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lunedì 12 novembre 2012

DONNE NELLA SCIENZA

Frontespizio da “The Female Spectator”, 1744 
Donne che studiano sotto la guida di una “sapiente”, all’ombra dei busti di donne famose dell’antichità.



COMUNITA’ DELL’ISOLOTTO
Domenica 11 novembre 2012-11-08
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DONNE NELLA SCIENZA
Riflessioni di Vanna


LUCA 10,38
Mentre Gesù si trovava in cammino, entrò in un villaggio, e una donna di nome Marta, lo accolse in casa sua. Essa aveva una sorella, chiamata Maria, che si era seduta ai piedi del Signore e ascoltava la sua parola. Marta, occupata nelle varie faccende domestiche, si fece avanti e disse: “Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?  Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose:
Marta, Marta, tu ti inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria, invece, ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.


Donne e uomini insieme
Lo sviluppo della civiltà, lento, complesso e mai completo, ha sempre avuto bisogno della collaborazione di molte persone; nessuna grande scoperta, invenzione, teoria filosofica o scientifica è nata per l’ingegno di un solo uomo o di una sola donna. Anche quando si associa un nome particolare ad un grande balzo nella storia umana, come Aristotele nell’antichità o Galileo e Einstein per la scienza, Dante per la lingua italiana o Beethoven per la musica; neanche in questi casi il merito può essere negato a molte altre persone che hanno preceduto, preparato la strada o in seguito divulgato e completato i risultati di questi grandi personaggi della cultura.
E’ in questo senso che la società riconosce a tutte le donne il merito di un contributo attivo all’evoluzione, anche se, per effetto di tanti pregiudizi e consuetudini, di origine religiosa o storica, rarissimo è conoscere i nomi di quelle che meriterebbero di stare accanto ai grandi uomini detti sopra.

A cosa può servire cercare di togliere dall’oblio questi nomi di donna? 
Oggi le nostre figlie si sentono libere di seguire le loro attitudini in qualunque campo, studiano con profitto e si laureano con buoni voti; eppure accade ancora che in certi ambiti, arrivate ad inserirsi nel lavoro, si sentano “ospiti in un territorio straniero”. Mettere in luce il contributo delle donne nei tempi passati può contribuire a renderle più sicure di sé, capaci di affermarsi e rompere quel “tetto di cristallo” che impedisce loro di arrivare a posizioni di prestigio. 
Ma prima di tutto è necessario capire quali sono state le ragioni e le condizioni che hanno portato a considerare le donne incapaci o non adatte a svolgere alcune professioni, fra cui la ricerca scientifica. Motivi religiosi? A volte può sembrare il contrario: nell’Italia cattolica le donne hanno partecipato alla vita accademica molto più che nel mondo islamico o anglosassone. Quale relazione fra il cattolicesimo, la ricerca scientifica e le donne?
Le domande non sono poche, né da poco; cominciamo intanto a porcene qualcuna.


IPAZIA D’ALESSANDRIA


Non sono poi tante le donne che hanno avuto la possibilità di distinguersi nella scienza (e purtroppo non solo nella scienza), considerata, fino a non molto tempo fa, appannaggio esclusivo del mondo maschile. Molte hanno dovuto pagare con la vita questa loro passione, quasi fosse una colpa della quale vergognarsi: una donna che con le sue ricerche potesse superare o peggio inficiare i risultati ottenuti dai colleghi maschi, era ritenuta una presuntuosa da relegare in un angolo. Fra queste non si può dimenticare IPAZIA , vissuta ad Alessandria d'Egitto fra la fine del IV e l'inizio del V secolo. 
Fu il padre Teone ad indirizzarla verso la  matematica, geometria e astronomia  " Ma Ipazia fu anche filosofa molto apprezzata: Socrate Scolastico parla di lei come della terza caposcuola del Platonismo, dopo Platone e Plotino.
  Gemma Beretta laureata in filosofia all’Università di Milano con la tesi su Ipazia dalla quale è nato poi il libro(Ipazia d'Alessandria, Editori Riuniti)   concentra così tutto il senso dell'attività di Ipazia: 
"Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto", ad indicare da un lato l'amore per l'astronomia, dall'altro la tensione filosofica. 

