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sabato 30 novembre 2013

Solidarietà con il popolo palestinese

29 novembre - Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese
Onore alla Provincia di Firenze e al suo Presidente Andrea Barducci che da sempre sostengono con forza i diritti del popolo palestinese angariato programmaticamente dallo Stato di Israele che lo vuole cancellare dalla Palestina per mezzo dei coloni inseriti in sempre maggior numero nei territori appartenenti ai palestinesi con l'aiuto dell'esercito più armato del mondo.
Questo un breve video della manifestazione del 29 novembre in Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
Video
PS. Questa la lettera di invito inviata dallo staff del Presidente Barducci:
Carissimi,

vi inoltro la locandina dell'iniziativa che si svolgerà venerdì prossimo 29 novembre dalle ore 9.00 alle 12.00 circa a Palazzo Medici Riccardi, in sala Luca Giordano, in occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese.
La Giornata è stata istituita da una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ormai più di trenta anni fa, per ricordare al mondo che nel 1948 la nascita dello Stato di Israele prevedeva anche la contemporanea nascita di uno Stato Palestinese libero, indipendente ed autonomo.
Oggi, a distanza di 65 anni, lo Stato Palestinese finalmente esiste, riconosciuto il 29 novembre di un anno fa dalla maggioranza dei Paesi rappresentati all'Assemblea ONU. Ma questo importante successo diplomatico, al momento, non ha portato concreti miglioramenti delle condizioni di vita per la popolazione, che deve quotidianamente  fronteggiare i vincoli e le violenze connesse ad uno stato di occupazione militare.
Le colonie nei territori della West Bank e di Gerusalemme Est, in contrasto con gli indirizzi ed i pronunciamenti del diritto internazionale, continuano a crescere fino a negare di fatto la possibilità dell'esistenza di Due Stati per Due Popoli. 
Le limitazioni cui sono sottoposti i civili palestinesi sono ormai intollerabili, ed il Governo di Israele non pare intenzionato a rivedere le linee guida delle proprie politiche nei confronti della popolazione araba della Cisgiordania.
Per questo la Provincia di Firenze, per il quarto anno consecutivo, organizza questo evento di sensibilizzazione, e lo dedica ai movimenti non violenti della società civile palestinese che protestano contro l'espansione degli insediamenti israeliani e la confisca delle terre.
Saranno presenti, tra gli altri, e porteranno la loro testimonianza di mobiltazione sul campo: la Signora Manal Tamimi, in rappresentanza del Comitato Popolare di Resistenza Non Violenta del villaggio di Nabi Saleh; l'attivista Lema Nazeeh, che un anno fa ha partecipato all'azione simbolica di Baab Al Shams (Villaggio del Sole) sulle terre di Gerusalemme Est dove il Governo Netanyahu prevede la costruzione di una nuova cintura di colonie; la Signora Mahira Dajani, Direttrice dell'istituto Dar Al-Tifel Al-Arabi di Gerusalemme Est, importante presidio della memoria e dell'identità araba della Città Santa.

Siete invitati a partecipare all'incontro ed a diffondere quanto più possibile l'evento, in modo da dimostrare quanto ancora il tema dei diritti e della solidarietà internazionale siano vicini alla nostra sensibilità.

Stefano Vannucci

lunedì 25 novembre 2013

Una famiglia, tante famiglie



Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 24 novembre 2013
Una famiglia, tante famiglie
riflessioni del gruppo genitori

1a. Letture dai Vangeli
…Gesù tornò nella sua patria [a Nazaret], accompagnato dai suoi discepoli. Venuto il sabato si mise ad insegnare nella sinagoga e molti ascoltatori si stupivano per le cose che diceva, e dicevano:
“Donde ha costui tali cose? E che sapienza è mai quella che gli è stata data?
E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 
Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non vivono qui?”.
E si scandalizzavano di lui.
dal Vangelo di Marco 6, 1-4

Si recò a Nazaret dove era stato allevato ed entro come il suo solito di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo di Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: 
Lo Spirito del Signore è su di me … e mi ha mandato 
per annunziare ai poveri un lieto annuncio 
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista 
per rimettere in libertà gli oppressi e predicare l’anno di grazia del Signore…
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti erano su di lui. Allora disse: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che avete udita con i vostri orecchi”.
Tutti erano meravigliati delle sue parole e dicevano: “ Ma costui non è il figlio di Giuseppe?”

dal Vangelo di Luca 4, 16-22
1b. La famiglia di Gesù
In alcuni passi del Vangelo e in un’ampia parte della tradizione cristiana si è posto l’accento sulla divinità di Gesù mitizzandone ogni aspetto, compresa la nascita e la famiglia.
Ma in altri passi dei Vangeli e in un’altra parte del pensiero cristiano si è posta l’attenzione non tanto sulla divinità e straordinarietà di Gesù ma sulla sua umanità e sulla sua normalità di bambino e uomo del popolo, nella Palestina del suo tempo. 
Uno di questi passi del Vangelo è proprio quello di Marco che descrive Gesù come falegname, figlio di Maria, fratello di Giacomo, Joses, Giuda e Simone e di alcune sorelle. Su queste espressioni è interessante fare alcune sottolineature:
Gesù dunque aveva un mestiere ed era falegname; e questo è coerente con le usanze del tempo in cui un ragazzo imparava e poi svolgeva il mestiere del padre. 
Gesù poi è indicato come ‘figlio di Maria’: questo invece è inspiegabile alla luce della tradizione giudaica patriarcale, seconda la quale legalmente i figli facevano riferimento al padre e non alla madre, per cui Gesù doveva chiamarsi ‘figlio di Giuseppe’ e non ‘ figlio di Maria’. Le ragioni di questa espressione sono incerte, forse l’autore ha voluto fare qualche concessione a quella corrente che stava andando affermandosi al tempo della stesura del vangelo e che appoggiava l’idea della concezione verginale di Gesù. Questo potrebbe spiegare il non citare Giuseppe. In altri passi comunque, come quello di Luca, Gesù è indicato come ‘figlio di Giuseppe’.
Gesù comunque aveva una famiglia numerosa, con genitori, fratelli (elencati per nome) e sorelle (delle sorelle si è detto che esistevano, ma non se ne è ricordato il numero né il nome, e questo riflette la mentalità del tempo che assegnava pochissimo valore alle donne). Successivamente, volendo presentare Gesù come ‘figlio unigenito’, c’è stato chi ha sostenuto che il termine “fratelli/sorelle” indicasse genericamente dei cugini/parenti ma questo non è né verosimile (in Palestina era socialmente desiderabile avere una famiglia numerosa) né corretto poiché nei testi in greco (che era una lingua molto più ricca di termini e precisa rispetto all’aramaico) quando si usava il termine fratello o sorella si voleva proprio intendere quella specifica relazione di parentela.

