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domenica 2 novembre 2008

Viaggio in Giordania e Siria

 4-19 ottobre 2008


Presentato all'assemblea della Comunità da Antonietta, Lucia e Paola + Urbano.

































 


 

Petra Prima di chiamarsi Petra ( “roccia” in greco) si chiamava Raqmu la “variopinta”.

Due paesaggi mi sono venuti in mente quando ho visto Petra: il grande cavone etrusco di Sovana e i Canyons dell’Arizona. Ma sono paragoni che servono poco perché in realtà Petra non somiglia che a se stessa. Lungo e quasi un po’ inquietante il grande canalone di entrata. Già ci si abitua a questa roccia particolare, piena di sfaldamenti, di faglie sovrapposte dai colori diversi, di esplosioni rotondeggianti che fanno apparire qua e là strane forme di animali, enormi teschi, sagome di elefanti e via dicendo. Il colore dominante è giallo ocra, ma subito intorno appaiono il giallo acceso, l’azzurro, il bianco, il rosso pompeiano, il fucsia. Mai mi ricordo di aver visto una roccia esprimere naturalmente tanti colori. Se la tocchi con le mani, questa terra si sgretola e ti macchi la pelle. 

Quando il lungo e profondo canalone finisce, ti trovi di fronte al primo splendido monumento, il Tesoro, scolpito nella roccia. Color mattone scuro, grandi colonne corinzie. Un’elegante facciata alessandrina. Figure di divinità rese ormai evanescenti dal tempo e dagli agenti atmosferici, resti di leoni che dovevano incutere paura, vasi e lucerne che splendevano al loro tempo di grazia e realismo. Ora la pietra si è ripresa molto di quest’opera umana che con grande arte aveva scolpito la roccia senza costruirvi qualcosa di esterno, di sovrapposto. Ne è venuto fuori uno strano miscuglio in cui la roccia stessa si è piegata e contorta ingoiando in parte l’opera dell’uomo, in parte modificandola. Natura umanizzata; in questo credo stia una non piccola parte del fascino di questo luogo.

Certo col tempo molte opere dell’uomo, nello scolorire e perdere forma, assumono un carattere diverso, speso un po’ misterioso, diventano quasi altro da quello che furono e ci si respira il soffio del tempo che è passato e delle generazioni che le hanno realizzate.

A Petra questo accade in modo particolare. Le facciate dei templi si sono ritirate a poco a poco dentro la roccia da cui emersero, la terra le ha ricoperte e attraversate con tutti i suoi inconsueti colori che arrivano a formare in certi puntai disegni di una modernità bellissima. Così scorre davanti ai nostri occhi questa strana città in cui l’opera dell’uomo che volle rispettare la materia offerta dalla natura, ne è stata a sua volta ritrasformata in un ibrido di particolare bellezza. Si capisce perché Petra sia restata sconosciuta per tanto tempo. Perché è come un mondo chiuso, quasi sotterraneo, in cui ci si immerge con qualche inquietudine e da cui si emerge quasi con sollievo, come sempre quando si resta coinvolti per un certo tempo in una realtà a cui la lontananza nel tempo e la bellezza fuori dai canoni conosciuti conferiscono un carattere particolare. (Paola)

Postilla di Barbabianca

I Re Maghi Nabatei ovvero la fuga in Egitto

Dovevano proprio apparire come figure magiche i ricchi mercanti che da ottocento anni percorrevano la via carovaniera che dallo Yemen e da  Aqaba, sul mar Rosso, faceva centro a Petra per proseguire fino a Gaza, sul Mediterraneo. Tali sicuramente apparvero i tre ricchi Petrani ai pastori della Galilea che li guidarono verso quella grotta scavata nella roccia dove la dea della maternità, la grande dea Madre Allat, aveva benedetto una giovane bella povera coppia – Miriam e Joseph - arrivata in quei giorni da un paese non lontano. Di dove venite? Nazareth…Dov’è? Ah, sulla via dell’Assisria, un po’ a Nord.  Le offerte erano di prammatica per i Nabatei, produttori di incenso e mirra, divenuti anche tesorieri, proprio a Petra, del denaro e dei beni ad essi affidati dalle grandi “Compagnie Carovaniere” dell’epoca. Fu un omaggio dovuto alla dea Madre quella visita “rituale” alla coppia incontrata sulla via (non era diretta in Egitto?) e fu per loro poco fatica spostarsi dal vicino lussuoso caravanserraglio fino a quella incavatura sulla roccia che, oddio, non reggeva il confronto con i quartieri residenziali di Petra, ma era pur sempre una vista familiare, come familiare era la vista dell’asino e del…cammello. Infatti non  si trattava di un bue, refuso del trascrittore biblico. Il cammello, un cammellino giovane già addomesticato glielo regalarono loro, una volta sentita la storia. Con un biglietto di saluto agli amici cammellieri d’Egitto…Presentatevi a quel caravan con la tale insegna…Nessuno vi dirà: l’albergo è troppo pieno, soppalchi i ballatoi…Che Dushara vi benedica.



