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domenica 7 febbraio 2010

Ambiente e stili di vita

Comunità dell’Isolotto

Firenze, domenica 7 febbraio 2010

Ambiente e stili di vita : fra comportamento individuale e pratica politica

riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio

con l’intervento di Eugenio Baronti e di alcuni cittadini di Capannori

 


lettura dalla Bibbia

“Dio disse:<<La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie.>> E così avvenne. Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse :<<facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.>>

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò.

Dio li benedisse e disse loro:<< Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.>>

Poi Dio disse:<< Ecco, io vi dò ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli essere che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io dò in cibo ogni erba verde.>> E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.”

                                                                                                                      [Genesi, 1, 24-31]

 

lettura dal Vangelo

“Di nuovo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse : << Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti mi adorerai>>. Ma Gesù gli rispose : <<Vattene, Satana. Sta scritto ‘Adora il Signore Dio tuo e a lui rendi culto’>>.

Allora il diavolo lo lasciò”.

                                                                                                                      [Matteo, 4, 8-11] 

 

 

Abbiamo scelto di iniziare il nostro incontro con queste letture perché ci sono sembrate calzanti con il tema del rapporto fra uomo e ambiente:

·       dal passo della Genesi si può trarre l’idea del dominio dell’uomo sulla natura, l’idea che l’uomo abbia a sua disposizione la natura per dominarla e sfruttarla a suo uso e consumo; questa è stata una delle idee che ha dominato per secoli il modo di porsi della cultura occidentale di fronte alla natura. Non sappiamo dire se è stata una traduzione del testo sbagliata; quello che possiamo e vogliamo affermare (così come stanno facendo alcuni teologi e non solo) è una lettura diversa: la specie umana fa parte della natura al pari di ogni altra creatura, se ha un compito è un compito di responsabilità: amare, custodire, proteggere ogni forma vivente, ogni equilibrio ambientale.

·       il passo del Vangelo ci è sembrato quanto mai rappresentativo delle tentazioni di dominio di una parte della umanità dei nostri giorni, protesa al possesso e allo sfruttamento delle risorse del mondo.  

 

Lettura laica

Amate pure il guadagno facile, l’aumento annuale dello stipendio, le ferie pagate.

Chiedete più cose prefabbricate,

abbiate paura di conoscere i vostri prossimi e di morire.

Quando vi vorranno far comprare qualcosa vi chiameranno.

Quando vi vorranno far morire per il profitto, ve lo faranno sapere.

 

Ma tu, amico, ogni giorno fà qualcosa che non possa essere misurato.

Ama la vita. Ama la terra.

Conta su quello che hai e resta povero.

Ama chi non se lo merita.

Non ti fidare del governo, di nessun governo.

E abbraccia gli esseri umani:

nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.

Approva nella natura quello che non capisci,

perché ciò che l’uomo non ha compreso non ha distrutto.

Fai quelle domande che non hanno risposta.

Investi nel millennio .... pianta sequoie.

Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai seminato,

e che non vivrai per raccogliere.

Poni la tua fiducia nei cinque centimetri di humus

che crescono sotto gli alberi ogni mille anni.

Quando vedi che i generali e i politicanti

riescono a prevedere il movimenti del tuo pensiero, abbandonalo.

Lascialo come segnale della falsa pista, quella che non hai preso.

Fai come la volpe, che lascia molte più tracce del necessario,

diverse nella direzione sbagliata.

Pratica la resurrezione.                                              [Manifesto del contadino impazzito, di Wendel

 Berry, in the Country of Marriage, 1973]

 

Wendel Berry, nato nel1934, è da sempre un sostenitore dei “farmer’s market”, ed è certamente un contadino molto particolare: dopo la carriera universitaria alla Stanford University e alla New York University, Berry è tornato nel Kentucky, sua terra di origine, dove conduce una piccola fattoria con la moglie. Coltiva i campi, alleva animali, si scalda con il legname raccolto nei boschi e vive armoniosamente il suo rapporto con l’ambiente, che, come dice lui stesso, è necessariamente biologico. Scrittore, poeta e saggista, nei suoi scritti esalta l’attività agricola, denunciando le depredazioni dell’economia industriale, la distruzione delle identità locali, lo spreco delle risorse.

