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lunedì 26 ottobre 2009

Comunità dell’Isolotto

Firenze, domenica 25 ottobre 2009

Su la testa Argentina!

riflessioni di Carlo, Claudia, Luisella, Maurizio

e Moreno Biagioni che presenta il libro di Orlando Baroncelli

 “Su la testa, Argentina! Desaparecidos e recupero della memoria storica

 

 

Lettura dal Vangelo

 

Arrivato dunque Gesù, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi. E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. Marta appena sentì che Gesù stava venendo, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà nella risurrezione all'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?».

 

Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo». E, detto questo, andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Appena udito ciò, ella si alzò in fretta e venne da lui. Or Gesù non era ancora giunto nel villaggio, ma si trovava nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Perciò i Giudei che erano in casa con lei per consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, dicendo: «Ella se ne va al sepolcro per piangere là». Appena Maria giunse al luogo in cui si trovava Gesù, e lo vide, si gettò ai suoi piedi, dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto».

Gesù allora, come vide che lei e i Giudei che erano venuti con lei piangevano, fremé nello spirito e si turbò, e disse: «Dove l'avete posto?». Essi gli dissero: «Signore, vieni e vedi». Gesù pianse.

 

Dissero allora i Giudei: «Vedi come l'amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Non poteva costui che aprì gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?». Perciò Gesù, fremendo di nuovo in se stesso, venne al sepolcro; or questo era una grotta davanti alla quale era stata posta una pietra.

Gesù disse: «Togliete via la pietra!». Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, poiché è morto da quattro giorni». Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?». Essi dunque tolsero la pietra dal luogo dove giaceva il morto. Gesù allora, alzati in alto gli occhi, disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre, ma ho detto ciò per la folla che sta attorno, affinché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Allora il morto uscì, con le mani e i piedi legati con fasce e con la faccia avvolta in un asciugatoio. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

Abbiamo scelto questo brano perché abbiamo visto la resurrezione di Lazzaro nel tenere viva la memoria dei desaparecidos argentini e non solo. Ma meglio delle nostre lo esprimono le parole di Hebe de Bonafini: Quando hanno portato via i miei figli avevo solo 48 anni e mi sono sentita vecchia;oggi ne ho 68 ma mi sento vent’anni più giovane perchè ho imparato che l’unica lotta che si perde è quella che si abbandona, e perché ho imparato a non patteggiare, a non arrendermi, a non tacere. E tutto questo me l’hanno insegnato i miei figli.


Io non li ricordo né torturati né uccisi: li ricordo vivi! Ogni volta che mi metto il fazzoletto sento il loro abbraccio affettuoso. In Plaza de Mayo, nella nostra piazza, ogni giovedì si riproduce il vero e unico miracolo della resurrezione: noi incontriamo i nostri figli”. (Dal libro “ Le irregolari” di Massimo Carlotto cap.19 Il racconto di Hebe).

Dalla Lettera di Estela Carlotto al nipote Guido (a pag. 43 del libro “Su la testa! Argentina)

scritta il 26 giugno 1996 per il 18esimo compleanno del nipote.

un nipote che non ha mai visto e di cui non sa niente, dove viva, chi lo abbia portato via, cosa faccia. Sa solo che la figlia Laura, prigioniera nell’ospedale militare di Buenos Aires, partorì Guido il 26 giugno 1978. Oggi Guido ha trent’anni e non sa nulla del suo vero passato. Così scrive la nonna:

 

Caro Guido,

oggi che compi diciotto anni, voglio raccontarti cose che non sai ed esprimerti sentimenti che non conosci.

I tuoi nonni appartengono ad una generazione che attribuisce a ogni data un valore speciale e particolare. La nascita di un nipote è una di quelle date. Il battesimo (o non), la prima comunione (o non), la caduta del primo dente, il grembiulino bianco, lui che chiede “nonnina, chiedimi le tabelline”.

Sono momenti eccezionali.

Perciò questa data del tuo diciottesimo compleanno acquisterà un valore speciale e particolare, come tutte le altre che non abbiamo potuto vivere insieme.

Perché appena nato ti strapparono dalle braccia di tua madre Laura, bendata e sorvegliata in un ospedale militare, ti rubarono per condannarti a un destino incerto.

Oggi stai festeggiando i tuoi diciotto anni sotto un altro nome, accanto a un uomo e una donna che non sono tuo padre e tua madre, ma i tuoi ladroni.

Loro neppure immaginano che la tua mente custodisce le ninne nanne e le canzoncine che Laura ti sussurrava, sola nella prigione, mentre tu ti muovevi nel suo ventre.

Un giorno ti sveglierai scoprendo quanto tua mamma ti amò e come noi tutti ti vogliamo bene.

Chiederai dove poterci incontrare.

