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venerdì 23 aprile 2010

La Comunione


Comunione ai divorziati: due pesi e due misure?




Lettera aperta al Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente Cei, e al Card.Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano.

di Paolo Farinella, prete

Molti cristiani, tra cui alcuni divorziati mi informano che nei funerali di Raimondo Vianello celebrati il giorno 17 aprile 2010 a Milano e officiati da uno degli ausiliari di Milano, Silvio Berlusconi, attuale presidente del consiglio, non solo ha trasformato l’austerità della morte in uno show personale di bassa lega con tv attaccata alle sue calcagna, ma ha addirittura fatto la Comunione durante la Messa.

E’ notorio che egli sia pluridivorziato, e quindi in uno stato non compatibile con la dottrina della Chiesa cattolica, quotidianamente affermata dai vescovi e dal papa. E’ già la seconda volta che si fa vedere in pubblico a fare la Comunione, falsamente compunto e oscenamente mostrato dalle sue tv, programmate allo scopo.

Poiché è un uomo pubblico, malato di protagonismo eccentrico, egocentrico ed esclusivamente dedito al culto della sua persona, prefigurando lo scandalo che ne sarebbe emerso, i celebranti avevano l’obbligo di non dargli la Comunione, rimandandolo al suo posto e invitandolo a non trasformare la serietà della morte in uno spettacolo da circo.

Lo scandalo c’è stato e la nostra gente pensa che la regola severa della esclusione dai sacramenti che la gerarchia cattolica impone ai divorziati non valga per il potente Berlusconi, notorio frequentatore di prostitute e di minorenni e uomo senza scrupoli morali, corrotto e corruttore. Sembra che facendo la Comunione mentre si offre fintamente compunto alle sue tv, voglia essere un messaggio alle gerarchie cattoliche, quasi a dire: Io sono superiore a qualsiasi legge. Nessuno potrà mia giudicarmi perché “Io sono la legge”: sono anche superiore alle leggi della Chiesa che io posso disattendere quando voglio.

Poiché lo scandalo si è compiuto in modo pubblico per scelta dell’interessato, che si è fatto seguire dalle sue tv, è urgente che il presidente della Cei e il segretario di Stato dicano chiaramente e apertamente, con nome e cognome che il sig. Berlusconi Silvio ha commesso un sacrilegio, accostandosi alla Comunione in quanto divorziato e in procinto di divorziare una seconda volta. 

E’ intollerabile che la sua sicumera e protervia arrivino a tanto, quasi facendo credere a tutti che egli è sciolto da ogni legge ecclesiastica così come provvede da solo a sciogliersi da ogni legge umana, facendosele approvare su misura. Il «bonum fidelium» esige una sconfessione pubblica e quest’uomo capace di ogni bassezza per suo tornaconto deve essere diffidato dal proseguire su questa strada pena la scomunica definitiva per disprezzo pubblico e ostentato della legge canonica.

Se la gerarchia cattolica non interviene subito, sarà giudicata dal popolo di Dio come connivente e complice di un immondo comportamento che si regge e si nutre dell’appoggio implicito ed esplicito di larga parte della gerarchia e dei cattolici organizzati che troppi interessi materiali hanno in combutta con un uomo che più di ogni altro ha degradato l’Italia e i «principi non negoziabili» ad un livello di bassezza inaudita.

Se l’etica non è un’opinione, vogliamo sentire i vescovi dissentire, altrimenti, come insegna la morale compresa dal nostro popolo «è tanto ladro chi ruba, quanto chi para il sacco».
In attesa di un riscontro, porgo distinti saluti.

Paolo Farinella, prete 
Parrocchia di San Torpete - Genova


(20 aprile 2010)

La Comunione


Comunione ai divorziati: due pesi e due misure?




Lettera aperta al Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente Cei, e al Card.Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano.

di Paolo Farinella, prete

Molti cristiani, tra cui alcuni divorziati mi informano che nei funerali di Raimondo Vianello celebrati il giorno 17 aprile 2010 a Milano e officiati da uno degli ausiliari di Milano, Silvio Berlusconi, attuale presidente del consiglio, non solo ha trasformato l’austerità della morte in uno show personale di bassa lega con tv attaccata alle sue calcagna, ma ha addirittura fatto la Comunione durante la Messa.

E’ notorio che egli sia pluridivorziato, e quindi in uno stato non compatibile con la dottrina della Chiesa cattolica, quotidianamente affermata dai vescovi e dal papa. E’ già la seconda volta che si fa vedere in pubblico a fare la Comunione, falsamente compunto e oscenamente mostrato dalle sue tv, programmate allo scopo.

Poiché è un uomo pubblico, malato di protagonismo eccentrico, egocentrico ed esclusivamente dedito al culto della sua persona, prefigurando lo scandalo che ne sarebbe emerso, i celebranti avevano l’obbligo di non dargli la Comunione, rimandandolo al suo posto e invitandolo a non trasformare la serietà della morte in uno spettacolo da circo.

Lo scandalo c’è stato e la nostra gente pensa che la regola severa della esclusione dai sacramenti che la gerarchia cattolica impone ai divorziati non valga per il potente Berlusconi, notorio frequentatore di prostitute e di minorenni e uomo senza scrupoli morali, corrotto e corruttore. Sembra che facendo la Comunione mentre si offre fintamente compunto alle sue tv, voglia essere un messaggio alle gerarchie cattoliche, quasi a dire: Io sono superiore a qualsiasi legge. Nessuno potrà mia giudicarmi perché “Io sono la legge”: sono anche superiore alle leggi della Chiesa che io posso disattendere quando voglio.

Poiché lo scandalo si è compiuto in modo pubblico per scelta dell’interessato, che si è fatto seguire dalle sue tv, è urgente che il presidente della Cei e il segretario di Stato dicano chiaramente e apertamente, con nome e cognome che il sig. Berlusconi Silvio ha commesso un sacrilegio, accostandosi alla Comunione in quanto divorziato e in procinto di divorziare una seconda volta. 

E’ intollerabile che la sua sicumera e protervia arrivino a tanto, quasi facendo credere a tutti che egli è sciolto da ogni legge ecclesiastica così come provvede da solo a sciogliersi da ogni legge umana, facendosele approvare su misura. Il «bonum fidelium» esige una sconfessione pubblica e quest’uomo capace di ogni bassezza per suo tornaconto deve essere diffidato dal proseguire su questa strada pena la scomunica definitiva per disprezzo pubblico e ostentato della legge canonica.

Se la gerarchia cattolica non interviene subito, sarà giudicata dal popolo di Dio come connivente e complice di un immondo comportamento che si regge e si nutre dell’appoggio implicito ed esplicito di larga parte della gerarchia e dei cattolici organizzati che troppi interessi materiali hanno in combutta con un uomo che più di ogni altro ha degradato l’Italia e i «principi non negoziabili» ad un livello di bassezza inaudita.

Se l’etica non è un’opinione, vogliamo sentire i vescovi dissentire, altrimenti, come insegna la morale compresa dal nostro popolo «è tanto ladro chi ruba, quanto chi para il sacco».
In attesa di un riscontro, porgo distinti saluti.

Paolo Farinella, prete 
Parrocchia di San Torpete - Genova


(20 aprile 2010)

Gay credenti

Il tempo del silenzio è finito: gay credenti, su la testa!
E’ il tema dell’incontro che si svolgerà Domenica 25 aprile alle ore 10,30 presso la Comunità dell’Isolotto in via degli Aceri 1, Firenze, con alcuni protagonisti del gruppo di omosessuali credenti "Kairos", per socializzare le particolarità, le similitudini e le differenze dei rispettivi percorsi di liberazione ed autodeterminazione di fronte agli anatemi vaticani e al cambiamento che coinvolge comunità cristiane italiane, cattoliche ed evangeliche, disposte ad accogliere la realtà delle persone omosessuali e a confrontarsi con essa.
Un rapporto 2010 sui gruppi cristiani omosessuali in Italia, elaborato con l’intento di far uscire questa realtà da quella linea d’ombra in cui è stata tenuta, rileva che sono 358 gli omosessuali credenti italiani legati a realtà di vita comunitaria.

Gay credenti

Il tempo del silenzio è finito: gay credenti, su la testa!
E’ il tema dell’incontro che si svolgerà Domenica 25 aprile alle ore 10,30 presso la Comunità dell’Isolotto in via degli Aceri 1, Firenze, con alcuni protagonisti del gruppo di omosessuali credenti "Kairos", per socializzare le particolarità, le similitudini e le differenze dei rispettivi percorsi di liberazione ed autodeterminazione di fronte agli anatemi vaticani e al cambiamento che coinvolge comunità cristiane italiane, cattoliche ed evangeliche, disposte ad accogliere la realtà delle persone omosessuali e a confrontarsi con essa.
Un rapporto 2010 sui gruppi cristiani omosessuali in Italia, elaborato con l’intento di far uscire questa realtà da quella linea d’ombra in cui è stata tenuta, rileva che sono 358 gli omosessuali credenti italiani legati a realtà di vita comunitaria.

sabato 17 aprile 2010

Big Bang: creò il cielo e la terra

L'incontro promosso dalla Comunità, domani mattina, domenica 18 aprile ore 10,30 alle baracche dell'Isolotto di Firenze, con la partecipazione del ricercatore CNR Giampaolo Pazzi, sarà dedicato a socializzare il significato che può avere per la nostra vita, se ne ha uno, l'esperimento LHC con cui il Cern di Ginevra cercherà di riprodurre le condizioni fisiche che esistevano al momento della nascita dell'universo(Big Bang). E' il piu' grande esperimento di fisica che sia mai stato realizzato. Qualcuno lo ha denominato la ricerca della "particella di Dio". E' il tentativo di detronizzare l'onnipotenza di Dio creatore? Nascerà un nuovo caso Galileo?

                                La Comunità dell'Isolotto Firenze


PS (Email di Marco Accorti)


 Caro Enzo, non so proprio se potrò essere

presente, ma faccio circolare anche io il tuo

invito perché l'argomento è di grande interesse


Approfitto però per rilevare un aspetto che

denota come la sussidiarietà clericale si espanda

oltre ogni limite, neanche fosse un gas nobile, e

inquini non meno di altri pericolosi contaminanti.


