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martedì 19 novembre 2013

“SI FA PRESTO A DIRE DIO” - Seminario naz. CDB





Comunità dell’Isolotto
Incontro comunitario Domenica 17 novembre2013
relazione del seminario nazionale CdB

“SI FA PRESTO A DIRE DIO”




 Vivere una sola vita
  In una sola città
  In un solo paese
  In un solo universo
  Vivere in un solo mondo
E’prigione.
Amare un solo amico
o amica
  Un solo padre
  Una sola madre
  Una sola famiglia
Amare una sola persona
E' prigione.
Conoscere una sola lingua
Un solo lavoro
Un solo costume
Una sola civiltà
Conoscere una sola logica
E' prigione.
Avere un solo corpo
Un solo pensiero una sola
conoscenza
Una sola essenza
Avere un solo essere
E' prigione.
(poeta del Camerun NKJOCK
NGANA)

Avere un Dio nominato solo
al maschile, padre e Signore
onnipotente, riconoscere una
sola religione, una sola chiesa,
un solo libro, avere una sola
spiritualità non è forse una
prigione?

Dall'Esodo Cap. 1 versetti: 15 - 21
Poi il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava
Sifra e l'altra Pua: "Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate
quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un
maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere". Ma le levatrici
temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono
vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: "Perché avete
fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?". Le levatrici risposero al faraone:
"Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che
arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!". Dio beneficò le levatrici.
Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto
Dio, egli diede loro una numerosa famiglia

Questa traccia di riflessione spirituale comunitaria prende lo spunto da due
temi:il primo, illustrato simbolicamente nella poesia del poeta del Camerum e
dall'immagine delle scale di Escher (qual è la scala giusta da intraprendere?), è
l'interrogativo sul divino che si ricollega al nostro seminario e al confronto teologico
e culturale che in esso si è svolto   Si può ancora parlare di Dio come uno,
maschio, onnipotente, universale....? Quali sono i "modelli di Dio^ che ci
"aiutano^, nel nostro tempo? Evitando categorie e elementi simbolici fuorvianti,
cerchiamo di dare spazio ad una lettura aperta, a partire dalla nostra tradizione
ebraico-cristiana, e a dare dimensione nuova alla relazione tra noi, lasciando che
maturi il dialogo tra le nostre diversità, convinte/i che queste sono salutari e ci
aiutano nel cammino di ricerca del divino.
Il secondo tema che ha origine da un messaggio di Leonardo Boff in
commemorazione della Piccola sorella di Charles de Foucauld, suor GENOVEVA,
morta in Brasile nella comunità indigena dei Tapirapé, presso la quale viveva da più
di 60 anni. Essa senza fare proselitismo, senza tentare conversioni al cristianesimo,
ha testimoniato tutto il suo amore per quel popolo, che nel volgere degli anni è
passato da una situazione di declino e possibile estinzione, ad una crescita
demografica e condizione di autostima nell'ambito del proprio territorio e nei
rapporti con altre comunità indigene, raggiungendo livelli dì serenità e pace.
Genoveva presso questo popolo ha svolto principalmente il compito di "levatrice".
Da qui è nata una riflessione sulla figura della levatrice con la constatazione
di quanto sia importante la sua funzione. Siamo andate dunque alla ricerca di
riferimenti importanti sulle ostetriche a cominciare da passi biblici, non sempre
conosciuti :















FACILITATRICE/FACILITATORE DELLA MANIFESTAZIONE DIVINA
A noi piace la metafora della levatrice: ci sentiamo ben disposte a fare da
facilitatrici. La levatrice instaura una relazione particolare con Valtra/o: una
relazione intima ma non invadente, una relazione autorevole e di amicizia ma che
salvaguarda la diversità, una relazione che tende ad esaltare l'alterità.