Cercherai una somiglianza con tua madre e vedrai che piaceranno anche a te l’opera, la musica classica, il jazz, come ai tuoi nonni.

Ti emozionerai ascoltando i Sui Generis, Almendra e Papo, come accadeva a Laura.

Ti sveglierai un giorno da questo incubo, nipote mio, e sari libero.

Con tanto amore

                            nonna Estela, 26 giugno 1996

 

 

DESAPARECIDOS E RECUPERO DELLA MEMORIA STORICA

 

L'uscita del libro che presentiamo stamani è frutto anche dell'attività dell'Archivio del Movimento di Quartiere – che è nato ed ha sede in questa zona (alla Scuola Barsanti) -.

Come Archivio, infatti, abbiamo contribuito alla stampa di “Su la testa, Argentina!”, in cui l'autore Orlando Baroncelli – della redazione di “Testimonianze”- ricostruisce la tragica vicenda dell'assassinio di circa 30000 persone, ad opera delle Forze Armate, nell'Argentina della dittatura militare, dopo il golpe dei generali nel 1976.

Vi sono, principalmente, 3 motivi a giustificare l'interesse dell'Archivio per questa opera:

-         perché è un recupero della memoria (e sul recupero della memoria si basa la nostra attività), dovuto in gran parte alla tenacia delle Madres (Madri), delle Abuelas (Nonne) e degli Hijos (Figli) di Plaza de Mayo, che hanno continuato per anni a tenerla viva, quella memoria, chiedendo verità e giustizia;

-         perché di tratta di avvenimenti che in Italia abbiamo conosciuto poco, per lo meno fino ai processi che si sono svolti anche qui da noi (a causa della presenza di cittadine/i italiane/i fra le persone assassinate);

-         perché molte/i giovani, fra quelle/i barbaramente uccisi, portavano avanti interventi di scolarizzazione nelle zone povere delle grandi città argentine (più o meno, come si cercava di fare, qualche anno prima, nei quartieri fiorentini).

Nel libro, dopo aver succintamente tracciato un profilo della storia argentina, con particolare riferimento ai rapporti fra esercito e società civile, ci si sofferma sui meccanismi della spietata repressione messa in atto dalla dittatura militare (alla cui guida erano Videla – capo dell'esercito -, Massera – capo della Marina -, Agosti – capo dell'Areonautica -), repressione che si basava, essenzialmente su 3 strumenti:

-         i campi di concentramento clandestini (se ne è contati 364 sparsi per il paese),

-         le torture come azione sistematica per ottenere informazioni (per avere i nomi edi altre persone da prelevare e rinchiudere nei luoghi non ufficiali di detenzione),

-         la soluzione finale del “far sparire”, praticata a livello di massa, che dà luogo, di conseguenza, all'imponente fenomeno dei “desaparecidos”.

Sono questi i capisaldi della cosiddetta “guerra sucia” (guerra sporca) che i generali avevano proclamato contro i “sovversivi” in difesa dei “valori occidentali e cristiani”.

L'azione repressiva argentina non era un episodio isolato, ma si inseriva appieno in quel vero e proprio “terrorismo di stato” sviluppatosi in America Latina – oltre che in Argentina, in Cile, Brasile, Uruguay, Paraguay, Bolivia -, con la regia della CIA e con il nome di “Piano Condor”.

Ciò che caratterizzò la “guerra sucia” di Videla e dei suoi complici fu proprio l'aspetto tremendo dei “desaparecidos”, cioè delle 30000 donne ed uomini, per la maggior parte giovani (si può dire che così si decimò un'intera generazione, colpendone la componente più attiva, socialmente e politicamente impegnata), fatti sparire nel nulla (tramite la orrenda invenzione dei “voli della morte”, per cui gli arrestati, illegalmente e clandestinamente, venivano fatti salire sugli aerei militari e scaricati poi in pieno Oceano).

Così di migliaia di persone, cancellate fisicamente, non sarebbe rimasto alcun segno e se ne sarebbe persa perfino la memoria – delle tombe, o persino delle fosse comuni, avrebbero invece mantenuto vivo il ricordo -.

Ma ad impedire tale annullamento totale scesero allora in piazza le madri delle giovani e dei giovani scomparsi, che cominciarono a ritrovarsi tutti i giovedì in piazza – in Plaza de Mayo a Buenos Aires – mettendosi un fazzoletto bianco in testa per riconoscersi fra loro.

Si cercò di impedire la loro azione, ma, in qualche modo, si tollerò quella che venne considerata una pazzia (le madri erano dette infatti “le locas” - le pazze -).

Alle madri si unirono ben presto le “abuelas” (le nonne).

