Chi era Marco Bisceglia? Sacerdote, omosessuale, promotore di battaglie a favore delle libertà individuali. Il fondatore di Arcigay, morto di AIDS nel 2001.
Gesuita, operaio in Francia, guida spirituale a Lavello (Basilicata), dove fonda la comunità del Sacro Cuore (modello studiato in tutta Europa), si distingue per le azioni tra i preti del dissenso e per la vicinanza alla Teologia della Liberazione.
Gesuita, operaio in Francia, guida spirituale a Lavello (Basilicata), dove fonda la comunità del Sacro Cuore (modello studiato in tutta Europa), si distingue per le azioni tra i preti del dissenso e per la vicinanza alla Teologia della Liberazione.
Vittima di un raggiro giornalistico, lo accusano di aver celebrato il primo matrimonio di coscienza tra gay, viene lanciato alla ribalta nelle più spietate cronache nazionali, quindi sospeso a divinis dalla Chiesa Cattolica. L'esperienza politica al fianco di Marco Pannella, il coming out, Roma e l'attivismo tra le fila dell'ARCI, l'amicizia con Nichi Vendola, la gestazione di Arcigay segnano l'approdo a una nuova vita.
Dopo la nascita del primo nucleo dell'associazione che tutela i diritti degli omosessuali, cala il sipario sul palcoscenico pubblico e rientra in seno alla Chiesa. Ricostruzioni, lettere, omelie, testimonianze, immagini indagano l'esperienza umana, religiosa e sociale di un uomo innamorato del Vangelo, ma troppo scomodo per le gerarchie vaticane e la società del tempo.
Dopo la nascita del primo nucleo dell'associazione che tutela i diritti degli omosessuali, cala il sipario sul palcoscenico pubblico e rientra in seno alla Chiesa. Ricostruzioni, lettere, omelie, testimonianze, immagini indagano l'esperienza umana, religiosa e sociale di un uomo innamorato del Vangelo, ma troppo scomodo per le gerarchie vaticane e la società del tempo.
Nella chiesa del Sacro Cuore di Lavello (Basilicata) non erano abituati a sentire i passi di decine e decine di militari che vi entrarono a forza per mandare via, su ordine del suo Vescovo, il Parroco don Marco Bisceglia. Era il 25 ottobre del 1978 quando, sbarrato lingresso della sua chiesa, don Marco si ritrovò ufficialmente disoccupato, un precario della fede. Sospeso a divinis e senza un posto in cui ricostruire la sua comunità.
Da quel momento cominciò la sua seconda vita che lo porterà, dopo il suo coming out fatto davanti a cinquecento persone di unassemblea di cattolici del dissenso, a compiere in solitudine la sua traversata nel deserto per i diritti delle persone omosessuali.
Sempre militante, sempre dalla parte degli ultimi, anche se adesso per lui gli ultimi erano gli omosessuali non più i braccianti del Sud, ecco perché a sessantacinque anni fonderà lArcigay nazionale, la più grande associazione per la tutela dei diritti dei gay in Italia e, portato a termine il suo compito, si ritirerà nel silenzio della sua fede sino alla conclusione fatale e inaspettata della sua vita.
"Troppo amore ti ucciderà. Le tre vite di don Marco Bisceglia (Editore Edigrafema, 2013, 320 pagine), scritto da Rocco Pezzano, racconta le tre vite di don Marco Bisceglia come fossero i capitoli di un romanzo, attraverso una serie di documenti (omelie, interviste, articoli di giornale dellepoca, fotografie) che ripercorrono quasi un secolo di vita del nostro Paese.
Scrive l'Autore: "Ero rimasto folgorato dalla figura di questo parroco mingherlino che non aveva paura di niente e nessuno, e che alla fine è stato fra i pochi a pagare per la propria coerenza. Una figura affascinante dai tratti profetici".
Intervento di Luciana
Il titolo ed il
sottotitolo secondo me definiscono bene la peculiarità di una storia vissuta in
contesti specifici di un ambiente sociale e politico locale e nazionale, ma
anche caratterizzata da una identità personale in cui per ogni persona contano
:il dna – le vicende personali – la cultura a cui ha attinto – gli incontri – le
relazioni – i vissuti , e che fanno di ciascuno di noi un essere unico con le
proprie doti ed i propri limiti. Penso che ciascuno di noi abbia più di una
vita da raccontare.
Apprezzo il rigore e
l’onestà intellettuale dell’autore nel presentare la complessità di un vissuto
documentando attraverso testi e testimonianze dirette e lasciando aperte le
problematicità ad ogni comprensione del lettore (senza intervenire con
valutazioni commenti e giudizi). Aver coinvolto in questa sua opera la sorella
di Marco, Anita, è segno di rispetto e
una garanzia di autenticità.
Come persona informata sui
fatti, che ha vissuto le tante esperienze del movimento delle CdB e come comunità dell’Isolotto posso
testimoniare che questo libro fa memoria in modo rigoroso degli avvenimenti che
riguardano il periodo storico ed i
percorsi che narrano la vita di Marco Bisceglia.
