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martedì 17 settembre 2013

Guerra, immigrazione, laicità



Comunità dell’Isolotto - Domenica 15 settembre 2013
Parole e gesti del nuovo papa di fronte ai grandi temi del nostro impegno e resistenza dal basso : guerra - immigrazione - laicità , in che modo ci coinvolgono?
Alcuni interrogativi ed osservazioni:( Luciana)
Di fronte all’evolversi della situazione in medio oriente sono sconcertata dagli avvenimenti attuali. Libero Quirico, il giornalista tornato dopo l’ esperienza di sequestro in Siria, mostra anch’egli tutto il suo sconcerto: l’aggressività  del potere e l’aggressività delle fazioni Jaidiste hanno tolto di mano ai movimenti di liberazione popolari la speranza della prima ora. Vediamo sbarcare profughi da ogni parte che affrontano il dramma della sopravvivenza scappando. Di fronte a questi eventi le scelte dei “ poteri” – siano essi governi o chiese e religioni – non sono indifferenti. Ritengo che i gesti dell’attuale papa per affermare il principio della pace contro l’intervento armato e la scelta della Bonino e del nostro governo insieme ad altri governi europei siano significative : tutto ciò ha prodotto un ridimensionamento del bellicismo anche all’interno di governi come quello inglese, francese, americano…..tutto ciò è stato impossibile realizzarlo quando a marciare per la pace e contro la guerra eravamo noi dei movimenti di base, le nostre mobilitazioni sembravano destinate al fallimento ma la resistenza è stata tenace e secondo me feconda perché ha prodotto in occidente i cambiamenti di cultura, mentalità e scelte politiche  che oggi registriamo. Penso che questi gesti compiuti da tali istituzioni vadano sostenuti e soprattutto vadano sostenute le persone che nelle varie istituzioni si stanno mettendo in gioco con tali scelte che fra l’altro contribuiscono a far crescere la cultura della pace, della nonviolenza, dell’accoglienza, della dialettica sociale. Non dimentichiamo gli anni bui dei leghismi e dei berlusconismi che hanno dato fiato a quella vasta fetta della società civile che ha sfoderato le armi del razzismo e delle violenze di tutti i generi, tuttora molto presente ed aggressiva. Allora mi interrogo se e come  partecipare per dare ancora una volta un nostro contributo, perché non è nel nostro DNA rimanere indifferenti.Vedo masse di persone che riempiono le piazze per aderire ad una mobilitazione contro l’intervento e la guerra su chiamata del papa ,considero queste mobilitazioni un valore ma….(non per fare dei distinguo ma per riflettere), le piazze auto organizzate, autogestite, automobilitate sono un’altra cosa. Là la mobilitazione  ha sempre il rischio  di masse che si spostano  dietro al mito di turno….di qua si tratta di un insieme di persone consapevoli e responsabili che possono essere o no nel giusto ma che sono capaci di compiere gesti e scelte elaborate  laicamente  secondo convinzioni maturate anche personalmente oltre che collettivamente.Oggi dunque non sento l’urgenza di allinearmi con le manifestazioni in atto, bene che ci siano e che coinvolgano più gente possibile, ma sento il bisogno di cercare percorsi che ci impegnino , nella nostra pochezza , a compiere ………..ancora una volta scelte che facciano crescere le consapevolezze…ma quali? Come? Dove? Non ho risposte: forse  alcune le ritroviamo nei contenuti dei tanti incontri domenicali, forse  nella nostra storia personale e comunitaria   e nelle esperienze che abbiamo fatto negli anni   ( Vietnam, Cile, movimenti di liberazione, America latina…) forse  nei messaggi di un cammino di liberazione personale e comunitario che ha avuto come riferimento educativo la bibbia e il vangelo, forse…… Consapevoli che le situazioni si evolvono e che l’oggi non è come ieri e non sarà come domani,proviamo a cercare di capire…

LA GUERRA E LA PACE
Dal libro del profeta Isaia - Capitolo 2
 La pace perpetua: Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gerusalemme.

 Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulla cima dei monti
e sarà più alto dei colli;
ad esso affluiranno tutte le genti.
Verranno molti popoli e diranno:
“Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci indichi le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri”.
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti
e sarà arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, vieni,
camminiamo nella luce del Signore.