"Quando tracciava una nuova mappa del cielo, Ipazia stava indicando una traiettoria nuova - e insieme antichissima - per mezzo della quale gli uomini e le donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico [...]. Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (l'intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell'aritmetica che, tenute l'una insieme all'altra, costituivano l'inflessibile canone di verità"

Da Socrate Scolastico :...A causa della sua straordinaria saggezza tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale"…."Poiché tale era la natura di Ipazia, era cioè pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei". Non solo il popolo dunque la venerava, ma anche molte delle autorità della cittadine.
 "Ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei. [...]. Per la magnifica libertà di parola ed azione, che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. 
 Per questo motivo, allora, l'invidia si armò contro di lei
Fu assassinata da fanatici cristiani istigati da Cirillo vescovo di Alessandria (fatto poi Santo!!) 
Fu un truce omicidio in quanto il suo corpo fu fatto letteralmente a brandelli in maniera che tutto di lei fosse cancellato.


 The New York Times, 3 ottobre 2006
I numeri sono maschili, disse Pitagora, 
e l’idea persiste

di Margaret Wertheim

(nata a Melbourne nel 1958, si è laureata prima in matematica e poi in fisica applicata a Sydney. Ma in seguito si è dedicata totalmente alla divulgazione scientifica attraverso libri, documentari, programmi TV, musica, ecc. tanto da meritarsi l’appellativo di “scienziata pop”)

Quando ero una studentessa di fisica alla fine degli anni ’70 le mie pochissime compagne di studi ed io avevamo molte speranze sul fatto che le donne avrebbero raggiunto la parità con gli uomini nelle scienze. Ma i progressi sono stati molto più lenti di quanto immaginavamo. Lo scorso mese una ricerca dell’Accademia Nazionale di Scienze (degli Stati Uniti) ha documentato una diffusa contrarietà verso le donne nelle scienze e nell’ingegneria, raccomandando un’ampia revisione delle strutture istituzionali.
Gail G. Hanson, che ha scoperto i quark jets, dice che quando le donne vincono un premio sono trattate ancora peggio di prima. Se è vero che possono esserci sottili differenze biologiche che influiscono sulla scarsità di donne negli alti livelli delle professioni scientifiche, è vero anche che molte scienziate continuano a subire discriminazioni palesi o nascoste.
Il suggerimento dell’Accademia è una buona cosa, ma c’è ragione di credere che nel campo delle cosiddette scienze “dure” , come la matematica, la fisica e l’astronomia, non si tratti di una questione burocratica. Le fisiche, le astronome e le matematiche si trovano a combattere con 2000 anni di consuetudine che dice che questi campi sono tipicamente maschili. Sebbene le donne non siano più bandite dai laboratori universitari e dalle società scientifiche, l’idea che siano essenzialmente meno portate alle scienze è profondamente radicata nei nostri geni culturali.
Il problema risale agli antichi Greci e in particolare a Pitagora, il gigante della filosofia che sognò quel sogno diventato oggi la fisica moderna. Pitagora quasi certamente ricavò il suo famoso teorema sui triangoli rettangoli dai Babilonesi, ma dobbiamo a lui un’idea ancora più importante. Egli dichiarò: “tutto è numero”, diventando il primo a dire che il mondo fisico può essere descritto in linguaggio matematico. Pitagora ci ha dato anche l’idea della “musica delle sfere”, un’insieme di relazioni matematiche che dovrebbero descrivere la struttura di tutto l’universo. Fu la sua visione che probabilmente dette origine alla rivoluzione scientifica di Copernico, Keplero, Galileo e Newton. La ricerca di una “teoria del tutto” oggi è l’ultima versione del desiderio pitagorico di una divina “armonia cosmica”.
Sebbene ci siano state molte culture che hanno sviluppato tradizioni matematiche sofisticate, come quella cinese, degli Arabi, gli Indiani e i Maya, la cultura occidentale è la sola a considerare il mondo materiale come l’incarnazione di leggi matematiche; e fin dagli inizi la ricerca di tali leggi è stata vista come una
 innata attività maschile. La società pitagorica del quinto secolo a. C. fu la culla                                                       
della ricerca matematica, ma quella di Pitagora fu anche una religione, e come molti culti greci le sue basi erano dualistiche. Per i pitagorici la realtà aveva due aspetti: da una parte c’era la mente e lo spirito con il regno trascendente degli dei; dall’altra parte stava il corpo e la materia con il regno mondano della Terra. Come molti pensatori greci i pitagorici associavano l’aspetto mente/spirito al maschile e l’aspetto corpo/materia  al femminile.
Pitagora introdusse i numeri e li sistemò dalla parte del maschile. Nel sistema pitagorico pensare con i numeri, ovvero fare matematica, era essenzialmente maschile; la matematica era associata agli dei e alla trascendenza dal mondo materiale. Le donne, per loro natura, si supponeva che avessero forti radici mondo terreno.
Alla fine del medioevo l’interesse pitagorico in un approccio matematico alla scienza cominciò a guadagnare terreno ed è qui che si comincia a vedere il seme della fisica moderna. “La creazione del Numero fu la creazione delle cose” scrisse Thierry de Chartres nel XII sec, quando furono fondate le prime università e venne formalizzato l’insegnamento accademico. Le università vennero create per educare il clero, e visto che le donne non potevano essere preti, non potevano neanche esservi ammesse. Molti istituti superiori non hanno ammesso donne fino all’inizio del XX sec e gli istituti di fisica furono spesso fra gli ultimi ad accettare studenti e professori donne.
L’associazione pitagorica della matematica con la trascendenza fu trasportata facilmente nel contesto cristiano, dando luogo all’idea del dio giudaico-cristiano come di un creatore matematico. Quando Stephen Hawking oggi collega la teoria del tutto alla mente di dio, non fa altro che riprendere il punto di vista dei pitagorici; ma questo collegamento della matematica al divino lo si trova facilmente anche nella tradizione cattolica del sacerdozio esclusivamente maschile. Quindi, fino dall’inizio, le donne furono escluse dal campo accademico e dalle scienze ad esso correlate.
Quando si formarono le prime società scientifiche nel XVII e XVIII sec. la tendenza misogina continuò. Henry Oldenburg, un segretario originale della Royal Society inglese, scrisse che la missione dell’organizzazione era di “sostenere una Filosofia maschile”. Questo bastione della Scienza non ammise nessuna donna come membro a pieno titolo fino al 1945.
Le fisiche hanno continuato a misurarsi con profondi pregiudizi. Emmy Noether, che scoprì che tutte le leggi fisiche di conservazione erano associate con simmetrie matematiche, era contemporanea di Einstein e lavorò a risolvere alcuni problemi matematici della relatività generale. Lo fece senza avere una posizione accademica riconosciuta per lo più senza stipendi: Lise Meither, che sviluppò la                                                                     
teoria della fissione nucleare, non fu considerata quando questo lavoro vinse il Nobel nel 1944. Il dipartimento di fisica dell’università di Harvard non assunse donne fino al 1992.
Questa settimana l’Accademia di Svezia annuncerà il premio Nobel per la scienza (2006). Sarebbe veramente notevole se ci fosse qualche donna in lista (non ce ne sarà nessuna). Marie Curie vinse il Nobel nel 1903 e la sola altra donna (in fisica)                                          