Nota storica sui Nabatei


I Nabatei: una strana civiltà

Questo popolo appare intorno al VI secolo a.C. Nomadi della penisola arabica, i Nabatei approfittano dei problemi in terra edomita (l'attuale sud della Giordania), causati da Babilonesi e Persiani, per infiltrarsi prima a Gaia (Wadi Musa) e in seguito a Petra. Poco a poco si sedentarizzano e sviluppano il commercio della mirra, dell'incenso e delle spezie. Un terzetto vincente visto che i Greci e in seguito i Romani, grandi consumatori di questi prodotti di lusso, assicureranno paradossalmente la prosperità dei Nabatei. Inoltre, i Nabatei possiedono il monopolio della produzione di asfalto (roccia naturale raccolta nel mar Morto) che veniva utilizzato, in particolare, per l'imbalsamatura dei corpi.

La fortezza naturale di Petra viene utilizzata come magazzino per le merci e le innumerevoli ricchezze ma nello stesso tempo assicura una posizione strategica sulle vie delle carovane, diventando una vera e propria «Wall Street dell'Oriente». La sua posizione permette infatti di controllare rapidamente le strade che vanno dallo Yemen al porto mediterraneo di Ghaza, dalla Siria allo Hijaz (regione della Mecca), dall'Egitto alla Mesopotamia. Ecco perché le tracce dei Nabatei si ritrovano un po' dappertutto in Giordania, anche se Petra continua a essere la testimonianza più sorprendente di questa straordinaria civiltà.

La loro società si fonda su un sistema egualitario: non esistono distinzioni di rango o di fortuna e non esiste la schiavitù. Il re, come un qualsiasi altro cittadino, ha il dovere di svolgere i normali doveri quotidiani.
Deve anche rendere conto delle sue attività e delle sue spese. Se ognuno è responsabile nei confronti di tutti, l'arricchimento personale viene considerato come una virtù. In compenso, la persona che si impoverisce viene punita.

Il pantheon nabateo si compone di Dushara, il dio del Sole (il suo nome è stato dato alle montagne che circondano Petra: Shara Mountains), Allat, la dea-madre, e Uzzat, che si usa paragonare a Venere. Questa credenza si estese fino alla Mecca e non scomparve con l'avvento dell'Islam.

Sotto la protezione degli dei, questo popolo intelligente e armonioso rivela una grande ingegnosità. La posizione di Petra, situata in una conca circondata da montagne, permette di raccogliere le acque delle sorgenti. A questo scopo, i Nabatei costruiscono dei canali sul fianco della montagna (come nel siq) e scavano profonde cisterne che si possono ancora oggi vedere in diversi punti del sito. Il loro sistema di irrigazione è talmente elaborato che gli israeliani hanno restaurato un'antica canalizzazione nabatea scoperta nel Negev (regione desertica che copre il 60% dello Stato d'Israele).
(Guida routard, ed. 2002-2003, Il Viaggiatore, p.135)

Ancora dubbi sui re magi nabatei?


Wadi Rum

La visita è stata bella. Il luogo ha un’attrattiva particolare con le sue rocce tondeggianti, lavorate dagli agenti atmosferici a volte in maniera fantasiosa e barocca. E fra una roccia e l’altra la sabbia rossastra del deserto. Il viaggio sulla jeep mostra meglio alcuni dettagli. Il beduino che ci ha dato informazioni era autentico: magro, lungo, sdentato con la sua kefia e la veste bianca impeccabile. Faceva un po’ pena pensare che vive sempre lì solo e gli unici con cui può parlare sono i turisti.

La notte ci ha accolto una fila di tende fatte con il tessuto caratteristico degli insediamenti all’aperto dei nomadi che abbiamo visto via via nel deserto: una stoffa nera fatta, pare, con peli di capra e di cammello, robusta, pesante, che traspira col tempo asciutto e si restringe diventando impermeabile con la pioggia. L'accampamento è costituito da tende biposto, pavimentate, troppo più confortevoli  del tendone da otto che ci ospitò nell’oasi tunisina dopo una lunga traversata su fuoristrada provenienti da Djerba. Bella tutta la serata con cena all’aperto, musica e canti.