Dal  libro del profeta Isaia, capitolo 11
      Il discendente di Davide 

Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
     Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
    ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;
con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.
Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,
cintura dei suoi fianchi la fedeltà.
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello,
la pantera si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un fanciullo li guiderà.
La vacca e l’orsa pascoleranno insieme;
si sdraieranno insieme i loro piccoli.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide;
il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.
      Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la saggezza del Signore riempirà il paese
come le acque ricoprono il mare.


Appunti per il Forum contro la guerra – Firenze febbraio 2005
di Enzo Mazzi

L’ampiezza e la profondità che ha raggiunto il movimento di opposizione alla guerra può avere conseguenze storiche sulle nostre culture.
Intanto va detto che è il frutto di un impegno per la pace che viene da lontano. L’attuale movimento contro la guerra non nasce dal nulla. Si alimenta di tutte le fonti e perfino di tutte le più piccole gocce di rugiada di pace scaturite nel tempo. Nulla è perduto di ciò che ha prodotto l’impegno per la pace. Il pacifismo è un processo storico. I suoi traguardi non sono mai segnati solo dalle contingenze. Oggi il nostro obbiettivo è fermare questa guerra da incubo. Su questo siamo determinati e concentriamo tutti gli sforzi. Ma la nostra stella polare è oltre. Duemilacinquecento anni fa la indicò il profeta Isaia: la giustizia cingerà i popoli, fonderanno le spade e ne faranno aratri, il lupo dimorerà presso l’agnello e un bambino lattante giocherà nel covo dell’aspide.
Dove ha attinto questa lucida visione profetica? Dalla saggezza dei secoli alimentata da una spinta vitale proveniente dal Dna della specie. E’ la stessa saggezza a cui il Vangelo ha attinto il suo messaggio essenziale: la pace in terra bisogna volerla (pace in terra agli uomini di buona volontà) perché sono felici e produttori di felicità i figli di Dio costruttori di pace e bisogna volerla fino ad amare i propri nemici (beati i costruttori di pace perché saranno chiamati figli di Dio). E’ a questo messaggio che sta tornando finalmente in massa, così almeno sembra, quella stessa cultura cattolica che tante volte nella storia anche recente purtroppo da quello stesso messaggio si era disastrosamente allontanata.
La pace è impressa nel nostro profondo e forse nel profondo stesso dell’universo. La pace è la stoffa di cui è fatta tutta la realtà. La pace è l’orma profonda del cammino umano, contro ogni apparenza contraria.
Qualcuno chiama in causa il dono di Dio. Ci sto anch’io e con forza, purché quando si dice dono di Dio non s’intenda un dono dall’alto di un Dio onnipotente che obbiettivamente deresponsabilizza lo sforzo umano. Siamo in molti ormai a pensare Dio in modo nuovo, fuori dall’orizzonte culturale dell’onnipotenza, della fissità trascendentale, del tipo di religione che si pone come unica depositaria del senso della esistenza umana e cosmica. E’ bello pensare la pace come dono e non come possesso di cui possiamo disporre, come dono prezioso che ci è affidato insieme alla vita. E’ fecondo considerare la pace come compito di responsabilità che ci sta sempre davanti, come obbiettivo sempre più grande di tutte le nostre conquiste storiche che però di tali conquiste si avvale.
Dall’opposizione a questa guerra per motivi contingenti noi puntiamo all’ambizioso ma urgente traguardo della opposizione a qualsiasi guerra. E’ il superamento della guerra come sistema che ci interessa. La guerra è da bandire perché crea vittime ma anche perché soffoca la vita dell'intero pianeta in quanto sistema e divora l'esistenza anche quando non dà spettacolo di orrendi massacri. La guerra è da bandire come cultura di dominio: il dominio del Nord verso il resto del pianeta. La guerra è da bandire come motore dello sviluppo e della ricchezza delle nazioni ricche e insieme come generatrice di povertà e fame. La propaganda mediatica che da mesi terrorizza il mondo con le minacce di guerra infinita ci distrae dal fatto che siamo già in una guerra infinita e globale. Il sistema guerra penetra e inquina tutti i sistemi culturali e anche religiosi. Bisogna disinquinare le nostre culture e le nostre religioni. Questo è vero un po’ da sempre. Ma oggi, nell’epoca delle armi atomiche, chimiche e batteriologiche l’utopia di Isaia è l’unica razionalità rimasta in piedi. La razionalità della guerra, che un tempo poteva avere qualche senso, è divenuta ormai follia pura. E’ follia non solo scatenare la guerra ma lo stesso pensare la guerra, preparare la guerra, tenere negli arsenali militari armi capaci di distruggere centinaia di volte la faccia della terra. L’angelo San Michele, archetipo della nostra cultura, che per salvare la vergine affronta e uccide il drago, oggi brandisce una spada talmente potente e distruttiva che insieme al drago uccide la vergine e se stesso. L’analisi di Franco Fornari mi sembra molto attinente.
Di fronte a tutto questo non ci sono alternative se non una profonda trasformazione culturale. E’ la pace come cultura e come sistema che ci interessa. Vogliamo che la giustizia ravvolga la terra, che le lance siano fuse per fare aratri, che il lupo possa dimorare presso l’agnello, vogliamo che i nostri bambini lattanti possano giocare nel covo della vipera. Non lo sogniamo, lo vogliamo. Per questo stiamo impegnandoci ogni giorno cercando di costruire un nuovo mondo possibile.





