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martedì 1 novembre 2011

Enzo Mazzi - Un costruttore laico di un altro mondo possibile

Un costruttore laico di un altro mondo possibile

 

- Ricordo di Enzo Mazzi effettuato durante l'incontro seminariale "Che genere di politica, che genere di partito" promosso dalla Scuola di politica del Forum delle donne e dall'Ufficio formazione e autoformazione del PRC e svoltosi a Firtenze il 29/10/2011 -

 

E' molto difficile cercare di rendere in breve il senso di una vita così ricca di esperienze, elaborazioni, contributi, sia intellettuali che di pratica militante, come quella di Enzo Mazzi.

Non so se io sia la persona più idonea a ricordare Enzo, ma è certo che è giusto che egli venga ricordato da chi è impegnato, come me appunto, nel Laboratorio per la Laicità di Firenze. E non solo perchè Enzo è stato attivamente presente nel Convegno che, quasi 3 anni fa, ha dato vita al Laboratorio, ma, ancor più, perchè l'intera sua vita è stata caratterizzata da un impegno laico pieno e convinto, fatto di ricerca e di capacità di andare oltre le dichiarazioni di principio (con l'intento di misurare la laicità, nella Chiesa e nella società, sui casi concreti - vedi, ad esempio, l'incontro, in tempi recenti, con il padre di Eluana Englaro, e lo schierarsi dalla parte del diritto delle persone ad una vita dignitosa, e, in anni lontani, il sostegno chiaro e netto a chi difendeva conquiste civili come il divorzio e la possibilità di abortire, quando vi furono i referendum che avrebbero voluto cancellare quelle leggi di libertà -).

Senza dubbio, Enzo Mazzi non vorrebbe essere separato, nel ricordo, dalla Comunità dell'Isolotto, di cui è stato parte integrante per più di 40 anni (come prima lo era stato, per circa 15, della Comunità parrocchiale). Eppure è innegabile che il ruolo di Enzo sia risultato essenziale, perchè sono stati il suo pensiero ed i suoi stimoli intellettuali ad alzare continuamente l'asticella delle riflessioni e delle elaborazioni della Comunità (e, più in generale, dell'intero movimento delle Comunità cristiane di base). Dall'aver anticipato, come parrocchia, alcune indicazioni innovatrici, anche sul piano liturgico, del Concilio Vaticano II alla rivendicazione di una Chiesa dei poveri da contrapporre a quella supporto dei potenti all'individuazione, in tempi più recenti, del sacro come puntello del potere [un sacro presente nell'ambito della religione - delle religioni -, ma pure nella nuova mitologia del denaro e delle merci] e della necessità, di conseguenza, di un processo di "decrasalizzazione" in grado di far sì che il sentimento religioso divenga una componente di quella tensione unitaria di popolo - di quella lotta di liberazione - volta a sviluppare, per tutte e per tutti, condizioni di giustizia, uguaglianza, libertà.

Il suo essere saldamente ancorato ad un luogo, l'Isolotto, e ad una Comunità non gli hanno impedito di rapportarsi all'insieme della società ed alle vicende del mondo.

Enzo Mazzi è stato parte importante della storia di Fitrenze nel corso del 900 e nei primo anni del nuovo secolo, ma si può ben dire che sia andato "oltre i confini" (com'è intitolato un libro della Comunità).

La piazza dell'Isolotto, quella che molti oggi vorrebbero prendesse il suo nome, negli anni 70 e 80 era divenuto un crocevia di livello mondiale, un punto d'incontro di esperienze sviluppatesi in luoghi lontani, in Asia, in America, in Africa, in altri Paesi d'Europa: dal prete vietnamita alleato dei vietcong ai religiosi sudamericani che partecipavano ai movimenti di liberazione dei propri Paesi al rappresentante dell'ANC - African National Congress - sudafricano al tempo dell'apartheid al sacerdote basco di quando in Spagna vi era ancora la dittatura di Francisco Franco, tanto per citare alcune di quelle partecipazioni internazionali. E la piazza aveva continuato ad essere luogo d'incontro anche quando erano cresciute, sul finire del secolo scorso, le presenze a Firenze degli stranieri (migranti, rifugiati, profughi): all'Isolotto si incontravano, e potevano parlare, Rom, curdi, senegalesi, tutti coloro che, più in generale, spesso in città erano guardati con ostilità, sulla base di pregiudizi, dando origine ad un clima d'intolleranza.