è stata Maria Goeppert Mayer nel 1963, quando condivise il premio per la sua teoria sulla struttura del nucleo atomico (assieme a J. Hans D. Jensen). In matematica le donne se la passano ancora peggio; la medaglia Fields, l’equivalente matematico del premio Nobel, non è mai stato dato a una donna.
Molte donne che sono entrate in campo scientifico dagli anni ’70 in poi continuano a meravigliarsi di come i cambiamenti siano così lenti. Gail G. Hanson, emerita professora di fisica all’università della California a Riverside e unica donna ad aver ricevuto il premio W. K. H. Panofsky nella fisica sperimentale delle particelle, mi ha detto per telefono: “ A questo punto sembra che la presenza delle donne nella scineza sia accettata nei livelli più bassi; ma quando raggiungiamo livelli più alti si instaura subito un clima di antagonismo”. Come borsista post dottorato allo Stanford Linear Accelerator Center, la dott.ssa Hanson ha scoperto i quark jets, il lavoro per cui in seguito ha avuto il premio Panofsky. ma nonostante questo ha detto che durante tutta la sua carriera di ricercatrice ha continuato ad essere tratta come una collega principiante, non come responsabile della ricerca.
La dott.ssa Hanson è il soggetto di un capitolo in un nuovo libro che racconta le vite e il lavoro di 40 importanti donne fisiche del secolo passato. Si intitola “Fuori dall’ombra” (“Out of the Shadows”), realizzato da Nina Byers e Gary Williams, fisici all’università della California, Los Angeles. Il libro illustra gli ostacoli che queste donne hanno incontrato e continuano ad incontrare. Diverse giovani donne fisiche che ho contattato per questo articolo hanno confermato che gli ostacoli rimangono, ma non vogliono essere inserite nella lista.
Con evidente tristezza nella voce, la dott.ssa Hanson ha detto: “Pensavo che questo genere di cose accadesse solo negli anni ’50. E’ spaventoso che le donne debbano fronteggiare ancora queste difficoltà”. E aggiunge: “Quando ottieni un premio spesso sei trattata ancora peggio. Gli uomini riescono a tollerare una donna nella Fisica finché se ne sta in una posizione subordinata, ma non possono tollerare una donna al di sopra di loro”.
La ricerca della National Academy stabilisce che c’è ancora una lunga strada da fare. In confronto ai loro colleghi maschi in condizioni simili, le scienziate e le ingegnere  sono sottopagate, sottovalutate e sottorappresentate nei livelli più alti della scienza. Vista la lunga tradizione di antipatia verso le donne che si dedicano alla matematica, sarebbe ingenuo pensare di poter cambiare le nostre istituzioni in una sola generazione. Il cambiamento non può venire solo da qualche volontà burocratica; si tratta di cambiare il paradigma culturale.

