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Comunità dell’Isolotto
Incontro comunitario Domenica 17 novembre2013
relazione del seminario nazionale CdB
“SI FA PRESTO A DIRE DIO”
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Vivere una sola vita
In una sola città
In un solo
paese
In un solo universo
Vivere in un solo mondo
E’prigione.
Amare
un solo amico
o amica
Un solo
padre
Una sola madre
Una sola famiglia
Amare una sola persona
E' prigione.
Conoscere una sola lingua
Un solo lavoro
Un solo costume
Una sola civiltà
Conoscere una sola logica
E' prigione.
Avere un solo corpo
Un solo pensiero una sola
conoscenza
Una sola essenza
Avere un solo essere
E' prigione.
(poeta del Camerun NKJOCK
NGANA)
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Avere
un Dio nominato solo
al
maschile, padre e Signore
onnipotente,
riconoscere una
sola
religione, una sola chiesa,
un
solo libro, avere una sola
spiritualità
non è forse una
prigione?
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Dall'Esodo Cap. 1 versetti: 15 - 21
Poi il re d'Egitto disse alle levatrici degli
Ebrei, delle quali una si chiamava
Sifra e l'altra Pua: "Quando assistete al
parto delle donne ebree, osservate
quando il neonato è ancora tra le due sponde del
sedile per il parto: se è un
maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà
vivere". Ma le levatrici
temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato
il re d'Egitto e lasciarono
vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le
levatrici e disse loro: "Perché avete
fatto questo e avete lasciato vivere i
bambini?". Le levatrici risposero al faraone:
"Le donne ebree non sono come le egiziane:
sono piene di vitalità: prima che
arrivi presso di loro la levatrice, hanno già
partorito!". Dio beneficò le levatrici.
Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché
le levatrici avevano temuto
Dio, egli diede loro una numerosa famiglia
Questa traccia di
riflessione spirituale comunitaria prende lo spunto da due
temi:il primo, illustrato
simbolicamente nella poesia del poeta del Camerum e
dall'immagine delle scale di Escher (qual è la scala giusta da
intraprendere?), è
l'interrogativo sul divino che si ricollega
al nostro seminario e al confronto teologico
e culturale che in esso si è svolto Si può
ancora parlare di Dio come uno,
maschio, onnipotente, universale....? Quali sono i "modelli
di Dio^ che ci
"aiutano^, nel nostro tempo? Evitando categorie e elementi simbolici fuorvianti,
cerchiamo di dare spazio
ad una lettura aperta, a partire dalla nostra tradizione
ebraico-cristiana, e a dare dimensione nuova alla relazione tra noi, lasciando che
maturi il dialogo tra le nostre
diversità, convinte/i che queste
sono salutari e ci
aiutano nel cammino di ricerca del divino.
Il secondo tema che ha origine da
un messaggio di Leonardo Boff in
commemorazione della Piccola sorella di
Charles de Foucauld, suor GENOVEVA,
morta in Brasile nella
comunità indigena dei Tapirapé, presso la quale viveva da più
di 60 anni. Essa senza fare proselitismo,
senza tentare conversioni al cristianesimo,
ha testimoniato tutto il suo amore per quel popolo, che nel
volgere degli anni è
passato da una situazione di declino e possibile estinzione, ad
una crescita
demografica e condizione di autostima nell'ambito del proprio
territorio e nei
rapporti con altre comunità indigene, raggiungendo livelli dì
serenità e pace.
Genoveva presso questo popolo ha svolto
principalmente il compito di "levatrice".
Da qui è nata una
riflessione sulla figura della levatrice con la
constatazione
di quanto sia importante la sua funzione. Siamo andate dunque
alla ricerca di
riferimenti importanti
sulle ostetriche a cominciare da passi biblici, non sempre
conosciuti :
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FACILITATRICE/FACILITATORE DELLA MANIFESTAZIONE
DIVINA
A noi piace la metafora della levatrice: ci sentiamo ben disposte a fare da
facilitatrici. La levatrice instaura una
relazione particolare con Valtra/o: una
relazione intima ma non invadente, una
relazione autorevole e di amicizia ma che
salvaguarda la diversità, una relazione che
tende ad esaltare l'alterità.