Usciti dal Wady Rum, con un saluto figurato a Lawrence d’Arabia che qui radunò le tribù arabe per partire alla reconquista delle terre occupate dall'Impero Ottomano, dopo un rapido e saporito felafel mangiato in piedi all’ombra di un chiosco lungo la strada, siamo arrivati alla Piccola Petra (Siq al-Barid), un luogo solitario e pieno di fascino dove alcuni antichi resti parlano della lontana civiltà dei Nabatei, che sono anche i costruttori della più famosa Petra. Eravamo stanchi e l’abbiamo visitata in fretta, ma già vari elementi architettonici facevano presentire la bellezza della “città variopinta”.

Un piccolo spazio per dire due parole sulla gente. Certo non posso argomentare che sugli sguardi che ho potuto gettare qua e là e sul poco che ho potuto intuire. La gente dei negozietti dove abbiamo comprato qualcosa è gentile, ma senza scomporsi tanto.  Come dire che c’è una certa fierezza. I tipi fisici sono prettamente meridionali: teste scure, baffi adeguati e occhi come carboni ardenti. Le donne sono quasi tutte col velo in testa. In certi luoghi ne abbiamo viste molte interamente velate. Che tristezza queste donne così imbacuccate e tutte nere! C’è però da dire che nelle vetrine dei negozi brillano vestiti da danza del ventre, tutti lustrini e veli. Queste donne devono avere una doppia vita e quella che noi vediamo non è certo la più travolgente. (Paola)


Che senso può avere atterrare a Damasco per poi volare ad Amman e passare in Giordania la prima parte del viaggio? La notte trascorsa tra Damasco e Amman è stata piuttosto dura, ma l’avevamo già accettata dall’inizio. La differenza fra i due aeroporti dice già qualcosa dei due paesi. Sicuramente Amman una città occidentalizzata e le donne, spesso velate, all’aereoporto di Amman stavano sedute su comode portone. A Damasco invece erano tutte in cerchio accosciate per terra. Accanto a loro discutevano uomini con la lunga veste e la kefia in testa. Mi sono sembrate un po’ gallinelle spaesate, mentre i maschi parlavano, discutevano, decidevano. A un certo punto è passato quasi come una folata di vento un gruppo di velate in bianco che correvano tutte dalla stessa parte. Chiaramente un pellegrinaggio a qualche luogo sacro. Però nella faticosa notte di Damasco, assonnati e piuttosto stanchi, ci siamo rifatti la bocca con gli ottimi cioccolatini del famoso maitre chocolatier Chraoui al quale faccio volentieri la réclame.


Amman

Amman è una grande, grande città tutta bianca, con costruzioni piuttosto belle di pietra chiara. La cosa non bella è la sua estensione all’infinito senza un centro, senza un progetto vivibile. Il nostro albergo è dignitoso, ha spazi esterni per sedersi e parlare. Intorno nelle strade affollate i negozi restano aperti fino a tarda ora.


Jerash

E’ un bel sito, vicino ad Amman, risalente ai tempi di Traiano. Due grandi portali segnano rispettivamente l’entrata e l’uscita. Ci vien fatto notare che le grandi colonne corinzie hanno ognuna due capitelli: uno alla base e l’altro in cima.

La cosa più eclatante, direi quasi all’eccesso, è la grande piazza centrale completamente circondata da colonne che sembrano essere veramente un simbolo del potere. Quanto senso dell’apparire in questi grandi imperatori. Da filmare la nostra guida: preciso, compreso del suo ruolo, pieno di dettagli a non finire. A un certo punto sono riuscita a scappare e mi sono goduta il centro della città coi suoi tempietti e le sue pietre consunte, mentre intorno il muezzin intonava a gran voce il suo richiamo. Non è commistione di culture questa?  Peccato che non ci sia a Jerash traccia di case comuni, come a Ercolano e Pompei, ma solo di templi e di edifici pubblici.