Scienza e pregiudizio, come uscirne
di Francesca Molfino e Flavia Zucco - 20/03/2012
Donne e scienza, molto è cambiato. Ma permangono stereotipi di genere nella ricerca scientifica. Eliminarli però può essere molto difficile, perché i cliché funzionano come mappe mentali che ci aiutano a interpretare la realtà. Meglio sostituirli con modelli positivi, valorizzando le novità che le donne portano nei loro team
Si comincia ad assimilare gli stereotipi fin da piccoli: diversi studi hanno notato la presenza di preferenze per i componenti del proprio gruppo (ingroup biases) già all’età di 3 o 4 anni, e subito dopo l’emergere di stereotipi razziali e di genere. In molti casi l’effetto dell’attivazione di uno stereotipo scompare dopo pochi minuti, ma indipendentemente dalla durata, a lungo andare il modo di pensare per cliché si rafforza. Inoltre gli studi mostrano che, una volta creato, basta poco per riattivare lo stereotipo, ad esempio il semplice disaccordo con qualcuno del gruppo stereotipato, e se il cliché viene rievocato con sufficiente frequenza, diventa cronico. Perciò anche se singolarmente sembrano innocui, quando sono veicolati dai media il loro effetto cumulativo può essere notevole. Una volta interiorizzati, attraverso i media, membri della famiglia, per esperienza diretta o in qualsiasi altro modo, a volte gli stereotipi si animano di vita propria e diventano “auto-perpetuanti”. Gli stereotipi di genere non scaturiscono dai ruoli sociali, ma ne vengono rinforzati in una specie di circolo vizioso. Secondo Evelyn Fox Keller, nel settore scientifico ci sono stereotipi negativi di vecchia data:
1. La scienza è neutrale e si occupa di cose (oggettività), mentre le donne di persone (soggettività).
2. L’identità femminile è legata al mondo naturale; quella maschile è fondata sulla separazione e il controllo sulla natura.
3. Il sapere maschile è più scientifico, analitico e oggettivo; quello femminile è basato sull’intuizione di tipo materno.
4. La scienza è razionalità ed è completamente separata dai sentimenti: è concreta e rigorosa, mentre le donne sono irrazionali ed emotive.
5. La scienza è ricerca di potere, mentre le donne cercano l’armonia.
Per Keller gli unici stereotipi positivi nel mondo della scienza sono a favore dei maschi e identificano le donne scienziate con modelli maschili. È stato provato che sia per i maschi che per le femmine, l’identità ideale è relativamente più mascolina di quando non sia nella realtà. Inoltre sia gli uomini che le donne tendono a desiderare di essere più “maschili” di quello che sono.