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“SI FA PRESTO A DIRE DIO”
Introduzione al tema
Negli ultimi anni, accanto ad un cristianesimo così
come viene declinato
dalle gerarchie cattoliche, chiaramente in crisi,
assistiamo a un grande
fervore di ricerche e studi attorno a Dio e al
soprannaturale, attorno
all’evoluzione della vita e della religiosità e, in
particolare, al cosiddetto
“Gesù storico”. Studiose e scienziati di diverse discipline, teologi
e fi losofe
e, non ultime, le donne delle CdB italiane, insieme ad
altri gruppi di donne,
hanno avviato percorsi di ricerca, fecondi e
stimolanti, che orientano le
relazioni al rispetto e alla convivialità di tutte le
differenze.
Dice Elizabeth Green nel suo libro Il fi lo tradito: “Il problema fondamentale
è che l’immagine paterna è diventata l’unico modo di dire Dio, metafora
primaria di un cristianesimo radicalmente impoverito e
irrigidito. In
quest’ottica Dio Padre è diventato una fi gura
esclusiva ed escludente che
espelle dalla sua orbita ogni altro modo di dare nome
alla realtà divina. Se
l’idolatria consiste nell’ "elevare un fi ne preliminare all’ultimità", allora
il cristianesimo che mette Dio Padre al centro della
sua fede escludendo
altri modi di dire Dio è idolatrico”.
Poter parlare di Dio/Divino non tanto come oggetto di
fede e di
speculazione teologica, quanto piuttosto come cifra
del nostro stare al
mondo con cura reciproca e nei confronti di ogni
creatura è quello che ci
proponiamo con questo seminario.
Il secondo obiettivo che ci proponiamo è di stimolare
nelle CdB italiane
l’assunzione di consapevolezza e di conoscenza intorno
a queste ricerche
su “temi” – Dio, Gesù, umanità – che appartengono alla
quotidianità della
nostra vita e della nostra spiritualità. Il seminario
si propone quindi come
strumento per fare il punto sulle ricerche in atto,
perché ci riguardano
come “divenienti umani” e come credenti.
Relazione sullo svolgimento dei lavori
“Studiose
e scienziati di diverse discipline, teologi e filosofe/i, e non ultime, le
donne delle CdB italiane, insieme ad altri gruppi di donne hanno avviato
percorsi di ricerca, fecondi e stimolanti, che
orientano le relazioni al rispetto e alla convivialità di tute le
differenze.”
Altro
obiettivo è: Stimolare nelle Cdb italiane l’assunzione di consapevolezza e di
conoscenza intorno a queste ricerche su “temi” – Dio, Gesù, umanità - che appartengono alla quotidianità della
nostra vita e della nostra spiritualità. Il seminario si propone quindi come
strumento per fare il punto sulle ricerche in atto, perché ci riguardano come
“divenienti umani” …
Il
Seminario, infatti, è stato un incontro, utilissimo e necessario, per
sottolineare ancora una volta, principalmente per un pubblico di cristiani che
si interrogano sul loro essere, che il concetto di un Dio creatore e
patriarcale dominante nelle scritture ebraiche e nella dottrina e prassi di una
Chiesa trasformatasi in centro di potere, è definitivamente superato e
irrecuperabile..
Delle
sei relazioni previste, le prime due sono state svolte nel pomeriggio di
venerdì 1° novembre rispettivamente dai Professori
-
Giancarlo Biondi – Ordinario di Antropologia all’Università de L’aquila.
Titolo
della relazione: “Prodotti dalla sola evoluzione”
-
Giulio Giorello – Ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di
Milano.