Mar Morto

C’è una certa attesa, la strada è stata lunga e alla fine buttarci in mare era un gran desiderio. Però…l’acqua del Dead Sea è caldina molto salata come tutti sanno, quasi amara e più che starci a galla senza neppure muoversi non si può. Abbiamo cercato di fotografare le due “bagnanti integraliste”, una velatissima, solo gli occhi fuori, indispensabili per guardare il mare. L’altra, più ardita, s’è bagnata in piscina con una graziosa tenuta nera formata da un vestitino corto con sotto pantaloni neri. Lo sposo garbatamente la guidava nell’acqua strizzandole qua e là la stoffa bagnata, ogni tanto.  Ho raccolto un grosso grumo di sale da portare a casa. C'erano due persone con le stampelle che lentamente entravano nell'acqua: mi è venuta in mente la "piscina probatica"; tra le persone galleggianti ho intravisto Gesù che camminava sulle acque. C’erano anche due belle piscine dove ci siamo rinfrescati. Del resto anche a non volere in acqua ci si doveva buttare per forza perché nugoli di mosche petulanti non lasciavano tregua. La sera al buio si vedevano bene sulla sponda opposta le luci della Palestina occupata da Israele. E’ stato lungo il viaggio di ritorno attraverso la calcinata campagna tutta o quasi desertica col poverissimo pascolo di graziose caprette e di pecore dalla lana scura e folta. Ci sono anche parecchi asini e non di rado cammelli di un colore chiarissimo quasi bianco. (Paola)



Isèt

Il nostro autista in Giordania



Sui 60, 9 figli da due mogli. 4 figli in America, 3 in Italia, 2 con sé, la più piccola di 2 anni e mezzo. "Ma ora basta con nuovi figli (e nuove mogli NDR), troppi pensieri, sempre lavorare per guadagnare..."  (Anche il pianeta è d'accordo, ndr).

"Tu sei di Firenze? Mio figlio lavora a Firenze, vende in un mercato all'aperto, vicino a una vecchia chiesa..."

"E' il mercato di S.Lorenzo, il più importante di Firenze, ci capito spesso. Ti posso fare la foto e poi la faccio vedere al tuo figliolo. Come si chiama?"

"Fedi.. Ha sposato donna italiana".

"Sei mai stato in Italia?"

"No, mai."

"Stamperò la foto i poi andrò a cercare il banco del tuo figlio e gliela mostrerò. "

"D'accordo".

Dove sei nato?

Ad Amman , ma i miei genitori sono di Palestina. Sono dovuti scappare dopo la guerra...

Quella del 48, allora.

Quanti siete i palestinesi qui in Giordania?

Fifty-fifty, 50 e 50.

...  I vecchi tengono ancora le chiavi della casa in Palestina e, quando muoiono, le passano ai figli, perché si ricordino..."





 

 Ugarit

L'arrivo è piacevole. Il luogo è quieto, anche se assolato, dato che sono le sei del pomeriggio. Non ci sono autobus in questo momento. Sulla sinistra un bar con tettoia e quattro uomini seduti. Del resto sopra le loro teste è scritta la parola rest. Ti guardano con aria imperturbabile. Si capisce benissimo, quanti turisti vedono passare ogni giorno! Poi ti accorgi che sono anche gentili perché ti indicano il WC che è là in fondo e che è piacevolmente pulito. Mentre mi avvio verso l'entrata del sito, mi arriva un buon odore di basilico. _ E' gratis - dice il barista nella mia lingua. Strappo due foglie e mi dirigo all'entrata. Mi fermo un attimo presso un carretto su cui sono esposti vari libretti e fotografie. C'è un uomo alto e magro (nella foto)che con voce quasi sussurrata invita a comprare. Prendiamo un opuscoletto. Lui insiste, vorrebbe vendere le foto che sono belle ma che purtroppo ormai non vengono comprate quasi più. Mentre salgo il sentiero di sassi e polvere mi rallegra l'occhio una gentile macchia verde (v. foto sopra) formata da un pino di Aleppo, come dicono qui, da un bel fico e da un alto eucalipto. Tre piante profumate che sono tutto il verde che il luogo possiede. Dietro si stende la massa pietrosa di Ugarit con le sue rovine. Sembra un luogo qualunque, una delle tante rovine ricche di storia di questo territorio siriano dove il passato salta fuori a ogni svolta di strada. Invece Ugarit è una rovina speciale, anzi unica, dove nacque alcuni millenni fa la scrittura del mondo mediterraneo. Come sono appartati e silenziosi oggi i luoghi dove nacquero alcune delle creazioni più significative del mondo antico.