Osserviamo che nei Vangeli canonici non si parla di levatrici, e nel
racconto simbolico del   parto di Maria madre di Gesù, probabilmente si
sottintende che per lei non ce ne fosse bisogno, oppure si rimarca la sua
solitudine.
Nei Vangeli apocrifi invece, secondo il genere letterario in uso, ci si dilunga a
narrare che mentre Maria partoriva da sola, Giuseppe era andato in cerca di
una levatrice ebrea, e ritorna presso Maria accompagnato da ben due levatrici
che, con il loro diverso comportamento nei confronti dell'evento, simboleggiano
le due diverse realtà di chi (come Zelomi) crede incondizionatamente e di chi
(come Salome) crede solo dopo aver potuto constatare di persona l'incredibile
storia della vergine-madre. ( v. Vangelo apocrifo di Giacomo e Vangelo dello
Pseudo Matteo)
Lo stesso comportamento si avrà tra gli apostoli quando a seguito della
resurrezione di Gesù ci sarà chi crederà subito e chi (come Tommaso) per
credere avrà bisogno di "toccare con mano" (v. Vangelo di Giovanni cap.20).
Nei racconti simbolici le levatrici, così come gli apostoli, rappresentano una reale
condizione umana che in relazione ad eventi "misteriosi", manifestazione del
divino,alternativamente assume una diversa posizione:
un affidamento incondizionato o una verifica di persona, nella ricerca della verità.











SI FA PRESTO A DIRE DIO”
Introduzione al tema

Negli ultimi anni, accanto ad un cristianesimo così come viene declinato
dalle gerarchie cattoliche, chiaramente in crisi, assistiamo a un grande
fervore di ricerche e studi attorno a Dio e al soprannaturale, attorno
all’evoluzione della vita e della religiosità e, in particolare, al cosiddetto
“Gesù storico”. Studiose e scienziati di diverse discipline, teologi e fi losofe
e, non ultime, le donne delle CdB italiane, insieme ad altri gruppi di donne,
hanno avviato percorsi di ricerca, fecondi e stimolanti, che orientano le
relazioni al rispetto e alla convivialità di tutte le differenze.
Dice Elizabeth Green nel suo libro Il fi lo tradito: “Il problema fondamentale
è che l’immagine paterna è diventata l’unico modo di dire Dio, metafora
primaria di un cristianesimo radicalmente impoverito e irrigidito. In
quest’ottica Dio Padre è diventato una fi gura esclusiva ed escludente che
espelle dalla sua orbita ogni altro modo di dare nome alla realtà divina. Se
l’idolatria consiste nell’ "elevare un fi ne preliminare all’ultimità", allora
il cristianesimo che mette Dio Padre al centro della sua fede escludendo
altri modi di dire Dio è idolatrico”.
Poter parlare di Dio/Divino non tanto come oggetto di fede e di
speculazione teologica, quanto piuttosto come cifra del nostro stare al
mondo con cura reciproca e nei confronti di ogni creatura è quello che ci
proponiamo con questo seminario.
Il secondo obiettivo che ci proponiamo è di stimolare nelle CdB italiane
l’assunzione di consapevolezza e di conoscenza intorno a queste ricerche
su “temi” – Dio, Gesù, umanità – che appartengono alla quotidianità della
nostra vita e della nostra spiritualità. Il seminario si propone quindi come
strumento per fare il punto sulle ricerche in atto, perché ci riguardano
come “divenienti umani” e come credenti.