IMMIGRAZIONE
10 settembre 2013 
IL PAPA AL CENTRO ASTALLI
Il papa ha fatto visita al centro Astalli, nel cuore di Roma, per i rifugiati dove si e' intrattenuto per circa un'ora e mezza. Bergoglio è giunto senza scorta con la sua consueta focus blu, a bordo della quale c'era il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Francesco è stato accolto dal cardinale vicario, Agostino Vallini e dal direttore del centro padre Giovanni La Manna. All'ingresso della mensa si è intrattenuto con alcuni rifugiati, in gran parte africani ed ha poi fatto un gesto di saluto verso la folla dei fedeli che lo hanno applaudito ed acclamato a gran voce. Entrando nel Centro Astalli, la struttura romana dei Gesuiti per l'accoglienza dei rifugiati, il primo gesto di Papa Francesco è stato di avvicinarsi a una donna incinta dando la benedizione a lei e al bimbo che portava in grembo. Il Papa è subito stato circondato dalla folla dei rifugiati con cui si è intrattenuto salutandoli e dando loro la benedizione.
“Conventi chiusi accolgano i rifugiati'” Grazie perché difendete la vostra dignità ma anche la nostra dignità umana". Questo uno dei passi del discorso, durato circa venti minuti, pronunciato da Papa Francesco ai rifugiati durante la visita al centro Astalli di Roma. Non basta dare un panino, ma bisogna accompagnare queste persone. A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo". Lo ha detto Papa Francesco, durante il suo discorso nel centro Astalli, ipotizzando l'utilizzo dei conventi chiusi per l'accoglienza dei rifugiati. Agli operatori del centro Astalli, il Papa ha detto che bisogna "tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l'accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro, più che una finestra, una porta, e più si può avere ancora un futuro". "Ed è bello - ha aggiunto Bergoglio - che a lavorare per i rifugiati, insieme con i Gesuiti, siano uomini e donne cristiani e anche non credenti o di altre religioni, uniti nel nome del bene comune, che per noi cristiani è espressione dell'amore del Padre in Cristo Gesù. Sant'Ignazio di Loyola volle che ci fosse uno spazio per accogliere i più poveri nei locali dove aveva la sua residenza a Roma, e il Padre Arrupe, nel 1981, fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e volle che la sede romana fosse in quei locali, nel cuore della città". I "conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi". Lo ha detto il Papa agli ospiti del centro Astalli, ribadendo che i "conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti" e che possono servire per accogliere i rifugiati.
Non dobbiamo avere paura delle differenze - "Molti di voi siete musulmani, di altre religioni; venite da vari Paesi, da situazioni diverse. Non dobbiamo avere paura delle differenze. La fraternità ci fa scoprire che sono una ricchezza, un dono per tutti. Viviamo la fraternità". Lo ha detto il Papa al centro Astalli. Solidarietà è una "parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. E' quasi una parolaccia per loro".  Ma solidarietà, ha aggiunto, "è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione". I poveri e la promozione della giustizia non devono essere affidate soltanto a degli "specialisti", ma devono essere "un'attenzione" di tutta la Chiesa. Lo ha detto il Papa nel corso della sua visita a centro Astalli per i rifugiati. "Per tutta la Chiesa è importante che l'accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli 'specialisti', ma siano un'attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell'impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali. In particolare, e questo è importante e lo dico dal cuore, in particolare vorrei invitare anche gli Istituti religiosi a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi", ha concluso il Papa
Da: misa Chiavari <misa.chiavari@alice.it>