Titolo
della relazione: “Ateismo tra giustizia
e libertà”
Entrambi
i relatori hanno ribadito e motivato il loro convincimento della non necessità
dell’esistenza di un Dio per spiegare la realtà, anzi della pericolosità che
può assumere una fede dogmatica quando pretende di sovrapporsi alla libera
ricerca.
Nella
mattinata di Sabato 2 novembre si sono succedute le due relatrici:
-
Luciana Percovich – scrittrice e ricercatrice della Libera Università delle
Donne di Milano.
Titolo
della relazione: “Dipanando il mito di
Adamo ed Eva”
Ci
ha parlato di “Quando Dio era una donna” per riprendere il titolo di un libro
di Merlin Stone da lei recensito su “Viottoli” e di come le religioni
patriarcali si siano sovrapposte anche violentemente a questa religiosità di
stampo femminile riuscendo a stravolgerne i significati e a cancellarne quasi
del tutto le tracce
-
Letizia Tomassone – Teologa e Pastora della Chiesa valdese
Titolo
della relazione: “Al di là di Dio Padre.
Percorso di fede e di ricerca di Mary Daly”.
Alla
Teologa valdese era stato chiesto di
parlare di Mary Daly.
La
Teologa statunitense – ci dice la Pastora valdese - è, come le donne ben sanno, un archetipo del
femminismo, che per la precocità (i suoi primi scritti in merito risalgono alla
metà degli anni ’60) e la radicalità delle sue posizioni ha lasciato un segno e
una scuola. Per uscire dall’invisibilità nella quale il potere patriarcale le
ha da sempre rinchiuse, Mary Daly traccia per le donne percorsi di separatezza
che rivoluzionino il linguaggio, smascherino l’ambiguità dei simboli, ripensino
in modo radicale il senso del divino. Anche la figura di Gesù non sfugge alla
critica per la sua “solitudine come redentore ed eroe unico che rende passivi/e
i/le credenti in attesa di una salvezza che viene da fuori”.
Nel
pomeriggio del sabato 2 novembre:
-
Giovanni Franzoni, della Comunità di San Paolo.
Titolo
della relazione “Misericordi chiedo, non
sacrifici”.
Franzoni
ha svolto un intervento complesso e suggestivo, citando anche alcuni passi
dalla letteratura rabbinica di commento al mito della creazione contenuto nella
Genesi dai quali traspare un atteggiamento di “creazione rispettosa”, con lo
Spirito che sfiora con le sue ali l’uovo del creato senza violentarlo. Ha
sottolineato poi il concetto di un “Dio straniero”, destinato ad essere
rifiutato da un mondo ostile, come tutti coloro che vogliono seguirne le orme.
Questo Dio inoltre “tenta” i propri figli e le proprie figlie perché non vuole
da loro sacrifici, ma dialogo.
Si
è avuta poi la relazione dei “gruppi donne delle CdB italiane e non solo”, dal
titolo:
“Una sottile striscia di
futuro”
La
relazione è stata costruita sulla memoria di vari precedenti incontri e letta e
animata a più voci. Basta leggere alcuni titoli di questi incontri per avere
un’idea significativa del percorso e del metodo seguito dalle donne: “Al di là
di Padre nostro” (Monteortone 2001); “Il divino: come liberarlo, come dirlo,
come condividerlo in un corpo sessuato” (Frascati 2002); “Il divino, come
liberarlo, come dirlo, come condividerlo: quel divino tra noi leggero” (Trento
2004); ”Il divino: abitare il vuoto” (Genova 2006).
“Questa libertà di movimento” si legge nella
relazione” ha permesso di metterci in una posizione mobile e dislocata,
caratterizzata da un andare e venire, dal continuo porsi dentro e fuori della
tradizione, consentendoci di partecipare alla vita comunitaria, ma anche di
criticarla pur standoci dentro”. “Il divino non potrà espandersi senza una
trasformazione radicale della società e delle chiese”. E ancora, “Dentro l’oscuro presente che occupa
questo nostro tempo, come riuscire a far avanzare una sottile striscia di
futuro? “ (citazione dalla “Cassandra” di Christa Wolf).