Non posso fare a meno di pormi un interrogativo (che certo non è nuovo né originale): se così poco resta delle culture antiche - a parte le ricchezze contenute nei musei - cosa resterà della nostra civiltà costruita su materiali tanto più deperibili di queste pietre? (Paola)



Nota del Barba

Il primo abbecedario della storia umana. Questa tavoletta si trova nel Museo di Damasco e segna una delle grandi tappe dello sviluppo umano, come la scoperta del fuoco, della ruota, della stampa, dell'elettricità...

Sono 30 segni che rappresentano suoni emessi dalla nostra voce quando parliamo. Quando eravamo cavernicoli, per indicare 3000 cose dovevamo fare 3000 disegnini o graffiti. Ora siamo in grado di indicare 3000 diversi oggetti combinando tra loro 30 lettere. Si esce dalla caverna ed entriamo in banca a scrivere i conti (tasse, pecore, cammelli) dei re locali, nel tempio a scrivere i miti: da qui nasce p.e. la Bibbia. Antico testamento.  (v. sotto Nota storica). Poche foto



La Moschea Omayyade di Aleppo



Uscendo dal suq affollatissimo e molto grande, Urbano io e pochi altri del gruppo siamo entrati nella Moschea più importante di Aleppo con la nostra guida, il buon Nasser che sa meglio il francese dell'italiano e che spesso ci ha divertiti con i suoi traci, ruini, vien d'esser nato e via dicendo. Ho evitato il mantello col cappuccio perché avevo il vecchio e sempre utile kway. Nel grande cortile cadeva la pioggia. E' stato infatti il primo giorno di maltempo da quando siamo qui. La moschea è grande e non affollata. Qualcuno prega in ginocchio. Un signore distinto legge il corano aperto su un leggio. Nel settore donne, mentre le nostre ragazze guardano una teca dedicata al culto di Giovanni battista, precursore di Maometto, una donna allatta il suo bambino. Ci sediamo per terra su un tappeto verde e facciamo cerchio intorno a Nasser. Le domande sono molte e varie.

Cosa differenzia i moderati dagli estremisti?

Cosa dicono i fedeli quando pregano?

Pensi che uomo e donna siano eguali nel Corano?

Le donne possono chiedere il divorzio?

Che succede a una ragazza madre?


Nasser è un credente, ma non un integralista. Parla della propria esperienza di divorziato per decisione della prima moglie. Appare credibile quando ci dice che spesso all'interno della famiglia le donne contano molto, e anche quando sottolinea gli aspetti ugualitari della religione islamica che non ha una casta sacerdotale, anche se di fatto dai tempi del corano in poi tante cose sono cambiate, come del resto è successo al cristianesimo. Ci piace molto quando ci spiega che non esiste nell'Islam il battesimo come lavacro dal peccato originale, che non esiste proprio come concetto coranico.- siamo nuovi quando nasciamo e sarà il nostro comportamento che deciderà per noi-

Il dialogo finisce sui singles di cui abbiamo vari esempi tra i giovani del gruppo. E' chiaro che per Nasser la famiglia viene prima di tutto perché il "formato" che dio comanda. Gli scappa detto che nel mondo occidentale (lui conosce bene la Francia) ormai si vive come "animali"; si riferisce alle libere convivenze con figli fuori del matrimonio ecc. Le nostre ragazze protestano. "Il bello è che credete che facciamo chissacché, invece sgobbiamo tutto il giorno e per il resto sai quante occasioni abbiamo di far peccati".

Ma con Nasser è impossibile rimanere sulle distanze. Ci raccoglie con uno sguardo dei suoi occhi espressivi e un po' buffi e ci porta a pranzo. (Paola)

 


Nota storica

L'alfabeto ugaritico è composto da ventisette lettere, seguite da tre lettere addizionali. Dall'alfabeto ugaritico, sviluppato dagli scribi intorno al XIV secolo AC, derivano la maggior parte degli alfabeti moderni (greci, latini, etruschi, ebrei, arabi).

Ora la nascita della scrittura nella Terra di Sumer e la preminenza intellettuale e tecnica dei suoi abitanti portò alla diffusione della civiltà in tutta la Mesopotamia. Questa regione, più o meno corrispondente all'attuale Iraq, è aperta a Nord, a Occidente e a Oriente. Non stupisce quindi che la sua cultura si diffondesse e contaminasse le genti che vivevano nelle vicinanze. Gli stessi autori della Bibbia come pure il vecchio mondo greco ed ellenistico non poterono sottrarsi all'influenza pur mediata di questa cultura.