Che qualcuno abbia chiamato il bosone la

"particella di Dio" è solo possibile in una cultura subalterna.


Infatti il "bosone di Higgs", questo è il nome

canonico, fu all'inizio soprannominato "the

goddamn particle" (la dannata particella) e solo

in seguito è cominciata a circolare col soprannome di "the God particle".


Ti faccio però notare che in "the God particle"

manca la forma genitiva e quindi la traduzione

corretta non è "particella di Dio", bensì è "la

particella Dio" dovuta al fatto che non si fa proprio vedere.


Si direbbe un saprannome ironico e leggero, ma

pensa un po', lo stesso Higgs, che guarda caso è

ateo, non gradì molto questo battesimo apocrifo

ritenendo che potesse risultare offensivo per i

credenti. E poi si dice male di noi!


D'altra parte sai te per primo quanto le

religioni fatte chiesa siano fameliche: arraffano

e cannibalizzano tutto. Hanno provato a digerire

il buon vecchio Darwin, ma hanno vomitato il

creazionismo; in questi giorni poi, per

l'incontenibile bulimia, vomitano ignominie. E

dire che questa volta era "carne tenera". ( Non

sarà il caso che dopo 1600 anni di bagordi non

sia il caso di cominciare a mettersi a dieta?)


ciao

Marco

circolo UAAR Firenze

Big Bang: creò il cielo e la terra

L'incontro promosso dalla Comunità, domani mattina, domenica 18 aprile ore 10,30 alle baracche dell'Isolotto di Firenze, con la partecipazione del ricercatore CNR Giampaolo Pazzi, sarà dedicato a socializzare il significato che può avere per la nostra vita, se ne ha uno, l'esperimento LHC con cui il Cern di Ginevra cercherà di riprodurre le condizioni fisiche che esistevano al momento della nascita dell'universo(Big Bang). E' il piu' grande esperimento di fisica che sia mai stato realizzato. Qualcuno lo ha denominato la ricerca della "particella di Dio". E' il tentativo di detronizzare l'onnipotenza di Dio creatore? Nascerà un nuovo caso Galileo?

                                La Comunità dell'Isolotto Firenze


PS (Email di Marco Accorti)


 Caro Enzo, non so proprio se potrò essere

presente, ma faccio circolare anche io il tuo

invito perché l'argomento è di grande interesse


Approfitto però per rilevare un aspetto che

denota come la sussidiarietà clericale si espanda

oltre ogni limite, neanche fosse un gas nobile, e

inquini non meno di altri pericolosi contaminanti.


Che qualcuno abbia chiamato il bosone la

"particella di Dio" è solo possibile in una cultura subalterna.


Infatti il "bosone di Higgs", questo è il nome

canonico, fu all'inizio soprannominato "the

goddamn particle" (la dannata particella) e solo

in seguito è cominciata a circolare col soprannome di "the God particle".


Ti faccio però notare che in "the God particle"

manca la forma genitiva e quindi la traduzione

corretta non è "particella di Dio", bensì è "la

particella Dio" dovuta al fatto che non si fa proprio vedere.


Si direbbe un saprannome ironico e leggero, ma

pensa un po', lo stesso Higgs, che guarda caso è

ateo, non gradì molto questo battesimo apocrifo

ritenendo che potesse risultare offensivo per i

credenti. E poi si dice male di noi!


D'altra parte sai te per primo quanto le

religioni fatte chiesa siano fameliche: arraffano

e cannibalizzano tutto. Hanno provato a digerire

il buon vecchio Darwin, ma hanno vomitato il

creazionismo; in questi giorni poi, per

l'incontenibile bulimia, vomitano ignominie. E

dire che questa volta era "carne tenera". ( Non

sarà il caso che dopo 1600 anni di bagordi non

sia il caso di cominciare a mettersi a dieta?)


ciao

Marco

circolo UAAR Firenze

giovedì 15 aprile 2010

Perché non possiamo non dirci laici

La prefazione e il capitolo conclusivo di
"Italy, Vatican State",
il nuovo saggio di Michele Martelli, firma di MicroMega, che l'editore Fazi pubblica in questi giorni.

Un atto d’amore di fronte al degrado
di Ferruccio Pinotti


Un atto d’amore. Italy, Vatican State, il nuovo libro di Michele Martelli, autore dell’eccellente Quando Dio entra in politica (2008) e di Senza dogmi. L’antifilosofia di Papa Ratzinger (2007), oltre che di altri brillanti saggi, è innanzitutto un atto d’amore per un’Italia repubblicana sempre più pesantemente privata dei suoi fondamenti democratici, cioè laici; asservita a lobby occulte e palesi, guidata da leader sempre più proni al volere delle gerarchie vaticane. Un atto d’amore di altissimo valore civile, condotto con lo spessore dello studioso e con la passione dell’intellettuale impegnato.
Nell’affascinante percorso disegnato in Italy, Vatican State, il filosofo ci conduce alle radici del problema dei problemi della nazione italiana: l’essere da sempre «cortile di casa» del potere forte per eccellenza, il Vaticano; strumento e base di partenza di una strategia non solo interna ma internazionale, raffinata e adattiva rispetto alle sfide dei tempi.
Un quadro a tinte fosche? Niente affatto. Martelli, nella sua prosa fluida e ironica, colta e piacevole, descrive con grande efficacia i passaggi che hanno condotto alla preoccupante situazione attuale.
«Che cosa è stata la Chiesa/Stato pontificio per l’Italia? Lasciamo rispondere per noi Machiavelli e Guicciardini: un flagello, la principale causa della nostra tradizionale frammentazione e divisione politica e della corruzione dei nostri costumi. E che cosa è stata invece per dissidenti, critici, liberi pensatori, razionalisti ed eretici d’Italia e d’Europa? Una terribile macchina repressiva, nera dispensatrice di infelicità e di morte. Ne sapevano qualcosa ebrei, catari, dolciniani, hussiti, valdesi, ugonotti, libertini, giansenisti e via angosciosamente enumerando. Quasi tutti sottoposti a scomuniche, espropri, torture, carceri, roghi, oppure sterminati con pogrom, stragi e massacri indiscriminati. Per opera di tribunali ecclesiastici e (in)civili, o di “eserciti crociati” e di sante “armate di Cristo”», scrive Martelli.
Grazie al Vaticano e alla complicità di leader politici pronti a svendere pezzi di democrazia faticosamente conquistati, l’Italia è infatti divenuta laboratorio politico per aggregazioni altamente discutibili, quanto a metodi e obiettivi. L’opera, tuttora in atto, di demolizione del tessuto civile del paese prospetta così anche nell’oggi un’Italia neo-medievale, arretrata, che perde colpi non solo in termini di libertà di stampa e di espressione, ma di diritti considerati normali in tutti i paesi avanzati.
La distruzione della laicità ben descritta e analizzata in queste pagine si accompagna a una trasformazione inquietante, che non esita a usare metodi e figure di dubbia moralità. E tutto questo avviene perché il sistema dei controlli e dei contrappesi, tipici delle democrazie liberali pienamente realizzate, in Italia rischia di essere a poco a poco annullato, sminuzzato, fatto a pezzi, distrutto.
Ne deriva un micidiale mix, un gorgo terribile per uscire dal quale – come suggerisce l’autore del volume – non resta altro che un ritorno forte alla laicità, un’educazione alla laicità permanente che coinvolga soprattutto le giovani generazioni, alle quali questo libro idealmente si rivolge e a cui va proposto come testo formativo.
Perché è vero che, come scrive Martelli in una bellissima sintesi intellettuale, «Senza laicità, la democrazia è una scatola vuota».


I sette principi irrinunciabili del laicismo
di Michele Martelli
La Costituzione è la mia Bibbia Civile. In quei 139 articoli si trova tutto quello che è necessario -
Carlo Azeglio Ciampi
Stato laico e legislazione civile