E’
seguito infine, nella mattinata della domenica, un coinvolgente momento di
spiritualità e di condivisione. Il tema è stato “accoglienza delle diversità”
Hanno
fatto seguito le domande rivolte ai relatori e alle relatrici, da molte delle
quali è emerso il permanere di una esigenza di approfondire quegli aspetti
della vita (che si chiamino trascendente, Dio maiuscolo o minuscolo o divino è
relativo) che la scienza da sola non può spiegare.
Insomma-
dice Antonio Guagliumi della Comunità di San Paolo - ce n’è di materiale su cui discutere, e se
posso condensare in una formula provocatoria questa convinzione, dico che ci
vorrebbe un nuovo seminario dal titolo “Un prodotto dell’evoluzione: Dio”.
“La poesia
delle possibilità”
poesie di Szymborska
“Ogni caso”
Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’ accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un
freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
“La moltitudine”.
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo da un altro nido, così da sotto un altro tronco sarei strisciata fuori in squame.
Nel
guardaroba della natura
con un mucchio di costumi: di ragno, gabbiano, topo campagnolo. Ognuno calza subito a pennello e docilmente è indossato finché non si consuma.
Anch’io
non ho scelto,
ma non mi lamento. Potevo essere qualcuno molto meno a parte. Qualcuno d’un formicaio, bianco, sciame ronzante, una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno
molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia, per il pranzo della festa, qualcosa che nuota sotto un vetrino. |
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio. Un filo d’erba calpestato dal corso di incomprensibili eventi. Uno nato sotto una cattiva stella, buona per altri.
E se nella
gente destassi spavento.
o solo avversione, o solo pietà ?
Se al
mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata e avessi tutte le strade precluse?
La sorte,
finora,
mi è stata benigna.
Poteva non
essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva
essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo
essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire qualcuno di totalmente diverso. |
CASTEL SAN PIETRO (BO)-ADISTA.
Valerio Gigante
È la prima
volta, negli oltre quarant’anni dalla nascita del loro movimento, che le
Comunità Cristiane di Base scelgono Dio come “oggetto” di un loro incontro
nazionale, il XXXIV, svoltosi a Castel San Pietro Terme dal 1° al 3 novembre
scorso. A tutta prima, una contraddizione, visto che alla fine degli anni ‘60
la storia delle CdB iniziava proprio mentre si affermava la teologia della
morte di Dio, si discuteva di alienazione religiosa e si rifletteva
sull’affermazione della fede senza religione proposta da Bonhöffer. C’era,
all’epoca, una certa diffidenza verso la teologia che si considerava scienza
impegnata a investigare sull’esistenza di una realtà di cui nulla dice la
ricerca scientifica e su cui si sono date, e si danno, definizioni le più
disparate. Si preferiva allora guardare alla teologia “negativa” (di Dio si può
dire solo che nulla si può dire) o a quella della liberazione, che incentrava
sull’essere umano e sulla sua liberazione “l’evangelo” di Gesù e il messaggio
della Bibbia.
Ma oggi
siamo in un contesto storico ed ecclesiale radicalmente mutato, in cui
prepotente è il “ritorno di Dio” e più in generale, un’attenzione al divino che
si traduce in tanta parte della società laica e credente in una risposta al
senso di smarrimento, alla mancanza di senso, alla difficoltà di leggere ed
interpretare il presente in termini prettamente, se non esclusivamente,
religiosi (è la religione, infatti, che si è sempre occupata di veicolare
l’immagine di Dio). Valeva certo la pena da parte delle CdB di proporre la loro
particolare lettura di Dio. Un Dio non consolatorio, ma la cui ricerca spinge
ad un rinnovato impegno alla cittadinanza, lontano da stereotipi vecchi e
nuovi, dall’immagine patriarcale come da quello tradizionale veicolato da
secoli di teologia.
