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domenica 20 maggio 2012

2 GIUGNO, RIPUDIAMO LA GUERRA


Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 20 maggio 2012

Storie dell’altro mondo: la resistenza politico-culturale delle donne
dell’associazione “Il Giardino dei Ciliegi”
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con l’intervento di Sandra Cammelli del Giardino dei Ciliegi

Gesù, il fariseo e la prostituta (dal Vangelo di Luca, 7, 36-50)
"Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una prostituta di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato e fermatasi dietro si rannicchiò ai suoi piedi e cominciò a bagnarli di lacrime, li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
Nel vedere questo il fariseo che lo aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".
Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, dì pure".
"Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva 500 denari, l’altro 50. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?". Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".
E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.
Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.
Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco". Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".
Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?". Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!""

Una riflessione sul Vangelo di Luca[1]
Prima di fare alcune considerazioni su questo passo del Vangelo, volevamo ricordare qual’era il modo di concepire e di trattare le donne nella Bibbia, nel Talmud e in molti altri scritti.
Le donne erano considerate creature impure; solo fonte di guai. Nascere femmina era una sciagura. Avere un figlia femmina era una disgrazia.
Nel Siracide è scritto “dalla donna ha avuto inizio il peccato:  per causa sua tutti moriamo” e ancora “.. è meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna”.
Nel Levitico si legge “quando la donna partorirà una femmina sarà immonda ..”.
Nel Siracide si legge: “Una figlia per il padre è una preoccupazione che toglie il sonno: nella giovinezza perché non sfiorisca, quando è accasata perché non sia ripudiata. Finché è ragazza si teme che resti incinta, quando è accasata che cada in colpa o che sia sterile”.
Le famiglie temevano la nascita di una femmina e pregavano che Dio li preservasse da questa sciagura. I padri quando avevano già una figlia potevano non nutrire la neonata lasciandola morire di fame o abbandonarla fuori della città (morivano mangiate dagli animali o venivano allevate da mercanti che ne facevano prostitute) oppure potevano allevarla e poi venderla come schiava. Erano pratiche diffuse, consentite dalle leggi e dalla religione. Le bambine abbandonate se sopravvivevano non avevano altra possibilità che fare la prostituta. Le bambine anche quando allevate in famiglia erano comunque destinate ad essere serve, prima del padre e poi del marito. A loro non era riservata alcuna istruzione, nemmeno quella religiosa perché nel Deuteronomio è scritto “le parole del Signore le insegnerete ai vostri figli” (e non è scritto “e alle vostre figlie”).
Questa è la condizione femminile nel mondo ebraico al tempo di Gesù.
Nel Vangelo si scopre una visione diversa, ci sono passi che raccontano gesti e comportamenti di Gesù di attenzione, di inclusione, di gentilezza per le donne, gesti scandalosi e inconcepibili per quel tempo.
Ci sono diversi passi che mostrano questo stile – il brano di Gesù e l’adultera, quello della donna emorroissa ed altri. Quello che abbiamo letto è stato a lungo considerato il più sconvolgente di tutti, tanto che per moltissimo tempo non è stato inserito nelle liturgie, non era letto. Ecco allora qualche sottolineatura su questo brano del Vangelo:
·        un fariseo invita a pranzo Gesù; i farisei, gli uomini più pii osservanti della legge nel mondo più minuzioso, già avevano inquadrato Gesù, lo detestavano, lo avrebbero voluto morto. Quindi questo non è un invito di gentilezza, è un modo per tendergli un tranello, metterlo in difficoltà e poi denunciarlo alle autorità; Gesù comunque accetta l’invito. E’ un pranzo solenne, in cui ci si distende alla greco-romana, gli invitati si reggono su un gomito e con la mano libera prendono il cibo. Le donne non sono ammesse. 
·        “Ed ecco” che entra una donna, una prostituta, con in mano gli arnesi del suo mestiere.
·        E’ un fatto sconvolgente inimmaginabile per molte ragioni:
o   perché le donne non erano mai ammesse ai pranzi (stavano separate in cucina) perché erano impure per definizione e le prostitute erano le più impure.
o   questa donna entra in casa, prende l’iniziativa, si inginocchia, gli tocca, gli bacia, gli bagna i piedi, li asciuga con i capelli. Il farisei e gli uomini di quel tempo restano sconvolti, Gesù si lascia avvicinare (i rabbini dovevano stare lontani almeno 2 metri dalle prostitute) si lascia toccare e baciare da una donna impura come una prostituta, con i capelli sciolti (le donne portavano il velo dall’età di 12 anni).
o   è sconvolgente il fatto che Gesù non la rimprovera affatto, non la richiama alle regole della legge, lascia fare. 
o   e la cosa più sconvolgente di tutte è che non le dice affatto “non peccare più”; le dice “ti sono cancellati i tuoi peccati”, senza che lei abbia fatto alcuna richiesta di perdono, alcuna promessa di cambiamento di vita. Gesù non le chiede niente perché questa donna non ha alcuna possibilità di cambiamento: non ha famiglia, nessuno la vorrebbe sposare, non può sopravvivere che così.
·        secondo i farisei, gli uomini più religiosi, il Regno di Dio tardava ad arrivare per colpa degli impuri, i peccatori, le prostitute, i pubblicani. Nel Regno di Dio sarebbero entrati i pochi selezionati osservanti di tutte le leggi, per i loro meriti. Gesù descrive un Regno nel quale sono accolti gli esclusi, dove non conta il merito ma la capacità di amare e accogliere l’altro.
·        ultima considerazione: nel brano la prostituta è anonima, non si sa chi sia, non ha nome. Ma questo episodio era così scandaloso che il papa Gregorio Magno vissuto tra il 500 e il 600 ha promosso nel 591 un’operazione con la quale si è accostata questa prostituta a Maria Maddalena dandole una immagine di donna penitente. Questa identificazione è stata ufficialmente rigettata dalla Chiesa Cattolica nel 1961 ma l’immagine di “donna penitente” è rimasta nelle stratificazioni religiose e nelle molte immagini artistiche.
Perché parliamo del Giardino dei Ciliegi

