o alla salute come mero problema di ordine pubblico.
Sotto il profilo degli strumenti, si poneva il
problema di unificare sia le istituzioni preposte al governo del servizio
pubblico salute, sia il sistema delle prestazioni sanitarie, all’interno
dell’ormai accettato principio dell’assicurazione obbligatoria contro le
malattie e superando la stratificazione dell’organizzazione mutualistica,
culturalmente e politicamente legata a una nozione di salute non più
rispondente ai canoni costituzionali. Dal canto loro, lo sviluppo delle scienze
mediche e la connessa evoluzione della nozione stessa di salute (intesa non più
soltanto come assenza di malattia, ma come complessivo stato di benessere
psicofisico) comportavano ugualmente la necessità di un adeguamento degli
strumenti istituzionali e organizzativi, oltre che del coinvolgimento di ciascun
cittadino nell’elaborazione di adeguati stili di vita idonei a prevenire le
patologie e della responsabilizzazione di singoli e gruppi in ordine al
funzionamento del servizio salute.
La competenza regionale
sull’assistenza sanitaria e ospedaliera, prevista dall’originario art. 117
e interpretata come insieme delle attività volte a tutelare il diritto alla
salute, veniva a completare il disegno costituzionale e a costituire una
preziosa indicazione organizzativa, individuando nell’articolazione decentrata
dei servizi sanitari lo strumento per rispondere in modo più efficace ai
bisogni di salute. L’espressione “sanità pubblica” si riferisce allora, tanto
nel linguaggio giuridico quanto in quello politico e in quello comune, sia al
complesso delle prestazioni o degli interventi pubblici preordinati al
soddisfacimento di esigenze sanitarie, sia agli apparati amministrativi e alle
procedure necessarie per erogare quelle prestazioni e attuare tali interventi. Il
compito del livello centrale in sanità sta anzitutto nel porre i principi
fondamentali del sistema attraverso la legislazione cornice, orientata
dall’obiettivo fondamentale della tutela della salute. All’interno
dell’apparato centrale, alle istituzioni preposte alla tutela della salute,
spetta il necessario compito di coordinamento tra i diversi livelli di governo,
compito che si caratterizza per una forte componente tecnica e
tecnico-scientifica.
A livello di legislazione ordinaria, si è assistito
alla faticosa ricerca, poi sfociata nella legge 23 dicembre 1978, n. 833, di
un modello di sistema sanitario che superasse sia la frammentazione del sistema
mutualistico, sia quella dell’apparato organizzativo centrale e periferico. Le
modifiche legislative successive alla legge n. 833, per quanto importanti, non
hanno inciso sul nucleo essenziale del sistema e dei suoi principi di fondo,
così sintetizzabili: responsabilità pubblica della tutela della salute;
universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari; globalità di copertura
in base alle necessità assistenziali di ciascuno, secondo quanto previsto dai
livelli essenziali di assistenza; finanziamento pubblico attraverso la
fiscalità generale; “portabilità” dei diritti in tutto il territorio nazionale
e reciprocità di assistenza con le altre regioni.
Non si deve però pensare che il percorso sopra
sintetizzato sia stato lineare e univoco, troppo diverse essendo le opzioni
sottese alle varie proposte di politica sanitaria. Si sono infatti delineati,
nel tempo, due distinti approcci in tema di Servizio sanitario nazionale.
Il primo approccio si fonda sulla
valorizzazione del principio costituzionale di solidarietà sociale (art. 2
Cost.), al quale collega il principio di sussidiarietà, consistente
nell'esigenza di far corrispondere il livello della risposta sociale, politica
e amministrativa con il livello dell'interesse e/o del bisogno cui fare fronte.
La base di questa impostazione è quella per cui alcuni diritti, in particolare
quello alla salute, caratterizzano così fortemente la condizione di
cittadinanza da rendere inaccettabile, culturalmente e politicamente, un
diverso godimento dei livelli essenziali dei medesimi originato da diverse
scelte dei governi locali. Ne consegue
che la regionalizzazione propugnata non confligge con l’organizzazione del
Servizio sanitario nazionale, purché questo sia inteso anzitutto come il
“complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari
regionali”. Collante del sistema sono anzitutto i livelli essenziali di assistenza, la cui
individuazione a livello nazionale costituisce la premessa per l’autonomia
organizzativa dei modelli regionali, entro la cornice dei principi del Servizio
sanitario nazionale.
