Translate

venerdì 22 dicembre 2006


  1. Una storia fata di storie

  2. Le  Baracche.

    Anno 1962….era una mattina di settembre limpida e solare quando in lambretta arrivai alla scuola delle Baracche Verdi dell’Isolotto per scegliere la sede. Avevo ventidue anni e insegnavo da tre.

    Le baracche dell’Isolotto, della Casella, di Rovezzano, di Novoli. Queste erano le scuole di una città fuori le mura, le baracche delle periferie, dello sviluppo urbanistico senza regole, della speculazione edilizia senza programmazione dei servizi, l’altra faccia della Amministrazione La Pira . Quella di Pontello e soci. Quella stessa parte che a metà degli anni ’60 riuscirà ad emarginarlo dalla scena politica.

    La scuola nelle baracche di via degli Aceri e il primo sciopero per la scuola organizzato dai genitori per iniziativa di un comitato messo su da quelli della Parrocchia e della Casa del Popolo.

    Una storia fatta di Isolotto e dintorni. I confini dell’Isolotto variano, la frontiera si sposta. I comunisti  del quartiere chiamano via Pio Fedi, il confine tre il Q4 e il Q5, “l’Ussuri” come i fiume che divide la Cina dall’URSS.

    Una storia policentrica fatta di Scuole,  di  Parrocchie e di Comunità di base, di Case del Popolo e di feste dell’Unità, di Scout e di Humanitas. Una storia fatta di storie.

  3. La storia dell’Isolotto è nei suoi luoghi: le baracche, le piazze, i bar e i cortili…

    Le baracche di via degli Aceri: scuole, centro di soccorso per l’alluvione, scuola popolare, doposcuola, comunità. Le baracche di viale dei Pini: biblioteca, comitato di gestione ieri e oggi, le baracche degli invalidi, quelle degli scout, gli stand di bandone della Festa dell’Unità nel prato di via Maccari. Da aprile a settembre si sta bene fuori.

    E’ la stagione dei poveri e noi lo siamo. La precarietà è la nostra forza.

    E’ qui che decido di rimanere prima a fare scuola poi a stare di casa con la Paola e i bambini.

    Le baracche sono in mezzo alle case . Si sente la gente che passa, gli odori e i rumori, e loro ci vedono fare scuola.  Franco Quercioli

  4. NB. Questa è una parte dell'intervento pronunciato da Franco Quarcioli, al convegno del 2 dicembre 2006 su "Le radici della partecipazione: Firenze e il suo territorio” tenuto nella palestraa della scuola "La Montagnola" dell'Isolotto.

    Titolo del convegno:

    “La Scuola e il Quartiere: l’esperienza dell’Isolotto”

    Il segno dei Movimenti: il senso di una ricerca

  5. PS. Il maestro Franco appartiene al gruppo dei maestri storici che son passati qui da noi Baraccheverdi nei tempi eroici, quando eravamo davvero verdi di legno verniciato e non rosse di mattone "imprunetino" come ora siamo, più fresche d'estate e calde d'inverno come in questo momento che scriviamo, ore 11 di venerdi 22 dicembre 2006, solstizio d'inverno, grazie all'impianto di riscaldamento con tanto di termostato. Ma allora erano altri tempi, si veniva dal recente dopoguerra, tutti erano più pronti e temprati "a sofferir tormenti e caldi e geli". Nello stesso tempo pronti e temprati a mettersi insieme, fare comunità e romper le scatole agli Amministratori fino a che furono convinti che sulla Montagnola era meglio costruire una scuola piuttosto che un night club. Nella scuola della Montagnola c'è oggi una grande gigantografia dove si vede una tenda piazzata nel mezzo della collina con accanto bambini delle elementari e proprio il maestro Franco.

    Da ricordare insieme agli altri maestri storici Mauro Sbordoni, Graziella Soldani, Sergio Rusic, Luciano Gori, Mario Vezzani...


1 commento:

  1. Questo Franco Quercioli l'ho conosciuto, quand'ero bambina, presso l'Istituto fiorentino "Anna Torrigiani", diretto dal professore Adriano Milani, poichè marito della mia maestra Paola e grande amico di don Lorenzo Milani.



    Silvana Pagella

    RispondiElimina