Secondo Berry, scegliendo il nostro cibo quotidiano siamo in grado di privilegiare un tipo di agricoltura capace di salvare la vita del nostro pianeta.   

 

 

Il dopo Copenaghen

“Doveva essere il giorno in cui i ministri europei dell’ambiente avrebbero festeggiato i successi del negoziato sul clima, e invece la UE ha suonato il requiem per Copenhagen parlando di “disastro” e fatto una seduta di autocoscienza,con i pochi ministri che si sono presentati a Bruxelles. Bisogna capire cosa fare adesso che anche l’ONU ha ammesso che serve una riforma di metodo e decidere se procedere ancora tutti insieme o se separarsi da chi non vuole impegni vincolanti. Intanto anche il presidente Napolitano non ha nascosto la delusione di un accordo”inferiore alle attese e alle necessità”, che fa sentire il peso delle “resistenze al cambiamento”.

Il ministro svedese Calgren che ha avuto il duro compito di riportare il malumore dell’Europa e comunicare al resto del mondo che la UE non si arrende, nonostante non sappia da dove ricominciare, parla apertamente di “disastro”. “Dobbiamo capire come andare avanti, come si possono fare dei progressi in questa situazione, dopo questo grande fallimento”, ha detto al termine della riunione del Consiglio Europeo. “Bisognerà valutare possibilità alternative di lavorare,avendo imparato dagli errori di Copenaghen”.La presidenza svedese di turno della UE punta il dito contro USA e Cina, vero ostacolo ad un accordo migliore, ma la Germania difende entrambe,mentre la Francia annuncia iniziative assieme ai paesi africani.” [da ANSA – speciale Copenaghen]

 

“Se i capi di stato e di governo del pianeta si sono dimostrati totalmente incapaci di far fronte alla sfida del riscaldamento globale, la società civile mondiale non può ora starsene con le mani in mano ad assistere alla catastrofe climatica. Il futuro è nelle mani del popolo, scrive nel suo comunicato post Copenaghen la segreteria internazionale di Via Campesina, aggiungendo che è arrivato il momento dei movimenti sociali internazionali e che i governi non avranno altra opzione che ascoltarli.

E’ su queste posizioni il presidente boliviano Evo Morales che afferma “se non prendiamo ora le decisioni che contano, fra 30 anni i nostri figli e le nuove generazioni avranno problemi seri. Se le potenze industriali non vogliono correre ai ripari, dovranno essere i popoli ad obbligarle a cambiare strada.”

E a questo proposito suonano ipocrite le parole del presidente Obama che, al termine del vertice di Copenaghen ha commentato “Quanti sono rimasti delusi dell’esito del vertice ONU sul clima sono giustificati. La scienza ci chiede di tagliare di almeno il 40% le emissioni nei prossimi anni e dal vertice sul clima nulla lascia presagire che verrà fatto”.       

Sono infatti gli USA stessi ad aver proposto una riduzione del solo il 4% entro il 2020 (al di là dell’escamotage di offrire un taglio del 17% ma rispetto ai livelli di emissione di CO2 del 1990).

Agli USA si è affiancata la Cina, con la sua difesa ad oltranza della sovranità e dell’interesse nazionali, che si è mostrata indisponibile ad assumere impegni concreti.  

            E’ con profonda indignazione che il teologi spagnolo José Maria Castillo ha commentato il modo in cui la stampa internazionale ha riferito l’esito della conferenza di Copenaghen, parlando di accordo “insufficiente” o di “documento che non ha soddisfatto tutti”. Si tratta, afferma il teologo, di un chiaro esempio di occultamento della verità, la verità del totale, clamoroso fallimento della conferenza sul clima.