Il secondo approccio mette l’accento
sul singolo individuo e sulla tendenza all’individualizzazione della risposta
al bisogno, reputata più facilmente soddisfabile in un contesto di concorrenza
non regolata, al fine di valorizzare la libera scelta del cittadino. Questa
posizione mette in luce più il profilo difensivo che non quello promozionale,
riconducendo la nozione stessa all’interno dell’iniziativa privata e delle
cosiddette leggi del mercato. In questa prospettiva, l’autonomia totale
postulata alle Regioni per quanto concerne l’organizzazione sanitaria viene a
svolgere una funzione per così dire di alleggerimento dell’organizzazione della
sanità pubblica, apparendo strumento adatto a rompere l’equazione tra diritto
alla salute e organizzazione del Servizio sanitario nazionale su base pubblica,
in vista di una sua riorganizzazione su basi diverse, considerate più moderne e
adeguate alla tendenza individualizzante e soggettivizzante del vivere
contemporaneo.
1958 - Il
Ministero della Salute: è istituito per la prima volta il Ministero della Salute (prima
di salute si occupava il Ministero degli Interni).
Il Sistema
delle “casse mutue”: prima del 1978
l’assistenza sanitaria in Italia era basata sugli enti mutualistici o
casse mutue (il più noto era l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le
Malattie - INAM). Ogni categoria di lavoratori doveva essere obbligatoriamente
iscritta allo stesso ente mutualistico; ogni ente forniva ai propri iscritti
cure mediche ed ospedaliere, ed era finanziato con i contributi versati dagli
stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro.
Il diritto alla tutela della salute era quindi
correlato non all'essere cittadino ma all'essere lavoratore (o suo familiare)
con conseguenti casi di mancata copertura; vi erano, inoltre, sperequazioni tra
gli stessi assistiti, vista la disomogeneità delle prestazioni assicurate dalle
varie casse mutue.
1968 – Legge
n.132/1968: nel
1968, con la cd legge Mariotti gli ospedali che fino ad allora erano
gestiti da enti di assistenza e beneficenza diventano enti pubblici (enti
ospedalieri); la legge ne disciplina l'organizzazione, la classificazione
in categorie, le funzioni nell'ambito della programmazione nazionale e
regionale ed il finanziamento.
Legge n.833/1978
- Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN): nel 1978 viene istituito
il SSN, un sistema pubblico di carattere universalistico e solidaristico che
intende garantire l’assistenza sanitaria gratuita a tutti i cittadini senza
distinzione di genere, residenza, età, reddito, lavoro.
In base al principio di
sussidiarietà, il SSN è articolato secondo diversi livelli di responsabilità e
di governo:
- livello centrale: lo Stato ha la
responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute
mediante un forte sistema di garanzie e attraverso i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
- livello regionale: le Regioni hanno la
responsabilità diretta della realizzazione del governo e della spesa per
il raggiungimento degli obiettivi di salute del Paese. Le Regioni hanno
competenza esclusiva sulla regolamentazione ed organizzazione di servizi e
di attività destinate alla tutela della salute e dei criteri di
finanziamento delle ASL e della Aziende ospedaliere.
Il SSN non è dunque formato da una sola Amm.ne
ma comprende enti ed organi nazionali e regionali:
- il
Ministero
della Salute, che coordina il piano sanitario nazionale;
- una
serie di enti e organi a livello nazionale (tra cui, per es. il
Consiglio superiore di sanità (CSS), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS),
l'Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL),
etc..);
- i
servizi sanitari regionali.
Questi, a loro volta, comprendono:
- le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
- le
aziende sanitarie locali (ASL)
e le aziende ospedaliere (AO),
attraverso le quali le regioni e le province autonome assicurano l'assistenza
sanitaria.