Si fa presto
a dire Dio?
Forti anche
dell’esperienza più che ventennale dei gruppi donne delle CdB italiane, che,
insieme ad altri gruppi di donne, hanno avviato innovativi percorsi di ricerca
e che sono state tra le organizzatrici e tra le animatrici del seminario, le
CdB, nel corso del dibattito che ha caratterizzato i lavori del loro seminario
nazionale – dal significativo titolo “Si fa presto a dire Dio…” – hanno così
ribadito il loro saldo ancoraggio ad una visione militante della fede, alla
preferenza per il Dio di Gesù, che non si fa attrarre da tentazioni
“accademiche” o spiritualistiche. Soprattutto, il seminario ha ribadito
l’istanza, portata avanti in questi anni soprattutto dalle donne delle
comunità, di demistificare il modello di «Dio come uno, maschio, onnipotente,
universale», per dare spazio, come è stato rilevato nel momento di spiritualità
e condivisione di domenica 3 novembre, «ad una lettura aperta» in campo
teologico, per «decostruire e rinominare un divino che supera concetti astratti
come “trascendenza” e “immanenza”»; per «far nascere una relazione fra il
divino che è in noi e quello fuori di noi, il “Dio” cosmico», che è sempre
stata l’opzione radicale delle Comunità di base, oltre che di altre realtà
ecclesiali di base.
In questo
percorso di “riscoperta”, ma soprattutto di rivelamento di un Dio sottratto al
monopolio del sacro, le CdB non sono sole. Anche “Chiesa di tutti Chiesa dei
poveri”, il cartello di realtà ecclesiali che diede vita al partecipato
incontro al “Massimo” di Roma per i 50 anni dell’apertura del Vaticano II
(settembre 2012), dedicherà il suo prossimo appuntamento (maggio 2014) ad una riflessione
su quale Dio per quale Chiesa.
Importanti e
significativi i contributi al convegno portati dai relatori “interni” ed
“esterni” al movimento delle Comunità: nei tre giorni dei lavori sono
intervenuti Giancarlo Biondi, ordinario di Antropologia all’Università de
L’Aquila (il titolo della sua relazione era: “Prodotti dalla sola evoluzione”),
Giulio Giorello, ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Milano
(“Ateismo tra giustizia e libertà”), Luciana Percovich, scrittrice e
ricercatrice della Libera Università delle Donne di Milano (“Dipanando il mito
di Adamo ed Eva”), Letizia Tomassone, teologa e pastora valdese (“Al di là di
Dio Padre. Il percorso di fede e di ricerca di Mary Daly”), i gruppi Donne
delle CdB italiane e altri gruppi femminili/femministi (“Una sottile striscia
di futuro”); Giovanni Franzoni, della CdB S. di Paolo, Roma (“Misericordia
chiedo, non sacrifici. Come parliamo di Dio nelle CdB italiane”).
A confronto
con chi non crede
Diversi i
contributi al dibattito di studiosi e ricercatori non credenti. Tra essi,
Biondi ha spiegato i meccanismi che regolano l’evoluzione all’interno delle
specie viventi. Ha poi parlato del difficile rapporto tra la teoria darwiniana
e la Chiesa istituzionale. Dalla condanna irrevocabile dell’800,
all’accettazione dell’evoluzionismo da parte di Pio XII, che la considerava una
ipotesi con la stessa dignità di quella creazionista; fino a Giovanni Paolo II,
che accettava l’evoluzionismo asserendo che è più di un’ipotesi, ma escludeva
che il criterio evoluzionista fosse integralmente applicabile all’essere umano,
cui ad una natura biologica si affianca una natura non biologica, l’anima, che
viene direttamente da Dio. Per Biondi tutto, anche i comportamenti morali, è
frutto dell’evoluzione, perché legato alla dimensione sociale di molte specie
animali. In particolare dei primati. Tra essi, e Biondi lo spiega con dovizia
di esempi tratti da esperimenti scientifici fatti su animali in cattività,
esiste un diffuso sentimento compassionevole che porta a stare vicini a chi
soffre.