«Della democrazia la laicità non è che il sinonimo»[1]. Lo Stato laico, come si è visto, non è che lo Stato liberaldemocratico. I pilastri su cui esso si regge sono essenzialmente quattro: la divisione dei poteri, l’alternanza maggioranza-minoranza, la libertà individuale (a condizione che non danneggi la libertà altrui), l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Il suo opposto è lo Stato teocratico, forma estrema e senile del dispotismo. Come lo Stato/Chiesa vaticano. Dove il papa (l’ultimo sovrano assoluto della storia, in coppia col re wahabita dell’Arabia Saudita) regna da autocrate, riunendo in sé i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), e ignorando il principio del Governo della maggioranza e il rispetto della libertà e dell’eguaglianza individuale.
E si capisce che la Santa Sede non abbia mai accettato la teoria e le procedure della liberaldemocrazia, spesso caricaturalmente dipinta come un relativismo senza valori, senza solide e ferme verità. Laddove, al contrario, il relativismo, rettamente inteso come antiassolutismo, come critica e confutazione di ogni pretesa verità ultima e definitiva, è l’anima della democrazia. La quale non è affatto priva di valori (come contrabbanda la Chiesa curiale), ma si regge su precisi valori condivisi (libertà, eguaglianza, tolleranza, dignità e diritti umani) che, lungi dall’essere assoluti ed eterni, quasi caduti dal cielo, pacchi bell’e pronti di Babbo Natale o della Befana per minorenni creduloni, sono al contrario costruzioni mondane, storico-umane, aperte, discutibili, rivedibili e migliorabili. «La democrazia non può prescindere dal relativismo senza negare se stessa»[2]. E della democrazia è negazione la teocrazia, come quella pontificia.
«La dottrina morale», ha scritto papa Wojtyxa, «non può certo dipendere dal semplice rispetto di una procedura», ovvero dalle «regole e forme di una deliberazione di tipo democratico. Il dissenso […] è contrario alla comunione ecclesiale e alla retta comprensione della costituzione gerarchica del Popolo di Dio» [3]. E Joseph Ratzinger: «La Chiesa non è democratica, ma sacramentale, dunque gerarchica; l’autorità, qui, non si basa su votazioni a maggioranza; si basa sull’autorità del Cristo» [4]. Eliminate il dissenso, cioè la libertà di pensiero, critica e opinione dei cittadini, e sostituite gli organismi rappresentativi eletti a maggioranza dal basso con la gerarchia (una piramide sacrale dove tutto il potere discende dall’alto), e avrete eliminato la democrazia [5]. Come ha affermato il teologo conciliare Yves Congar, nel 1962: la Chiesa romana è ancora una Chiesa costantiniana; Pio IX, finalmente privato del potere temporale, avrebbe potuto rinnovarla, ma «ha fatto esattamente il contrario. Uomo catastrofico, che non sapeva nemmeno cosa era l’ecclesia [...]. E Pio IX regna ancora. Bonifacio VIII regna ancora: lo si è sovrapposto a Simon Pietro, l’umile pescatore di uomini» [6]. Quello di Benedetto XVI, altro papa “catastrofico”, che cos’è se non il regno di Pio IX e Bonifacio VIII adattato alle novità del tempo? Una teocrazia ovattata e melliflua, ma non meno dura e autoritaria coi preti e fedeli dissidenti, e non meno protesa a imporre il suo protettorato politico-religioso sugli Stati e le istituzioni pubbliche.
Ora, nei regimi teocratici e dispotici, esiste un solo tipo di legislazione civile, quella impositiva, costrittiva, che obbliga a fare questo o non fare quest’altro, e punisce chi disobbedisce, chi fa quello che gli si comanda di non fare (assassinare, stuprare, rapinare ecc.), o non fa quello che gli si comanda di fare (pagare le tasse, guidare con la patente, armarsi per la difesa della patria ecc.). Il resto è privilegio, immunità, prebenda, concessione ed elargizione del sovrano, al di fuori o al di sopra delle leggi.
Nelle liberaldemocrazie esistono invecedue tipi di legislazione, quella costrittiva e quella permissiva.
La prima, nei suoi aspetti positivo e negativo, è obbligatoria e sanzionatoria per tutti i cittadini, compresi i governanti. Poiché tutti sono sottoposti alle leggi, nessuno, nemmeno il premier, può sottrarsi all’autorità giudiziaria, per esempio con leggi ad personam, che depenalizzino il falso in bilancio, o elargiscano condoni fiscali, o proclamino l’impunità delle quattro più alte cariche dello Stato. Saremmo in tal caso all’orwelliana «fattoria degli animali», dove tutti sono uguali, ma alcuni (i «maiali» dominanti) sono più uguali degli altri. Non una democrazia, ma un’oligarchia.
Il secondo tipo di legislazione, permissiva e non costrittiva, offre la possibilità a tutti, o a una parte dei cittadini, o anche a uno solo, di fare ciò che la legge gli consente, ma non obbliga nessuno a farlo (come su divorzio, aborto, testamento biologico ed eutanasia, fecondazione eterologa, unioni civili eteroe omosessuali). Nelle democrazie liberali la legislazione costrittiva serve alla garanzia dell’ordine sociale e dell’integrità dello Stato, non a preservare un illegittimo potere autocratico, dittatoriale, di uno o di pochi; mentre quella permissiva, sconosciuta alle teocrazie e ai dispotismi, è posta a difesa della libertà, dell’autonomia e dell’autodeterminazione individuale di ciascuno, nonché dei diritti delle minoranze, dei diversi, dei dissidenti (purché, ovviamente, la legge permissiva non sia in contrasto con la legge costrittiva).
Questo è il punto. Ratzinger e la Chiesa curiale non riconoscono legittimità alla legislazione permissiva, perché immorale, contraria ai sacri dogmi cattolici; e vorrebbero che fosse cancellata laddove già c’è, e proibita laddove ancora non c’è. L’unica «sana» legislazione sarebbe quella costrittiva, che imporrebbe a credenti, diversamente credenti e non credenti di obbedire ai precetti politico-religiosi della Chiesa. Il che trasformerebbe, evidentemente, lo Stato laico in uno Stato clericale, confessionale. La legge sul divorzio, per esempio, non obbliga nessuno, tantomeno un cattolico, a divorziare, ma, a determinate condizioni, consente a chi lo voglia di farlo. Imporre il matrimonio indissolubile equivarrebbe invece a fare violenza ai non o altrimenti credenti, a conculcare la loro libertà di opinione e di scelta. Il presunto universalismo dei precetti ecclesiastici sarebbe salvo, ma il Catechismo cattolico si sostituirebbe alla Costituzione democratica, la giurisdizione religiosa a quella civile, e il peccato tornerebbe a essere reato, come ai bei tempi della Santa Romana Inquisizione.
Ed evviva lo Stato clericale, rinato sulle ceneri del moderno Stato laico e democratico! È questo il sogno degli integralisti filoclericali e degli atei devoti? Un incubo per i laici, o laicisti che dir si voglia. Lo stesso vale per l’aborto, o la possibilità di rifiutare le terapie mediche, o gli interventi chirurgici invasivi, o i sondini e le macchine artificiali in condizioni di coma vegetativo, come nel caso di Eluana Englaro. Caso che evidenzia, sia detto tra parentesi, una contraddizione del bioeticismo vaticano non solo con la Costituzione italiana (art. 32), ma con lo stesso Catechismo, che condanna «l’accanimento terapeutico» [7] . Ora, il ricorso a macchine, tubi e sondini per tenere forzatamente Eluana in vita, in una disumana vita-non vita, prolungando artificialmente il suo pluriennale coma vegetativo, non era forse un caso evidente di «accanimento terapeutico»? È chiaro: non c’è logica che tenga, se il fine è il potere. Altro che «diritto alla vita» e carità cristiana!
Resta che, secondo le leggi democratiche di tipo permissivo, nessuno è obbligato ad abortire, o a divorziare, o a rifiutare il matrimonio tradizionale per il patto di unione civile, o a respingere trattamenti e interventi medici indesiderati. Ma, ancora una volta, è consentito di farlo a chi lo voglia. Nessuno può essere espropriato della propria vita e della propria morte. Nessuno può decidere per me, al mio posto. Nessuno. Fosse anche Ruini, Bagnasco o Benedetto XVI. O Berlusconi III travestito da cardinale. Con quale presunta autorità, se non con quella illegittima e totalitaria di un potere dispotico, chicchessia, autorità politica o religiosa, governante o governato, potrebbe invadere la mia sfera intima, privata, e comandarmi, impormi questa o quella scelta contro le mie convinzioni e la mia libera volontà? Tra il Dio di Ratzinger e la democrazia laica, è evidente l’incompatibilità.


La Chiesa concordataria e la politica
«Si vorrebbe impedire alla Chiesa di parlare!»: ecco la litania, recitata ripetutamente come un rosario, ovunque e in ogni occasione, da esponenti del clero, teocon e atei devoti contro gli spregevoli laici, anzi laicisti, prepotenti, intolleranti e animati dal pregiudizio anticlericale e da cieca ostilità alle gerarchie cattoliche [8]. Ma quando mai! La Chiesa, nell’Italia repubblicana, ha sempre, fino ad oggi, parlato e sparlato, predicato, suggerito e ammonito, all’interno e all’esterno delle proprie sedi, con una presenza massiccia e sproporzionata su stampa, TV e mass-media privati e statali. Nessun laico, o laicista, si sarebbe mai sognato di tapparle la bocca.
Ma può la Chiesa come istituzione invadere il campo della politica? No.
In Italia lo vieta già il Concordato del 1929, che, nonostante le sue irricevibili concessioni alla Chiesa, tuttavia all’articolo 2 riconosce sì la validità del magistero ecclesiastico, ma solo nell’ambito religioso, non in quello politico: legittima prerogativa di vescovi e Santa Sede è infatti soltanto l’esercizio del «governo spirituale dei fedeli» [9]. E lo vieta la Costituzione della Repubblica Italiana, che all’articolo 7, pur riconoscendo i Patti Lateranensi, stabilisce la netta separazione tra Stato e Chiesa. La Chiesa concordataria insomma può sì parlare, ma non può far politica. E quando parla, non nell’area legislativa del Parlamento, ma in quella dell’agorà, dell’agone civile, del confronto-scontro delle idee, non può avanzare la pretesa alla Verità assoluta, né gridare allo scandalo e all’irriverenza se viene criticata, contestata, confutata da chi la pensa diversamente, o anche se viene ridicolizzata e sbeffeggiata dalla vignettistica e dalla satira (Crozza docet, imitatore televisivo, presto censurato, del buffo accento tedesco di papa Ratzinger). La libertà di pensiero, critica e satira è garantita dalla Costituzione laica. Nessuno può godere il privilegio di essere esente da contestazioni e critiche.
«Ma ai cittadini cattolici è permesso di far politica?». Ecco un’altra falsa questione, ipocrita e strumentale, spesso proposta da ambienti integralisti e clericali. Chi può fingere di non sapere che i cattolici hanno governato l’Italia da padroni per quarant’anni, con la DC; e che hanno continuato a farlo indisturbati dopo Tangentopoli, nei partiti di centrodestra e di centrosinistra?
Ai politici cattolici va posto semmai un altro e decisivo interrogativo: obbedite alla Costituzione italiana o al Vaticano?
Nel primo caso, si tratta di cattolici laici e democratici, cittadini esemplari. Nel secondo, di “papisti” antilaici e antidemocratici, la longa manus del papato nelle istituzioni repubblicane. Per esempio, un governo di integralisti cattolici e atei devoti, come quello di Berlusconi, che, nel febbraio 2009, in ossequio ai diktat della CEI e del Vaticano, cerca di approvare in pochi giorni un decreto legge ad personam sul caso Englaro, per impedire alla giovane donna in coma di morire in pace, su scelta libera e incondizionata sua e dei suoi genitori, scelta prevista dalla Costituzione e legittimata dai pronunciamenti dei più alti organi della magistratura (Corte di Appello milanese, Corte Costituzionale, Corte di Cassazione), che cosa fa se non contravvenire platealmente a un principio e regola elementare di democrazia laica?

