Io c'ero quel giorno dell'agosto 1969 e rimasi molto male nel vedere La Pira confuso tra la folla dei sanfedisti che erano venuti a restaurare l'ordine e il diritto di proprietà, forti della sanzione della Legge concordataria, rappresentata nella circostanza dal vescovo e dalla Prefettura. "Ma perché - pensai guardando quell'omino piccolo e mite - non sei rimasto in S.Marco a pregare per tutti noi, vincitori e vinti? Che bisogno avevi di venirci a ricordare che "ubi episcopus ibi ecclesia?" Cosa vuol dire esser professori e sapere il latino! Ma non lo hai citato tutto, il latino. Anch'io ho studiato e potrei citare tanto altro latino - dei testi conciliari e soprattutto dei 4 vangeli - per affogarci dentro il "tuo" vescovo senza buttar via la "nostra" chiesa. Ma te lo risparmio. Oggi sei in paradiso e la tua chiesa presto ce ne consegnerà la certificazione formale. Al termine di queste riflessioni preferisco rileggere l'italiano della poesia di Neruda, non per dispetto a te, ma per il nostro comune affetto al compagno Mario. E' vero che lo consideravi un amico, la tua giunta parallela? Sicuramente, con lui, ti troveresti meno solo. (Urbano)
Son d'accordo con Urbano. Certi momenti li ho vissuti direttamente. In duplice veste. Allora , quando morì Fabiani, ero giornalista dell'Unità e scrissi un articolo sul suo funerale che ebbe una partecipazione di popolo di una compostezza e intensità incredibile (tutto il popolo. compresi i negozianti del centro). E poi come consigliere comunale partecipai alla sua commemorazione. Ricordo i vari discorsi. In particolare quello di G.Carlo Zoli (uomo "modesto" che tuttavia in quell'occasione dette il meglio di sé) e quello di Piero Pieralli. La poesia di Neruda la pubblicammo integralmente su l'Unità. Fabiani era un grande. Era stato in URSS ed era antisovietico(forse proprio per questo si potrebbe dire, ma quanti altri comunisti - a partire da Togliatti- erano stati in URSS e non avevano capito!); aveva fatto i suoi anni migliori della vita, dai 22 ai 30 nel carcere speciale fascista e ne era uscito con la TBC ma non fu mai animato da risentimenti nei confronti di nessuno. Addirittura dopo la Liberazione si adoperò per reintegrare nella vita civile molti fascisti che erano stati epurati. La sua memoria non è stata poi recuperata come dovrebbe...Siamo un paese che non vuole ricordare...Forse non sarebbe male se la Comunità dedicasse un giorno una memoria anche a lui. Non era un santo...ma sicuramente fu un giusto! Se per caso vi venisse qualche idea fatemelo sapere ché POTREI METTERMI IN CONTATTO CON LA SUA BIOGRAFA CHE ADESSO VIVE A PERUGIA. ( Mauro Sbordoni)
Nel gennaio 1951 Neruda incontrò il sindaco Fabiani, in palazzo Vecchio:
E quando in Palazzo Vecchio, bello come un’agave di pietra, salii i gradini consunti, attraversai le antiche stanze, e uscì a ricevermi un operaio, capo della città, del vecchio fiume, delle case tagliate come in pietra di luna, io non me ne sorpresi: la maestà del popolo governava. E guardai dietro la sua bocca i fili abbaglianti della tappezzeria, la pittura che da queste strade contorte venne a mostrare il fior della bellezza a tutte le strade del mondo. La cascata infinita che il magro poeta di Firenze lasciò in perpetua caduta senza che possa morire, perchè di rosso fuoco e acqua verde son fatte le sue sillabe. Tutto dietro la sua testa operaia io indovinai. Però non era, dietro di lui, l’aureola del passato il suo splendore: era la semplicità del presente. Come un uomo, dal telaio all’aratro, dalla fabbrica oscura, salì i gradini col suo popolo e nel Vecchio Palazzo, senza seta e senza spada, il popolo, lo stesso che attraversò con me il freddo delle cordigliere andine era lì. D’un tratto, dietro la sua testa, vidi la neve, i grandi alberi che sull’altura si unirono e qui, di nuovo sulla terra, mi riceveva con un sorriso e mi dava la mano, la stessa che mi mostro il cammino laggiù lontano nelle ferruginose cordigliere ostili che io vinsi. E qui non era la pietra convertita in miracolo, convertita alla luce generatrice, né il benefico azzurro della pittura, né tutte le voci del fiume quelli che mi diedero la cittadinanza della vecchia città di pietra e argento, ma un operaio, un uomo, come tutti gli uomini. Per questo credo ogni notte del giorno, e quando ho sete credo nell’acqua, perchè credo nell’uomo. Credo che stiamo salendo l’ultimo gradino. Da lì vedremo la verità ripartita, la semplicità instaurata sulla terra, il pane e il vino per tutti.
Fonte: http://urbanocipriani.splinder.com/post/23885311/fabiani-e-la-pira
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