Un altro passo è quello che si trova nella lettera di Paolo ai Galati dove si descrive Gesù con le parole nato da donna, proprio per indicarne l’umanità, l’appartenenza alla famiglia umana. Su queste parole Ortensio da Spinetoli scrive: “Se pertanto Gesù è ‘nato da donna’ vuol dire che è un vero uomo, non un essere calato dal cielo. Fa riferimento a dei genitori, a una famiglia, ed è subordinato alle leggi biologiche di tutti. E’ un fiore anch’egli sbocciato dall’amore di due nazaretani di cui porta nel sangue le connotazioni fisiche e spirituali… E’ un galileo di Nazaret non solo anagraficamente, ma anche geneticamente”.
2. Le famiglie italiane nei dati Istat
Negli ultimi decenni si sono avute profonde trasformazioni demografiche e sociali, che ora si stanno anche intersecando con gli effetti del perdurare della crisi economica e che hanno determinato profondi cambiamenti delle organizzazioni familiari. I principali fenomeni socio-demografici che hanno determinato i cambiamenti delle organizzazioni familiari sono:
1) il forte calo delle nascite e lo spostamento sempre più in avanti da parte delle giovani coppie della decisione di concepire il primo figlio;
2) la riduzione dei numero di matrimoni, controbilanciata dalla formazione di “unioni di fatto”;
3) l’aumento di separazioni e divorzi, 
4) l’allungamento della vita media;
5) la sempre maggiore difficoltà dei giovani ad entrare nel mondo del lavoro e nella vita autonoma;
Questi e altri fenomeni hanno determinato, negli ultimi decenni, un grande aumento del numero delle famiglie, e un conseguente calo del numero dei suoi componenti
Inoltre si è verificata una semplificazione delle strutture familiari intesa come minore presenza di più generazioni all’interno della famiglia (sono diminuite le famiglie nelle quali vivono più generazioni) e l’affermazione di una gamma di nuove strutture familiari che non esistevano (nelle ultime indagini l’Istat ne ha codificate ben 41 tipi diversi).

Segue una presentazione video di alcuni grafici.

Tabella  SEQ Tabella \* ARABIC 1 – Popolazione residente, numero di famiglie e numero medio di componenti per famiglia. Toscana e Italia 2011

Fonte: Istat, Censimento della popolazione, 2011, dati provvisori

La tipologia familiare più diffusa in Toscana e in Italia è quella costituita dalle “coppie coniugate/conviventi con figli” (Toscana: 33,4%; Italia: 35,8%): il loro numero si mantiene su circa un terzo del totale, nonostante vi siano sempre meno giovani coppie con figli minori; ciò accade poiché aumentano le coppie adulte con figli adulti 25-34 anni celibi/nubili che per ragioni connesse all’allungamento dei percorsi formativi, alla difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e alle difficoltà abitative, tardano ad uscire dalla famiglia di origine.
All’interno di questa categoria ricadono anche le cosiddette “famiglie ricostituite”, ossia famiglie in cui gli adulti della coppia provengono da precedenti matrimoni/convivenze conclusi e i figli possono provenire dalle unioni precedenti e/o da quella attuale. Queste famiglie, in ragione dell’incremento delle separazione e divorzi, sono in netta crescita.  
La seconda tipologia familiare più diffusa è quella costituita dalle “persone sole” (Toscana: 30,3%; Italia: 30,2%): si tratta in prevalenza di persone sole anziane specialmente donne. Il fenomeno della loro crescita è connesso al generale allungamento della vita media e alla tendenza da parte delle persone anziane rimaste vedove a continuare una vita indipendente e a non inserirsi nella famiglia dei figli. A Firenze, la cui popolazione ha una struttura per età molto anziana, questa tipologia di famiglia ha superato quella delle “coppie con figli”. In questa categoria poi ricadono anche i single, giovani celibi/nubili o più spesso adulti separati/divorziati senza figli (o i cui figli sono rimasti con l’altro genitore).
La famiglia formata da “coppie senza figli” un tempo minoritaria ha registrato un importante crescita arrivando a quota 20% (Toscana: 21,7%%; Italia: 20,4%). Questa tipologia di famiglie è formata da “giovani coppie” e da “coppie di anziani”: infatti l’incremento del numero di coppie senza figli è legato a due fenomeni: il più rilevante è dato dal calo delle nascite e quindi dalla scelta sempre più diffusa delle giovani coppie di non fare figli o di spostare in avanti la decisione di concepire il primo figlio; il secondo è dato dall’allungamento della vita media che porta anche alla crescita del numero di coppie anziane i cui figli sono usciti dalla famiglia (i cosiddetti “nidi vuoti”). 
Le “famiglie mono-genitoriali”, un tempo minoritarie hanno registrato un forte incremento (Toscana: 10,4%; Italia: 10,1%), in ragione dell’incremento delle separazioni e dei divorzi. La maggior parte di esse hanno come genitore una donna che è nubile, o separata/divorziata; la minoranza costituita da famiglie in cui il genitore è un uomo.
Le “famiglie pluri-nucleo” sono le famiglie in cui vivono più generazioni (nonni, genitori, figli..) o più coppie (es. coppie di fratelli/sorelle con i loro partner e figli). Tipiche del mondo contadino, un tempo molto diffuse in Toscana, sono oggi in forte calo (Toscana: 2%; Italia: 1,4%)

E’ lo stesso Parlamento che delinea le tendenze in atto e le trasformazioni della famiglia con il Documento finale relativo all’Indagine conoscitiva sulla condizione sociale delle famiglie in Italia, approvato dalla Commissione Affari sociali (aprile 2007).