Decreto
n.502/1992 - Con
il Decreto 502/1992 si mantiene la natura pubblica del servizio reso ai
cittadini ma si introduce la possibilità che questo servizio sia erogato da
strutture private accreditate che abbiano stipulato un contratto con la
regione e le ASL (sistema dell’accreditamento). La differenza nella
regolamentazione regionale e nella relativa arbitrarietà dei criteri di
accreditamento ha fatto nascere una serie di problemi sia nella qualità dei
servizi offerti che nelle spese sostenute per i servizi stessi.
29.11.2001 –
nel 2001
vengono definiti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ossia l'insieme
di tutte le prestazioni e i servizi che i cittadini hanno diritto ad ottenere
dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), garantite in condizioni di uniformità a
tutti e su tutto il territorio. Sono quelle prestazioni che lo Stato ritiene
così importanti da non poter essere negate mai a nessuno. Il sistema dei
Livelli Essenziali di Assistenza prevede:
- assistenza
sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro ( già prevenzione)[1],
- assistenza
distrettuale[2],
- assistenza
ospedaliera (pronto soccorso, ospedali, day hospital, etc..).
Le risorse
economiche del SSN: il
SSN è finanziato dallo Stato stesso attraverso la fiscalità generale e le entrate
dirette percepite dalle ASL attraverso ticket sanitari e prestazioni a
pagamento.
Circa il 95% del costo del SSN è sostenuto quindi
tramite le tasse; dopo l’entrata in vigore del Decreto 56 del 2000 sul
federalismo fiscale, altre forme di finanziamento della sanità sono provenute
da risorse regionali di vario tipo (IRAP, IVA, accise sulla benzina, ticket, …).
La dotazione per il 2012 per il Servizio Sanitario
Nazionale ammontava a circa 109 miliardi di euro, di cui 106 (destinato ai LEA)
da ripartire tra le 20 regioni italiane.. La compartecipazione
dei cittadini italiani alla spesa sanitaria nazionale è pari ad un importo di 4
miliardi di euro.
Il
98% delle risorse è dedicato ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e a
loro volta sono così ripartite:
- 5% alla prevenzione;
- 50% ai distretti
presenti sul territorio;
- 45% all'assistenza
ospedaliera.
Secondo una ricerca dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità, risalente al 2000,
l 'Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del
mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i
cittadini, dopo la Francia.
3. Percorsi
di memoria : la nascita della Humanitas all’isolotto
La nostra storia non è centenaria, ha poco meno di
quarant’anni, ma racchiude in se la storia di centinaia di persone che con
passione e dedizione hanno dedicato il proprio tempo al servizio degli altri.
Centinaia di persone che hanno donato il proprio tempo spinti dalla
consapevolezza di poter creare qualcosa di buono e di nuovo. La storia di
persone che credono in un mondo giusto, e che la partecipazione sia la strada
per la libertà. Ognuna di esse ha dato qualcosa ricevendo in cambio solo la
soddisfazione di essere parte di qualcosa: una famiglia.
La nostra storia inizia nel 1972, il quartiere dell’Isolotto aveva poco più di una decina di anni, ed era l’inizio di un decennio che avrebbe segnato la storia d’Italia. Alcuni cittadini, spinti da un forte senso civico e di responsabilità, chiesero alla Pubblica Assistenza Humanitas Scandicci di fornire i mezzi e la struttura per avviare una sezione nel quartiere, così da garantire il servizio di trasporto infermi e primo soccorso sul proprio territorio. Così nacque la sezione V° zona Isolotto, in via Sernesi, già col nome di Humanitas Firenze. Si era creato qualcosa di nuovo e intimamente connesso con il tessuto dell’Isolotto.
Poco dopo si cercò infatti l’indipendenza, sia
dirigenziale che economica e nel 1974, con il primo statuto, nasce la Pubblica
Assistenza Humanitas Firenze società di mutuo soccorso. La nuova Associazione,
nel 1975 si trasferirà nei locali del nuovo viale Talenti, sede storica e
ancora oggi punto di riferimento per chiunque passi in quella zona. Le
difficoltà economiche iniziali rischiarono di stroncare sul nascere i buoni
propositi dei volontari, ma grazie ad una sottoscrizione popolare ed
all’impegno di tutti, si riusì a trovare la somma necessaria a sistemare la
sede ed i primi debiti, consentendo all’Associazione di poter iniziare il
proprio cammino. Già da questo primo gesto dei cittadini del quartiere si
inizia a capire come la storia di entrambi sarà strettamente legata.