Relazione sullo svolgimento dei lavori

“Studiose e scienziati di diverse discipline, teologi e filosofe/i, e non ultime, le donne delle CdB italiane, insieme ad altri gruppi di donne hanno avviato percorsi di ricerca, fecondi e stimolanti, che  orientano le relazioni al rispetto e alla convivialità di tute le differenze.”
Altro obiettivo è: Stimolare nelle Cdb italiane l’assunzione di consapevolezza e di conoscenza intorno a queste ricerche su “temi” – Dio, Gesù, umanità  - che appartengono alla quotidianità della nostra vita e della nostra spiritualità. Il seminario si propone quindi come strumento per fare il punto sulle ricerche in atto, perché ci riguardano come “divenienti umani” …
Il Seminario, infatti, è stato un incontro, utilissimo e necessario, per sottolineare ancora una volta, principalmente per un pubblico di cristiani che si interrogano sul loro essere, che il concetto di un Dio creatore e patriarcale dominante nelle scritture ebraiche e nella dottrina e prassi di una Chiesa trasformatasi in centro di potere, è definitivamente superato e irrecuperabile..
Delle sei relazioni previste, le prime due sono state svolte nel pomeriggio di venerdì 1° novembre rispettivamente dai Professori
- Giancarlo Biondi – Ordinario di Antropologia all’Università de L’aquila.
Titolo della relazione: “Prodotti dalla sola evoluzione”
- Giulio Giorello – Ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Milano.
Titolo della relazione: “Ateismo tra giustizia e libertà”
Entrambi i relatori hanno ribadito e motivato il loro convincimento della non necessità dell’esistenza di un Dio per spiegare la realtà, anzi della pericolosità che può assumere una fede dogmatica quando pretende di sovrapporsi alla libera ricerca.
Nella mattinata di Sabato 2 novembre si sono succedute le due relatrici:
- Luciana Percovich – scrittrice e ricercatrice della Libera Università delle Donne di Milano.
Titolo della relazione: “Dipanando il mito di Adamo ed Eva”
Ci ha parlato di “Quando Dio era una donna” per riprendere il titolo di un libro di Merlin Stone da lei recensito su “Viottoli” e di come le religioni patriarcali si siano sovrapposte anche violentemente a questa religiosità di stampo femminile riuscendo a stravolgerne i significati e a cancellarne quasi del tutto le tracce
- Letizia Tomassone – Teologa e Pastora della Chiesa valdese
Titolo della relazione: “Al di là di Dio Padre. Percorso di fede e di ricerca di Mary Daly”.
Alla Teologa valdese  era stato chiesto di parlare di Mary Daly.
La Teologa statunitense – ci dice la Pastora valdese -  è, come le donne ben sanno, un archetipo del femminismo, che per la precocità (i suoi primi scritti in merito risalgono alla metà degli anni ’60) e la radicalità delle sue posizioni ha lasciato un segno e una scuola. Per uscire dall’invisibilità nella quale il potere patriarcale le ha da sempre rinchiuse, Mary Daly traccia per le donne percorsi di separatezza che rivoluzionino il linguaggio, smascherino l’ambiguità dei simboli, ripensino in modo radicale il senso del divino. Anche la figura di Gesù non sfugge alla critica per la sua “solitudine come redentore ed eroe unico che rende passivi/e i/le credenti in attesa di una salvezza che viene da fuori”.
Nel pomeriggio del sabato 2 novembre:
- Giovanni Franzoni, della Comunità di San Paolo.
Titolo della relazione “Misericordi chiedo, non sacrifici”.
Franzoni ha svolto un intervento complesso e suggestivo, citando anche alcuni passi dalla letteratura rabbinica di commento al mito della creazione contenuto nella Genesi dai quali traspare un atteggiamento di “creazione rispettosa”, con lo Spirito che sfiora con le sue ali l’uovo del creato senza violentarlo. Ha sottolineato poi il concetto di un “Dio straniero”, destinato ad essere rifiutato da un mondo ostile, come tutti coloro che vogliono seguirne le orme. Questo Dio inoltre “tenta” i propri figli e le proprie figlie perché non vuole da loro sacrifici, ma dialogo.
Si è avuta poi la relazione dei “gruppi donne delle CdB italiane e non solo”, dal titolo:
“Una sottile striscia di futuro”
La relazione è stata costruita sulla memoria di vari precedenti incontri e letta e animata a più voci. Basta leggere alcuni titoli di questi incontri per avere un’idea significativa del percorso e del metodo seguito dalle donne: “Al di là di Padre nostro” (Monteortone 2001); “Il divino: come liberarlo, come dirlo, come condividerlo in un corpo sessuato” (Frascati 2002); “Il divino, come liberarlo, come dirlo, come condividerlo: quel divino tra noi leggero” (Trento 2004); ”Il divino: abitare il vuoto” (Genova 2006).
 “Questa libertà di movimento” si legge nella relazione” ha permesso di metterci in una posizione mobile e dislocata, caratterizzata da un andare e venire, dal continuo porsi dentro e fuori della tradizione, consentendoci di partecipare alla vita comunitaria, ma anche di criticarla pur standoci dentro”. “Il divino non potrà espandersi senza una trasformazione radicale della società e delle chiese”. E ancora, “Dentro l’oscuro presente che occupa questo nostro tempo, come riuscire a far avanzare una sottile striscia di futuro? “ (citazione dalla “Cassandra” di Christa Wolf).
E’ seguito infine, nella mattinata della domenica, un coinvolgente momento di spiritualità e di condivisione. Il tema è stato “accoglienza delle diversità”
Hanno fatto seguito le domande rivolte ai relatori e alle relatrici, da molte delle quali è emerso il permanere di una esigenza di approfondire quegli aspetti della vita (che si chiamino trascendente, Dio maiuscolo o minuscolo o divino è relativo) che la scienza da sola non può spiegare.
Insomma- dice Antonio Guagliumi della Comunità di San Paolo -  ce n’è di materiale su cui discutere, e se posso condensare in una formula provocatoria questa convinzione, dico che ci vorrebbe un nuovo seminario dal titolo “Un prodotto dell’evoluzione: Dio”.