Anche per questo in Mesopotamia si debbono cercare i più antichi documenti relativi alla nostra storia e alla formazione del pensiero umano che, attraverso i secoli, ha dato vita alla nostra filosofia e alla nostra scienza.

I testi rinvenuti nelle tavolette degli archivi ugaritici comprendono oltre a lettere, documenti legali, come trasferimenti di proprietà di terreni, alcuni trattati internazionali e diverse liste amministrative, anche poemi narrativi di carattere mitologico: sono stati identificati frammenti di diverse opere poetiche, tra cui la "Leggenda di Keret", la "Leggenda di Dan-el", il "Mito di Baal-Aliyan", e la "Morte di Baal" e alcune referenze a eventi storici e concetti mitologici che si trovano successivamente anche nell'Antico Testamento.







 



Le città morte



Serjilla

A un certo punto il pulman si ferma, attraversi la strada e di colpo si scopre ai tuoi occhi, in mezzo al deserto, una città o meglio il suo fantasma: resti di mura, pezzi di edifici ancora in piedi, molti frammenti di terracotta e intorno polvere a non finire. E’ l’aspetto con cui compaiono parecchie di queste antiche città, di cui è costellato il territorio intorno ad Aleppo. Sembrano tutte simili, pallidi fantasmi color ocra che sorgono da un deserto appena un po’ più pallido. Serjilla però ha qualcosa di più di altre città simili e credo sia la bellezza degli edifici o meglio di ciò che ne resta. L’androne il luogo delle assemblee, la dimora signorile, le grandi terme fatte erigere con opulenza da un ricco cittadino, tutto risponde a un criterio di eleganza. Qua un arco che si prolunga in un gioco di prospettiva con un altro arco, là delle nicchie graziose che forse ospitavano statuette a i lati di una porta. Si cerca di immaginare come la vita poteva svolgersi all’epoca, si vorrebbe trovare qualche segno in più, magari un’impronta di piede o di mano nell’argilla cotta al sole, con cui ancora oggi i beduini costruiscono le loro povere case. Ma niente di più esce da queste forme incomplete da cui la vita s’è ritirata tanti secoli fa. Qua e là il vento solleva piccoli vortici di polvere. Chissà quanti ne sono passati sulle costruzioni più piccole delle case comuni di cui non resta più nulla. Mentre Pompei, preservata dalla cenere, è ancora un luogo dove si respira un sentore di vita, Serjilla trattiene solo un’eco fievole della vita che certo dev’essere stata ricca e varia al tempo della fortuna commerciale. Usciamo con un ultimo sguardo a questa bellezza smozzicata fuori del tempo. Dall’altra parte della strada c’è il presente: un bar senza bellezza, allestito alla meglio, l’onnipresente pepsi-cola, i biscotti con la cioccolata e, per fortuna, lo shai bi naa naa , il thè alla menta. Dove la troveranno tanta menta in questa steppa siriana dove l’unica alternativa alla sabbia sono certe piante grasse dure da cui solo le pazientissime pecore possono trarre nutrimento? (Paola)

Noticina storica

 Vicino ad Aleppo, Serjilla si trova in un bacino naturale che si estende verso sud e conserva i resti dell’insediamento bizantino: case, chiese, bagni, tombe e sarcofagi. L`androne a doppio portico, il punto di incontro per gli uomini, è considerato una delle strutture meglio conservate di tutte le città abbandonate  in Siria. L’impressionante chiesa a tripla navata, antecedente al 372 d.c., è una delle più antiche nella regione. Distrutta dal terremoto.