Giorello ha
raccontato come il suo rapporto con la religione sia sempre stato molto
conflittuale, sin da quando, «giovane e intemperante», era «drastico nel
sostenere che la condizione del religioso è servile perché presume una forma di
obbedienza a figure, istituzioni o tradizioni che è contraria all’attività
scientifica». La religione come sottomissione aveva per Giorello la sola
“giustificazione” storica di essere una schiavitù – indotta da abitudine, o
volontaria – da mostrare alle persone che volevano essere libere affinché
evitassero di ripeterne meccanismi e forme. Allo stesso modo però Giorello ha
sostenuto con forza il rifiuto di una qualsiasi forma di “religione della
scienza”, perché – ha detto – anche nel campo scientifico ci sono forme di
opportunismo, dogmatismo, esistono lotte di potere, condizionamenti economici e
politici che fanno degli scienziati uomini e donne come tutti gli altri. La
religione come distruzione del dubbio e del pensiero critico, che Giorello ha detto
di aver conosciuto sui banchi del liceo Berchet, durante le lezioni di
religione cattolica tenute da don Luigi Giussani, è un modello da continuare a
rifiutare con forza; ma a cui si può oggi contrapporre un dialogo franco e
paritario tra chi sceglie di essere ateo come metodo, cioè per sondare quali
possibilità si aprano a chi decida di procedere senza Dio e senza fondamenti
teleologici, e quella parte dei credenti che, come ha mostrato il card. Carlo
Maria Martini, prediligono il dubbio alla certezza, una religione positiva nel
contesto di una società pluralistica.
Percovich,
studiosa attiva nel movimento delle donne sin dagli anni ’70, ha indagato il
mito ebraico di Adamo ed Eva collegandolo alle tantissime narrazioni fondanti
dell’intera umanità, che chiamano in causa il tema del rapporto tra femminile e
maschile. Le più antiche civiltà, ha sottolineato Percovich, hanno immaginato
un’origine esclusivamente femminile, dove la Madre o la Dea, l’elemento
femminile che rappresentava il ciclo della natura e dell’esistenza, il mistero
della nascita e della riproduzione, dava la vita ma anche la forma, ossia
quell’insieme di regole, insegnamenti e strumenti indispensabili per continuare
la creazione. Attraverso la partenogenesi o una qualche emanazione di sé, questa
prima Madre generava una o più figlie, poi i figli maschi, e tutte e tutti
venivano educati all’armonia e all’equilibrio. Nel nuovo ordine patriarcale,
l’energia femminile è stata progressivamente o traumaticamente compressa,
marginalizzata finché, snervata e chiusa in gabbia, non ha più saputo fornire
nessun insegnamento né contenimento.
I lavori,
seguiti da oltre 170 persone, mostrano una forte vitalità del movimento delle
CdB, nonostante siano molte le realtà ecclesiali nate in tempi recenti che non
vi si riconoscono, anche se in alcuni casi esprimono istanze simili di
partecipazione del Popolo di Dio nel cammino di una fede adulta, responsabile,
liberante. Segno che la radicalità di una scelta che da oltre quarant’anni
rivendica il diritto di essere Popolo di Dio fatto di cittadini e non di
sudditi, dentro la Chiesa come nella società, produce ancora frutti.
"Quella
sera si ritrovarono a casa sua e Maria di Magdala offrì loro un cena
semplice. C'erano quasi tutte le donne e gli uomini che
avevano accompagnato
Gesù negli ultimi giorni di predicazione e di resistenza.