“La poesia delle possibilità”
 poesie di Szymborska


“Ogni caso”

Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’ accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.




“La moltitudine”.


Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
con un mucchio di costumi: di
ragno, gabbiano, topo campagnolo.
Ognuno calza subito a pennello
e docilmente è indossato
finché non si consuma.
Anch’io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d’un formicaio, bianco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.


Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.

Un filo d’erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento.
o solo avversione,
o solo pietà ?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.





 CASTEL SAN PIETRO (BO)-ADISTA.
Valerio Gigante
È la prima volta, negli oltre quarant’anni dalla nascita del loro movimento, che le Comunità Cristiane di Base scelgono Dio come “oggetto” di un loro incontro nazionale, il XXXIV, svoltosi a Castel San Pietro Terme dal 1° al 3 novembre scorso. A tutta prima, una contraddizione, visto che alla fine degli anni ‘60 la storia delle CdB iniziava proprio mentre si affermava la teologia della morte di Dio, si discuteva di alienazione religiosa e si rifletteva sull’affermazione della fede senza religione proposta da Bonhöffer. C’era, all’epoca, una certa diffidenza verso la teologia che si considerava scienza impegnata a investigare sull’esistenza di una realtà di cui nulla dice la ricerca scientifica e su cui si sono date, e si danno, definizioni le più disparate. Si preferiva allora guardare alla teologia “negativa” (di Dio si può dire solo che nulla si può dire) o a quella della liberazione, che incentrava sull’essere umano e sulla sua liberazione “l’evangelo” di Gesù e il messaggio della Bibbia.
Ma oggi siamo in un contesto storico ed ecclesiale radicalmente mutato, in cui prepotente è il “ritorno di Dio” e più in generale, un’attenzione al divino che si traduce in tanta parte della società laica e credente in una risposta al senso di smarrimento, alla mancanza di senso, alla difficoltà di leggere ed interpretare il presente in termini prettamente, se non esclusivamente, religiosi (è la religione, infatti, che si è sempre occupata di veicolare l’immagine di Dio). Valeva certo la pena da parte delle CdB di proporre la loro particolare lettura di Dio. Un Dio non consolatorio, ma la cui ricerca spinge ad un rinnovato impegno alla cittadinanza, lontano da stereotipi vecchi e nuovi, dall’immagine patriarcale come da quello tradizionale veicolato da secoli di teologia.
Si fa presto a dire Dio?
Forti anche dell’esperienza più che ventennale dei gruppi donne delle CdB italiane, che, insieme ad altri gruppi di donne, hanno avviato innovativi percorsi di ricerca e che sono state tra le organizzatrici e tra le animatrici del seminario, le CdB, nel corso del dibattito che ha caratterizzato i lavori del loro seminario nazionale – dal significativo titolo “Si fa presto a dire Dio…” – hanno così ribadito il loro saldo ancoraggio ad una visione militante della fede, alla preferenza per il Dio di Gesù, che non si fa attrarre da tentazioni “accademiche” o spiritualistiche. Soprattutto, il seminario ha ribadito l’istanza, portata avanti in questi anni soprattutto dalle donne delle comunità, di demistificare il modello di «Dio come uno, maschio, onnipotente, universale», per dare spazio, come è stato rilevato nel momento di spiritualità e condivisione di domenica 3 novembre, «ad una lettura aperta» in campo teologico, per «decostruire e rinominare un divino che supera concetti astratti come “trascendenza” e “immanenza”»; per «far nascere una relazione fra il divino che è in noi e quello fuori di noi, il “Dio” cosmico», che è sempre stata l’opzione radicale delle Comunità di base, oltre che di altre realtà ecclesiali di base.
In questo percorso di “riscoperta”, ma soprattutto di rivelamento di un Dio sottratto al monopolio del sacro, le CdB non sono sole. Anche “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, il cartello di realtà ecclesiali che diede vita al partecipato incontro al “Massimo” di Roma per i 50 anni dell’apertura del Vaticano II (settembre 2012), dedicherà il suo prossimo appuntamento (maggio 2014) ad una riflessione su quale Dio per quale Chiesa.