A Palmira si arriva dopo una strada lunghissima e tutta dritta (come sono qui quasi tutte le strade) che non è deserto, come dice Nasser, ma steppa. In realtà è una steppa poverissima, con radi cespugli spinosi che in genere crescono vicino ai bordi della strada. Stanche del lungo percorso, ci siamo fermati al Baghdad–Café, un piccolo bar con tettoia rinfrescante tenuto come al solito da beduini in tenuta d’ordinanza. Il thè alla menta, anche se più caro che altrove, è sempre un piacere, le toilettes che stanno dietro al ar lo sono molto meno. Vicino un’esposizione di oggetti artigianali in una costruzione sormontata da tetto a pan di zucchero secondo la tradizione. Anche se tutto0 è un po’ finto. Dopo qualche decina di km, ecco finalmente Palmira che certo è una delle mete più agognate di tutto il viaggio. E Palmira non delude, perché offre una vista veramente “panoramica” di rovine magnifiche, da città ricca , dove i templi, i colonnati, e le tombe di lusso non scarseggiavano davvero. Mi viene spontaneo il confronto con Serjilla, ma anche con qualunque altra delle città morte del Nord della Siria. Le rovine di quelle città sono state abbandonate e ora solo il vento e la polvere le abitano, Palmira invece è sopravvissuta nella cittadina turistico-commerciale che le è nata accanto e che in un certo senso l’ha anche stravolta, perché l’ha resa piena di gente che ti vuol fare andare a cavallo, ti vuole vendere ogni sorta di oggetti e non ti lascia godere la cosa più necessaria in questi posti: il silenzio. Riprendo da una guida turistica una frase di Chauteaubriand: - Les ruines, considerées sous le rapport du paysage, sont plus pittoresques que le monument entier ». Decisamente Serjilla è più pittoresca, anche se bisogna riconoscere che Palmira è imponente, regale. E poi dietro il muro del tempio di Baal, che bel palmeto c’è ancora! E come doveva essere variopinta, esotica, sfaccettata la vita in questa città, punto d’incontro di tante culture diverse. (…)

Un ambiente un po’ alla Salambò di Flaubert, visto che oggi mi vengono in mente gli scrittori francesi. Del resto Giovanni Battista, decapitato nel romanzo di Flaubert, ce lo siamo ritrovato in moschea come precursore di Gesù e di Maometto.

E ancora un dettaglio francese. Pare che l’hotel Zenobia, che è il più vicino al sito archeologico sia stato ideato a suo tempo da una avventuriera, una certa Margot, che era rimasta affascinata dalla figura di Zenobia. Peccato che poi abbia dato aiuto al dittatore Franco e aiutato degli ufficiali nazisti a fuggire in Sudamerica. Ma per finire in bellezza, voglio ricordare la “tomba-ipogeo dei tre fratelli “. In questo spazio, abbastanza grande e ben suddiviso in tre camere si possono vedere delle pitture a parete. Su di una mi sono soffermata. Racconta la storia di Achille che era stato nascosto dalla madre sull’isola di Sciro dove viveva travestito da donna per sfuggire alla guerra e alla morte. Ma venne stanato dal solito Ulisse “dai tortuosi disegni” che lo portò via riconsegnandolo al suo destino. Ecco una cosa triste della vita di questi grandi personaggi. Gli toccava sempre sapere che, malgrado eventuali tentativi, alla fine sarebbero morti in un determinato modo ed erano certi che il destino non avrebbe mai mollato la presa. Ma a questo punto scattava l’elemento “valore” che nel caso di Achille come di ogni uomo di elevata classe sociale, voleva dire non lesinare sulla vita. Magari un poveretto avrebbe potuto scappare, questo gli sarebbe stato permesso, ma Achille no, sennò che eroe sarebbe stato?

Nella pittura realizzata con bei colori ancora visibili Achille è in primo piano vestito con un’ampia veste da donna da cui spunta fuori una gamba che forse dovrebbe essere muscolosa e tradirlo. Accanto ci sono oggetti femminili: gomitoli di lana, aspo e stoffe. Dietro la nutrice con aria spaventata. Erano le loro storie. Achille come Tex Willer, Ulisse come Martin Mistère?  Certo, molte cose sono cambiate, il paragone viene male. Però quello che non è cambiato è il gusto dell’avventura e il piacere di seguire le vicende di un personaggio amato. (Paola)




Amman

Non abbiamo visto molto di queste grandi città che contano circa un milione e mezzo di abitanti. Parlerò  perciò più che altro dell’impressione che ne ho avuto. Di Amman ricordo la bianchezza dei numerosi edifici nuovi che ne fanno un agglomerato immenso di quartieri periferici intorno al centro antico. Anche la moschea più importante della città è tutta nuova, con una cupola splendente. Rinunciamo ad entare perché le regole del vestiario sono molto severe e non ci sentiamo di imbacuccarci tanto per un edificio dall’aria così fredda. Forse nel suo complesso Amman è proprio un po’ fredda per come ci si può immaginare una città orientale. Le belle strade e i bei negozi ricordano le nostre grandi città. I quartieri vecchi sono pieni di negozietti che restano aperti fino a ora tarda. Qui ci sono ancora i vecchi artigiani, il sarto con la macchina da cucire fuori della porta, il ciabattino che appena riesce a incastrarsi nel suo buco pieno di scarpe e ciabatte di ogni tipo e non manca il carrettino del gelataio che fa anche la granita al limone.