A Castillo si è affiancato Leonardo Boff con la sua affermazione che “l’umanità è penetrata in uno spazio di tenebra e di orrore: stiamo andando incontro al disastro”.

Ma l’analisi di Boff non si ferma alla osservazione della realtà, ma tenta di individuare le cause della situazione :”Finché manterremo il sistema capitalista a livello mondiale, sarà impossibile raggiungere un consenso che ponga al centro la vita, l’umanità e la terra. Per il capitalismo la centralità è data dal lucro, dall’accumulazione privata, dal miglioramento del potere concorrenziale (...) Per questo ecologia e capitalismo si oppongono frontalmente. Non c’è accordo possibile. Il discorso ecologico ricerca l’equilibrio di tutti i fattori, la sinergia con la natura e lo spirito di cooperazione. Il capitalismo rompe l’equilibrio imponendosi sulla natura, stabilisce una competizione feroce fra tutti e saccheggia la Terra al di là della sua possibilità di rigenerazione. Se il capitalismo fa suo il discorso ecologico, è solo per trarne profitto.”

E persino Benedetto XVI, in occasione della 43° giornata mondiale per la pace, ha detto che “..l’essere umano si è lasciato dominare dall’egoismo ... e nella relazione con il creato si è comportato come sfruttatore...” e che se si vuoi coltivare la pace, si deve salvaguardare l’ambiente.

[da ADISTA, numero 1, anno XLIV]

 

 

 

 

 

Si è tenuto la scorsa domenica 31 gennaio in Palazzo Vecchio a Firenze un “colloquio pubblico” dal titolo: DopoCopenaghen – il contributo di uomini e donne, giovani e adulti, di fedi, religioni e culture diverse – per la salvaguardia del creato.

Al colloquio hanno aderito realtà di ispirazione religiosa diverse (AGESCI, Diocesi di Firenze, Azione Cattolica, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, Chiesa Anglicana,Chiesa Apostolica, Chiesa Battista, Chiesa Episcopaliana Americana, Chiesa Ortodossa Greca, Chiesa Ortodossa Russa, Chiesa Valdese, Comunità di S.Egidio, Comunità Ebraica, Comunità Islamica, Istituto Buddista Sokka Gakkai, ecc.) tutte accomunate dalla preoccupazione di salvaguardare l’ambiente dai rischi dei cambiamenti climatici e dallo sfruttamento sconsiderato.

L’incontro è stato ideato nell’ambito del Seminario toscano di dialogo ebraico-cristiano-islamico ma. avendo trovato ampia e immediata adesione da tante realtà diverse, non si è inteso privilegiarne una indicandola come promotrice.

La relazione introduttiva, alla quale sono seguito numerosi interventi dei rappresentanti delle varie organizzazioni, è stata tenuta da Riccardo Petrella che ha esposto due punti essenziali :

- le cause del fallimento del vertice sui cambiamenti climatici di Copenaghen   

- le possibili linee di azione

In particolare per queste ultime, le possibili “piste” da percorrere sarebbero :

- riconoscere l’umanità in quanto soggetto giuridico e politico e quindi definire gli elementi portanti di un nuovo contratto sociale mondiale partendo dal clima

- reinventare la sacralità della vita e la pubblicità dei beni comuni patrimonio inalienabile della umanità (aria, acqua, conoscenza) all’insegna dei principi di giustizia, di sicurezza comune, di responsabilità condivisa, di riconoscimento della diversità, di partecipazione e di precauzione

- procedere alla ricostruzione delle città (delle baraccopoli, perché luoghi inaccettabili di scarico dei rifiuti e/o residui umani), delle città-mercato (in quanto negazione del vivere civile), delle città globali (perché simbolo della potenza escludente e rivale alla ricerca del dominio imperiale).

 

 

Le buone pratiche locali

 

Racconto delle esperienze di Capannori

 

 

 

La buona azione politica

 

Intervento di Eugenio Baronti

 

 

 

 

 

      

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