Come comunità
dell’Isolotto abbiamo condiviso con
Marco l’esperienza ed il percorso della
comunità nella parrocchia del Sacro Cuore
di Lavello prima e fuori di essa
dopo : è stato un intreccio di riflessioni, mobilitazioni, relazioni fra donne
ed uomini di differenti contesti che si incontravano e cercavano insieme di
aprirsi al cambiamento sostenuti da
valori ed ideali condivisi.
Cosa ci univa:
-
la consapevolezza che la lotta per i
diritti e la giustizia sociale in un paese segnato da una identità
culturale cattolica non poteva fare a
meno di un processo di liberazione e di riappropriazione dei valori originari
del messaggio cristiano.
-
la scoperta di un popolo consapevole
e partecipe
-
la repressione delle istituzioni
religiose e laiche
-
incriminazioni e processi
-
solidarietà e relazioni
-
condivisione del pane e creativita’
-
grande partecipazione popolare in
tutta Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo
-
la fatica di tenere insieme le diverse anime delle comunità , le fratture
e la diversificazione delle scelte personali di impegno
-
La ricerca di piazze e di strade nuove dove poter elaborare insieme una
società e una chiesa ”altra”
In quegli anni tante sono
state le esperienze del sud e non solo,
tanti i preti del sud e in tutta Italia che hanno partecipato a questi
movimenti di liberazione che bene vengono descritti in questo libro.
Nelle terre del sud però
mantenersi vivi era molto difficile: la
partecipazione dei giovani alle mobilitazioni era numerosa ma aleatoria perché
bisognava trovare un lavoro e dunque partire, abbandonare la propria terra e l’impegno.
La partecipazione di
uomini e soprattutto donne adulte coraggiose non è stata sufficiente a dare una
continuità alle molte esperienze che nascevano perché la pressione psicologica
dell’istituzione-chiesa , la sua cultura prevalente nell’opinione pubblica
diffusa e la repressione hanno fatto il
deserto intorno alle esperienze di comunità di
base, schiacciando ancora una volta le persone e le loro speranze.
Resistere era eroico.
Molte delle
esperienze costrette fuori dalle parrocchie non hanno retto ( Lavello,
Avola, Messina, S Lucia del Melo, Pettorano sul Gizio, Sulmona, Conversano , e molte altre sia al
sud che al nord) e si sono dissolte nell’impegno esclusivamente sociale o politico
o personale di vario genere. Nulla certamente è andato perduto ma è venuta meno
quell’identità comunitaria luogo di riflessione
e di sostegno reciproco.
Molti altri preti e cattolici partecipi ( apertamente o
timidamente) a questo movimento di rinnovamento ecclesiale hanno scelto di
evitare rotture troppo traumatiche e di trovare una mediazione che permettesse
loro di continuare nelle parrocchie: hanno resistito? Hanno scelto il compromesso? Avevano bisogno
di sicurezza ed identità? Hanno avuto paura della repressione,
dell’anomia, della
precarietà economica?
Sono state “scelte
diverse” - “cammini che si
differenziavano” – “ contesti e valutazioni particolari e locali” hanno tutti
comunque avuto un ruolo e contribuito alla crescita di un modo nuovo e diverso
di essere donne ed uomini, credenti e non.
La resistenza di comunità
libere ed autogestite , fuori dalle istituzioni, è stata possibile dove si è avuto gli spazi,
il tempo e la costanza di far crescere comunità aperte ad un meticciato di
relazioni umane e sociali che ha favorito un intreccio di vissuti ed una
crescita culturale ed umana che è stata gratificante ed arricchente….
La seconda vita di Marco
ci ha colti di sorpresa, non tanto per la svolta personale e di impegno
sociale quanto per la scelta dei modi e dei tempi nel fare dichiarazioni
che coinvolgevano anche tutta la sua gente, compresi noi e tutto il movimento delle comunità di
base con le sue contraddizioni ed i suoi sforzi per far passare un messaggio di
liberazione popolare. Ma in questo cammino dell’umanità hanno un senso anche gesti
trasgressivi e di rottura.
A Firenze ci siamo mobilitati più volte con
l’Arci o con il Partito Radicale partecipando attivamente alle battaglie per
l’affermazione di libertà, autonomia, diritti. Non è stato difficile dunque
sentirci ancora una volta solidali con lui e con la sua battaglia contro ogni
emarginazione e per il rispetto di tutte le persone e delle loro diversità. Abbiamo mantenuto
contatti con Marco anche se più rarefatti ed abbiamo cercato di accompagnare e
sostenere la sorella Anita che si è trovata ad affrontare un vissuto
problematico .
La terza vita: personalmente ritengo problematica l’indagine e la
pubblicazione dei vissuti personali privati. Nonostante il rapporto profondo
che abbiamo coltivato con Marco e la sua sorella Anita, ad un certo punto lui
ha deciso di vivere privatamente l’ultima fase della sua vita e, anche se con perplessità e dispiacere per
non poter socializzare ancora i nostri percorsi, abbiamo scelto il rispetto della sua privacy. Voleva
essere lasciato solo e nell’anonimato, avremmo voluto essergli più vicini ma
cosa potevamo fare se non rispettare le sue volontà? E’ venuto a Firenze una o
due volte a trovare sua sorella, si sono incontrati con Enzo, ma anche questo
incontro è rimasto privato.