I «non possumus» dei laici
In occasione della proposta di legge Bindi-Pollastrini sui DICO, i cosiddetti PACS all’italiana, nell’editoriale di «Avvenire» del 6 febbraio 2007 firmato «Av», attribuibile quindi all’allora direttore Dino Boffo, veniva riesumata la vecchia formula ottocentesca del «non possumus», «non possiamo», adottata dal papato di Pio IX nel 1871 per esprimere il suo rifiuto di riconoscere il neonato Stato unitario d’Italia. Boffo in realtà così anticipava il succo della Nota della CEI di Bagnasco, che nel marzo 2007 avrebbe chiamato i politici cattolici all’«impegno» di dissociarsi dai DICO, negando loro la facoltà di appellarsi al principio conciliare della «libertà di coscienza» e dell’«autonomia dei laici in politica» [10]. A commento della vicenda, proviamo noi a fare un rapido elenco dei non possumus dei laici [11].

PRIMO. I laici non possono rinunciare alla separazione tra Stato e Chiesa. La Chiesa resti nel suo dominio, che è quello religioso e spirituale, e non invada il campo della politica. Che il cardinal Ruini coinvolga la CEI, fuori e dentro le chiese, nella campagna astensionistica nel referendum del 2005 sulla fecondazione assistita; che Ruini e CEI pongano il veto sui DICO, dando una spallata al Governo in carica con l’adunata di massa del Family Day; che il cardinal Bagnasco emani linee e direttive legislative contro il testamento biologico, proponendo al Parlamento un apposito disegno di legge che pregiudizialmente eviti l’eutanasia e altri casi Englaro; che l’episcopato, di cui l’«Avvenire» è il portavoce, solleciti un decreto-lampo del Governo per condannare (contro il dettato costituzionale e il parere dell’alta magistratura) il corpo incosciente di Eluana Englaro a restare indefinitamente attaccato alle macchine – tutto questo e altre cose del genere sono inaccettabili per i laici.

SECONDO. I laici non possono acconsentire a che lo Stato privilegi una qualche religione, seppure maggioritaria, perché si violerebbe il principio della tolleranza, della libertà e dell’eguaglianza giuridica dei cittadini, religiosi e non. Che la Chiesa goda di esenzioni fiscali per le sue attività di lucro e non di culto; che benefici del privilegio dell’otto per mille12 ; che i suoi simboli appaiano nei luoghi pubblici, quali segni distintivi della presunta identità culturale della nazione; che i suoi prelati presenzino le manifestazioni e le cerimonie pubbliche; che il cattolicesimo sia insegnato nelle scuole statali – anche questo è contrario al principio della laicità dello Stato.

TERZO. I laici non possono accettare la trasformazione del peccato in reato. Si farebbe un “salto mortale” all’indietro di cinquecento o mille anni, ripristinando in forme nuove e surrettizie la teocrazia medioevale e l’Inquisizione tridentina. Che divorzio, aborto, adulterio, pratiche sessuali preo extra-matrimoniali, contraccettivi, rifiuto di terapie mediche invasive, fecondazione eterologa, omofilia e unioni civili – che tutto ciò sia punibile come reato, o sia oggetto di legislazione e regolamentazione restrittiva da parte dello Stato, solo perché è peccato per la Chiesa, è incomprensibile e terribilmente retrogrado per i difensori dello Stato laico e dei diritti umani, nonché dell’indipendenza e del primato della giurisdizione civile su quella ecclesiastica.

QUARTO. I laici non possono subordinare la ragione alla fede. Se la fede non è «fede dubbiosa», fragile, incerta e senza dogmi, ma sistema compiuto e articolato di verità indefettibili e imperfettibili, e la ragione è invece scienza e conoscenza fallibile e perfettibile, ricerca critica senza fine e senza verità definitive, allora tra fede e ragione c’è totale inconciliabilità. Che la Chiesa pretenda condannare Galilei per le sue osservazioni astronomiche; imporre che sia poco o non scientifica la teoria di Darwin per la sua scoperta dell’evoluzione delle specie e della discendenza dell’uomo dalla scimmia, solo perché contrasta col racconto veteroe neo-testamentario del primo e del secondo Adamo; dettare limiti esterni, religiosi, eteronomi alla libera ricerca e sperimentazione biomedica e biotecnologica; rifare della filosofia l’ancilla theologiae, ergendosi a giudice del pensiero libero – a tutto questo i laici sono indisponibili.

QUINTO. I laici non possono far propria l’Etica della Verità, perché sono per un’etica senza Dio, empirica, storica, relativistica13 . Anche per i laici, come sappiamo, ci sono valori e verità non negoziabili; ma non discendendo da Dio e dai Sacri Testi, bensì dalla storia e dall’evoluzione della specie umana, sono perciò aperti, migliorabili, disponibili a correzioni, ampliamenti e integrazioni. Che la Chiesa possa imporre il suo assolutismo etico, i suoi dogmi di fede, le sue ricette catechistiche di ciò che è Bene e di ciò che è Male: non divorziare, non fornicare, non usare contraccettivi, nemmeno se sei uno delle migliaia di africani malati di AIDS,non abortire, condannare l’omosessualità e le unioni civili – ecco ciò che è irriducibilmente estraneo ed opposto alla mentalità, ai costumi e all’etica laica.

SESTO. I laici non possono plaudire alla privatizzazione o alla lenta distruzione della scuola e dell’università pubblica, perché sono queste le sedi privilegiate della formazione critica, culturale, pluralista, umanista, scientifica, civile del cittadino democratico. Che la Chiesa pretenda, o ottenga di fatto, il privilegio esclusivo dell’insegnamento della religione nelle scuole statali; che le scuole cattoliche ottengano in meno di due ore il finanziamento pubblico negato dal Governo alla scuola statale, mandandola in malora; che le università cattoliche, come il Campus biomedico opusdeista di Roma, possano beneficiare dei soldi pubblici, pur subordinando ricerca e didattica al dogma bellarminiano che la scienza non può mai contraddire la fede, pena il suo precipitare nell’errore – ecco un altro gruppo di pretese teocratiche e clericali che i sostenitori della laicità non potranno mai accettare.

SETTIMO. I laici non possono rinunciare a difendere la democrazia liberale, il pilastro dei pilastri della laicità, la somma delle conquiste politiche della modernità. Che la Chiesa, gerarchica e sacramentale, non riconosca le regole antidispotiche della divisione dei poteri e del Governo della maggioranza; che trami, come nel caso Englaro, contro i pronunciamenti e l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo; che non si sottometta alla supremazia della giurisdizione civile, condannando sommessamente intra moenia i preti pedofili come don Cantini, e tentando così di sottrarli ai tribunali dello Stato; che non cessi di intromettersi pesantemente nella vita politica, con diktat, consigli, suggerimenti non richiesti, veti e ultimatum – tutto questo è davvero intollerabile per i laici, credenti o non credenti, che hanno a cuore la Costituzione democratica.

Sette non possumus, sette principi irrinunciabili del laicismo. Sette essenziali motivi per cui «non possiamo non dirci laici». Per cui non possiamo non sentirci che liberi cittadini dell’Italia laica e repubblicana. Di un’Italia non vaticano-dipendente, ma autonoma e sovrana. Il cui inconfondibile indirizzo e denominazione per un visitatore e osservatore straniero possa essere Italy. Non Italy, Vatican State.
 

Perché non possiamo non dirci laici

La prefazione e il capitolo conclusivo di
"Italy, Vatican State",
il nuovo saggio di Michele Martelli, firma di MicroMega, che l'editore Fazi pubblica in questi giorni.

Un atto d’amore di fronte al degrado
di Ferruccio Pinotti


Un atto d’amore. Italy, Vatican State, il nuovo libro di Michele Martelli, autore dell’eccellente Quando Dio entra in politica (2008) e di Senza dogmi. L’antifilosofia di Papa Ratzinger (2007), oltre che di altri brillanti saggi, è innanzitutto un atto d’amore per un’Italia repubblicana sempre più pesantemente privata dei suoi fondamenti democratici, cioè laici; asservita a lobby occulte e palesi, guidata da leader sempre più proni al volere delle gerarchie vaticane. Un atto d’amore di altissimo valore civile, condotto con lo spessore dello studioso e con la passione dell’intellettuale impegnato.
Nell’affascinante percorso disegnato in Italy, Vatican State, il filosofo ci conduce alle radici del problema dei problemi della nazione italiana: l’essere da sempre «cortile di casa» del potere forte per eccellenza, il Vaticano; strumento e base di partenza di una strategia non solo interna ma internazionale, raffinata e adattiva rispetto alle sfide dei tempi.
Un quadro a tinte fosche? Niente affatto. Martelli, nella sua prosa fluida e ironica, colta e piacevole, descrive con grande efficacia i passaggi che hanno condotto alla preoccupante situazione attuale.
«Che cosa è stata la Chiesa/Stato pontificio per l’Italia? Lasciamo rispondere per noi Machiavelli e Guicciardini: un flagello, la principale causa della nostra tradizionale frammentazione e divisione politica e della corruzione dei nostri costumi. E che cosa è stata invece per dissidenti, critici, liberi pensatori, razionalisti ed eretici d’Italia e d’Europa? Una terribile macchina repressiva, nera dispensatrice di infelicità e di morte. Ne sapevano qualcosa ebrei, catari, dolciniani, hussiti, valdesi, ugonotti, libertini, giansenisti e via angosciosamente enumerando. Quasi tutti sottoposti a scomuniche, espropri, torture, carceri, roghi, oppure sterminati con pogrom, stragi e massacri indiscriminati. Per opera di tribunali ecclesiastici e (in)civili, o di “eserciti crociati” e di sante “armate di Cristo”», scrive Martelli.
Grazie al Vaticano e alla complicità di leader politici pronti a svendere pezzi di democrazia faticosamente conquistati, l’Italia è infatti divenuta laboratorio politico per aggregazioni altamente discutibili, quanto a metodi e obiettivi. L’opera, tuttora in atto, di demolizione del tessuto civile del paese prospetta così anche nell’oggi un’Italia neo-medievale, arretrata, che perde colpi non solo in termini di libertà di stampa e di espressione, ma di diritti considerati normali in tutti i paesi avanzati.
La distruzione della laicità ben descritta e analizzata in queste pagine si accompagna a una trasformazione inquietante, che non esita a usare metodi e figure di dubbia moralità. E tutto questo avviene perché il sistema dei controlli e dei contrappesi, tipici delle democrazie liberali pienamente realizzate, in Italia rischia di essere a poco a poco annullato, sminuzzato, fatto a pezzi, distrutto.
Ne deriva un micidiale mix, un gorgo terribile per uscire dal quale – come suggerisce l’autore del volume – non resta altro che un ritorno forte alla laicità, un’educazione alla laicità permanente che coinvolga soprattutto le giovani generazioni, alle quali questo libro idealmente si rivolge e a cui va proposto come testo formativo.
Perché è vero che, come scrive Martelli in una bellissima sintesi intellettuale, «Senza laicità, la democrazia è una scatola vuota».