Aleppo

Aleppo e Damasco sono certamente città con un aspetto più orientale. I quartieri vecchi sono alveari dove si muovono continuamente tante persone, ognuna per la sua strada, intorno alle mille botteghine che stanno l’una appiccicata all’altra, suddivise per generi: gli orafi, i venditori di cereai, di spezie, di generi di cartoleria, di paglia, di stoffa ecc. Non si ha l’idea di quante ce ne sono, spesso veri cunicoli che hanno magari sopra l’abitazione. Già, dove sono le abitazioni? In questi quartieri porte non se ne vedono, solo negozi, ma sopra le finestre coi panni stesi fanno pensare a famiglie numerose. Intorno al brulichio di questa gente, un traffico pazzesco che non si ferma mai. Chiunque voglia attraversare è un coraggioso che spera ottimisticamente di arrivare salvo dall’altra parte. Certo, appena ci si allontana da questi quartieri vecchi e spesso fatiscenti, ci si imbatte in strade silenziose che hanno belle case di pietra giustamente distanziate le une dalle altre. E’ il caso del quartiere armeno di Aleppo, dove anche i negozi sono più belli e hanno gli spotti in legno lavorato. I grandi portoni delle case hanno come battente una manina volta in giù come a Siviglia.

Damasco

A Damasco le vie intorno al suq coloratissimo e pieno di gente sono antiche e mostrano tracce di templi greci che sono rimasti incorporati nelle mura arabe. Qui puoi incontrare il carretto che fa la spremuta di melagrana, squisita e a buon prezzo. O l’acquaiolo che avrebbe fatto la sua figura in una Napoli dei primi del ‘900. Porta sulle spalle un aggeggio  di metallo bianco da cui fa uscire l’acqua e al quale sono appesi dei bicchieri anche questi di metallo. Tutto è confusione in queste strade dove la gente si pigia e le merci sembrano quasi troppe, come se non si pensasse ad altro che a vendere e a comprare. La grande moschea degli Omayyadi che resero Damasco Capitale è un’isola di quiete dove ci si può sedere sul tappeto e parlare sottovoce. Alcuni uomini distesi in un angolo dormono. “Non sarebbe giusto – dice la guida – ma si vede che erano molto stanchi”.

Dopo aver visitato il palazzo Azem, una dimora nobile del ‘700 con i suoi giardini, cortili con alberi e appartamenti separati per tutti i componenti della famiglia, torniamo all’albergo con un gran desiderio di riposare anche noi.

Che dire di queste grandi città belle e brutte insieme, dove la bellezza è per lo più confinata negli antichi edifici pubblici e religiosi e negli alberghi di lusso come lo Sheraton, mentre tutto il resto affoga nel degrado e nell’inquinamento più totale? Cerchiamo di fare una riflessione. Non pensiamo che sia stata la religione a mantenere certe arretratezze quanto piuttosto la mancanza di un percorso civile in evoluzione. Forse è mancata da queste   parti una classe media che abbia saputo far da tramite tra il popolo e i grandi signori (sceicchi, pascià, califfi …) creatrice di un progetto di rinnovamento della società. (Paola)


Nota del barba:

Il mio personale ringraziamento al profeta Maometto che, vietando gli alcoolici, mi ha sicuramente salvato dai taxi che come talpe impazzite e strillanti hanno fatto una sarrabanda continua davanti al nostro "alberghetto" posto proprio in centro (di fronte al nuovissimo Sheraton e alla torre dell'orologio). La mia pelle sarebbe sicuramente diventata una striscia tra le poche e malmenate strisce di attraversamento del caos cosmico aleppino. Da qui il grande godimento dei momenti di "raccoglimento" dentro la grande moschea omayyade. Allah sempre grande e misericordioso.

PS. La motorizzazione in Siria è targata Corea e Giappone, leggi Yundai e Nissan...

 

 

Itinerario Giordania

         Damasco-Amman- Petra

         Petra –piccola Petra-Aqba Wadi rum

         Wadi rum- Al kerak-Monte nebo-Madaba-Amman

         Amman-Castelli del deserto- Mar Morto Amman

Itinerario Siria

Bosra Damascus

Damascus – Seidnaya – Krak Des Cevaliers – Hama 

Hama – Apamea – Salaheddine – Lattakia

Lattakia – Ugarit - Ebla – Aleppo

Aleppo + St.Simeon – Aleppo

Aleppo – Asaad Lake – Resafa – Palmyra

Palmyra – Mar Mousa – Damascus

 

 




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