Queste parti del libro in
cui si indagano aspetti del privato credo debbano interrogarci.
Rispetto la scelta
dell’autore di dare testimonianza della carica di valori umani, sociali e
culturali di un figlio di quella terra a
cui appartiene lui stesso : solo un protagonista
che vive in quel contesto può valutare il senso profondo e l’importanza di dare
voce a chi, come Marco , ha amato molto quella terra e la sua gente ed ha pagato di persona il suo impegno per il
riscatto dei più umili a cui ha voluto rendere la parola e la voglia di
lottare. Ritengo dunque che questo libro esprima legittimamente la voglia di
non dimenticare e di mantenere viva una memoria che permetta a quei semi sparsi
di germogliare e continuare a coltivare un cammino di riappropriazione e
liberazione : resistere è importante, sopravvivere
non indispensabile.
Se si sono sparsi semi
prima o poi germoglieranno come e dove sarà possibile, gli eventi ultimi ne
sono una testimonianza. Questo bel lavoro di Rocco Pezzano favorisce un
intreccio fra generazioni, fra memoria e presente, e dunque dà un suo
significativo contributo alla crescita
umana, sociale e culturale della sua gente e di tutti noi.
Luciana Angeloni
Luciana Angeloni
Intervento di Urbano
La vicenda di Marco è sintomatica della situazione dell'intero clero cattolico. "Il vizio e la virtù sono due prodotti, come il vetriolo e lo zucchero" (Emile Zola). Direi che la tre vite di Marco Bisceglia sono il frutto del modo come si fanno i preti, come si separano dal resto dell'umanità; sono come Harry Potter e i suoi amici una volta saliti nel treno del binario tra 9 e 10 che li trasporta nel regno di Hogwarths dove diventano maghi, buoni e cattivi diversi tra loro, immersi in un mondo di magia che li separa totalmente dal resto degli uomini che sono i babbani. Alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarths sono ammessi solo maschi. Il creatore di tutto questo è, semplificando, il Concilio di Trento: la scuola è ferma al secolo XVI, e la terra sta ferma nel mezzo dell'Universo obbligando il sole a muoversi intorno a essa. A contatto con il mondo di noi babbani questi maghi rimangono disorientati e condizionati; sono partiti da Tolomeo e si trovano con Copernico, Le loro reazioni sono disparate, in perenne crisi di adattamento. Il titolo del libro può diventare: Le tre vite di Marco Bisceglia, la troppa Chiesa ti ucciderà. Le tre vite di Marco sono all'insegna dell'eccesso o dello straordinario, e vanno non per continuità pacifica e tranquilla, ma procedono con due esplosioni e una implosione. Le tre vite di Marco mettono in evidenza la mancata riforma della chiesa cattolica. I preti che essa produce sono il prodotto del complesso di colpa e del ricatto economico. A loro non è dato essere comuni babbani, sono sempre immersi in un mondo di nevrosi e di magia, un prete-operaio è una cosa diversa da un operaio. Finché un operaio non potrà fare il prete, finchè una badante non potrà essere pretessa non si esce dal circolo degli esseri magici, santi, mezzi santi, finti, bugiardi, eroi, perversi. D.Mazzi o D.Cantini, Dalla Costa o Florit, D.Milani o i cappellani militari, Pio XII o Giovanni XXIII, Ratzinger o Bergoglio. D.Gallo o il pedofilo fondatore dei Legionari di Cristo. Già Bergoglio: chiamandosi Francesco tenta la fuoruscita dal regno di Hogwarths, dalla Controriforma tridentina. Ma deve ricordare che Francesco non è un prete, non fa parte della casta, non è rappresentato da Padre Cristoforo ma da Fra' Galdino…
Alle esplosioni della prima e seconda vita di Marco Bisceglia è seguita la implosione della terza vita con il rientro sotto le ali protettive della Istituzione; il che ha significato il rinnegamento delle prime due: il complesso di colpa e il ricatto economico hanno avuto ragione sulla fragile durezza di Marco.
Le tre vite di Marco Bisceglia prete indicano che è ormai l'ora, per la Chiesa cattolica, della Riforma che attende da 5 secoli; non più preti ma pastori eletti dal popolo, uomini e donne; non maghi che sequestrano Gesù Cristo nella camera segreta del tabernacolo e lo nascondono ai babbani, ma persone che volta a volta vengono indicate e scelte all'interno di Comunità di base per diffondere l'annuncio della liberazione …
Il nostro Enzo (Mazzi) ci ha lasciato ormai da 2 anni, non ha voluto i "conforti religiosi", è uscito dal regno dei maghi di Hogwarths, le sue ceneri riposano in anonimo tra gli abeti di Monte Morello. Enzo ha avuto una sola vita.
Queste riflessioni mi suggerisce il bel libro di Rocco Pezzano, accurato preciso sensibile nel lavoro di ricerca e ricostruzione dei fatti. Complimenti, Rocco.
Urbano.
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