I sette principi irrinunciabili del laicismo
di Michele Martelli
La Costituzione è la mia Bibbia Civile. In quei 139 articoli si trova tutto quello che è necessario -
Carlo Azeglio Ciampi
Stato laico e legislazione civile


«Della democrazia la laicità non è che il sinonimo»[1]. Lo Stato laico, come si è visto, non è che lo Stato liberaldemocratico. I pilastri su cui esso si regge sono essenzialmente quattro: la divisione dei poteri, l’alternanza maggioranza-minoranza, la libertà individuale (a condizione che non danneggi la libertà altrui), l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Il suo opposto è lo Stato teocratico, forma estrema e senile del dispotismo. Come lo Stato/Chiesa vaticano. Dove il papa (l’ultimo sovrano assoluto della storia, in coppia col re wahabita dell’Arabia Saudita) regna da autocrate, riunendo in sé i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), e ignorando il principio del Governo della maggioranza e il rispetto della libertà e dell’eguaglianza individuale.
E si capisce che la Santa Sede non abbia mai accettato la teoria e le procedure della liberaldemocrazia, spesso caricaturalmente dipinta come un relativismo senza valori, senza solide e ferme verità. Laddove, al contrario, il relativismo, rettamente inteso come antiassolutismo, come critica e confutazione di ogni pretesa verità ultima e definitiva, è l’anima della democrazia. La quale non è affatto priva di valori (come contrabbanda la Chiesa curiale), ma si regge su precisi valori condivisi (libertà, eguaglianza, tolleranza, dignità e diritti umani) che, lungi dall’essere assoluti ed eterni, quasi caduti dal cielo, pacchi bell’e pronti di Babbo Natale o della Befana per minorenni creduloni, sono al contrario costruzioni mondane, storico-umane, aperte, discutibili, rivedibili e migliorabili. «La democrazia non può prescindere dal relativismo senza negare se stessa»[2]. E della democrazia è negazione la teocrazia, come quella pontificia.
«La dottrina morale», ha scritto papa Wojtyxa, «non può certo dipendere dal semplice rispetto di una procedura», ovvero dalle «regole e forme di una deliberazione di tipo democratico. Il dissenso […] è contrario alla comunione ecclesiale e alla retta comprensione della costituzione gerarchica del Popolo di Dio» [3]. E Joseph Ratzinger: «La Chiesa non è democratica, ma sacramentale, dunque gerarchica; l’autorità, qui, non si basa su votazioni a maggioranza; si basa sull’autorità del Cristo» [4]. Eliminate il dissenso, cioè la libertà di pensiero, critica e opinione dei cittadini, e sostituite gli organismi rappresentativi eletti a maggioranza dal basso con la gerarchia (una piramide sacrale dove tutto il potere discende dall’alto), e avrete eliminato la democrazia [5]. Come ha affermato il teologo conciliare Yves Congar, nel 1962: la Chiesa romana è ancora una Chiesa costantiniana; Pio IX, finalmente privato del potere temporale, avrebbe potuto rinnovarla, ma «ha fatto esattamente il contrario. Uomo catastrofico, che non sapeva nemmeno cosa era l’ecclesia [...]. E Pio IX regna ancora. Bonifacio VIII regna ancora: lo si è sovrapposto a Simon Pietro, l’umile pescatore di uomini» [6]. Quello di Benedetto XVI, altro papa “catastrofico”, che cos’è se non il regno di Pio IX e Bonifacio VIII adattato alle novità del tempo? Una teocrazia ovattata e melliflua, ma non meno dura e autoritaria coi preti e fedeli dissidenti, e non meno protesa a imporre il suo protettorato politico-religioso sugli Stati e le istituzioni pubbliche.
Ora, nei regimi teocratici e dispotici, esiste un solo tipo di legislazione civile, quella impositiva, costrittiva, che obbliga a fare questo o non fare quest’altro, e punisce chi disobbedisce, chi fa quello che gli si comanda di non fare (assassinare, stuprare, rapinare ecc.), o non fa quello che gli si comanda di fare (pagare le tasse, guidare con la patente, armarsi per la difesa della patria ecc.). Il resto è privilegio, immunità, prebenda, concessione ed elargizione del sovrano, al di fuori o al di sopra delle leggi.
Nelle liberaldemocrazie esistono invecedue tipi di legislazione, quella costrittiva e quella permissiva.
La prima, nei suoi aspetti positivo e negativo, è obbligatoria e sanzionatoria per tutti i cittadini, compresi i governanti. Poiché tutti sono sottoposti alle leggi, nessuno, nemmeno il premier, può sottrarsi all’autorità giudiziaria, per esempio con leggi ad personam, che depenalizzino il falso in bilancio, o elargiscano condoni fiscali, o proclamino l’impunità delle quattro più alte cariche dello Stato. Saremmo in tal caso all’orwelliana «fattoria degli animali», dove tutti sono uguali, ma alcuni (i «maiali» dominanti) sono più uguali degli altri. Non una democrazia, ma un’oligarchia.
Il secondo tipo di legislazione, permissiva e non costrittiva, offre la possibilità a tutti, o a una parte dei cittadini, o anche a uno solo, di fare ciò che la legge gli consente, ma non obbliga nessuno a farlo (come su divorzio, aborto, testamento biologico ed eutanasia, fecondazione eterologa, unioni civili eteroe omosessuali). Nelle democrazie liberali la legislazione costrittiva serve alla garanzia dell’ordine sociale e dell’integrità dello Stato, non a preservare un illegittimo potere autocratico, dittatoriale, di uno o di pochi; mentre quella permissiva, sconosciuta alle teocrazie e ai dispotismi, è posta a difesa della libertà, dell’autonomia e dell’autodeterminazione individuale di ciascuno, nonché dei diritti delle minoranze, dei diversi, dei dissidenti (purché, ovviamente, la legge permissiva non sia in contrasto con la legge costrittiva).
Questo è il punto. Ratzinger e la Chiesa curiale non riconoscono legittimità alla legislazione permissiva, perché immorale, contraria ai sacri dogmi cattolici; e vorrebbero che fosse cancellata laddove già c’è, e proibita laddove ancora non c’è. L’unica «sana» legislazione sarebbe quella costrittiva, che imporrebbe a credenti, diversamente credenti e non credenti di obbedire ai precetti politico-religiosi della Chiesa. Il che trasformerebbe, evidentemente, lo Stato laico in uno Stato clericale, confessionale. La legge sul divorzio, per esempio, non obbliga nessuno, tantomeno un cattolico, a divorziare, ma, a determinate condizioni, consente a chi lo voglia di farlo. Imporre il matrimonio indissolubile equivarrebbe invece a fare violenza ai non o altrimenti credenti, a conculcare la loro libertà di opinione e di scelta. Il presunto universalismo dei precetti ecclesiastici sarebbe salvo, ma il Catechismo cattolico si sostituirebbe alla Costituzione democratica, la giurisdizione religiosa a quella civile, e il peccato tornerebbe a essere reato, come ai bei tempi della Santa Romana Inquisizione.
Ed evviva lo Stato clericale, rinato sulle ceneri del moderno Stato laico e democratico! È questo il sogno degli integralisti filoclericali e degli atei devoti? Un incubo per i laici, o laicisti che dir si voglia. Lo stesso vale per l’aborto, o la possibilità di rifiutare le terapie mediche, o gli interventi chirurgici invasivi, o i sondini e le macchine artificiali in condizioni di coma vegetativo, come nel caso di Eluana Englaro. Caso che evidenzia, sia detto tra parentesi, una contraddizione del bioeticismo vaticano non solo con la Costituzione italiana (art. 32), ma con lo stesso Catechismo, che condanna «l’accanimento terapeutico» [7] . Ora, il ricorso a macchine, tubi e sondini per tenere forzatamente Eluana in vita, in una disumana vita-non vita, prolungando artificialmente il suo pluriennale coma vegetativo, non era forse un caso evidente di «accanimento terapeutico»? È chiaro: non c’è logica che tenga, se il fine è il potere. Altro che «diritto alla vita» e carità cristiana!
Resta che, secondo le leggi democratiche di tipo permissivo, nessuno è obbligato ad abortire, o a divorziare, o a rifiutare il matrimonio tradizionale per il patto di unione civile, o a respingere trattamenti e interventi medici indesiderati. Ma, ancora una volta, è consentito di farlo a chi lo voglia. Nessuno può essere espropriato della propria vita e della propria morte. Nessuno può decidere per me, al mio posto. Nessuno. Fosse anche Ruini, Bagnasco o Benedetto XVI. O Berlusconi III travestito da cardinale. Con quale presunta autorità, se non con quella illegittima e totalitaria di un potere dispotico, chicchessia, autorità politica o religiosa, governante o governato, potrebbe invadere la mia sfera intima, privata, e comandarmi, impormi questa o quella scelta contro le mie convinzioni e la mia libera volontà? Tra il Dio di Ratzinger e la democrazia laica, è evidente l’incompatibilità.