3. Abbiamo visto un film insieme - “Diverso da chi?” di Umberto Carteni e ve lo raccontiamo

4. Famiglia e Costituzione 
Sono numerose le disposizioni della Carta Costituzionale che coinvolgono l’argomento della famiglia. In primo luogo l’art. 29riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. La terminologia utilizzata richiama l’art. 2, il quale “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, ed è affermazione comunemente accettata quella che proprio la famiglia sia la più tipica delle formazioni sociali.
Si parla ancora di famiglia nell’art. 31 dove “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia, protegge la maternità , l’infanzia e la gioventù”. E ancora nell’art. 36il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Mentre nell’art.37 si dice che “le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice l’adempimento della sua essenziale funzione familiare “. E’ importante osservare poi come nell’art. 30 viene considerato il tema dei figli: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. Il contenuto di questa disposizione costituzionale ci interessa in quanto opera una netta distinzione fra filiazione, famiglia e matrimonio: i rapporti tra genitori e figli vengono finalmente liberati dalla menzione del vincolo matrimoniale.

Vale la pena mettere in evidenza:
La radicale affermazione, contenuta nell’art. 29 dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (da notare l’espressione “coniugi” e non moglie e marito) ridefinisce in profondità la nozione stessa di matrimonio, storicamente fondato, anche nella tradizione giuridica, sulla subordinazione femminile.
L’interpretazione da assegnare all’espressione “società naturale” con la quale la famiglia viene designata. Tale definizione infatti è stata giustamente considerata un ossimoro concettuale: come può una società “naturale” (cioè spontanea, pre-statuale) fondarsi su un’istituzione giuridica come il matrimonio? La contraddizione può essere sciolta solo ritenendo che il matrimonio sia una delle forme che la famiglia può assumere, una forma storicamente determinata, ma non la sola possibile. L’art.29 non esprime, neppure implicitamente, un giudizio di disvalore per altre tipologie familiari, come quella di fatto, che pure costituiscono a loro volta formazioni sociali pienamente adeguate allo sviluppo della personalità individuale. E’ la stessa Corte Costituzionale ad affermare che “l’art.29 non nega dignità a forme naturali del rapporto di coppia diverse dalla struttura giuridica del matrimonio” (sentenza n. 310 del 1989). Non esiste dunque un concetto statico e immutabile di matrimonio, (la stessa introduzione, nel 1970, dell’istituto del divorzio ne è una prova evidente); non esiste proprio grazie al richiamo alla “naturalità”. Ed è proprio qui che si apre il discorso sulla famiglia di fatto, ancora priva nel nostro paese di un intervento legislativo che ne individui le forme di garanzia e di riconoscimento. In Italia infatti esistono solo “tracce normative” dell’esistenza delle unioni di fatto alle quali viene attribuita una limitata rilevanza per il diritto. E’ il caso ad esempio delle disposizioni contenute in alcuni Statuti Regionali, come quello della Toscana, che pone tra le finalità prioritarie della Regione, accanto alla tutela e alla valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio, il riconoscimento delle altre forme di convivenza. Per la Corte Costituzionale però a tali affermazioni non può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica. Vi sono poi i registri delle unioni civili istituiti in diversi comuni, che hanno però una rilevanza sostanzialmente politica (i comuni non possono introdurre nuovi diritti trattandosi di materia riservata al legislatore statale).
La questione irrisolta del matrimonio omosessuale. C’è poi una categoria di soggetti che subisce una grave discriminazione, non potendo aspirare né a un’unione civile registrata (per la mancanza di un istituto nel nostro ordinamento), né al matrimonio, come ha ribadito di recente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 138 del 2010: le coppie omosessuali. L’intervento della Corte era stato sollecitato a seguito del ricorso al giudice civile da parte di cittadini dello stesso sesso ai quali era stato rifiutato dall’ufficiale di Stato civile di procedere alla pubblicazione di matrimonio. I ricorrenti avevano chiesto al Tribunale di ordinare all’ufficiale di procedere alla pubblicazione di matrimonio (e quindi di riconoscere il diritto alle coppie omosessuali di contrarre matrimonio con persone del proprio sesso) e di conseguenza di sollevare la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale delle disposizioni del codice civile che non consentono il matrimonio omosessuale. La risposta della Corte è stata nella sostanza negativa, pur non mancando nella motivazione alcune aperture da non sottovalutare (si afferma che anche l’unione omosessuale, intesa come stabile  convivenza tra due persone dello stesso sesso, è da annoverare tra le “formazioni sociali di cui all’art.2 della Costituzione” e che le persone omosessuali sono titolari del diritto fondamentale di” vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”). Ad avviso della Corte però l’interpretazione evolutiva dei concetti di famiglia e di matrimonio di cui all’art.29 non potrebbe spingersi fino al punto di incidere sul nucleo della norma, modificandola inserendo problematiche non considerate in alcun modo quando fu emanata. Infatti la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di  Assemblea costituente. I Costituenti elaborando l’art.29 tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. I Costituenti dunque intesero riferirsi al significato tradizionale di matrimonio del quale la Corte sottolinea la potenziale finalità procreativa, che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale.

La sola via per un chiarimento definitivo riguardo alle possibili interpretazioni, sarebbe quella dell’intervento legislativo, ma non possiamo ignorare che nel nostro paese l’organo legislativo è fortemente influenzato dalle gerarchie cattoliche, dichiaratamente ostili al riconoscimento delle convivenze di fatto, soprattutto se di carattere omosessuale. Non a caso, l’unica forma di riconoscimento delle unioni omosessuali oggi presente nell’ordinamento italiano deriva da una (obbligata) attuazione della direttiva europea, che agevola l’ingresso e il soggiorno in Italia del/della partner con cui il cittadino dell’Unione sia legato da matrimonio o abbia una relazione stabile e documentata. Il che significa che oggi nel nostro paese, si riconoscono tali diritti dei coniugi e dei conviventi omosessuali stranieri, senza che i gay italiani possano invece formalizzare la loro unione.

5. Le famiglie “arcobaleno”
Difficile orientarsi nelle problematiche proposte al concetto di famiglia dalle unioni gay e soprattutto dal desiderio legittimo di queste coppie di avere dei figli. Una complessità spesso risolta con nuove sperimentazioni in campo giuridico che si rendono necessarie anche per compensare situazioni  di fatto mai viste prima e che lascerebbero in difficoltà dei minori.
Le adozioni da parte di coppie omosessuali è legale in alcuni paesi europei come Regno Unito, Spagna, Svezia, Danimarca, Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Islanda, Francia. Ci sono paesi come la Germania, la Finlandia e la Groenlandia che non consentono adozione da parte di coppie omosessuali ma riconoscono a chi è in convivenza registrata con persona dello stesso sesso l’adozione di figli naturali o adottivi del partner.
In Irlanda i single possono adottare, sia che siano etero che omosessuali.
In Itala la situazione è rigidissima: La Legge n. 184 del 4/3/1983 afferma che la dichiarazione di disponibilità all’adozione può essere presentata solo da coppie sposate da almeno 3 anni o conviventi more uxorio sempre da almeno 3 anni, ma al momento della presentazione della dichiarazione la coppia deve risultare regolarmente coniugata. Ci sono poche deroghe al non matrimonio: quando gli adottandi hanno vincolo di parentela con minori orfani, quando il minore è orfano e portatore di handicap, quando non è possibile l’affidamento.
Quindi l’adozione non è possibile da parte di coppie omosessuali per il semplice motivo che queste non possono sposarsi e quindi non possono dichiararsi disponibili all’adozione. 
Da segnalare che la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo a febbraio 2013 ha accolto il ricorso di una donna austriaca che si era vista rifiutare  la richiesta di  adottare il figlio della compagna.  Si è riconosciuta la discriminazione per l’orientamento sessuale della donna, in quanto in questi casi l’adozione è normalmente possibile.
Il ricorso all’utero in affitto è quindi un fenomeno in forte crescita un po’ in ogni parte del mondo, perché risponde a quelle lacune legislative che regolano materie molto delicate, come l’infertilità o il desiderio di maternità in situazioni particolari. 
Il Parlamento Europeo si è recentemente espresso contro la surrogazione della maternità perché costituisce  sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili e le donne ed i bambini convolti potrebbero essere considerati merci sul mercato della riproduzione, andando ad incrementare le tratte di persone. Inoltre le donne che si prestano a questa pratica sono spesso donne indigenti e bisognose, che accettano di mettere al mondo un figlio che lasceranno subito perché spesso costrette da condizioni di vita molto misere.
I numeri del fenomeno non si conoscono realmente a livello mondiale, perché le leggi e le regolamentazioni nei vari paesi sono davvero molto diverse fra di loro, sa nella gestione del periodo di gravidanza della madre surrogata sia nello stabilire la cittadinanza del bambino che nasce.  Infatti, in molti casi  è accaduto che ci sia stata grande confusione nel dichiarare quali fossero i genitori legali e la cittadinanza del bambino che nasce in un certo paese da genitori committenti provenienti da altri paesi; in alcuni casi il nuovo nato viene considerato apolide, cioè senza cittadinanza. 

Ci sono vari tipi di atteggiamenti fra gli stati:
Stati che proibiscono la pratica dell’utero in affitto, come la Francia, la Germania il Messico, la Svezia, la Svizzera, nei quali la madre legale è sempre colei che partorisce.
Stati dove non c’è regolamentazione ma non c’è nemmeno divieto esplicito, come l’Olanda, il Brasile, l’Argentina, il Belgio, l’Irlanda e il Giappone, ne quali è proibito il pagamento della pratica.
Stati in cui è permesso e regolamentato, che si dividono a loro volta in
paesi in cui si fa contratto preventivo di surrogazione, è vietato il pagamento della pratica ma è ammesso il rimborso spese “dolore e sofferenza”, la madre in alcuni di questi paesi ha il diritto di ripensarci e rifiutare di consegnare il bimbo ai committenti (Australi Ovest, Grecia, Israele, Sud Africa)
paesi dove solo dopo il parto si fa un contratto e la madre può non essere obbligata a cedere il bimbo, come la Cina, la Gran Bretagna, e parte del Canada.
Poi ci sono paesi che hanno un approccio molto permissivo, e consentono il pagamento esplicito della prestazione; a seconda dei paesi vengono richiesti ai committenti requisiti diversi, e in alcuni stati la madre ha il diritto di recedere dall’obbligo, in altri paesi no (India, Russia, Tahilandia, Uganda, Ukraina, vari stati dell’ex U.R.S.S.) In molti di questi paesi sono sorti agenzie e centri specializzati che accolgono le donne che si prestano alla surrogazione della maternità e le coppie che arrivano dall’estero per questo motivo. 
Nei paesi dove il fenomeno si sta allargando in misura allarmante ci si comincia ad organizzare: in India, ad esempio, è nata Instar, società indiana per la fecondazione assistita, che raccoglie esperti di infertilità, embriologi e giuristi che intendono darsi regole condivise per il rispetto ed il benessere delle madri surrogate, preso atto che quella delle mamme a noleggio è ormai un’industria nazionale. E’ stato da loro recentemente stabilito un salario minimo per le donne ed un rimborso per le famiglie di quelle che dovessero morire per complicazioni legate al parto, ma indennizzi sono previsti anche per coloro che dovessero essere sottoposte ad asportazione delle tube o isterectomia.
In Europa: in Spagna, le coppie gay possono sposarsi dal 2005 ed adottare, già dalla fine degli anni ’80 la fecondazione assistita è possibile anche per  single. La Spagna è una delle mete più gettonate per le coppie italiane che vogliono avere figli, e molte coppie lesbiche italiane negli ultimi 20 anni hanno avuto figli grazie alla fecondazione in vitro fatta in Spagna. La presidentessa dell’Associazione Famiglie Arcobaleno spiega che molte coppie lesbiche vanno in Spagna dove una delle due donne si sottopone a fecondazione, poi, incinta, torna in Itala come madre single. All’altra madre, la cosiddetta madre sociale , sono negati diritti/doveri di genitore: affidamento in caso di decesso della madre biologica, possibilità di prendere decisioni su eventuali cure del figlio.   
Per finire un caso:  il governatore della California ha di recente firmato una legge che permette di riconoscere la potestà di tre o più genitori su un bambino. La norma trae origine dal caso di una coppia di donne lesbiche con un figlio nato da fecondazione assistita, la cui relazione era finita in modo drammatico. Una delle due donne era finita in carcere, l’altra in ospedale, quindi si era posto il problema della persona a cui affidare il bambino; si era fatto avanti il padre biologico, cioè il donatore di sperma, ma poiché la legge non gli riconosceva alcun diritto, il piccolo era stato affidato ad una nuova famiglia 

6. I figli sono di chi li ama e li cresce non di chi li fa
Il libro “Sei come sei”, edito da Einaudi nel 2013, della scrittrice italiana Stefania Mazzucco, parla di una famiglia un po’ particolare, formata da Eva e dai suoi due genitori, che non sono un padre e una madre, ma due padri. 
Sono due genitori: sono due madri,  due padri …. che importanza ha? Sono due adulti che si amano, che vivono insieme e che hanno scelto di dedicarsi alla cura e all’educazione di un bambino. Questo è quanto. Potrebbero anche essere due nonni, o due zii, o due vicini di casa. Quella che chiamano figlia potrebbe anche non essere davvero figlia loro. 
Perché i figli sono di chi li ama e li cresce, non di chi li fa
Eva, quindi, è una bambina con due genitori che hanno la peculiarità di essere entrambi maschi. La qual cosa, tra l’altro - dice lei - è di gran lunga preferibile ad averne uno di un sesso e uno dell’altro ma separati, con un papà che vedi a ore, o ogni quindici giorni, come i carcerati…

Ad un certo punto, nel libro si parla di un quadro di un pittore spagnolo del 1600, Francisco de Herrera “il vecchio”, maestro del più noto Velasquez. 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 1 - Francisco de Herrera il vecchio, “San Giuseppe con Gesù” (1645), Museo delle Belle Arti di Budapest



Nella storia questo quadro, esposto nel Museo di Belle Arti di Budapest, è particolarmente importante perché la sua visione appassiona e coinvolge in modo particolare uno dei protagonisti, Giose (uno dei due padri di Eva), che da quel momento si convince sempre più del suo desiderio di paternità, tanto che dichiara alla figlia Eva che lei stessa “sarebbe stata concepita al Museo di Budapest”…
Cosa colpisce in particolare Giose nella visione di questo quadro, intitolato “San Giuseppe con Gesù”? In fondo sono state fatte innumerevoli versioni della Sacra Famiglia…
Riportiamo un pezzo del racconto: “Giose si voltò, e si vide. Il quadro si intitolava “San Giuseppe con Gesù”, ma l’uomo raffigurato, in camicia azzurro indaco, avvolto in un morbido mantello giallo, non aveva niente che facesse pensare a San Giuseppe. E neanche il bambino- ritratto con naturalezza- aveva nulla di divino, e se non avesse tenuto tra le piccole mani una corona di spine Giose non avrebbe mai indovinato che fosse Gesù. Anzi, inizialmente lo aveva addirittura scambiato per una bambina, poiché indossava una camiciola rosa. Nessuno dei due aveva l’aureola. Per lui erano solo un padre, ancora giovane, nemmeno quarantenne, con i capelli lunghi e la barba scura, insieme a suo figlio riccioluto e biondo. Non si somigliavano. Non avevano lo stesso sangue. Se ne stavano seduti su un sasso, al limitare del bosco, fra gli alberi. Il padre teneva il figlio in braccio con dolcezza. L’amore che provava per il bambino emanava una specie di luce, un alone dorato che illuminava entrambi. Quel sentimento era visibile (…) Giose non aveva mai visto un quadro simile. Né l’avrebbe visto fuori dallo Szépmuvészeti Mùzeum. I pittori italiani non hanno trovato colori e sentimento per la paternità degli uomini. Solo per quello di Dio. Il loro Giuseppe è spesso un vecchio casto e canuto; e con il bambino in braccio c’è sempre la Madonna. È la maternità che celebrano e che li commuove. (…) Giose lacrimava senza ritegno nella sala spagnola del Museo delle Belle Arti di Budapest, guardando la felicità inattesa di Giuseppe e del bambino (……) niente gli sembrava più sconvolgente e desiderabile che tenere un giorno anche lui, fra le braccia, così, suo figlio. Un figlio che magari non sarebbe stato suo - come Gesù non era di Giuseppe. Anche lui avrebbe amato suo figlio, chiunque fosse, di un amore visibile come la firma di Francisco de Herrera, capace di illuminare l’oscurità del bosco». 
Una descrizione del dipinto: La raffigurazione di padre e figlio è tenera e allo stesso tempo forte perché i due protagonisti sono in stretto contatto e al contempo evidenziano una grande autonomia individuale.
San Giuseppe tiene il Bambino sulle ginocchia e lo trattiene con una mano; il suo sguardo è rivolto verso il basso, ma non sul Figlio, come a indicare che il legame con i figli è prendersene cura, ma senza atteggiamenti possessivi atti a creare dipendenza.
La storia narra che a Giuseppe fu affidata la giovane Maria, e proprio per simboleggiare la sua unione verginale con lei, nel quadro Giuseppe stringe in mano dei fiori di mirto bianco. 
Anche il Bambino tiene nella piccola mano una corona, ma di spine, ad indicare la sua futura passione. 
Con gli occhi guarda in alto, ma non San Giuseppe, bensì il Padre celeste, al quale sembra presentare quelle spine, pegno della salvezza del mondo; la mano sinistra aperta verso il  basso pare proprio alludere all'umanità intera.
Storicamente, la rappresentazione nei quadri religiosi, del padre terreno di Gesù si diffonde soprattutto dopo la Controriforma e diventa piuttosto popolare in Spagna. Testimonianza ne è il fatto che vennero prodotte altre  opere simili al quadro esposto a Budapest, come quella dello stesso autore esistente nel Museo di Madrid.
Nel libro si parla anche di un’altra tela sullo stesso tema, esposta nella stessa sala della precedente, di un pittore vissuto nello stesso periodo di Herrera. L’artista è un certo Antonio de Pereda, e il quadro raffigura Gesù bambino insieme non a San Giuseppe, ma a Sant’Antonio da Padova.
Figura  SEQ Figura \* ARABIC 2 - Antonio de Pereda di Valladolid, “Sant’Antonio da Padova con Gesù” (1600), Museo delle Belle Arti di Budapest.

Anche questo dipinto colpisce Giose come quello di Herrera perché mostra un legame molto forte fra l’adulto ed il bambino, fatto di tenerezza e bisogno di protezione. 
“(…) i due erano su una balaustrata aperta, su un paesaggio mediterraneo di verdi cipressi e di montagne azzurre (…)  circondati da un asilo di angeli bambini, il santo e Gesù si comportavano come se fossero soli. Antonio lo avvolgeva con tenerezza in un panno (…) mentre il bimbo che sembrava avere poco più di un anno, gli tastava il viso come volesse accertarsi che non lo avrebbe mai lasciato”. 
Un particolare evidente è che anche in questa rappresentazione i due non hanno l’aureola, come a sottolineare la loro umanità.

7. Tratto dal libro “Il profeta” di Gibran Kahlil

In uno dei ventisei sermoni su aspetti specifici del rapporto dell’uomo con il suo simile il profeta Almustafa parla dei figli dicendo:

I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
e benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare,
neppure in sogno.
Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e con la sua forza vi tende affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’arciere;
perché se egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.


8. Sul Questionario sulla famiglia promosso da papa Bergoglio 

Città del Vaticano, 5 novembre 2013 
La sala stampa della Santa Sede pubblica oggi - in appendice al documento preparatorio del Sinodo sulla Famiglia convocato per il prossimo ottobre da Papa Francesco - il questionario sui temi più problematici della pastorale familiare, nel quale si chiede ai fedeli di esprimersi su temi come la contraccezione, le coppie di fatto, etero e gay, e la comunione ai divorziati risposati.
Una svolta epocale per la Chiesa, voluta da Papa Francesco in vista del Sinodo sulla Famiglia convocato per ottobre 2014. I fedeli, se vogliono, potranno anche inviare direttamente le loro risposte in Vaticano. Il questionario, che finora era stato diffuso solo dai vescovi inglesi e da alcune diocesi statunitensi, è da oggi ufficialmente consultabile sul sito della Santa Sede (  HYPERLINK "http://www.vatican.va/" www.vatican.va ) che ha deciso quindi di rompere gli indugi e non aspettare che a renderlo pubblico siano le chiese locali, cui comunque è destinato il questionario con la raccomandazione di diffonderlo capillarmente.
Il Papa vuole consultare le Chiese locali  per affrontare le «sfide pastorali sulla famiglia». Nelle prime righe è messo nero su bianco il nuovo modo di procedere con i lavori, per rendere più efficace e partecipato il Sinodo stesso. La prima tappa sarà l'assemblea straordinaria dell'ottobre 2014, che dovrà «precisare la situazione e raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi». La seconda tappa sarà il Sinodo ordinario del 2015, «per cercare le linee operative per la pastorale della persona umana nella famiglia». 
Il documento, arrivato in questi giorni ai vescovi di tutto il mondo, si apre descrivendo le «problematiche inedite» che si sono presentate negli ultimi anni: la diffusione delle coppie di fatto, «che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l'idea», le unioni tra persone dello stesso sesso, «cui non di rado è consentita l'adozione di figli»; i matrimoni misti o interreligiosi, la famiglia monoparentale, «forme di femminismo ostile alla Chiesa», il diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in affitto). Ma soprattutto, «in ambito più strettamente ecclesiale, indebolimento o abbandono della fede» nel sacramento del matrimonio e nel «potere terapeutico» della confessione. 
Diventa perciò «urgente» che l'episcopato mondiale rivolga la sua attenzione a questi problemi. «Se ad esempio si pensa al solo fatto - recita un significativo paragrafo - che nell'attuale contesto molti ragazzi e giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti, si comprende quanto urgenti siano le sfide poste all'evangelizzazione dalla situazione attuale. Questa realtà ha una singolare rispondenza nella vasta accoglienza che sta avendo ai nostri giorni l'insegnamento sulla misericordia divina e sulla tenerezza nei confronti delle persone ferite: le attese che ne conseguono circa le scelte pastorali riguardo alla famiglia sono amplissime». Insomma, il documento, che risente dell'impronta del Papa, parla di grandi attese per una pastorale rinnovata verso le «persone ferite». Non chiude le porte né riduce tutto al semplice elenco delle già note posizioni dottrinali. 
La seconda parte del documento elenca in tre pagine i fondamenti biblici e il magistero della Chiesa sul tema del matrimonio e della famiglia. Infine, sono elencate 38 domande.

LA FAMIGLIA E LA DIFFUSIONE DELLA SACRA SCRITTURA
Ecco i quesiti relativi “alla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia”.
1 - Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia, della Gaudium et spes, della Familiaris consortio e di altri documenti del Magistero postconcilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della Chiesa?
2 - Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?
3 - Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel contesto dei programmi pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?
4 - In quale misura - e in particolari su quali aspetti - tale insegnamento è realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

IL MATRIMONIO SECONDO LA LEGGE NATURALE
5 - Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento naturale della famiglia?
6 - Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?
7 - Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?
8 - Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?

LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA
9 - Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come Chiesa domestica?
10 - Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?
11 - Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?
12 - In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare percorsi esemplari?
13 - Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?
14 - Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

SITUAZIONI MATRIMONIALI DIFFICILI
15 - (La domanda riguarda la cosiddetta “convivenza ad experimentum”, cioè una unione prematrimoniale per verificare la compatibilità dei fidanzati). E' una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? E in quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?
16 - Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?
17 - I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?
18 - Come si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?
19 - In tutti questi casi come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?
20 - Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?

ANNULLAMENTI
(Molti non conoscendo questa possibilità o non avendo i mezzi per seguirla si sentono in peccato mentre potrebbero non esservi).
21 - Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?
22 - Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?

UNIONI OMOSESSUALI
23 - Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?
24 - Quale è  l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?
25 - Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?
26 - Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?

EDUCAZIONE DEI FIGLI
(Il gruppo di domande è "sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari").
27 - Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?
28 - Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono?  Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?
29 - Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?
30 - Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?
SPOSI E CONTRACCEZIONE
31 - Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della “Humanae vitae” sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?
32 - E' accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie?
33 - Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?
34 - Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e nella partecipazione all’eucaristia?
35 - Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?
36 - Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la crescita delle nascite?

IL RAPPORTO FAMIGLIA-PERSONA
37 - Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato perché questo avvenga? Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?
38 - In quale misura le crisi di fede che le persone possono attraversare incidono nella vita familiare? Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?
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Da Il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2013
Trentotto domande su famiglia, unioni di fatto, contraccezione, legami omosessuali… rivolte al basso, alle famiglie, al popolo dei credenti. La rivoluzione di papa Francesco compie un altro passo in avanti. Semplice come l’uovo di Colombo, audace come il passaggio dalla monarchia assolutista a un governo in cui il “capo” ascolta il suo popolo. Da 50 anni, da quando Paolo VI tolse al Concilio la facoltà di occuparsi della contraccezione e volle risolverlo con l’enciclica Humanae Vitae (persino contro il parere della maggioranza delle commissione da lui creata, che riteneva possibile l’uso dei contraccettivi in certi casi), la Chiesa gerarchica dei celibi ha sempre spiegato dall’alto qual è la “verità”, quali sono i dettami della “natura”, qual è il “giusto” modo di rapportarsi sul piano sessuale senza mai attingere all’esperienza delle centinaia di milioni di uomini e donne che vivono questi legami. Per secoli il popolo dei credenti è stato trattato da gregge specialmente in questo campo, ora Francesco gli restituisce la parola. Lo fa senza mettere in discussione la dottrina, ma ponendosi come un prete che vuole confrontarsi con l’esistenza dei suoi fedeli, i loro problemi, i loro interrogativi e bisogni.
 HYPERLINK "http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/05/papa-francesco-dal-matrimonio-ai-gay-fino-alla-contraccezione-bergoglio-consulta-i-fedeli/767006/" \t "_self" Il tenore delle domande – che il Vaticano ha pubblicato ieri – è di una disarmante concretezza e rende visibile l’approccio strategico così ben descritto da Francesco nella sua  HYPERLINK "http://www.laciviltacattolica.it/articoli_download/3216.pdf" \t "_blank" intervista-manifesto alla rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica: “Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante”. Ed ecco che le domande sono una sincera richiesta ai vescovi e al popolo credente di esprimere la realtà così com’è. Perché non ha senso decidere in base a schemi e dettami astratti. Ad esempio, come si pongono le Chiese locali “nei confronti della gente coinvolta in unioni dello stesso sesso? Qual è l’attenzione pastorale rivolta a queste persone?”. E – ancora più importante – nel caso che una coppia gay “abbia adottato figli, cosa è possibile fare pastoralmente alla luce della trasmissione della fede?”. E ancora “… i genitori (delle coppie omosessuali) come si rapportano alla Chiesa?”. Di colpo intere categorie trattate in passato come lebbrosi e in tempi recenti come i samaritani al tempo di Gesù (quelli condannati per un modo di vivere sbagliato, non come i giusti farisei!) diventano persone a cui rivolgersi con attenzione umana inscindibile da quella pastorale. Alla Chiesa wojtyliana e ratzingeriana che già sapeva cosa dire ai divorziati risposati un “no” secco alla richiesta di poter fare la comunione – Francesco contrappone la semplicità del questionario: “Che domande pongono i divorziati risposati alla Chiesa riguardo ai sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione? Tra quelle persone, che si trovano in questa situazione, quanti chiedono questi sacramenti? Una semplificazione dei procedimenti canonici nel riconoscere la dichiarazione di nullità del legame matrimoniale potrebbe favorire un contributo positivo alla soluzione dei problemi delle persone coinvolte?”. La prima lezione che si trae da questo evento è che per la prima volta un papa vuole ascoltare ciò che le Chiese locali dicono dal basso, in ogni parte del mondo. Ma c’è un secondo aspetto significativo che riguarda le difficoltà che la rivoluzione di Bergoglio incontra e incontrerà. Il questionario è stato mandato alle conferenze episcopali tempo addietro. Soltanto i vescovi d’Inghilterra e del Galles hanno colto lo spirito della svolta di Francesco e hanno messo immediatamente in Internet il questionario, chiedendo esplicitamente ai fedeli di rispondere. Con una trasparenza totale, stimolando gli interlocutori nella loro precisa esperienza di vita. A uno a uno: laici, genitori, catechisti, membri di associazioni, preti, cappellani ecc.
La maggioranza degli episcopati, dall’Italia agli Stati Uniti, si è tenuta invece per sé il questionario: nell’ottica tradizionale di elaborare dall’alto – o con prudenti consultazioni ben guidate – le risposte da mandare al papa (formalmente alla segreteria del Sinodo dei vescovi), che le chiede entro tre mesi. È stato per questo che  HYPERLINK "http://qn.quotidiano.net/cronaca/2013/11/05/977208-papa-sinodo-questionari-famiglia.shtml" \t "_blank" Francesco ha dato l’ordine di rendere pubblico al mondo l’intero il contenuto del questionario. E in questa linea il segretario del Sinodo, mons. Lorenzo Baldisseri, ha comunicato alla stampa che ciascun fedele può mandare direttamente le sue risposte in Vaticano. Francesco può pure incontrarsi regolarmente con il pontefice emerito Benedetto e intrattenere con lui rapporti cordiali di stima e di affetto sincero. Ma niente come l’iniziativa del questionario caratterizza meglio il rovesciamento di prospettiva e di azione del governo di Bergoglio rispetto ai metodi del pontificato di Wojtyla e di Ratzinger. La Chiesa sta vivendo una rivoluzione. “Purtroppo”, pensano molti prelati.



