Veglia dell’Isolotto
Natale 2006
note di cronaca
Sono 37 anni che la Comunità dell’Isolotto celebra il Natale con una veglia che si ispira al presepio vivente di Greccio: le persone in carne ed ossa sono l’icona attuale di Gesù. E quest’anno la Veglia dell’Isolotto ha voluto testimoniare che la maternità di Maria s’incarna nella maternità delle tante “Marie” che vengono da lontano in cerca di speranza, di un futuro per i loro figli, madri spesso sole, donne con storie intense e di grande coraggio. Ma si incarna anche nelle esperienze, emozioni, problemi, fatiche delle madri della comunità, del quartiere, della città-mondo.
Le madri, è stato detto da alcune testimonianze, si sentono e sono un po’ tutte "straniere/migranti". Come la madre di Gesù, straniera a Betlemme, dove “per lei non ci fu posto” e si trovò a partorire in una stalla. Dare la vita è un'esperienza che pone in condizione obiettiva di estraneità rispetto alla cultura dell’alienazione, dell'esclusione, della guerra, e al tempo stesso dare la vita è dare impulso alla cultura del dono, dell’accoglienza, della nonviolenza, della pace universale. La cultura femminile, il "dare vita" non solo ai figli propri, è sognare un mondo in cui "il bambino lattante possa stendere la sua mano nella tana della vipera" come dice Isaia. Per questo la pace è donna.
La memoria della nascita di Gesù è stata fatta da un gruppo di bambini in forma di racconto. Tale racconto è stato elaborato in un laboratorio educativo, sulla base dei dati contenuti nei Vangeli anche apocrifi. Soprattutto il racconto della nascita di Gesù è stato inserito con pari dignità in una serie di altri racconti di nascite e di relazioni madri/figli, secondo una linea educativa che vuole dare consapevolezza dell’umanità piena del “Figlio dell’uomo”.
Non è mancata un’espressione di apprezzamento per la testimonianza alta e coraggiosa che ha dato Piergiorgio Welby e di solidarietà verso l’anziana madre Luciana e verso il suo desiderio, ufficialmente negato, di un accompagnamento ecclesiale del suo figliolo. Se il morire è un rinascere, come crede con forza la fede cristiana - è stato detto al momento della eucarestia -, la madre di Welby nel suo vivere questo “secondo parto” di suo figlio trova accoglienza piena qui all’Isolotto.
Dopo che per 37 anni il luogo della Veglia è stata la piazza dell’Isolotto, luogo aperto, precario, senza confini, quest’anno si è svolta, con una eccezionale partecipazione, nelle “Baracche”, luogo storico della solidarietà fin dall’alluvione. La Comunità ha voluto però dare un segno di continuità realizzando un percorso dalla piazza alle Baracche con una serie lumi e grandi pannelli magicamente dipinti dall’artista curdo Fuad Aziz, recanti simbologie di mani materne che cullano, carezzano, suonano nenie, nutrono, abbracciano.
Firenze 25 dicembre 2006
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