Oggi come ieri
NELL’HOTEL DEI CARMELITANI
CHARME, PREZZI BASSI E NIENTE ICI -
DI ALESSANDRA LONGO
DI ALESSANDRA LONGO
da: la Repubblica di lunedì 10 settembre 2007
Sono le 23 e sto sorseggiando un whisky al bar della Domus Carmelitana, «casa per ferie» a 500 metri da San Pietro e 100 metri da Castel Sant´Angelo. I titolari sono i Fratelli Carmelitani. Hanno ridotto il loro spazio di meditazione e preghiera e, in occasione del Giubileo, hanno deciso di investire sull´impresa hotelière, forse anche incoraggiati dal regime fiscale accordato dallo Stato italiano agli enti religiosi. E´ nata così, «come segno di accoglienza per i pellegrini che giungono a Roma», la Domus Carmelitana Sant´Alberto Patriarca di Gerusalemme. Bar aperto 24 ore su 24, sugli scaffali quel che ci si aspetta da un simil quattro stelle: vodka, gin, cognac, il mio whisky, anche champagne per chi vuole. Loro, i Carmelitani, in comunione con la Chiesa da circa otto secoli, sono giustamente fieri di questo discreto rifugio per credenti. 68 camere, (alcune con vista su Castel Sant´Angelo) tutte dotate di servizi privati, telefono, tivù satellitare, aria condizionata, asciugacapelli e frigobar.
Ho avuto fortuna a trovare un posto perché l´albergo è pieno. Non di fedeli conclamati, rosario tra le dita, libro delle preghiere a portata di mano - questo fa parte di un immaginario un po´ banale - ma di turisti innamorati della città d´arte come, ufficialmente, sono io. Coppie di inglesi, americani, canadesi. Alla reception, un via vai continuo. Dietro il banco, personale gentilissimo che offre ai neofiti mappe stradali, suggerisce la vicina via Cola di Rienzo per lo shopping, consiglia i migliori ristoranti della zona (quello interno, specializzato in «gastronomia locale», apre solo per gruppi organizzati), chiede, a voce bassa, ai proprietari di «spostare la Mercedes» messa male al parcheggio.
Dove sta la differenza con un albergo "laico"? Se si dovesse giudicare dall´accoglienza, dal bar ben fornito, dall´ "ambiente sobrio ed elegante", come si legge nel depliant, i bei tappeti all´ingresso, le piante, curate, nei cachepot di ottone, davvero non c´è, la differenza. Ma questa è pur sempre un´attività "non esclusivamente commerciale", gestita da un ente religioso e perciò esentata, per legge, dall´Ici.
Qui si può alternare il profano al sacro, calarsi in una dimensione mistica. A pochi metri dalla sala, dove la mattina viene offerto il ricco buffet della colazione (latte, caffè, tè, croissant caldi, cornflakes, muesli, frutta fresca, formaggi e salumi), si apre un piccolo spazio dedicato «al dialogo interreligioso». Luci basse, cinque poltroncine per parete, un tavolo-altare con il candelabro ebraico e la Torah da una parte e il Corano, aperto sulla "Sura della mattina avanzata", dall´altra.
I Carmelitani sono nati in Palestina, sul Monte Carmelo, e vogliono che questo efficientissimo resort faccia da «luogo di incontro tra Oriente e Occidente, tra ebrei, cristiani e musulmani, promuovendo il dialogo tra i popoli e la pace». Nella hall lunga e stretta c´è, su un leggio, la Bibbia. Dai Salmi, capitolo 77: «Le nubi versarono diluvi d´acqua, i cieli tuonarono e le tue saette guizzarono».
Capita di esserci in un momento tranquillo. Nessuno si ferma a pregare, né con la luce del pomeriggio, né con il buio della notte. Forse lo fanno nelle loro stanze, forse i turisti di questo fresco giorno di settembre privilegiano la città, San Pietro, le mostre. Di sicuro i quattro clienti che, alle venti, sostavano all´ingresso, in attesa di andare a cena, non sembravano intimoriti né dal mosaico con l´effigie di Sant´Alberto, né dalle stampe con i volti di uomini di Chiesa come Carolus Cornaccioli, Antonius Gallus, Jacopus Cavina, Gaspar Pizzolanti, tanto per citarne alcuni.
Atmosfera rilassata, scherzosa: «Ehi, hai visto che ti sta spuntando l´aureola?». E ancora: «La volete vedere la mia cella al terzo piano?». In realtà, quelle della Domus non sono affatto celle ma stanze con arredo minimalista e funzionale. Una doppia uso singola costa 107 euro a notte, colazione compresa. Siamo in una posizione strategica, «centrale e prestigiosa», recita il depliant. Dal bellissimo roof garden, al quarto piano, si vede il Cupolone.
Gli altri alberghi della zona, intorno a piazza Adriana, sono più cari. La stessa camera in un tre stelle (laico) di via Cicerone, arriva a 140 euro. In un quattro stelle, 210 euro. Poco più in là, in via Dionigi, un albergo senza vista offre la doppia uso singola, a 170 euro. I Fratelli Carmelitani si rivelano dunque altamente competitivi. Dalla Domus si entra e si esce quando si vuole, non è un convento. Si prega se si vuol pregare e sennò si guardano, in camera, i programmi tv. L´altra sera c´era il canale KTO che dava i Vespri da Notre Dame e una rete privata che sponsorizzava il Vibropower per rinforzare i glutei. Sacro e profano. Chi vuol far pulire a secco l´abito da sera spende 25 euro, chi vuol comprare una croce del Giubileo la trova, per 19 euro, in una teca allestita a fianco del bar.
«Carissimi amici - si legge nella nota di benvenuto che ogni cliente trova nella sua stanza - questa casa, pur offrendo tutti i servizi alberghieri di un normale hotel desidera conservare il clima di una casa religiosa che accoglie chiunque bussa alla sua porta, senza distinzione di razza, nazione, religione, cultura». Contattare la Domus è facilissimo, si può fare anche per internet. Come in tutti gli hotel, il numero della carta di credito garantisce la prenotazione.
Il monastero di Alcobaça (Portogallo)
La grandiosa cucina che William Beckford definì "il più grande tempio all'ingordigia di tutta l'Europa", deve le sue proporzioni sorprendenti alle modifiche eseguite nel 18° secolo, che comportarono tra l'altro la costruzione di un canale al centro della sala che permettesse a un affluente del rio Alcoa di rifornire costantemente il monastero di pesce fresco che fluiva direttamente in una vasca di pietra la cui acqua era anche utilizzata per cucinare e lavare.
Ancora oggi non è difficile immaginare la scena che si presentò a Beckford (1700) quando fu condotto in cucina dai padri priori "mano nella mano, tutti e tre insieme": egli vide un'enorme quantità di pasta che una folta tribù di fratelli laici e inservienti spianava e sagomava in centinaia di formati diversi, cantando in allegria come allodole in un campo di grano.
Ancora oggi non è difficile immaginare la scena che si presentò a Beckford (1700) quando fu condotto in cucina dai padri priori "mano nella mano, tutti e tre insieme": egli vide un'enorme quantità di pasta che una folta tribù di fratelli laici e inservienti spianava e sagomava in centinaia di formati diversi, cantando in allegria come allodole in un campo di grano.
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