L’Humanitas, indipendente e con una casa propria, presta soccorso alla popolazione ma in quegli anni il soccorso d’ambulanza è poco più di un trasporto a tutta velocità. La ricerca continua della qualità del servizio prestato, spingerà presto i volontari dell’Humanitas a ricercare fin da subito, l’aiuto di professionisti. Sono questi anche gli anni del tremendo terremoto in Friuli, teatro di una sconvolgente catastrofe che dette il via ad una gara di solidarietà cui parteciparono anche i volontari dell’Humanitas. Erano i prodromi di una Protezione Civile organizzata che solo qualche anno più tardi vedrà la luce. Erano anni pionieristici, che getteranno le basi della moderna organizzazione per la gestione delle emergenze.
Arrivano gli anni ottanta e l’esperienza porta
pubbliche assistenze e misericordie alla creazione di servizi di soccorso
avanzati. Sotto il nome di CEMM e SPAMU si iniziano a vedere le prime ambulanze
con professionisti a bordo, pagati dalle associazioni per garantire la presenza
di un medico durante il soccorso ed il trasporto degli infermi. L’Humanitas
mette sulle ambulanze anche medici anestesisti, per inseguire quella qualità
che ritenevano adeguata al soccorso. Soddisfare i bisogni e le richieste, un
bisogno di crescere dettato dalle esigenze di quanti chiedevano aiuto era e
rimane il primo obiettivo dell’Associazione. Nel 1980 si interverrà anche per
il terremoto in Irpinia, aggiungendo all’invio di uomini e mezzi anche la
raccolta di fondi e materiale vario. Alla fine degli anni ottanta viene
inaugurato il servizio di onoranze funebri, sempre per inseguire le esigenze di
quanti si rivolgevano all’Humanitas e per fungere da calmiere in un settore che
spesso si lasciava andare ad una troppa ricerca di lucro. Iniziano gli anni
novanta e l’Humanitas si getta nella realizzazione del proprio Poliambulatorio,
affiancando al servizio soccorso anche l’offerta di un servizio medico
qualificato, riuscendo anche qui a gettare le basi di quel privato sociale che
oggi è l’unica via di mezzo fra il pubblico e il privato puro, per garantire
qualità di prestazioni a prezzi sostenibili.
Nel 1992 nasce il
La nuova sede, dopo varie vicissitudini, vedrà il trasferimento definitivo delle attività soltanto nel 2003. Da allora ad oggi si è lavorato costantemente per il consolidamento di quanto ottenuto, raggiungendo traguardi insperati solo qualche anno fa, soprattutto riguardo il lato economico.
4. Sanità pubblica e privata
da www.telemeditalia.it di Raffaele Bernardini
[Raffaele Bernardini é un giornalista, esperto
di comunicazione sociale.
Ha collaborato a numerosi giornali (per 18 anni é
stato collaboratore de L'Osservatore Romano per la sanità) ed é stato per molti
anni redattore capo della rivista L'Assistenza Ospedaliera.
E' stato anche capo ufficio stampa e relazioni esterne dell'Associazione delle Istituzioni sanitarie religiose. Collabora tuttora a pubblicazioni specializzate in materia sanitaria ed é socio dell'Associazione della stampa medica italiana (ASMI)].
E' stato anche capo ufficio stampa e relazioni esterne dell'Associazione delle Istituzioni sanitarie religiose. Collabora tuttora a pubblicazioni specializzate in materia sanitaria ed é socio dell'Associazione della stampa medica italiana (ASMI)].
Fin dal tempo delle mutue il sistema sanitario
italiano è stato un mix tra pubblico e privato e tale sistema, sostanzialmente,
ha funzionato bene, con particolare soddisfazione degli assistiti. Anche il Servizio
Sanitario Nazionale, istituito il 23 dicembre 1978 con la legge 833, ha mantenuto e
rispettato la suddetta situazione.