Importanti e significativi i contributi al convegno portati dai relatori “interni” ed “esterni” al movimento delle Comunità: nei tre giorni dei lavori sono intervenuti Giancarlo Biondi, ordinario di Antropologia all’Università de L’Aquila (il titolo della sua relazione era: “Prodotti dalla sola evoluzione”), Giulio Giorello, ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Milano (“Ateismo tra giustizia e libertà”), Luciana Percovich, scrittrice e ricercatrice della Libera Università delle Donne di Milano (“Dipanando il mito di Adamo ed Eva”), Letizia Tomassone, teologa e pastora valdese (“Al di là di Dio Padre. Il percorso di fede e di ricerca di Mary Daly”), i gruppi Donne delle CdB italiane e altri gruppi femminili/femministi (“Una sottile striscia di futuro”); Giovanni Franzoni, della CdB S. di Paolo, Roma (“Misericordia chiedo, non sacrifici. Come parliamo di Dio nelle CdB italiane”).
A confronto con chi non crede
Diversi i contributi al dibattito di studiosi e ricercatori non credenti. Tra essi, Biondi ha spiegato i meccanismi che regolano l’evoluzione all’interno delle specie viventi. Ha poi parlato del difficile rapporto tra la teoria darwiniana e la Chiesa istituzionale. Dalla condanna irrevocabile dell’800, all’accettazione dell’evoluzionismo da parte di Pio XII, che la considerava una ipotesi con la stessa dignità di quella creazionista; fino a Giovanni Paolo II, che accettava l’evoluzionismo asserendo che è più di un’ipotesi, ma escludeva che il criterio evoluzionista fosse integralmente applicabile all’essere umano, cui ad una natura biologica si affianca una natura non biologica, l’anima, che viene direttamente da Dio. Per Biondi tutto, anche i comportamenti morali, è frutto dell’evoluzione, perché legato alla dimensione sociale di molte specie animali. In particolare dei primati. Tra essi, e Biondi lo spiega con dovizia di esempi tratti da esperimenti scientifici fatti su animali in cattività, esiste un diffuso sentimento compassionevole che porta a stare vicini a chi soffre.
Giorello ha raccontato come il suo rapporto con la religione sia sempre stato molto conflittuale, sin da quando, «giovane e intemperante», era «drastico nel sostenere che la condizione del religioso è servile perché presume una forma di obbedienza a figure, istituzioni o tradizioni che è contraria all’attività scientifica». La religione come sottomissione aveva per Giorello la sola “giustificazione” storica di essere una schiavitù – indotta da abitudine, o volontaria – da mostrare alle persone che volevano essere libere affinché evitassero di ripeterne meccanismi e forme. Allo stesso modo però Giorello ha sostenuto con forza il rifiuto di una qualsiasi forma di “religione della scienza”, perché – ha detto – anche nel campo scientifico ci sono forme di opportunismo, dogmatismo, esistono lotte di potere, condizionamenti economici e politici che fanno degli scienziati uomini e donne come tutti gli altri. La religione come distruzione del dubbio e del pensiero critico, che Giorello ha detto di aver conosciuto sui banchi del liceo Berchet, durante le lezioni di religione cattolica tenute da don Luigi Giussani, è un modello da continuare a rifiutare con forza; ma a cui si può oggi contrapporre un dialogo franco e paritario tra chi sceglie di essere ateo come metodo, cioè per sondare quali possibilità si aprano a chi decida di procedere senza Dio e senza fondamenti teleologici, e quella parte dei credenti che, come ha mostrato il card. Carlo Maria Martini, prediligono il dubbio alla certezza, una religione positiva nel contesto di una società pluralistica.
Percovich, studiosa attiva nel movimento delle donne sin dagli anni ’70, ha indagato il mito ebraico di Adamo ed Eva collegandolo alle tantissime narrazioni fondanti dell’intera umanità, che chiamano in causa il tema del rapporto tra femminile e maschile. Le più antiche civiltà, ha sottolineato Percovich, hanno immaginato un’origine esclusivamente femminile, dove la Madre o la Dea, l’elemento femminile che rappresentava il ciclo della natura e dell’esistenza, il mistero della nascita e della riproduzione, dava la vita ma anche la forma, ossia quell’insieme di regole, insegnamenti e strumenti indispensabili per continuare la creazione. Attraverso la partenogenesi o una qualche emanazione di sé, questa prima Madre generava una o più figlie, poi i figli maschi, e tutte e tutti venivano educati all’armonia e all’equilibrio. Nel nuovo ordine patriarcale, l’energia femminile è stata progressivamente o traumaticamente compressa, marginalizzata finché, snervata e chiusa in gabbia, non ha più saputo fornire nessun insegnamento né contenimento.
I lavori, seguiti da oltre 170 persone, mostrano una forte vitalità del movimento delle CdB, nonostante siano molte le realtà ecclesiali nate in tempi recenti che non vi si riconoscono, anche se in alcuni casi esprimono istanze simili di partecipazione del Popolo di Dio nel cammino di una fede adulta, responsabile, liberante. Segno che la radicalità di una scelta che da oltre quarant’anni rivendica il diritto di essere Popolo di Dio fatto di cittadini e non di sudditi, dentro la Chiesa come nella società, produce ancora frutti.