DOPO LA LETTERA A SCALFARI, LA CARTOLINA DEL PAPA AL MANIFESTO
«Tutti i conventi ai poveri»

Poteva, doveva succedere? È successo. Al papa, che noi diffidenti nati abbiamo bollato appena eletto: «Non è Francesco», non è bastato aprire ai laici non credenti e assai egoisti del giornale «la Repubblica». Ha visto questo manifesto comunista quotidiano, scellerato e in male arnese e, a quanto pare, ha deciso di scriverci brevi mail. Cartoline dal Vaticano. 
Una specie di papa-manifesto. 
Incredibile ma vero. 
Dunque anche per questo è valsa la pena tenere in piedi questo foglio. 
Da oggi cominciamo questa "santa" collaborazione. Sperando nella comprensione dei lettori. Che dio ci perdoni.
«Fratelli, buon giorno. Ho letto sui giornali che visitando un centro di accoglienza di immigrati io avrei detto solo "apriamo a loro i conventi chiusi". In verità ho detto, pensato e comunicato ben di più. Voglio spiegarmi meglio, perché l'idea è non fare ricchezza e profitto con strutture della Chiesa che deve tornare povera.
Cristo, nella sua età adulta, era un senza casa. Apriamo allora anche i conventi aperti, quelli trasformati in hotel a 5 stelle, diventati appartamenti di alti prelati, direzioni di sedicenti opere pie, accomandite di confraternite multinazionali di santi che nemmeno io conosco. Diventino ostelli internazionali dell'accoglienza e della pace, come dovrebbero diventare, trasformate, tutte le basi militari del mondo.
Roma culla della cristianità è anche il cuore alberghiero e d'affari del cattolicesimo organizzato. Da oggi lo chiudo. Aiutatemi a chiuderlo.
La Chiesa non è una rendita immobile, appartiene ai sentieri dell'umanità. Universalisti ed 
ecumenisti di tutto il mondo unitevi».
Lettura comunitaria 
La memoria di Gesù
e del movimento di gente umile di cui egli faceva parte
c’induce a guardare la storia con occhi nuovi.
Educati dal Vangelo della tradizione cristiana
e insieme da tante altre tradizioni di sapienza umana,
il divenire storico ci appare come un incessante cammino.
Donne e uomini di tutti i tempi, luoghi e popoli
procedono verso la liberazione
spinti da una forza che si sprigiona dall’interno della vita
e dall’intimo delle relazioni.
Non più la storia come marcia trionfale del dominio,
segnata dalle gesta di eroi, di santi, di potenti,
negata alla gente comune chiamata “senza storia”,
ma la storia come immenso movimento dal basso
incerto, fluttuante, con alti e bassi,
conquiste e arretramenti, scoraggiamenti e speranze,
spinto da una forza che sembra sempre sopraffatta
e che invece non è mai distrutta.
E’ la storia di una perenne resurrezione.
Come ci ha testimoniato Gesù.
Prima di essere ucciso,
mentre sedeva a tavola con i suoi apostoli
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
"prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo".
Poi, preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti ne bevvero.
E disse loro: "questo è il mio sangue
sparso per tutti i popoli".
Fate questo in memoria di me.
La condivisione del pane e del vino in memoria di Gesù
sia segno reale della condivisione della vita intera,
anima della trasformazione continua della storia,
             spirito intimo della lotta inesausta per la giustizia.

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