Sul volto di Pietro, di
Marta,
della stessa Maria, c'erano ancora i segni vistosi di un pianto che
solamente
Dio può consolare ...
Solo sei
giorni prima il
loro rabbi era stato ucciso sulla croce, coperto di
ignominia.
Ma da
allora, ogni sera si ritrovavano a pregare e quella sera erano a casa sua,
a casa di
quella Maria di Magdala che tanto aveva amato Gesù, le sue parole, i
suoi
gesti, le sue convinzioni.
Mentre
cenavano in silenzio lei si ricordò dell'ultima cena insieme a lui: Gesù,
prima di
essere catturato, si era raccomandato che non lo dimenticassero e
aveva
lasciato un segno per questo. Maria allora si alzò, prese del pane e Io
benedisse
così:
"Ricordatevi
di Gesù, sette giorni fa: ci disse che questo pane era come la sua
vita, che
lui aveva voluto spezzare (e dividere) per poter stare accanto alle
persone
ultime, emarginate. Con il suo gesto ha voluto insegnarci che la vita che
ha un senso è la vita
condivisa, non quella protetta da scudi e barriere.
Ricordiamoci,
oggi e negli anni che verranno, questo prezioso insegnamento che
Gesù ha
saputo rendere concreto nei suoi anni. Solo così, veramente, attraverso
un simbolo
ed attraverso l'azione, riusciremo a non dimenticarci di lui".
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GRUPPI DONNE delle CdB e non solo
|
FACCIAMO
MEMORIA della CENA di GESÙ'
con i
SUOI AMICI E e le SUE AMICHE
Non piangeva, Maria di
Magdala. Le sembrava che al suo tavolo ci fosse anche
lui e questo le dava il
coraggio di continuare. Mentre i discepoli e le discepole,
col cuore colmo di
emozioni, facevano passare tra loro quel pane spezzandolo e
gustandolo che se fosse il
dolce della festa, prese la coppa in cui c'era un po' di
vino e la sollevò.
"Così Gesù ci ha
ricordato che la vita va giocata fino in fondo", disse commossa,
^beviamo da questa coppa e
non dimentichiamoci la sua lealtà a Dio, agli ultimi
e alle ultime della terra.
Ogni volta che ci riuniremo per invocare Dio e per
benedirlo per il dono di
Gesù, noi faremo questi semplici gesti per non
dimenticarci della sua
presenza viva fra noi".
Da quella sera non
piansero più per la perdita del loro rabbi: tutte le volte che il
loro cuore ne aveva
bisogno, per farsi forza, si incontravano, e qualcuno o
qualcuna di loro ripeteva
i gesti insegnati da Gesù stesso.
Poi ripartivano con
energie nuove, sentendosi un po' meno sole, un po' meno
soli."
(Condivisione del pane e dei fiori — atti 2003 - Incontro
Gruppi-donne Frascati 2002)
PREGHIERA COMUNITARIA di CONDIVISIONE del PANE
Sorgente dell'Amore che
accoglie,noi riconosciamo l'importanza
di conoscere la storia dei
popoli che ci hanno preceduto
e che ha impregnato la
nostra cultura,
ma Tu insegnaci ad andare
oltre,come ha fatto Gesù,
allontana da noi la paura
di osare strade nuove.
Ti preghiamo perché ci
liberi dal bisogno di costruirci un'immagine di Te
e liberaci dal desiderio
di possedere l'unico vero Dio.
Ricordaci che tutti i
popoli sono Tue creature
e che farsi un'immagine
personale di Te è idolatria
che può diventare escludente verso gli altri/e.
Ti preghiamo perché
l'energia che riceviamo da Te
sia per noi la linfa che
ci spinge a cercare la giustizia
come sostegno verso la
felicità e la pace fra donne ed uomini ed ogni
forma di vita su tutto il
pianeta che abitiamo.
Sorelle e fratelli, condividiamo
questo pane
Portando nel cuore questa
preghiera
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