La Chiesa concordataria e la politica
«Si vorrebbe impedire alla Chiesa di parlare!»: ecco la litania, recitata ripetutamente come un rosario, ovunque e in ogni occasione, da esponenti del clero, teocon e atei devoti contro gli spregevoli laici, anzi laicisti, prepotenti, intolleranti e animati dal pregiudizio anticlericale e da cieca ostilità alle gerarchie cattoliche [8]. Ma quando mai! La Chiesa, nell’Italia repubblicana, ha sempre, fino ad oggi, parlato e sparlato, predicato, suggerito e ammonito, all’interno e all’esterno delle proprie sedi, con una presenza massiccia e sproporzionata su stampa, TV e mass-media privati e statali. Nessun laico, o laicista, si sarebbe mai sognato di tapparle la bocca.
Ma può la Chiesa come istituzione invadere il campo della politica? No.
In Italia lo vieta già il Concordato del 1929, che, nonostante le sue irricevibili concessioni alla Chiesa, tuttavia all’articolo 2 riconosce sì la validità del magistero ecclesiastico, ma solo nell’ambito religioso, non in quello politico: legittima prerogativa di vescovi e Santa Sede è infatti soltanto l’esercizio del «governo spirituale dei fedeli» [9]. E lo vieta la Costituzione della Repubblica Italiana, che all’articolo 7, pur riconoscendo i Patti Lateranensi, stabilisce la netta separazione tra Stato e Chiesa. La Chiesa concordataria insomma può sì parlare, ma non può far politica. E quando parla, non nell’area legislativa del Parlamento, ma in quella dell’agorà, dell’agone civile, del confronto-scontro delle idee, non può avanzare la pretesa alla Verità assoluta, né gridare allo scandalo e all’irriverenza se viene criticata, contestata, confutata da chi la pensa diversamente, o anche se viene ridicolizzata e sbeffeggiata dalla vignettistica e dalla satira (Crozza docet, imitatore televisivo, presto censurato, del buffo accento tedesco di papa Ratzinger). La libertà di pensiero, critica e satira è garantita dalla Costituzione laica. Nessuno può godere il privilegio di essere esente da contestazioni e critiche.
«Ma ai cittadini cattolici è permesso di far politica?». Ecco un’altra falsa questione, ipocrita e strumentale, spesso proposta da ambienti integralisti e clericali. Chi può fingere di non sapere che i cattolici hanno governato l’Italia da padroni per quarant’anni, con la DC; e che hanno continuato a farlo indisturbati dopo Tangentopoli, nei partiti di centrodestra e di centrosinistra?
Ai politici cattolici va posto semmai un altro e decisivo interrogativo: obbedite alla Costituzione italiana o al Vaticano?
Nel primo caso, si tratta di cattolici laici e democratici, cittadini esemplari. Nel secondo, di “papisti” antilaici e antidemocratici, la longa manus del papato nelle istituzioni repubblicane. Per esempio, un governo di integralisti cattolici e atei devoti, come quello di Berlusconi, che, nel febbraio 2009, in ossequio ai diktat della CEI e del Vaticano, cerca di approvare in pochi giorni un decreto legge ad personam sul caso Englaro, per impedire alla giovane donna in coma di morire in pace, su scelta libera e incondizionata sua e dei suoi genitori, scelta prevista dalla Costituzione e legittimata dai pronunciamenti dei più alti organi della magistratura (Corte di Appello milanese, Corte Costituzionale, Corte di Cassazione), che cosa fa se non contravvenire platealmente a un principio e regola elementare di democrazia laica?

I «non possumus» dei laici
In occasione della proposta di legge Bindi-Pollastrini sui DICO, i cosiddetti PACS all’italiana, nell’editoriale di «Avvenire» del 6 febbraio 2007 firmato «Av», attribuibile quindi all’allora direttore Dino Boffo, veniva riesumata la vecchia formula ottocentesca del «non possumus», «non possiamo», adottata dal papato di Pio IX nel 1871 per esprimere il suo rifiuto di riconoscere il neonato Stato unitario d’Italia. Boffo in realtà così anticipava il succo della Nota della CEI di Bagnasco, che nel marzo 2007 avrebbe chiamato i politici cattolici all’«impegno» di dissociarsi dai DICO, negando loro la facoltà di appellarsi al principio conciliare della «libertà di coscienza» e dell’«autonomia dei laici in politica» [10]. A commento della vicenda, proviamo noi a fare un rapido elenco dei non possumus dei laici [11].

PRIMO. I laici non possono rinunciare alla separazione tra Stato e Chiesa. La Chiesa resti nel suo dominio, che è quello religioso e spirituale, e non invada il campo della politica. Che il cardinal Ruini coinvolga la CEI, fuori e dentro le chiese, nella campagna astensionistica nel referendum del 2005 sulla fecondazione assistita; che Ruini e CEI pongano il veto sui DICO, dando una spallata al Governo in carica con l’adunata di massa del Family Day; che il cardinal Bagnasco emani linee e direttive legislative contro il testamento biologico, proponendo al Parlamento un apposito disegno di legge che pregiudizialmente eviti l’eutanasia e altri casi Englaro; che l’episcopato, di cui l’«Avvenire» è il portavoce, solleciti un decreto-lampo del Governo per condannare (contro il dettato costituzionale e il parere dell’alta magistratura) il corpo incosciente di Eluana Englaro a restare indefinitamente attaccato alle macchine – tutto questo e altre cose del genere sono inaccettabili per i laici.

SECONDO. I laici non possono acconsentire a che lo Stato privilegi una qualche religione, seppure maggioritaria, perché si violerebbe il principio della tolleranza, della libertà e dell’eguaglianza giuridica dei cittadini, religiosi e non. Che la Chiesa goda di esenzioni fiscali per le sue attività di lucro e non di culto; che benefici del privilegio dell’otto per mille12 ; che i suoi simboli appaiano nei luoghi pubblici, quali segni distintivi della presunta identità culturale della nazione; che i suoi prelati presenzino le manifestazioni e le cerimonie pubbliche; che il cattolicesimo sia insegnato nelle scuole statali – anche questo è contrario al principio della laicità dello Stato.

TERZO. I laici non possono accettare la trasformazione del peccato in reato. Si farebbe un “salto mortale” all’indietro di cinquecento o mille anni, ripristinando in forme nuove e surrettizie la teocrazia medioevale e l’Inquisizione tridentina. Che divorzio, aborto, adulterio, pratiche sessuali preo extra-matrimoniali, contraccettivi, rifiuto di terapie mediche invasive, fecondazione eterologa, omofilia e unioni civili – che tutto ciò sia punibile come reato, o sia oggetto di legislazione e regolamentazione restrittiva da parte dello Stato, solo perché è peccato per la Chiesa, è incomprensibile e terribilmente retrogrado per i difensori dello Stato laico e dei diritti umani, nonché dell’indipendenza e del primato della giurisdizione civile su quella ecclesiastica.

QUARTO. I laici non possono subordinare la ragione alla fede. Se la fede non è «fede dubbiosa», fragile, incerta e senza dogmi, ma sistema compiuto e articolato di verità indefettibili e imperfettibili, e la ragione è invece scienza e conoscenza fallibile e perfettibile, ricerca critica senza fine e senza verità definitive, allora tra fede e ragione c’è totale inconciliabilità. Che la Chiesa pretenda condannare Galilei per le sue osservazioni astronomiche; imporre che sia poco o non scientifica la teoria di Darwin per la sua scoperta dell’evoluzione delle specie e della discendenza dell’uomo dalla scimmia, solo perché contrasta col racconto veteroe neo-testamentario del primo e del secondo Adamo; dettare limiti esterni, religiosi, eteronomi alla libera ricerca e sperimentazione biomedica e biotecnologica; rifare della filosofia l’ancilla theologiae, ergendosi a giudice del pensiero libero – a tutto questo i laici sono indisponibili.

QUINTO. I laici non possono far propria l’Etica della Verità, perché sono per un’etica senza Dio, empirica, storica, relativistica13 . Anche per i laici, come sappiamo, ci sono valori e verità non negoziabili; ma non discendendo da Dio e dai Sacri Testi, bensì dalla storia e dall’evoluzione della specie umana, sono perciò aperti, migliorabili, disponibili a correzioni, ampliamenti e integrazioni. Che la Chiesa possa imporre il suo assolutismo etico, i suoi dogmi di fede, le sue ricette catechistiche di ciò che è Bene e di ciò che è Male: non divorziare, non fornicare, non usare contraccettivi, nemmeno se sei uno delle migliaia di africani malati di AIDS,non abortire, condannare l’omosessualità e le unioni civili – ecco ciò che è irriducibilmente estraneo ed opposto alla mentalità, ai costumi e all’etica laica.

SESTO. I laici non possono plaudire alla privatizzazione o alla lenta distruzione della scuola e dell’università pubblica, perché sono queste le sedi privilegiate della formazione critica, culturale, pluralista, umanista, scientifica, civile del cittadino democratico. Che la Chiesa pretenda, o ottenga di fatto, il privilegio esclusivo dell’insegnamento della religione nelle scuole statali; che le scuole cattoliche ottengano in meno di due ore il finanziamento pubblico negato dal Governo alla scuola statale, mandandola in malora; che le università cattoliche, come il Campus biomedico opusdeista di Roma, possano beneficiare dei soldi pubblici, pur subordinando ricerca e didattica al dogma bellarminiano che la scienza non può mai contraddire la fede, pena il suo precipitare nell’errore – ecco un altro gruppo di pretese teocratiche e clericali che i sostenitori della laicità non potranno mai accettare.

SETTIMO. I laici non possono rinunciare a difendere la democrazia liberale, il pilastro dei pilastri della laicità, la somma delle conquiste politiche della modernità. Che la Chiesa, gerarchica e sacramentale, non riconosca le regole antidispotiche della divisione dei poteri e del Governo della maggioranza; che trami, come nel caso Englaro, contro i pronunciamenti e l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo; che non si sottometta alla supremazia della giurisdizione civile, condannando sommessamente intra moenia i preti pedofili come don Cantini, e tentando così di sottrarli ai tribunali dello Stato; che non cessi di intromettersi pesantemente nella vita politica, con diktat, consigli, suggerimenti non richiesti, veti e ultimatum – tutto questo è davvero intollerabile per i laici, credenti o non credenti, che hanno a cuore la Costituzione democratica.

Sette non possumus, sette principi irrinunciabili del laicismo. Sette essenziali motivi per cui «non possiamo non dirci laici». Per cui non possiamo non sentirci che liberi cittadini dell’Italia laica e repubblicana. Di un’Italia non vaticano-dipendente, ma autonoma e sovrana. Il cui inconfondibile indirizzo e denominazione per un visitatore e osservatore straniero possa essere Italy. Non Italy, Vatican State.
 

mercoledì 14 aprile 2010

Cattolicesimo reale

Walter Peruzzi


“ABORTIRAI CON DOLORE”


www.cattolicesimo-reale.it 7 aprile 2010


La Chiesa dice di essere contro l’aborto perché “ama la vita”. E’ una bugia. Se la Chiesa amasse davvero la vita, autorizzerebbe i fedeli a usare i contraccettivi, che rendono più difficili gravidanze indesiderate o pericolose per le donne senza dover ricorrere all’aborto, e riducono il pericolo dell’Aids. La Chiesa combatte l’aborto, e la contraccezione, non perché ama la vita ma perché odia il piacere.


