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giovedì 14 novembre 2013

Le tre vite di Marco Bisceglia

Mercoledì 13 novembre 2013, alle ore 18.00, alla Libreria IBS BOOKSHOP di Firenze, in via de' Cerretani 16/R, incontro con Rocco Pezzano  autore di "Troppo amore ti ucciderà. Le tre vite di Don Marco Bisceglia" (Edizioni Edigraferma, 2013). 
Chi era Marco Bisceglia? Sacerdote, omosessuale, promotore di battaglie a favore delle libertà individuali. Il fondatore di Arcigay, morto di AIDS nel 2001.
Gesuita, operaio in Francia, guida spirituale a Lavello (Basilicata), dove fonda la comunità del Sacro Cuore (modello studiato in tutta Europa), si distingue per le azioni tra i preti del dissenso e per la vicinanza alla Teologia della Liberazione. 
Vittima di un raggiro giornalistico, lo accusano di aver celebrato il primo matrimonio di coscienza tra gay, viene lanciato alla ribalta nelle più spietate cronache nazionali, quindi sospeso a divinis dalla Chiesa Cattolica. L'esperienza politica al fianco di Marco Pannella, il coming out, Roma e l'attivismo tra le fila dell'ARCI, l'amicizia con Nichi Vendola, la gestazione di Arcigay segnano l'approdo a una nuova vita.
Dopo la nascita del primo nucleo dell'associazione che tutela i diritti degli omosessuali, cala il sipario sul palcoscenico pubblico e rientra in seno alla Chiesa. Ricostruzioni, lettere, omelie, testimonianze, immagini indagano l'esperienza umana, religiosa e sociale di un uomo innamorato del Vangelo, ma troppo scomodo per le gerarchie vaticane e la società del tempo. 
Nella chiesa del Sacro Cuore di Lavello (Basilicata) non erano abituati a sentire i passi di decine e decine di militari che vi entrarono a forza per mandare via, su ordine del suo Vescovo, il Parroco don Marco Bisceglia. Era il 25 ottobre del 1978 quando, sbarrato l’ingresso della sua chiesa, don Marco si ritrovò ufficialmente disoccupato, un precario della fede. Sospeso a divinis e senza un posto in cui ricostruire la sua comunità. 
Da quel momento cominciò la sua seconda vita che lo porterà, dopo il suo coming out fatto davanti a cinquecento persone di un’assemblea di “cattolici del dissenso”, a compiere in solitudine la sua traversata nel deserto per i diritti delle persone omosessuali. 
Sempre militante, sempre dalla parte degli “ultimi”, anche se adesso per lui gli “ultimi” erano gli omosessuali non più i braccianti del Sud, ecco perché a sessantacinque anni fonderà l’Arcigay nazionale, la più grande associazione per la  tutela dei diritti dei gay in Italia e, portato a termine il suo compito, si ritirerà nel silenzio della sua fede sino alla conclusione fatale e inaspettata della sua vita.
"Troppo amore ti ucciderà. Le tre vite di don Marco Bisceglia (Editore    Edigrafema, 2013, 320 pagine), scritto da Rocco Pezzano, racconta le tre vite di don Marco Bisceglia come fossero i capitoli di un romanzo, attraverso una serie di documenti (omelie, interviste, articoli di giornale dell’epoca, fotografie) che ripercorrono quasi un secolo di vita del nostro Paese. 
Scrive l'Autore: "Ero rimasto folgorato dalla figura di questo parroco mingherlino che non aveva paura di niente e nessuno, e che alla fine è stato fra i pochi a pagare per la propria coerenza. Una figura affascinante dai tratti profetici".

Intervento di Luciana

Il titolo ed il sottotitolo secondo me definiscono bene la peculiarità di una storia vissuta in contesti specifici di un ambiente sociale e politico locale e nazionale, ma anche caratterizzata da una identità personale in cui per ogni persona contano :il dna – le vicende personali – la cultura a cui ha attinto – gli incontri – le relazioni – i vissuti , e che fanno di ciascuno di noi un essere unico con le proprie doti ed i propri limiti. Penso che ciascuno di noi abbia più di una vita da raccontare.
Apprezzo il rigore e l’onestà intellettuale dell’autore nel presentare la complessità di un vissuto documentando attraverso testi e testimonianze dirette e lasciando aperte le problematicità ad ogni comprensione del lettore (senza intervenire con valutazioni commenti e giudizi). Aver coinvolto in questa sua opera la sorella di Marco, Anita, è  segno di rispetto e una garanzia di autenticità.
Come persona informata sui fatti, che ha vissuto le tante esperienze del movimento delle CdB e  come comunità dell’Isolotto posso testimoniare che questo libro fa memoria in modo rigoroso degli avvenimenti che riguardano  il periodo storico ed i percorsi che narrano la vita di Marco Bisceglia.
Come comunità dell’Isolotto abbiamo  condiviso con Marco l’esperienza ed il percorso  della comunità nella parrocchia del Sacro Cuore  di Lavello prima e  fuori di essa dopo : è stato un intreccio di riflessioni, mobilitazioni, relazioni fra donne ed uomini di differenti contesti che si incontravano e cercavano insieme di aprirsi  al cambiamento sostenuti da valori ed ideali condivisi.
Cosa ci univa:
-   la consapevolezza che la lotta per i diritti e la giustizia sociale in un paese segnato da una identità culturale  cattolica non poteva fare a meno di un processo di liberazione e di riappropriazione dei valori originari del messaggio cristiano.
-   la scoperta di un popolo consapevole e partecipe
-   la repressione delle istituzioni religiose e laiche
-   incriminazioni e processi
-   solidarietà e relazioni
-   condivisione del pane e creativita’
-   grande partecipazione popolare in tutta Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo
-   la fatica di tenere insieme  le diverse anime delle comunità , le fratture e la diversificazione delle scelte personali  di impegno
-   La ricerca di piazze e di  strade nuove dove poter elaborare insieme una società e una chiesa ”altra”