Come cambiano i cliché nella scienza. Gli stereotipi nascono quando l’integrità del sé è minacciata, fanno parte del nostro modo di affrontare le instabilità della nostra percezione del mondo. Questo non significa che siano buoni, ma solo che sono necessari per lo sviluppo mentale. Le disparità di genere nell’accesso all’istruzione sono quasi scomparse nei paesi occidentali, come alcuni limiti culturali e sociali. Ma nell’epoca dell’information overload (il sovraccarico di informazioni disponibili), gli stereotipi sopravvivono perché diventano dei gusci che incapsulano l’informazione in modo compatto ed efficace, e in questo modo si auto-rinfonzano e si auto-avverano. Se un individuo appartenente a un gruppo stereotipato esce fuori dallo schema precostituito, minacciando l’identità di un altro gruppo o di un’altra persona, di solito questi conservano lo stereotipo dividendolo in due sotto-tipi. Per esempio di fronte a una “donna brava in matematica” le persone che hanno pregiudizi di genere possono distinguerla dal resto delle donne “sentimentali, irrazionali e fragili” creando il sotto-tipo di “donna competente e capace”. La creazione di sotto-tipi rende ancora più difficile riconoscere gli stereotipi. Serve chiedersi allora se i vecchi stereotipi di genere nella scienza sono superati. I pregiudizi tradizionali non sono scomparsi, piuttosto le loro forme contemporanee sono difficili da individuare e anche chi ne è portatore può non esserne consapevole. Ci sono diversi modi per portare allo scoperto gli stereotipi: check-list, open ended approach e indirect mesurement (priming).                                                                      6
Nuovi stereotipi positivi. La rappresentazione delle scienziate è cambiata nella realtà. I fattori che contribuiscono al cambiamento dei vecchi cliché sono:
• I recenti dati statistici sulla presenza e il successo delle donne nel settore scientifico.
• Le nuove caratteristiche richieste dalle scienze post-moderne. Tra questi, il lavoro in gruppo: le nuove arrivate all’interno di un team di ricerca hanno un ruolo notevole e positivo nell’integrare i componenti precedenti. E l'etica: le donne mostrano un alto grado di responsabilità non solo ai massimi livelli ma in tutte le attività di ricerca, con particolare attenzione anche alle implicazioni sociali
• Altre qualità sono necessarie, oltre alla preparazione scientifica. Per esempio, lasciare agli studenti la libertà di cui hanno bisogno: le donne riescono a garantire una maggiore la libertà ai ricercatori in formazione, che risultano così più maturi rispetto a quando vengono guidati passo dopo passo. Tenere sotto controllo il proprio Ego. Secondo Pierre-Gilles de Gennes (premio nobel per la fisica nel 1991) "I gruppi latini sono ossessionati dall’intelligenza….vogliono essere considerati come capaci e dotati di acume…..le donne sono meno propense a voler risplendere all’interno delle loro relazioni, a reclamare di sapere tutto, e questo dà loro autorevolezza. D’altro canto, insieme a una solida preparazione, hanno sensibilità e senso della realtà, qualità necessarie a qualsiasi team per conseguire buoni risultati".
Per superare gli stereotipi, bisogna rinforzare quelli positivi, oppure ricategorizzarli senza pregiudizio. Non potremmo funzionare senza ricorrere a degli stereotipi, i quali ci mettono al riparo dalle nostre paure più pressanti allontanandole e rendendoci possibile agire come se la loro causa fosse al di là del nostro controllo. Sono categorizzazioni usate per costruire “buon senso” o “saggezza”, ma poi diventano qualcosa di più perché di solito non siamo consapevoli di usarli, perciò non è possibile intervenire per correggerli. Comunemente il modo per cambiare i modelli sommari è fornire agli individui informazioni sulla loro infondatezza. Di conseguenza per innescare delle trasformazioni nello stereotipo basterebbe semplicemente assumere la prospettiva di persone che consideriamo diversi da noi, esterni al nostro gruppo, e guardare il mondo con i loro occhi. Un atteggiamento che può ridurre notevolmente la preferenza per i propri simili (ingroup bias) e il ricorso a stereotipi, e può persino portare a cambiare modelli sommari inpliciti. Secondo alcune ipotesi, per esempio, il contatto tra i gruppi che lavorano insieme aumenta le relazioni positive, a patto che il contatto stesso sia positivo. Il cambiamento avviene solo se si è motivati o se si ottengono dei vantaggi, e quando cambiare lo stereotipo non comporta minacce. Nelle questioni di genere questo significa che bisogna affrontare i problemi tra uomini e donne nelle organizzazioni. Si possono ottenere cambiamenti indiretti tramite azioni positive, come creare nuovi modelli di donne scienziate. Questi nuovi modelli devono essere esenti da generalizzazioni triviali o semplificazioni mediatiche, e non devono essere confusi con modelli di ruoli o con personificazioni di stereotipi. Per esempio il cliché positivo della donna che si occupa di allevare e curare può essere usato come giustificazione per confinare tutto il genere femminile nei settori dell’infanzia e dell’insegnamento.
Le donne stanno combattendo per cambiare il loro ruolo di genere, ma possono riuscirci solo in alcuni modi:
- Adottare tratti maschili (androginia). L’emancipazione femminile ha continuato a idealizzare i valori maschili, nonostante abbia rovesciato i ruoli sociali. Minimizzare le differenza di genere è una sconfitta per le donne, poiché svilisce o sottovaluta la loro capacità di essere madri.
- Integrare tratti maschili e femminili e fare in modo che anche gli uomini adottino caratteri e ruoli femminili. Sarebbe la soluzione definitiva per le donne, ma non si sa per quale ragione e per quali benefici gli uomini avrebbero rinunciando alla loro supremazia. Tutto sommato si trascura che sarà necessario un vero e proprio scontro fra i sessi. Bisognerebbe tener presente che nessuna ricerca sugli uomini è stata focalizzata sulla riduzione degli stereotipi automatici negli anni. 
-  Mettere le capacità individuali al di sopra del genere per infrangere la rappresentazione binaria di uomini e donne. Questa posizione sembra più congeniale ai ricercatori giovani che antepongono le competenze personali alle questione di genere.