 


La crociata contro il piacere…


La Chiesa identifica il piacere sessuale con la “colpa” cui deve corrispondere un “castigo” (nell’altra vita e se possibile anche in questa) a meno che l’atto sessuale non sia compiuto nel matrimonio e con finalità procreativa. Tutta l’educazione cattolica è tesa ad alimentare un angoscioso senso di colpa per ogni tentativo e perfino per ogni desiderio di godere della propria sessualità fuori da questi limiti. Nei conventi e nei seminari l’autoerotismo (che doveva essere “confessato” alla comunità) veniva punito fisicamente, con bastonature e frustate, fino all’Ottocento e oltre. I colpevoli di relazioni non “regolari”, specie se donne,  sono sempre stati additati al disprezzo sociale nelle piccole comunità. La condanna dell’omosessualità è nota: nel 1993, nella Lettera sulla cura delle persone omosessuali, il cardinale Ratzinger giustifica l’esclusione dei gay  da insegnamento o addestramento sportivo.


Ma perfino nel matrimonio l’uso del preservativo è vietato anche in caso di marito che può “infettare” il partner o di donna che non tollera gravidanze, o di portatori di Aids.


 


…e per il dolore


L’unica ricetta infallibile per tutti questi casi è una sola: astinenza, cioè reprimersi, evitare il piacere. Chi non vuole evitarlo deve rischiare la malattia o la morte, essendo il piacere una cosa “brutta” che va punita. Nessuna scorciatoia, preservativo o aborto, che permetta di sottrarsi a questa alternativa, può essere tollerata.  In questa logica si comprende tanto più l’avversione per la pillola RU486.


Avendo già dovuto subire l’affronto di una legge che depenalizza l’aborto (e che la Chiesa vorrebbe eliminare), si salvi almeno il principio di renderlo il più doloroso e traumatico possibile. Così come è giusto rendere il più insicuri e avvelenati dal timore di una malattia o di una gravidanza, i rapporti fra i giovani. Abortire senza dolore è “banalizzare” l’aborto come mettere nelle scuole i preservativi è “banalizzare” il rapporto sessuale, farne cose facili…E dove va a finire la “valle di lacrime”?.


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Cattolicesimo reale

Walter Peruzzi


“ABORTIRAI CON DOLORE”


www.cattolicesimo-reale.it 7 aprile 2010


La Chiesa dice di essere contro l’aborto perché “ama la vita”. E’ una bugia. Se la Chiesa amasse davvero la vita, autorizzerebbe i fedeli a usare i contraccettivi, che rendono più difficili gravidanze indesiderate o pericolose per le donne senza dover ricorrere all’aborto, e riducono il pericolo dell’Aids. La Chiesa combatte l’aborto, e la contraccezione, non perché ama la vita ma perché odia il piacere.


 


La crociata contro il piacere…


La Chiesa identifica il piacere sessuale con la “colpa” cui deve corrispondere un “castigo” (nell’altra vita e se possibile anche in questa) a meno che l’atto sessuale non sia compiuto nel matrimonio e con finalità procreativa. Tutta l’educazione cattolica è tesa ad alimentare un angoscioso senso di colpa per ogni tentativo e perfino per ogni desiderio di godere della propria sessualità fuori da questi limiti. Nei conventi e nei seminari l’autoerotismo (che doveva essere “confessato” alla comunità) veniva punito fisicamente, con bastonature e frustate, fino all’Ottocento e oltre. I colpevoli di relazioni non “regolari”, specie se donne,  sono sempre stati additati al disprezzo sociale nelle piccole comunità. La condanna dell’omosessualità è nota: nel 1993, nella Lettera sulla cura delle persone omosessuali, il cardinale Ratzinger giustifica l’esclusione dei gay  da insegnamento o addestramento sportivo.


Ma perfino nel matrimonio l’uso del preservativo è vietato anche in caso di marito che può “infettare” il partner o di donna che non tollera gravidanze, o di portatori di Aids.


 


…e per il dolore


L’unica ricetta infallibile per tutti questi casi è una sola: astinenza, cioè reprimersi, evitare il piacere. Chi non vuole evitarlo deve rischiare la malattia o la morte, essendo il piacere una cosa “brutta” che va punita. Nessuna scorciatoia, preservativo o aborto, che permetta di sottrarsi a questa alternativa, può essere tollerata.  In questa logica si comprende tanto più l’avversione per la pillola RU486.


Avendo già dovuto subire l’affronto di una legge che depenalizza l’aborto (e che la Chiesa vorrebbe eliminare), si salvi almeno il principio di renderlo il più doloroso e traumatico possibile. Così come è giusto rendere il più insicuri e avvelenati dal timore di una malattia o di una gravidanza, i rapporti fra i giovani. Abortire senza dolore è “banalizzare” l’aborto come mettere nelle scuole i preservativi è “banalizzare” il rapporto sessuale, farne cose facili…E dove va a finire la “valle di lacrime”?.


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martedì 6 aprile 2010

94003470484 - 5 x 1000


Cari/e amici e amiche


sento il desiderio di sottolineare, fra le opzioni possibili per la destinazione del 5 per mille, l'Associazione di Volontariato ONLUS


"Centro Educativo Popolare" - Via Aceri 1 - 50142 Firenze - tel.+fax 055711362


codice fiscale 94003470484.


 


Il Centro Educativo Popolare fa esplicito riferimento culturale ed umano all’esperienza della Comunità dell’Isolotto da cui ha avuto origine. Si fonda su:


- relazioni comunitarie condivise


- disponibilità ad un impegno individuale socializzato e sostenuto dal gruppo


- apertura alla collaborazione operativa con tutti coloro che sul territorio e oltre si impegnano a promuovere iniziative ed esperienze a sostegno dei valori di inclusione sociale, solidarietà, promozione umana, condivisione dei saperi…


- valore della promozione di una comunità/quartiere e non autoreferenzialità


- consapevolezza che solo coniugando insieme l’assunzione di responsabilità e la crescita culturale e umana è possibile promuovere una società più attiva e responsabile.


Tutte queste considerazioni servono per capire meglio la specificità della caratterizzazione del CEP che si esprime in un impegno operativo su più fronti anche molto diversi, in collaborazione con altri soggetti.


 


Un caro saluto


                                Enzo Mazzi


 

94003470484 - 5 x 1000


Cari/e amici e amiche


sento il desiderio di sottolineare, fra le opzioni possibili per la destinazione del 5 per mille, l'Associazione di Volontariato ONLUS


"Centro Educativo Popolare" - Via Aceri 1 - 50142 Firenze - tel.+fax 055711362


codice fiscale 94003470484.


 


Il Centro Educativo Popolare fa esplicito riferimento culturale ed umano all’esperienza della Comunità dell’Isolotto da cui ha avuto origine. Si fonda su:


- relazioni comunitarie condivise


- disponibilità ad un impegno individuale socializzato e sostenuto dal gruppo


- apertura alla collaborazione operativa con tutti coloro che sul territorio e oltre si impegnano a promuovere iniziative ed esperienze a sostegno dei valori di inclusione sociale, solidarietà, promozione umana, condivisione dei saperi…


- valore della promozione di una comunità/quartiere e non autoreferenzialità


- consapevolezza che solo coniugando insieme l’assunzione di responsabilità e la crescita culturale e umana è possibile promuovere una società più attiva e responsabile.


Tutte queste considerazioni servono per capire meglio la specificità della caratterizzazione del CEP che si esprime in un impegno operativo su più fronti anche molto diversi, in collaborazione con altri soggetti.


 


Un caro saluto


                                Enzo Mazzi


 

lunedì 5 aprile 2010

8 PER MILLE

8 PER MILLE:
proposta della Comunità dell’Isolotto al Coordinamento cdb – Tirrenia 14-15 aprile 2010.
 


In comunità ci siamo interrogati sulla destinazione dell’8 per mille che siamo costretti di fatto a sottoscrivere con la scadenza della denuncia dei redditi. Abbiamo discusso l’argomento in modo problematico cercando di mettere insieme dubbi, perplessità, convinzioni ed opportunità.
Tutti abbiamo convenuto che:
- rimane primario il nostro impegno contro ogni forma di concordato fra chiese e poteri
- riaffermiamo il nostro impegno per la laicità dello stato
- continueremo a contestare il concordato fra la chiesa cattolica e lo stato italiano per le caratteristiche di privilegio e di connivenza con i poteri che continua ad esprimere.
Abbiamo però anche constatato che le nostre indicazioni su questi temi non trovano una sponda credibile né capacità di mobilitazione da parte dei partiti politici, mentre cresce l’attenzione, la consapevolezza e la mobilitazione da parte della cultura, dell’associazionismo di base e della società civile (vedi crocifisso – insegnamento della religione nella scuola – laicità delle istituzioni – laicità dei tribunali – matrimoni civili – fine vita – ecc….)
Inoltre, considerato il contesto attuale in cui si dibatte la chiesa istituzionale ed il momento critico in cui finalmente le contraddizioni si fanno sempre più evidenti,a molti di noi è sembrato che nasca l’esigenza di andare incontro ai tanti che dovranno dichiarare a chi sottoscrivere il proprio 8x1000 con la prossima denuncia dei redditi, poiché sia che si sottoscriva per lo stato italiano sia che si ometta di sottoscrivere, i soldi vanno comunque a soddisfare interessi non condivisi da parte di tanti cittadini.
 