In quegli anni tante sono state  le esperienze del sud e non solo, tanti i preti del sud e in tutta Italia che hanno partecipato a questi movimenti di liberazione che bene vengono descritti in questo libro.
Nelle terre del sud però mantenersi vivi era molto difficile:  la partecipazione dei giovani alle mobilitazioni era numerosa ma aleatoria perché bisognava trovare un lavoro e dunque partire, abbandonare  la propria terra e l’impegno.
La partecipazione di uomini e soprattutto donne adulte coraggiose non è stata sufficiente a dare una continuità alle molte esperienze che nascevano perché la pressione psicologica dell’istituzione-chiesa , la sua cultura prevalente nell’opinione pubblica diffusa e la repressione  hanno fatto il deserto intorno alle esperienze di comunità di  base, schiacciando ancora una volta le persone  e le loro speranze.
 Resistere era eroico.
 Molte delle  esperienze costrette fuori dalle parrocchie non hanno retto ( Lavello, Avola, Messina, S Lucia del Melo, Pettorano sul Gizio,  Sulmona, Conversano , e molte altre sia al sud che al nord) e si sono dissolte nell’impegno esclusivamente sociale o politico o personale di vario genere. Nulla certamente è andato perduto ma è venuta meno quell’identità comunitaria luogo di riflessione
 e di sostegno reciproco.
Molti altri  preti e cattolici partecipi ( apertamente o timidamente) a questo movimento di rinnovamento ecclesiale hanno scelto di evitare rotture troppo traumatiche e di trovare una mediazione che permettesse loro di continuare nelle parrocchie: hanno resistito?  Hanno scelto il compromesso? Avevano bisogno di sicurezza ed identità? Hanno avuto paura della repressione,
dell’anomia, della precarietà economica?
Sono state “scelte diverse” -  “cammini che si differenziavano” – “ contesti e valutazioni particolari e locali” hanno tutti comunque avuto un ruolo e contribuito alla crescita di un modo nuovo e diverso di essere donne ed uomini, credenti e non.
La resistenza di comunità libere ed autogestite , fuori dalle istituzioni,  è stata possibile dove si è avuto gli spazi, il tempo e la costanza di far crescere comunità aperte ad un meticciato di relazioni umane e sociali che ha favorito un intreccio di vissuti ed una crescita culturale ed umana che è stata gratificante ed arricchente….
La  seconda vita di  Marco  ci ha colti di sorpresa, non tanto per la svolta personale e di impegno sociale quanto per la scelta dei modi e dei tempi nel fare dichiarazioni che  coinvolgevano anche  tutta la sua gente, compresi  noi e tutto il movimento delle comunità di base con le sue contraddizioni ed i suoi sforzi per far passare un messaggio di liberazione popolare. Ma in questo cammino dell’umanità hanno un senso anche gesti trasgressivi e di rottura.
A  Firenze ci siamo mobilitati più volte con l’Arci o con il Partito Radicale partecipando attivamente alle battaglie per l’affermazione di libertà, autonomia, diritti. Non è stato difficile dunque sentirci ancora una volta solidali con lui e con la sua battaglia contro ogni emarginazione e per il rispetto di tutte le persone e  delle loro diversità. Abbiamo mantenuto contatti con Marco anche se più rarefatti ed abbiamo cercato di accompagnare e sostenere la sorella Anita che si è trovata ad affrontare un vissuto problematico .
La terza vita: personalmente  ritengo problematica l’indagine e la pubblicazione dei vissuti personali privati. Nonostante il rapporto profondo che abbiamo coltivato con Marco e la sua sorella Anita, ad un certo punto lui ha deciso di vivere privatamente l’ultima fase della sua vita  e, anche se con perplessità e dispiacere per non poter socializzare ancora i nostri percorsi, abbiamo  scelto il rispetto della sua privacy. Voleva essere lasciato solo e nell’anonimato, avremmo voluto essergli più vicini ma cosa potevamo fare se non rispettare le sue volontà? E’ venuto a Firenze una o due volte a trovare sua sorella, si sono incontrati con Enzo, ma anche questo incontro è rimasto privato.
Queste parti del libro in cui si indagano aspetti del privato credo debbano interrogarci.
Rispetto la scelta dell’autore di dare testimonianza della carica di valori umani, sociali e culturali di un figlio di quella  terra a cui  appartiene lui stesso : solo un protagonista che vive in quel contesto può valutare il senso profondo e l’importanza di dare voce a chi, come Marco , ha amato molto quella terra e la sua gente ed ha  pagato di persona il suo impegno per il riscatto dei più umili a cui ha voluto rendere la parola e la voglia di lottare. Ritengo dunque che questo libro esprima legittimamente la voglia di non dimenticare e di mantenere viva una memoria che permetta a quei semi sparsi di germogliare e continuare a coltivare un cammino di riappropriazione e liberazione :  resistere è importante, sopravvivere non indispensabile.
Se si sono sparsi semi prima o poi germoglieranno come e dove sarà possibile, gli eventi ultimi ne sono una testimonianza. Questo bel lavoro di Rocco Pezzano favorisce un intreccio fra generazioni, fra memoria e presente, e dunque dà un suo significativo  contributo alla crescita umana, sociale e culturale della sua gente e di tutti noi.
Luciana Angeloni