Insieme lottarono, con tenacia, con insistenza, con una forza incredibile, e continuarono a lottare, insieme agli “hijos” (figli) degli scomparsi, anche dopo la caduta del regime dittatoriale dei generali, perchè si avesse finalmente verità e giustizia.

Fu grazie a loro, essenzialmente, che con la Presidenza Kirchner vennero cancellate le leggi che assicuravano l'impunità ai militari criminali.

Nell'Argentina tornata alla democrazia Madres e Abuelas de Plaza de Mayo non si sono limitate a pretendere il recupero della memoria, ma sono diventate dei punti di riferimento per i movimenti sviluppatisi a livello sociale, hanno elaborato progetti, hanno organizzato scuole popolari ed anche un'università.

In un certo qual modo, hanno proseguito l'opera avviata dai loro figli e nipoti e si sono impegnate a realizzare quello che ad essi era stato impedito di portare avanti.

Nel libro ci si sofferma anche sulle gravissime responsabilità della Chiesa cattolica argentina, che sostenne la dittatura (il Nunzio Apostolico Cardinale Pio Laghi e la stragrande maggioranza dei vescovi furono complici degli assassini, si ebbero sacerdoti delatori e sacerdoti che presenziavano alle torture e benedivano gli aerei della morte).

Particolare attenzione viene poi rivolta alla ricostruzione delle storie dei desaparecidos italiani in Argentina (non deve certo meravigliare l'alta percentuale di persone con cittadinanza italiana fra i desaparecidos, essendo molto alta la percentuale di italiani, spesso con doppia cittadinanza – 1300000 negli anni 70 -, all'interno della popolazione argentina).

Di notevole importanza il processo apertosi in Italia contro i generali, accusati dell'assassinio di cittadine/i italiane/i, conclusosi nel 2000 con varie condanne, sebbene in contumacia, perchè è risultato di stimolo alla riapertura dei processi anche in Argentina.

Il comportamento dell'Ambasciata italiana in Argentina era stato assai negativo durante la dittatura e sono noti gli stretti rapporti di Licio Gelli, Gran Maestro della P2, con Massera, Videla e soci. 

Le stesse forze progressiste del nostro Paese avevano in parte sottovalutato la tragedia che si stava verificando in Sudamerica (non vi era certo stata la grande mobilitazione verificatasi dopo il golpe in Cile nel 1972). Da segnalare, comunque, una reazione forte del Presidente Pertini quando, nel 1983, la Giunta militare di Buenois Aires annunciò che le persone scomparse dovevano considerarsi tutte morte; in quell'occasione, infatti, Pertini mandò alla Giunta un telegramma che si concludeva con queste parole:” ...Esprimo lo sdegno e la protesta mia e del popolo italiano in nome degli elementari diritti umani, così crudelmente scherniti e calpestati”.

Oggi in Argentina l'impunità è finalmente finita, i processi sono ripresi e già si sono avute delle condanne significative dei responsabili delle atrocità compiute durante la dittatura..

E' simbolo del nuovo clima determinatosi nel paese con la Presidenza Kirchner la trasformazione dell'ESMA (la Scuola Superiore di meccanica dell'Aeronautica, uno dei pricipali centri di detenzione e di tortura) in Museo della Memoria.

Ma le Madri, le Nonne, i Figli di Plaza de Mayo continuano la loro azione perché non si torni indietro e non si fermi la ricerca della verità e della giustizia.

 

 










TODO CAMBIA (Mercedes Sosa)

Cambia lo superficial

cambia también lo profundo

cambia el modo de pensar

cambia todo en este mundo



Cambia el clima con los años

cambia el pastor su rebaño

y así como todo cambia

que yo cambie no es extraño



cambia el más fino brillante

de mano en mano su brillo

cambia el nido el pajarillo

cambia el sentir un amante



Cambia el rumbo el caminante

aunque esto le cause daño

y así como todo cambia

que yo cambie no es extraño



Cambia, todo cambia

Cambia, todo cambia

Cambia, todo cambia

Cambia, todo cambia



cambia el sol en su carrera

cuando la noche subsiste

cambia la planta y se viste

de verde en la primavera



Cambia el pelaje la fiera

cambia el cabello el anciano

y así como todo cambia

que yo cambie no es extraño



Pero no cambia mi amor

por mas lejos que me encuentre

ni el recuerdo ni el dolor

de mi tierra y de mi gente



Y lo que cambió ayer

tendrá que cambiar mañana

así como cambio yo

en esta tierra lejana.



Cambia, todo cambia... Pero no cambia mi amor




TODO CAMBIA

Cambia ciò che è superficiale

e anche ciò che è profondo

cambia il modo di pensare

cambia tutto in questo mondo.



Cambia il clima con gli anni

cambia il pastore il suo pascolo

e così come tutto cambia

che io cambi non è strano.