"Quella sera si ritrovarono a casa sua e Maria di Magdala offrì loro un cena
semplice. C'erano quasi tutte le donne e gli uomini che avevano accompagnato
Gesù negli ultimi giorni di predicazione e di resistenza. Sul volto di Pietro, di
Marta, della stessa Maria, c'erano ancora i segni vistosi di un pianto che
solamente Dio può consolare ...
Solo sei giorni  prima il loro rabbi era stato ucciso sulla croce, coperto di
ignominia.
Ma da allora, ogni sera si ritrovavano a pregare e quella sera erano a casa sua,
a casa di quella Maria di Magdala che tanto aveva amato Gesù, le sue parole, i
suoi gesti, le sue convinzioni.
Mentre cenavano in silenzio lei si ricordò dell'ultima cena insieme a lui: Gesù,
prima di essere catturato, si era raccomandato che non lo dimenticassero e
aveva lasciato un segno per questo. Maria allora si alzò, prese del pane e Io
benedisse così:
"Ricordatevi di Gesù, sette giorni fa: ci disse che questo pane era come la sua
vita, che lui aveva voluto spezzare (e dividere) per poter stare accanto alle
persone ultime, emarginate. Con il suo gesto ha voluto insegnarci che la vita che
ha un senso è la vita condivisa, non quella protetta da scudi e barriere.
Ricordiamoci, oggi e negli anni che verranno, questo prezioso insegnamento che
Gesù ha saputo rendere concreto nei suoi anni. Solo così, veramente, attraverso
un simbolo ed attraverso l'azione, riusciremo a non dimenticarci di lui".
GRUPPI DONNE delle CdB e non solo


FACCIAMO  MEMORIA della CENA di GESÙ'
con i SUOI AMICI E e le SUE AMICHE

Non piangeva, Maria di Magdala. Le sembrava che al suo tavolo ci fosse anche
lui e questo le dava il coraggio di continuare. Mentre i discepoli e le discepole,
col cuore colmo di emozioni, facevano passare tra loro quel pane spezzandolo e
gustandolo che se fosse il dolce della festa, prese la coppa in cui c'era un po' di
vino e la sollevò.
"Così Gesù ci ha ricordato che la vita va giocata fino in fondo", disse commossa,
^beviamo da questa coppa e non dimentichiamoci la sua lealtà a Dio, agli ultimi
e alle ultime della terra. Ogni volta che ci riuniremo per invocare Dio e per
benedirlo per il dono di Gesù, noi faremo questi semplici gesti per non
dimenticarci della sua presenza viva fra noi".
Da quella sera non piansero più per la perdita del loro rabbi: tutte le volte che il
loro cuore ne aveva bisogno, per farsi forza, si incontravano, e qualcuno o
qualcuna di loro ripeteva i gesti insegnati da Gesù stesso.
Poi ripartivano con energie nuove, sentendosi un po' meno sole, un po' meno
soli."
(Condivisione del pane e dei fiori — atti 2003 - Incontro Gruppi-donne Frascati 2002)



PREGHIERA COMUNITARIA di CONDIVISIONE del PANE

Sorgente dell'Amore che accoglie,noi riconosciamo l'importanza
di conoscere la storia dei popoli che ci hanno preceduto
e che ha impregnato la nostra cultura,
ma Tu insegnaci ad andare oltre,come ha fatto Gesù,
allontana da noi la paura di osare strade nuove.
Ti preghiamo perché ci liberi dal bisogno di costruirci un'immagine di Te
e liberaci dal desiderio di possedere l'unico vero Dio.
Ricordaci che tutti i popoli  sono Tue creature
e che farsi un'immagine personale di Te è idolatria
 che può diventare escludente  verso gli altri/e.
Ti preghiamo perché l'energia che riceviamo da Te
sia per noi la linfa che ci spinge a cercare la giustizia
come sostegno verso la felicità e la pace fra donne ed uomini ed ogni
forma di vita su tutto il pianeta che abitiamo.
Sorelle e fratelli, condividiamo questo pane
Portando nel cuore questa preghiera

                                                                            

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