Intervento di Urbano
La vicenda di Marco è sintomatica della situazione dell'intero clero cattolico. "Il vizio e la virtù sono due prodotti, come il vetriolo e lo zucchero" (Emile Zola). Direi che la tre vite di Marco Bisceglia sono il frutto del modo come si fanno i preti, come si separano dal resto dell'umanità; sono come Harry Potter e i suoi amici una volta saliti nel treno del binario tra 9 e 10 che li trasporta nel regno di Hogwarths dove diventano maghi, buoni e cattivi diversi tra loro, immersi in un mondo di magia che li separa totalmente dal resto degli uomini che sono i babbani. Alla scuola di magia e stregoneria di  Hogwarths sono ammessi solo maschi. Il creatore di tutto questo è, semplificando, il Concilio di Trento: la scuola è ferma al secolo XVI, e la terra sta ferma nel mezzo dell'Universo obbligando il sole a muoversi intorno a essa.  A contatto con il mondo di noi babbani questi maghi rimangono disorientati e condizionati; sono partiti da Tolomeo e si trovano con Copernico, Le loro reazioni sono disparate, in perenne crisi di adattamento. Il titolo del libro può diventare: Le tre vite di Marco Bisceglia, la troppa Chiesa ti ucciderà. Le tre vite di Marco sono all'insegna dell'eccesso o dello straordinario, e vanno non per continuità pacifica e tranquilla, ma procedono con due esplosioni e una implosione. Le tre vite di Marco mettono in evidenza la mancata riforma della chiesa cattolica. I preti che essa produce sono il prodotto del complesso di colpa e del ricatto economico. A loro non è dato essere comuni babbani, sono sempre immersi in un mondo di nevrosi e di magia, un prete-operaio è una cosa diversa da un operaio. Finché un operaio non potrà fare il prete, finchè una badante non potrà essere pretessa non si esce dal circolo degli esseri magici, santi, mezzi santi, finti, bugiardi, eroi, perversi. D.Mazzi o D.Cantini, Dalla Costa o Florit, D.Milani o i cappellani militari, Pio XII o Giovanni XXIII, Ratzinger o Bergoglio. D.Gallo o il pedofilo fondatore dei Legionari di Cristo. Già Bergoglio: chiamandosi Francesco tenta la fuoruscita dal regno di Hogwarths, dalla Controriforma  tridentina. Ma deve ricordare che Francesco non è un prete, non fa parte della casta, non è rappresentato da Padre Cristoforo ma da Fra' Galdino…
Alle esplosioni della prima e seconda vita di Marco Bisceglia è seguita la implosione della terza vita con il rientro sotto le ali protettive della Istituzione; il che ha significato il rinnegamento delle prime due: il complesso di colpa e il ricatto economico hanno avuto ragione sulla fragile durezza di Marco.
Le tre vite di Marco Bisceglia prete indicano che è ormai l'ora, per la Chiesa cattolica, della Riforma che attende da 5 secoli; non più preti ma pastori eletti dal popolo, uomini e donne; non maghi che sequestrano Gesù Cristo nella camera segreta del tabernacolo e lo nascondono ai babbani, ma persone che volta a volta vengono indicate e scelte all'interno di Comunità di base per diffondere l'annuncio della liberazione …
Il nostro Enzo (Mazzi) ci ha lasciato ormai da 2 anni, non ha voluto i "conforti religiosi", è uscito dal regno dei maghi di Hogwarths, le sue ceneri riposano in anonimo tra gli abeti di Monte Morello. Enzo ha avuto una sola vita.
Queste riflessioni mi suggerisce il bel libro di Rocco Pezzano, accurato preciso sensibile nel lavoro di ricerca e ricostruzione dei fatti. Complimenti, Rocco. 
Urbano. 

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