Cambia il più prezioso brillante

di mano in mano il suo splendore,

cambia nido l'uccellino

cambia il sentimento degli amanti.



cambia direzione il viandante

sebbene questo lo danneggi

e così come tutto cambia

che io cambi non è strano.



Cambia, tutto cambia

Cambia, tutto cambia

Cambia, tutto cambia

Cambia, tutto cambia.



Cambia il sole nella sua corsa

quando la notte persiste,

cambia la pianta e si veste

di verde in primavera.



Cambia il manto della fiera

cambiano i capelli dell'anziano

e così come tutto cambia

che io cambi non è strano.



Ma non cambia il mio amore

per quanto lontano mi trovi,

né il ricordo né il dolore

della mia terra e della mia gente.



E ciò che è cambiato ieri

di nuovo cambierà domani

così come cambio io

in questa terra lontana.



Cambia, tutto cambia... Ma non cambia il mio amore.

 

 

 






SOLO LE PIDO A DIOS

Sólo le pido a Dios

Que el dolor no me sea indiferente,

Que la reseca muerte no me encuentre

Vacío y solo sin haber hecho lo suficiente.

 

Sólo le pido a Dios

Que lo injusto no me sea indiferente,

Que no me abofeteen la otra mejilla

Después que una garra me arañó esta suerte.

Sólo le pido a Dios

Que la guerra no me sea indiferente,

Es un monstruo grande y pisa fuerte

Toda la pobre inocencia de la gente.

Sólo le pido a Dios

Que el engaño no me sea indiferente

Si un traidor puede más que unos cuantos,

Que esos cuantos no lo olviden fácilmente.

Sólo le pido a Dios

Que el futuro no me sea indiferente,

Desahuciado está el que tiene que marchar

A vivir una cultura diferente.

 

CHIEDO SOLO A DIO

Chiedo solo a Dio

che il dolore non mi lasci indifferente

Chiedo solo a Dio che la morte non mi trovi vuoto e solo senza aver fatto quanto basta.

Chiedo solo a Dio che l’ingiustizia non mi lasci indifferente.

Che non mi colpiscano l’altra guancia dopo

che un artiglio mi abbia graffiato questa fronte

Chiedo solo a Dio che la guerra non mi lasci indifferente.

È un mostro grande e calpesta fortemente

la povera innocenza della gente.

Chiedo solo a Dio che l’inganno non mi lasci indifferente.

Se un traditore può più che tanti,

che questi tanti non dimentichino facilmente.

Chiedo solo a Dio che il futuro non mi lasci indifferente.

Esiliato è colui che deve marciare per vivere in una cultura diversa.






 

 

 






Mercedes Sosa: E' morta all'età di 74 anni la cantante argentina Mercedes Sosa, leggendaria voce della musica popolare e della coscienza dei popoli latinoamericani, il cui impegno politico contro l'ingiustizia sociale l'ha costretta all'esilio negli anni della dittatura militare argentina (1976-83). Nata nel 1935 nella provincia di Tucuman, nel nord, città dove nel 1816 venne firmata l'indipendenza dell'Argentina, in un poverissimo sobborgo da una famiglia india, per il colore scuro della pelle e dei capelli venne soprannominata "La Negra".

Mercedes Sosa era dotata di una voce bassa e potente e di un carisma universalmente riconosciuto. Pur non definendosi mai apertamente attivista politica, ricorda in un articolo il Washington Post, partecipò lungo gli anni '60 e '70 al movimento della "Nueva cancion" che con una ispirazione marxista univa al folklore tradizionale dei popoli latinoamericani una carica politica nel dare voce ai poveri, agli sfruttati, agli oppressi. Considerata uno dei simboli della resistenza alla dittature del continente, dopo il golpe militare del 1976 la sua musica di denuncia inizia a essere invisa ai militari: dapprima è vittima della censura, le impediscono di pubblicare dischi, viene arrestata durante un concerto a La Plata e infine, nel 1979, è costretta all'esilio a Parigi e l'anno dopo a Madrid. Durante quel periodo dedica molti brani alla sua patria e alla speranza di cambiamento e di pace e democrazia per gli argentini, come "Todo cambia" e "Solo le pido a Dios", che diventerà l'inno delle nuove generazioni alla libertà riconquistata. Tornerà in Argentina solo nel febbraio del 1982, alla vigilia della caduta del regime. Fra le sue canzoni di protesta più celebri, la scarna "Cantiamo ancora", in cui, accompagnata solo da un tradizionale tamburo andino (bombo), cantava in faccia al regime militare argentino "Sono stata uccisa mille volte/ sono scomparsa mille volte/ ed eccomi qui, risorta dai morti...eccomi ancora qui, sorta dalle rovine della dittatura lasciate dietro/ Cantiamo ancora".

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