Con leggi successive si pose fine al sistema delle
convenzioni e si introdusse l’ accreditamento istituzionale delle strutture
pubbliche e private, che volevano operare nel SSN. I criteri di accreditamento,
in base a linee-guida del Ministero della Salute, dovevano essere e sono stati
precisati dalle regioni, prima provvisoriamente, poi definitivamente, fino ad
arrivare alla legge 299 del 1999.
Si é così a definito meglio e più organicamente
l’assetto organizzativo ed erogativo delle strutture nel sistema di assistenza
sanitaria del nostro Paese. Si é determinata, di conseguenza, una situazione di
parità e di razionale competizione tra pubblico e privato, una “pari dignità”,
che poteva privilegiare sia il pubblico che il privato accreditati. Si pensava,
con questo sistema, di porre fine a quel contrasto ideologico, che aveva
contraddistinto il rapporto pubblico-privato e che veniva “aizzato”, di tanto
in tanto, da alcuni partiti e movimenti politici.
Con l’ accreditamento cessavano i rapporti
convenzionali e si dava luogo al nuovo sistema, per la verità con un percorso
lungo e complesso, che in qualche regione pare non sia ancora terminato.
Purtroppo negli ultimi tempi si è verificato un
“ritorno di fiamma” del citato contrasto ideologico tra pubblico e privato
nella sanità e in parecchi casi le strutture sanitarie private, seppure
regolarmente accreditate, sono state sottoposte ad attacchi e rilievi, spesso
ingiusti e strumentali. E nel mirino di tale contrasto sono state anche
coinvolte Istituzioni sanitarie religiose, che da tempo hanno svolto e svolgono
un ruolo di importante rilievo nella sanità italiana e che operano in regime di
accreditamento.
Ritengo che non sia giusto e neppure razionale
rispolverare ideologie e tesi politiche per contestare l’ attività del privato,
laico e religioso, nel Servizio Sanitario Nazionale. Non è giusto perché l’
accreditamento, che venne introdotto da disposizioni di legge della Repubblica
italiana, ha stabilito un pari livello di dignità e di operatività tra pubblico
e privato, determinando anche una “ sana competizione” tra le due aree, che
vengono ovviamente “privilegiate” e liberamente scelte dai cittadini per le
loro esigenze di salute. Non è razionale, in quanto –come è noto- le strutture
private (Ospedali religiosi classificati, Case di cura e Centri di
riabilitazione ) sono servite e servono, tra l’altro, ad integrare e
supportare, anche in situazioni di emergenza, quelle pubbliche, alcune delle
quali, per la verità, non brillano per efficienza ed efficacia dei loro
servizi.
Dunque ristabiliamo la verità ed evitiamo che si
riproponga un conflitto “ideologico” pubblico-privato, che pragmaticamente non
ha ragione di essere, specialmente quando si constata che le strutture private
accreditate hanno un buon livello di funzionamento e di efficienza.
Il diritto alla tutela della salute non ammette
“conflitti ideologici”, bensì qualità ed efficienza delle strutture dedicate,
siano esse pubbliche o private e purché siano tutte finalizzate al servizio dei
cittadini.
[1] L’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita
e lavoro (prevenzione) comprende, tra
gli altri i seguenti ambiti: Profilassi delle malattie infettive e
parassitarie; tutela della collettività da rischi sanitari connessi agli
effetti sanitari degli inquinanti ambientali; tutela della collettività e del
singolo dai rischi infortunistici connessi agli ambienti di lavoro; Sanità
Pubblica veterinaria (sorveglianza epidemiologica delle popolazioni animali,
farmacovigilanza veterinaria, vigilanza dei mangimi, etc); tutela
igienico-sanitaria degli alimenti; Sorveglianza e prevenzione nutrizionale.
[2] L’assistenza
distrettuale comprende i servizi sanitari e sociosanitari, assistenza
farmaceutica, specialistica e diagnostica ambulatoriale, fornitura di protesi
ai disabili, servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi; i consultori
familiari, i SER.T, servizi per la salute mentale, servizi per la
riabilitazione dei disabili ecc...; strutture semiresidenziali e residenziali:
residenze per anziani e disabili, centri diurni, case famiglia e comunità
terapeutiche.
Nota
Raffaele FAILLACE
E' nativo di San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza, Raffaele Faillace, 61 anni, da oggi direttore generale all' assessorato alla Sanità. Faillace risiede a Firenze, nel borgo Sanfrediano, e nel capoluogo toscano ha conseguito la laurea in Scienze politiche.
Dal '94 ad oggi, Faillace ha svolto varie attività, tra cui quella di commissario straordinario nella costituenda azienda Usl 2 di Lucca, di cui poi e' stato direttore generale. Successivamente ha esercitato le funzioni di commissario liquidatore delle ex Usl 4, 5 e 6; direttore generale dell' Azienda Usl 5 di Pisa e commissario liquidatore delle Usl 12, 15 e 16.
Come ultimo incarico e' direttore di progetto e consulente del Centro polifunzionale riabilitativo Auxilium Vitae Spa a Volterra. Assai corposo il curriculum di Faillace, il quale nel periodo antecedente al 1994 ha fra l' altro contribuito alla elaborazione della politica socio-sanitaria in Toscana, con attività direzionali nel settore dell' igiene e della sicurezza del lavoro e poi, per circa dieci anni, dirigente del servizio regionale ''Prevenzione, Igiene e sicurezza del lavoro''.
Professore a contratto alla scuola di specializzazione in Medicina del lavoro della Università di Firenze, nel 1989 Faillace ha contribuito all' elaborazione del secondo Piano sanitario regionale ed ha un ricco elenco di pubblicazioni, riguardanti per lo più il settore in Toscana.
Nel curriculum di Faillace, spicca il risanamento finanziario dell' Azienda 2 di Lucca, dove si e' passato dalla più alta spesa pro capite della Toscana al pareggio del bilancio alla fine del 1998. In questo stesso contesto, il tasso di ospedalizzazione, dal 223 per mille del 1995, il più alto della Toscana, alla fine del 1998 si e' attestato a 174 per mille.
Dal 2000 al 2004, un identico risanamento finanziario Faillace ha ottenuto all' Usl 5 di Pisa (320 mila abitanti), con una forte politica di investimenti nel campo delle tecnologie sanitarie.
Nota
Raffaele FAILLACE
E' nativo di San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza, Raffaele Faillace, 61 anni, da oggi direttore generale all' assessorato alla Sanità. Faillace risiede a Firenze, nel borgo Sanfrediano, e nel capoluogo toscano ha conseguito la laurea in Scienze politiche.
Dal '94 ad oggi, Faillace ha svolto varie attività, tra cui quella di commissario straordinario nella costituenda azienda Usl 2 di Lucca, di cui poi e' stato direttore generale. Successivamente ha esercitato le funzioni di commissario liquidatore delle ex Usl 4, 5 e 6; direttore generale dell' Azienda Usl 5 di Pisa e commissario liquidatore delle Usl 12, 15 e 16.
Come ultimo incarico e' direttore di progetto e consulente del Centro polifunzionale riabilitativo Auxilium Vitae Spa a Volterra. Assai corposo il curriculum di Faillace, il quale nel periodo antecedente al 1994 ha fra l' altro contribuito alla elaborazione della politica socio-sanitaria in Toscana, con attività direzionali nel settore dell' igiene e della sicurezza del lavoro e poi, per circa dieci anni, dirigente del servizio regionale ''Prevenzione, Igiene e sicurezza del lavoro''.
Professore a contratto alla scuola di specializzazione in Medicina del lavoro della Università di Firenze, nel 1989 Faillace ha contribuito all' elaborazione del secondo Piano sanitario regionale ed ha un ricco elenco di pubblicazioni, riguardanti per lo più il settore in Toscana.
Nel curriculum di Faillace, spicca il risanamento finanziario dell' Azienda 2 di Lucca, dove si e' passato dalla più alta spesa pro capite della Toscana al pareggio del bilancio alla fine del 1998. In questo stesso contesto, il tasso di ospedalizzazione, dal 223 per mille del 1995, il più alto della Toscana, alla fine del 1998 si e' attestato a 174 per mille.
Dal 2000 al 2004, un identico risanamento finanziario Faillace ha ottenuto all' Usl 5 di Pisa (320 mila abitanti), con una forte politica di investimenti nel campo delle tecnologie sanitarie.
Nessun commento:
Posta un commento