Bibliografia Donne nella Scienza


Margaret  Alic, “L’eredità di Ipazia – Donne nella storia delle scienze dall’antichità all’Ottocento” Editori Riuniti, Roma 1989
Gemma Beretta, Ipazia d'Alessandria, Editori Riuniti, Roma 1993
Rosi Braidotti, “Madri, mostri e macchine”, Manifestolibri, Roma 1996
Rosi Braidotti, “Soggetto Nomade – Femminismo e crisi della modernità”, Donzelli Editore, Roma 1995
Rachel Carson, “Primavera silenziosa”, Feltrinelli 1999
Elisabetta Donini, “Conversazioni con Evelyn Fox Keller – una scienziata anomala”, Eleuthera 1991
Elisabetta Donini, “La nube e il limite. Donne, scienza, percorsi nel tempo”, Rosenberg & Sellier, Torino 1990.
Evelyn Fox Keller, “In sintonia con l’organismo – La vita e l’opera di Barbara McClintock”, La Salamandra, Milano 1987
Evelyn Fox Keller “Sul genere e la scienza” Garzanti Libri
Silvia Gherardi, “Il genere e le organizzazioni – Il simbolismo del femminile e del maschile nella vita organizzativa”, Raffaello Cortina Ed. Milano 1998
Silvia Gherardi – Barbara Poggio, “Donna per fortuna, uomo per destino – Il lavoro raccontato da lei e da lui”, ETAS 2003
Carol Gilligan, “Con voce di donna – Etica e formazione della personalità”, Feltrinelli, Milano 1987
Donna Haraway, “Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo”, a cura di L. Borghi, Milano, Feltrinelli 1995
Janna Levin, “Come all’universo sono venute le macchie. Diario di un tempo finito in uno spazio finito”, Il Saggiatore, Milano 2003
Carolyn Merchant, “La morte della Natura”, Garzanti 1988
Agnese Seranis, “Il filo di un discorso - Narrazione”, EURA PRESS – Ed Italiane, Milano 1997
Vandana Shiva,  “Terra madre - Sopravvivere allo Sviluppo”, ISEDI 1990
Margaret Wertheim, “I pantaloni di Pitagora – Dio le donne e la matematica”, Instar Libri, Torino 1996


Sitografia


 HYPERLINK "http://www.universitadelledonne.it" www.universitadelledonne.it
 HYPERLINK "http://www.wikipedia.it"  http://it.wikipedia.org
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Nota.
vedi di Vanna:

Tecnologia è donna. Un'azione positiva della CGIL scuola di Firenze

Tecnologia è donna. Un'azione positiva della CGIL scuola di Firenze
(Varia)
Data di pubblicazione: 2000
Prezzo deastore.com (info) € 12.91

A nome di tutti i presenti grazie a Vanna per la lectio magistralis    

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