Le Baracche verdi di via degli Aceri, divenute la sede della Comunità dopo "la cacciata dal tempio",

non erano certo patrimonio esclusivo di chi della Comunità faceva parte (fra l'altro, si trattava, e si tratta ancor oggi, di una realtà aperta, a cerchi concentrici, in cui si avevano, e si hanno, partecipanti fissi e occasionali, in grado tutti di dare e ricevere contributi alla riflessione ed all'azione comuni). Lì si faceva scuola - la scuola popolare, il doposcuola -, lì si tenevano le riunioni del Comitato Genitori, del Comitato di quartiere, del Movimento cittadino per la scuola, del Coordinamento dei Comitati di quartiere, del Comitato per la Pace - quando, negli anni 80, si svilupparono in tutto il Paese iniziative contro l'installazione dei missili a Comiso e si tenne in proposito anche un  referendum autogestito -. Ed Enzo, con la sua presenza discreta, era punto di riferimento, portando un contributo significativo, senza essere invasivo, per questo fervore di attività e di interventi.

Quando, agli inizi del 2000, si sviluppò la straordinaria esperienza dei Social Forum e proprio a Firenze si ebbe il 1° Forum Sociale Europeo (nel 2002, un anno dopo Genova), fu Enzo Mazzi a dare il benvenuto, in piazza Santa Croce, alle migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo. Ed era stata sua l'idea di fare un libretto (che poi la Regione finanziò), in italiano ed in inglese, da dare appunto a quelle migliaia di persone che la città si apprestava ad ospitare, un libretto in cui si presentassero, rispetto alle versioni ufficiali, un po' imbalsamate e da cartolina,  tracce concrete della storia di un'altra Firenze - la Firenze della solidarietà e dell'accoglienza, operatrice di pace - (dai Ciompi a Savonarola, che, seppure in modo contraddittorio, segnò un ampliamento della partecipazione popolare al governo di Palazzo Vecchio, all'abolizione della pena di morte allo sviluppo dell'associazionismo popolare all'antifascismo ed alla Resistenza alle lotte operaie del dopoguerra ai comitati di quartiere dell'alluvione ai movimenti sessantottini nella chiesa e nella società), un'altra storia che un clima di chiusura, alimentato dalle forze cittadine più retrive, rischiava di oscurare completamente.

Mentre nella Comunità, e con la Comunità, continuava il suo impegno nella realtà attuale e la sua ricerca sul rapporto tra sentimento religioso e lotta per la trasformazione della società, Enzo  ricostruiva pezzi di storia e di memoria (Savonarola, Giordano Bruno, Ernesto Balducci, ol cristianesimo ribelle, il valore dell'eresia), convinto che senza memoria sia più difficile affrontare il presente e progettare il futuro.

Una delle ultime riflessioni, quando era già malato, è stata dedicata alle manifestazioni del 13 febbraio, alle donne "che si riprendono le piazze e che si riprendono, per se  stesse e per tutti noi, il potere sulla sacralità della natura, dei corpi, della sessualità, dell'esistente." Se non ora quando?, appunto.

Enzo Mazzi si può definire, quindi, in sintesi ed in conclusione, un testimone ed un protagonista di alto profilo della storia del nostro tempo, un laico aperto al futuro che credeva profondamente nella costruzione, dal basso, attraverso un'ampia unità popolare, di un altro mondo possibile.

Moreno Biagioni.


 

 

 

 

 

 

 

 

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