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martedì 30 novembre 2010

La prepotenza totalitaria del movimento pro-vita


di Paolo Flores d'Arcais



La pretesa del movimento cosiddetto “pro-vita” di avere nella trasmissione “Vieni con me” uno spazio riparatorio per quello dato alla signora Welby e a Beppino Englaro è una mostruosità dalle molte facce, emblematiche dell’oscurantismo e dei rovesciamenti semantici orwelliani in cui il regime ha precipitato il paese.



Prima indecente manipolazione: il movimento cosiddetto “pro-vita” finge di chiedere una presenza da Saviano e Fazio per difendere il diritto dei malati in condizioni tragiche come quella di Welby, o di persone da anni in coma vegetativo permanente (come Eluana), di ricevere le cure e l’assistenza adeguate. Ma c’è qualcuno che abbia mai messo in discussione tale diritto? Se questo è il tema, gli “antagonisti” dei cosiddetti “pro-vita” non sono certo le famiglie Welby e Englaro, né Saviano e Fazio, ma semmai un’indecente politica del governo che sulla sanità ha tagliato a man bassa, e non fornisce ai malati terminali (e a molti altri) tutto il sostegno che sarebbe doveroso, quale che ne sia il costo.



Perché allora il movimento cosiddetto “pro-vita” pensa di aver diritto a uno spazio analogo a quello di Englaro e Welby, visto che tutti – tranne il governo – siamo d’accordo nell’esigere ogni genere di cura e assistenza per i malati terminali che ne vogliano fare uso? Perché il movimento cosiddetto “pro-vita” pretende che tali malati ne DEBBANO fare uso anche se non vogliono. Mentre Englaro e Welby hanno sempre e solo chiesto che ciascuno possa decidere in libertà e veda rispettato dal sistema sanitario la propria decisione di coscienza. Di questo si è occupato “Vieni via con me”: non della tragedia di una malattia e di una disgrazia terribile, nella quale sono accomunati Welby, Eluana e coloro che il movimento cosiddetto “pro-vita” dichiara di rappresentare. Ma delle vittime di una ulteriore tragedia, voluta dagli uomini e non dal caso: che, nell’orizzonte di una condanna a morte senza colpa alcuna (questa è una malattia terminale, o lo stato vegetativo permanente) viene anche condannato – per crudeltà degli uomini sani – a passare l’attesa dell’esecuzione nella ferocia della tortura inenarrabile.



C’è infatti una asimmetria assoluta tra la richiesta dei Welby e degli Englaro e le pretese dei cosiddetti “pro-vita”. I primi chiedono che sia rispettato la propria scelta sulla propria vita, senza sognarsi di imporla e neppure di suggerirla agli altri compagni di sventura. I secondi all’opposto pretendono di costringere tutti, con la forza del braccio secolare della legge, a condividere la propria. Se la decisione di ciascuno sulla propria vita fosse garantita, come dovrebbe essere in qualsiasi paese che si dichiari civile e che sbandieri il principio della eguale dignità fra le persone, Saviano e Fazio non avrebbero invitato nessuno in trasmissione, perché non sarebbero mai esistiti un “caso Welby” e un “caso Englaro”.



Welby chiedeva solo che sulla propria vita fosse lui a decidere, anziché il cardinal Ruini, Beppino Englaro chiedeva solo che sullo stato vegetativo di Eluana decidesse la volontà espressa da Eluana, anziché quella del cardinal Bagnasco. Saviano e Fazio avrebbero il dovere civile di invitare i cosiddetti “pro-vita” (e lo avrebbero certamente fatto) se ci fosse un movimento o una legge che pretende di imporre a tutti i malati terminali la scelta di Welby, l’obbligo – anziché la libertà – di staccare la spina. Ma una prepotenza del genere non è mai venuta in mente a nessuno. O meglio: potrebbe essere la conseguenza inattesa proprio della logica del movimento cosiddetto “pro-vita”. Perché se sulla mia vita o la tua, amico lettore, o la vostra, signori della cosiddetta “pro-vita”, non ha titolo a decidere esclusivamente chi la propria vita la vive, ma la maggioranza di governo del momento, quella maggioranza domani potrebbe imporre di staccare la spina a tutti, anche a chi non vuole, magari invocando motivi di budget. Una mostruosità totalitaria. Come qualsiasi pretesa che sulla tua vita decida il governo anziché tu stesso.



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