Abbiamo alla fine convenuto sulla opportunità di sottoporre alla discussione del prossimo Coordinamento nazionale cdb del 17-18 aprile a Tirrenia la proposta di prendere in esame la opportunità di formulare un accordo/convenzione fra le cdb–coordinamento nazionale e l’Unione delle Chiese valdese/metodista per promuovere nel nostro ambito, in modo trasparente e rispettoso della piena libertà dei singoli (persone e comunità), la sottoscrizione dell’8x1000 alla Chiesa valdese la quale si potrebbe impegnare, secondo forme e norme da concordare, a sostenere e finanziare progetti promossi dalle cdb sia come realtà nazionale che come singole realtà locali impegnate ad affrontare iniziative culturali, di solidarietà, di inclusione……
 
Una simile scelta avrebbe certamente caratteri di contraddizione e dunque potrebbe essere una esperienza ridiscutibile di anno in anno. Essa però oggi trova secondo molti di noi (con perplessità espresse da alcuni/e) un suo significato e valore perché:
- toglierebbe ossigeno economico alla chiesa cattolica
- orienterebbe i contribuenti incerti ed indecisi
- ci potrebbe permettere di pensare al progetto di un archivio storico nazionale delle cdb e/o un coordinamento di archivi, ufficialmente riconosciuto e notificato (come è del nostro archivio dell’Isolotto a cui molti giovani studenti stanno attingendo), realizzabile e gestibile attraverso contratti di collaborazione con giovani competenti magari della nostra area.
Tale archivio potrebbe essere un luogo di memoria creativa. Il nostro movimento è portatore di una grande ricchezza di materiali capaci di comunicare esperienze e  messaggi che abbiamo elaborato insieme in questi cinquanta anni della nostra storia. Pensiamo che sia nostro dovere lasciare alle generazioni più giovani la memoria dello spirito e della prassi del nostro cammino comunitario perché chi vuole possa servirsene per progettare nuove esperienze di vita. Un archivio dunque che abbia il carattere della modernità e della memoria allo stesso tempo, un archivio che metta a disposizione, nei luoghi della memoria, la voce dei sapienti ma anche  di coloro che non hanno voce. Se ci siamo interrogati su quale futuro per le cdb, se ci sta stretta ogni ipotesi di continuità che si basi su una organizzazione in qualche modo istituzionalizzata, forse ci potrebbe piacere trovare un modo di comunicare lo spirito che ha soffiato e continua a soffiare in mezzo a noi, comunicare cioè un messaggio che poi…produrrà i suoi frutti, e non potrà o dovrà essere imprigionato dentro strutture e regole chiuse.
Non è questo che abbiamo fatto riappropriandoci del Vangelo e della Bibbia?
 
Inoltre una fonte di finanziamento potrebbe:
- permettere alle realtà locali del nostro movimento una maggiore partecipazione agli incontri ed ai convegni nazionali ed europei contribuendo con un sostegno alle spese dei singoli e dei gruppi (per esempio presentando i nostri Convegni nazionali come progetti culturali e richiedendo finanziamenti appositi);
- dare una capacità economica ai giovani che intendono organizzare loro momenti di autogestione e crescita;
- mettere a disposizioni delle generazioni più giovani del nostro movimento un sostegno economico che permetta loro di progettare creativamente esperienze locali, promosse dal basso, per affrontare le precarietà dell’oggi che, fra l’altro, vede coinvolti molti di loro (es: cooperative di lavoro multietniche, cooperative sociali di servizi, associazioni di sostegno a problematiche di vario genere, attività culturali e di socializzazione ecc..).
 
Queste ipotesi ci sembrano motivanti per aprirci ad una esperienza di questo genere che, fra l’altro, potrebbe vedere un maggiore interesse e partecipazione ai coordinamenti nazionali dei più giovani che in questo ambito possono avere un  ruolo progettuale e creativo.
 
Nota: Prima di formulare la presente proposta abbiamo contattato Domenico Maselli e Maria Bonafede moderatora dell’unione delle Chiese Valdese/Metodista per verificare la loro disponibilità a discutere la cosa nella eventualità che la proposta venga accolta dal Coordinamento cdb. La loro risposta è stata affermativa.

 
Allegato
(dal Foglio di Comunità di Pinerolo n. 4 – aprile 2010)

 
L'OTTO PER MILLE CI COSTA UN OCCHIO!
 
Probabilmente pensi che, quando fai la scelta per l'otto per mille, l'otto per mille delle tue tasse vada a chi decidi tu.  Sbagliato!
Lo Stato ogni anno raccoglie l'IRPEF e ne mette l'otto per mille in un calderone. Sembra una quota piccola, ma in realtà sono molti soldi: circa un miliardo di euro. Questi soldi vengono poi ripartiti a seconda delle scelte che sono state espresse: insomma la tua firma conta come un voto e ha lo stesso valore di quella degli uomini più ricchi d'Italia.
 
Queste sono state le scelte nella dichiarazione dei redditi del 2000(ultimi dati pubblicati dal Ministero):
Nessuna scelta     60,40%          Chiesa Cattolica     34,56%                  Stato     4,07%      
Valdesi     0,50%                        Ebrei     0,16%                           Luterani     0,12%
Avventisti     0,10%                             Assemblee di Dio     0,08%
 
Che fine fanno i soldi di chi non firma per nessuno?   Anche quelli finiscono nel calderone, e vengono ripartiti a seconda dei voti di chi ha espresso la scelta. Sempre con la dichiarazione dei redditi del 2001, i soldi sono stati spartiti così:
Chiesa Cattolica     87,25%                  Stato     10,28%               Valdesi     1,27%
Ebrei     0,42%                          Luterani     0,31%            Avventisti     0,27%                   
Assemblee di Dio     0,20%
 
Negli ultimi anni circa quattro contribuenti su dieci hanno firmato esplicitamente per l'otto per mille. Visto che la maggior parte di chi firma (circa l'80% di loro) sceglie la Chiesa Cattolica, questa riceve ogni anno l'80% della torta, cioè più di 900 milioni di euro. Invece sei persone su dieci non scelgono niente, e la loro quota viene gestita dagli altri!
 
Cos'ha che non va questo meccanismo, all'apparenza così democratico?





  • Quasi nessuno sa come funziona e i mezzi di informazione si guardano bene dal dirlo.


  • Lo Stato non si fa nessuna pubblicità e tra le confessioni religiose solo la Chiesa Cattolica può permettersi grandi campagne.


  • Chi non deve presentare la dichiarazione dei redditi (alcuni lavoratori dipendenti o i pensionati) spesso non sa come scegliere a chi destinare l'otto per mille.


  • L'otto per mille potrebbe essere modificato ogni tre anni (ad esempio portandolo al sei per mille), ma questo non è mai stato neanche preso in considerazione.


  • Il Ministero delle Finanze agisce in modo ben poco trasparente: sono anni, ormai, che comunica i risultati solo alle confessioni religiose.



 
L'otto per mille è il meccanismo adottato dallo Stato italiano per il finanziamento delle confessioni religiose. Possono accedere all'otto per mille solo le confessioni che hanno stipulato un'intesa con lo Stato e che abbiano avanzato apposita richiesta. I destinatari, al 2009, sono:
Stato,  Chiesa cattolica,  Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi,  Chiesa Evangelica Luterana in Italia,  Unione Comunità Ebraiche Italiane,  Unione Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, Assemblee di Dio in Italia

 
Dai Patti lateranensi fino al 1984 la Chiesa Cattolica riceveva dallo Stato la cosiddetta "congrua", a risarcimento dei beni confiscati alla Chiesa e per il mantenimento dei preti. Nel 1984, con la revisione del Concordato firmata da Craxi, è stata eliminata la congrua ed introdotto l'otto per mille, che è poi stato concesso anche ad altre confessioni religiose. Da allora l'aumento delle tasse e del reddito degli italiani ha fatto salire vertiginosamente le cifre in gioco,passando dai 398 milioni di euro del 1990 ai 1.002 del 2008.
 
In teoria ogni tre anni una commissione potrebbe modificare la percentuale (da otto per mille a sei per mille, ad esempio), ma in realtà questo non è mai stato fatto, nonostante le recenti crisi e nonostante con un miliardo di euro si possano effettuare svariati interventi, ad esempio a favore della scuola o dei lavoratori.  Anche altre religioni (come i Testimoni di Geova) hanno firmato con lo Stato delle intese, che però non sono ancora state ratificate dal Parlamento. Tramite il meccanismo delle firme inespresse bastano poche altre confessioni con fedeli molto disciplinati per far diminuire di decine di milioni di euro il gettito della Chiesa. Che sia per questo che il Parlamento prende tempo?

Cosa ne fanno...

Lo Stato dovrebbe destinare il suo otto per mille a interventi per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione dei beni culturali. In pratica, dal 2004 una buona fetta viene rigirata al bilancio generale e anche prima finiva spesso alle iniziative più disparate, come la controversa "missione arcobaleno" del governo D'Alema. Buona parte dell'otto per mille dello Stato finisce poi alla Chiesa: dai restauri di chiese e conventi, al finanziamento delle scuole cattoliche, all'associazionismo cattolico.
 
La Chiesa Cattolica punta molto, nella sua campagna pubblicitaria, sull'aiuto ai poveri e al terzo mondo. In realtà riceve la fetta più grossa dell'otto per mille (991 milioni di euro nel 2007, dati CEI) ma ne spende solo il 12,1% per beneficenza in Italia e l'8,6% all'estero. Una buona parte (il 35,7%) va agli stipendi dei preti, e una analoga (il 43,7%) alle "esigenze di culto" (restauri e nuove chiese, catechesi, tribunali ecclesiastici...).
 
L'Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi destina l'otto per mille interamente a progetti di natura assistenziale, sociale e culturale. Il 30% inoltre è riservato ai Paesi in via di sviluppo.  Per info:
www.ottopermillevaldese.org
 
L'Unione Comunità Ebraiche Italiane utilizza i fondi per formazione culturale ebraica, tutela delle minoranze e attività sociali, conservazione dei beni artistici ebraici.
 
L'Unione Chiese cristiane avventiste del settimo giorno impiega la somma ricevuta per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero.
 
La Chiesa Evangelica Luterana in Italia destina l'otto per mille ad evangelizzazione, stipendi dei ministri di culto, opere sociali, missioni, iniziative culturali e spese di amministrazione.
 
Le Assemblee di Dio in Italia utilizzano l'otto per mille esclusivamente per progetti culturali e di solidarietà, in Italia e all'estero. Non accettano le quote delle firme non espresse. Non pubblicano un rendiconto dettagliato.
UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti