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giovedì 26 febbraio 2015

Leila Wanich e Sebastiao Salgado

voi siete il sale della terra
 
Nel corso dell’Assemblea domenicale della Comunità dell’Isolotto del
1 marzo 2015, racconteremo la storia di Leila Wanich e Sebastiao Salgado, delle loro scelte umane, professionali, del loro sguardo sul mondo, perché in un mondo che è o ci appare attraversato solo da violenza e distruzione, offre un esempio di speranza e di rinascita. E’ una storia che ci sollecita e ci conforta e che offre a tutti noi elementi di speranza e semi di  positività.  

Appuntamento a domenica 1 marzo 2014 ore 10.30 -12.30 in Via degli Aceri 1.

domenica 15 febbraio 2015

Scelte educative in un mondo di violenza


Ddomenica 15 febbraio, alle 10.30 alle ex baracche verdi in via degli Aceri 1

 I fatti di Parigi, le notizie drammatiche dal medio oriente, l'intolleranza, la rabbia, la paura di tutti i giorni ci interrogano profondamente, anche nelle scelte educative verso i figli e i ragazzi tutti.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue  inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te.

mercoledì 11 febbraio 2015

De senectute - riflessioni sulla vecchiaia



 Comunità dell'Isolotto - Assemblea domenicale.                                                                            Incontro dell' 8 Febbraio 2015


da sinistra: Carmen, Danilo, Giuseppe, Noemi, Mauro.

Ecclesiastico 31,13-30

            Questo brano dell'Ecclesiastico è un carme in lode della Sapienza, che è stato messo a conclusione della raccolta di riflessioni sapienziali di un certo Gesù, figlio di Sira, vissuto all'inizio del II sec. a.C., in un tempo in cui la Palestina passa sotto il dominio del Regno ellenistico di Siria e vi è un forte impulso all'ellenizzazione della cultura e della religione ebraica. L'autore rivendica l'importanza della Sapienza, che egli identifica con la legge mosaica e quindi con le origini del popolo ebraico. Andar dietro alla moda ellenistica, soprattutto da parte dei giovani, significa per lui perdere il contatto con le proprie radici e vanificare il senso della propria vita e della propria identità.
Gesù, figlio di Sira, è ormai anziano e quella sapienza che lui ha accumulato durante la sua vita, sia con lo studio che con l'esperienza, la vuole comunicare alle giovani generazioni, perché sappiano come orientarsi e come dare significato alla propria esistenza. Ma il fatto stesso che decida di scrivere un libro è l'indicazione di un contesto che egli percepisce attorno a sé: un clima culturale poco propenso a valorizzare il passato. Si ricerca il nuovo, la cultura vincente che può dare prospettive per il futuro, ma questa non può appagare l'anima, perché non colma il vuoto lasciato dall'abbandono del passato. La sapienza non è una merce che si acquista con il denaro, non bisogna nemmeno fare tanti sforzi per acquisirla, perché è un processo naturale; non bisogna cercarla lontano, perché essa è vicina, anzi è dentro di noi. Questa è la vera ricchezza da ricercare, che non ci farà vergognare di fronte agli altri per un senso di inferiorità.
Si sente qui l'orgoglio di un uomo anziano che pensa di aver trovato un senso alla propria vita e che è desideroso di comunicarlo ai giovani con un insegnamento che procura soddisfazione sia negli alunni, sia nel maestro, che sente con ciò valorizzata la sua vita.
            In effetti anticamente il ruolo degli anziani era fondamentale per l'educazione dei giovani, perché questi potevano far tesoro dell'esperienza che l'anziano trasmetteva ed evitare eventuali fallimenti nella propria attività. C'era cioè una continuità nella maturazione della coscienza di un popolo, una continuità che dava garanzie di sicurezza per un giovane che si inseriva in un ruolo sociale.
            Attualmente si è perso questo anello di congiunzione, per cui l'anziano si sente spesso privato di un ruolo educativo, anzi si sente di peso agli altri, spesso sopportato nelle sue debolezze ed estromesso dalla vita familiare. Le cause di questa situazione sono diverse: oggi le conoscenze vengono acquisite in gran parte attraverso i mass-media e in particolare internet, scavalcando il rapporto interpersonale, e poi c'è una cultura che enfatizza la giovinezza, per cui i giovani rifuggono istintivamente dal modello degli anziani. D'altra parte il mondo ha avuto un'accelerazione dello sviluppo talmente rapido che gli anziani si trovano incompetenti non solo nella manipolazione degli strumenti tecnologici, ma anche le loro passate esperienze risultano obsolete, non più fruibili dai giovani che si trovano in un contesto sociale fortemente cambiato, sia in famiglia, sia al lavoro, sia anche rispetto all'uso delle droghe ecc.
Allora in questo quadro di sviluppo frenetico, spesso disordinato, quale può essere il ruolo positivo dell'anziano nella società?


Lettera agli amici – Riflessioni di un anziano

Fra i medici si discute di spostare da 65 anni a 70 la soglia convenzionale dell' inizio della vecchiaia ed è diffuso il desiderio di prolungarla, vivere cioè più a lungo. Ogni 2 – 3 anni, è  stato confermato che l' età media era in crescita. Ma credo che sia opportuno non esagerare. Il progresso allontana il momento finale, ma non si è ancora trovata la ricetta per allontanare i segni della tarda età: la prestanza fisica che si riduce, la rinuncia a tante cose, le più banali, come una girata in città, che ci procurava piacere, l' aumento della fragilità, il dolore degli acciacchi, la sfiducia nei propri mezzi, il degrado della propria facoltà intellettiva, la dimenticanza del lessico, le parole giuste al momento giusto. Un antropologo ha scritto “Invecchio dunque vivo, sono invecchiato dunque vivo, avere la nostra età significa vivere e i suoi segni sono segni di vita”. Qualcuno ha scritto che la vecchiaia ha un suo fascino; è bello invecchiare, ed io cercherò di vivere la mia vecchiaia possibilmente con letizia. Altri sono di parere contrario. Su una tomba etrusca è stata scritta una maledizione ”Colui che viola questa tomba possa morire ultimo dei suoi cari”.
Comunque c'è anche l'avvilimento del mio orgoglio per dover ricorrere agli aiuti degli altri, anche se  questo è stato superato, tanto da dirmi fortunato, perché ho trovato in tutti voi e nei miei figli una disponibilità e gentilezza che mi commuove. Nella solitudine, imposta dalla mia condizione, talvolta, guardandomi allo specchio, non mi riconosco e ritorna imperioso il ricordo di mio padre, al quale assomigliavo. Mio padre artigiano sarto, ottimista per natura, serio e bravo nel suo lavoro, sorridente e gioioso con tutti i bambini, aveva avuto una vita dura, partecipato alla guerra del 15/18, aveva una famiglia di sette persone, antifascista, aveva superato tutte le prove più difficili con serenità. Giunse a 88 anni, in buona salute. Colpito dalla demenza senile, aveva perso la testa e a malapena riconosceva tutti noi familiari. Abitava con mio fratello che stava vicino a me. Un paio di volte lo riportarono a casa perché sul bavero del cappotto avevano attaccato un biglietto col nome, indirizzo e n° telefono. In casa non voleva stare anche se mio fratello gli aveva nascosto le chiavi di casa per prudenza. Un giorno uscì come al solito e non tornò a casa. Lo cercammo senza riuscire a trovarlo, ma più tardi arrivò una telefonata da Borgo a Buggiano che ci sollevò. Sapemmo poi che lui col treno era tornato al suo paese natale e era andato a bussare alla casa dove aveva abitato 70 anni prima  per trovare la sua mamma. Nonostante le sue impazienti e ripetute domande, alla fine fu costretto ad andarsene incredulo, smarrito e disperato perché non riusciva a capire. Un sarto suo vecchio amico, più giovane, passando lo trovò seduto su uno scalino, piangente e disperato, lo riconobbe. Poi telefonò a mio fratello che lo riportò a Firenze. Questo episodio, che non ho mai potuto dimenticare, lo ricordai qualche anno dopo con queste parole che sgorgarono spontaneamente dalla tragicità commovente di quel giorno.

Piangeva mio padre
sulla sua mente sconvolta
sulla sua memoria perduta
Piangeva mio padre
come un bimbo
che nascendo
sente intorno a sé
l' ostilità di un mondo sconosciuto
Piangeva mio padre
perché perduta la strada
non riusciva ad approdare
a un lido amico
Piangeva perché
i vivi per lui
erano morti
e i morti vivi
e più non distingueva
il sogno dalla realtà
(Danilo)



Considerazioni di Noemi



Voglio prima di tutto scusarmi per l'argomento che non è certo gradevole.
Ma io e Danilo siamo ad un punto della vita che pone dei problemi particolari. Perché non socializzarli?
Questa vita che ci è tanto cara, marcata dalla sua limitatezza, piena di contraddizioni che non riusciamo a capire, che mescola sentimenti di paura alla fatica di viverla il più possibile nella serenità dell'attesa.
Questo sentire ci distanzia sempre più dai giovani, perché il mutamento sempre più rapido capovolge il rapporto di chi sa e chi non sa.
Il vecchio non è più il saggio che può trasmettere, raccontare come una volta le tradizioni ed i valori. Quanto più rimane ancorato ai suoi punti di riferimento, tanto più si allontana dal tempo in cui vive.
Il mondo presente e futuro è così fatto d'immaginazioni che la maggioranza di noi misconosce.  Essere vecchi vuol dire essere quasi sempre stanchi con acciacchi più o meno gravi, ogni giorno una rinuncia, di rapporti, di amicizia, d'impegni.
Si cambia lentamente, prendiamo anche la distanza dalle cose, si azzera la vita sociale.
Oltretutto il sostegno affettivo non viene certo dalle strutture pubbliche che non ci sono. Le famiglie patriarcali che abbiamo tanto osteggiato non ci sono più.
Le nuove famiglie composte da genitori e figli senza disponibilità di tempo e senza spazio nelle case, non sono più soggette a relazioni autoritarie o invadenti, ma mancano spesso di relazioni affettive che generano emozioni e vicinanza.
I legami familiari simbolici spesso si rivalutano dopo la scomparsa dei componenti più vecchi.
Questi se hanno la fortuna di essere frequentati dai nipoti sono ripagati da un amore intenso e disinteressato che compensa ampiamente tutte le rinunce che ho elencato.