Preghiera eucaristica

Vogliamo coltivare le relazioni positive
e tutti gli aspetti - dentro e fuori dalle famiglie e dalle comunità nelle quali viviamo - che producono serenità, benessere, creatività, consapevolezza e libertà.

Vogliamo coltivare l’intreccio tra le generazioni 
perché è fonte di sapienza, di equilibrio, di felicità.

Vogliamo coltivare la consapevolezza che i figli e le figlie non ci appartengono, 
non sono fatti per rispondere alle nostre aspettative,
 ma sono frecce che vanno verso la vita che è loro davanti.

Vogliamo affermare che siamo responsabili di tutti i piccoli, 
di tutti i figli, e non solo dei “nostri”, 
perché pensiamo di essere legati da una umanità e fratellanza universale.

Vogliamo credere nell’umanità e nelle possibilità creative e positive
 dei ragazzi e delle ragazze e di tutti i giovani.


Vogliamo mostrare a noi stessi e ai nostri figli e nipoti che è possibile 
intrecciare mani e piedi, intelligenze ed emozioni, 
per sconfiggere i disegni di chi ci vuole imporre il dominio della paura, del consumismo, 
del denaro, della competizione.

Vogliamo affrontare la vita in un modo alternativo a quello presente in cui conta solo il denaro e il possesso di beni; e mostrare che è possibile vivere e  essere felici con poco.

Ci sembra che questo sia anche il messaggio contenuto nei Vangeli
 e nella testimonianza del cammino di Gesù il quale 
la sera prima di essere ucciso dai sacerdoti e dai potenti del tempo, 
mentre sedeva a tavola con i suoi apostoli, i suoi amici e le sue amiche, 
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo: 
“prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo”.

Poi preso un bicchiere, rese grazie, lo diede loro e tutti ne bevvero, e disse loro:
” questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i popoli”.

Questo pane, questo vino, queste riflessioni e queste emozioni, 
questa comunità che li offre e li fa propri divengano segni di vita, 
di resurrezione, di liberazione dalle paure, dalle intolleranze, 
da ogni chiusura ed emarginazione
e divengano segni della nascita di una cultura nuova nel segno del rispetto, 
della amicizia, delle relazioni positive tra tutti gli uomini, tra tutti i popoli.
 Per queste riflessioni sono state prese notizie e spunti da Ortensio da Spinetoli, “Gesù di Nazaret”, Ed La Meridiana, 2006. Ortensio da Spinetoli è frate cappuccino dal 1949 e noto biblista; ha espresso le sue interpretazioni bibliche mantenendo sempre un punto di vista libero e critico; ciò gli è valso un ampio consenso di pubblico e molte critiche da parte della Gerarchia vaticana. 






venerdì 22 novembre 2013

Una famiglia, tante famiglie

Il tema dell'incontro comunitario di DOMENICA 24 NOVEMBRE ALLE ORE 10,30 sarà
Una famiglia, tante famiglie
 Riflessioni del gruppo genitori alla luce dell'attuale contesto sociologico e culturale, della costituzione, del messaggio biblico e degli interrogativi proposti dalla lettera-questionario inviata dal papa  a tutte le diocesi/ parrocchie del mondo.
"Vogliamo affermare che siamo responsabili di tutti i piccoli,
di tutti i figli, e non solo dei “nostri”,
perché pensiamo di essere legati da una umanità e fratellanza universale."