Il filo conduttore del nostro gruppo quest’anno é stato “Storie dell’altro mondo” abbiamo, pertanto, pensato di condividere insieme l’esperienza delle donne del Giardino dei Ciliegi, quale forma di resistenza ed azione politico-culturale nella nostra città.

Resistenza ed azione politica e culturale non solo perché si tratta di un gruppo di donne che dal 1988 porta avanti le tematiche della differenza di genere, ma anche perché in un sistema neoliberista come quello in cui oggi viviamo – che tende sempre più ad emarginare ogni forma di diversità e ad omologare tutto in un unico pensiero – è significativo e forte il lavoro politico che le donne del Giardino dei Ciliegi oppongono a questo disegno.

L’associazione ha mantenuto i principi per i quali é nata. Si legge in un suo primo documento “Un luogo” e “Un progetto”: è, infatti, luogo aperto di relazione, luogo che appartiene a chi agisce il pensiero del suo progetto e lo condivide con il ‘fuori’, spazio per attività diverse, “per lo studio, per la lettura, per la documentazione”, per l’agire dei femminismi e il cogliere la ricchezza dei loro saperi, per costruire – nella consapevolezza delle differenze – un mondo ‘altro’ di donne e uomini insieme.

Le attività, oggi, del Giardino dei Ciliegi sono molteplici e vanno dai Laboratori di Scrittura, sia all’interno dell’associazione ma anche presso il carcere di Sollicciano, nella sezione femminile - in Comunità è stato di recente presentato il libro, curato da Monica Sarsini, “Alice nel paese delle domandine”, una raccolta di scritti delle detenute – ai Laboratori di Intercultura. L’intercultura attraverso la letteratura, con incontri di autrici di altri paesi che scrivono anche nella nostra lingua, ma anche l’intreccio con donne migranti che vivono le contraddizioni della società occidentale e raccontano le esperienze, amare, da loro vissute e le sofferenze patite nei paesi di origine.
Si promuove la conoscenza con la presentazione di libri e documenti sia di scrittrici dimenticate o non riconosciute dal “canone” letterario, ma anche con scrittrici famose, molte delle quali sono diventate amiche dell’associazione.

All’interno del Giardino dei Ciliegi esiste la Libera Università di donne e uomini IPAZIA: un gruppo di donne e uomini giovani e meno giovani riflettono sulle tematiche del vivere in una quotidianità urbana, dove spazi e tempi sono sempre più corrosi da uno spregiudicato consumo del territorio. Vengono costruiti insieme incontri e iniziative con il movimento dei precari.

E’ un luogo dove si fanno installazioni di mostre, performances, seminari intensivi sull’autobiografia e sulla maggior consapevolezza di sé. Ma anche incontri fra donne e uomini sulla violenza sessuale e sulla sessualità in genere.
Le donne del Giardino dei Ciliegi nel loro lavoro politico collaborano con la Società Italiana delle Letterate, la Libreria delle Donne, Libere Tutte, Artemisia.

Il progetto politico dell’associazione riconosce e promuove i valori propri di una democrazia compiuta, è aperto al confronto, anche conflittuale, con saperi ed esperienze complesse e variegate.


2 GIUGNO, RIPUDIAMO LA GUERRA

Dal 20 al 22 aprile scorso si è tenuto a Pietralba (Bolzano) il Convegno “La Pace: realismo di un'utopia. Ernesto Balducci e David Maria Turoldo vent'anni dopo 1992 – 2012”. Al termine del Convegno è stata inviata una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella quale si chiede che la Festa della Repubblica non sia celebrata con parate militari e sfoggio di armi. Proponiamo di leggere la lettera (già firmata tra gli altri da Pax Christi, Movimento nonviolento, dal Cipax, dalla Tavola per Pace, dalla Fondazione Balducci, Testimonianze, Mosaico di Pace) e di sottoscriverla ed inviarla anche noi come Comunità.


Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
Palazzo del Quirinale, 00187 Roma.

La pace è l'unico valore veramente rivoluzionario, diceva Turoldo, perché costringe a ripensare tutte le categorie del vecchio mondo che è stato costruito sulle macerie delle guerre.
E Balducci, rivolgendosi ai cristiani, ricordava che una chiesa veramente evangelica deve essere come un'obiezione di coscienza piantata da Dio nella carne viva del mondo.

Essere costruttori di pace oggi significa obiettare al sistema di guerra e alle spese militari che la guerra rendono possibile. 
Noi vogliamo essere cittadini obbedienti alla Costituzione italiana, scritta subito dopo il flagello del secondo conflitto mondiale, e proprio per questo tesa al ripudio della guerra stessa. Lo dice l'articolo 11. E' la stessa Costituzione che ci indica come la nostra Repubblica sia fondata sulla forza del lavoro. Lo dice l'articolo 1. In mezzo, tra l'articolo 1 e l'articolo 11, ci sono 10 articoli fondamentali della nostra carta costituzionale, su altrettanti valori fondanti: la giustizia, la libertà, la salute, l'educazione, ecc. Questo significa che i lavoratori devono costruire le condizioni per la dignità della vita di tutti coloro che vivono nel nostro paese, e che la guerra (e la sua preparazione) è l'unico vero disvalore da espellere per sempre dal contesto sociale e civile.

Per tutto questo noi non comprendiamo perché la Festa della Repubblica, che ricorre il 2 giugno, venga celebrata con le parate militari, la sfilata della armi, la mostra degli ordigni bellici. E' una contraddizione divenuta ormai insopportabile. Questo è il ripudio della Costituzione,non della guerra. E' il rovesciamento della verità.

Il 2 giugno ad avere il diritto di sfilare sono le forze del lavoro, i sindacati, le categorie delle arti e dei mestieri, gli studenti, gli educatori, gli immigrati, i bambini con le madri e i padri, le ragazze e i ragazzi del servizio civile. Queste sono le forze vive della Repubblica; i militari hanno già la loro festa, il 4 novembre, che ricorda “l'inutile strage” della prima guerra mondiale, come disse il papa Benedetto XV.

A lei, Presidente della Repubblica chiediamo di abolire la parata militare del 2 giugno, anche per rispettare la necessità di risparmio economico (ci costerà dieci milioni di euro): inviti i giovani disoccupati e i pensionati come rappresentanti del popolo italiano in sofferenza. E' un vero e proprio scandalo che mentre si impongono pesanti sacrifici a tutti, il Parlamento ed il Governo abbiano confermato l'enorme spesa di oltre 10 miliardi di euro per l'acquisto dei cacciabombardieri F35.

Ci impegniamo ad interpellare le autorità civili delle nostre città, sindaci, prefetti, consiglieri comunali, deputati, affinché sostengano questa nostra proposta, scrivendo anche lettere ai giornali e diffondendole nei luoghi di lavoro. Il 2 giugno con le nostre associazioni vogliamo celebrare l'Italia che “ripudia la guerra”: dove possibile organizzeremo delle sfilate dove i cittadini disarmati innalzeranno i cartelli con l'articolo 11 della Costituzione.

In ricordo di Benedetta Liberi, una delle fondatrici del Giardino dei Ciliegi e una cara amica della Comunità, leggiamo questa sua poesia


FEMMINILE
Con puntiglio tentiamo di ricomporre
il puzzle delle generazioni
con la luna e la terra il latte il sangue il vento
(ma la luna è di neon e ci inchioda
in pose da manichini
la terra avvelena i suoi frutti
il latte ci inacidisce nelle mammelle
il sangue ce lo levano sul tavolo di marmo
il vento vischioso atterra
il castello di carte della rivoluzione)
Non vogliamo che le figlie
abbiano pena di noi
come noi delle madri
non vogliamo che mangino frutti velenosi
e bevano latte inacidito
non vogliamo che la fucina della nostra ira
prepari altri coltelli spuntati
(con l’ago ci siamo cucite i sudari
di complice silenzio
con la scopa abbiamo spazzato via
gabbiani e stelle
e i sogni,ben ripiegati,sepolti
in cassetti odorosi di spigo)
Ed ora che ci strappiamo di dosso
 la pelle delle abitudini
e andiamo a riprenderci la luna e la terra
il latte il sangue il vento
il mondo che mettiamo al  mondo

ci spaventa il nostro coraggio
e oscilliamo smarrite in cima a una scala
di cui mancano gli ultimi pioli

E Dio mi fece donna

E Dio mi fece donna,
con lunghi capelli,
gli occhi, il naso e la bocca da donna
Con rotondità e peli e dolci cavità,
mi scavò dall'interno
e fece di me lo studio degli esseri umani.
Tessé delicatamente i miei nervi,
equilibrò con cura il numero dei miei ormoni,
Compose il mio sangue e me l'iniettò
perché irrigasse tutto il mio corpo.
Così nacquero le idee, i sogni e l'istinto.
Creò il tutto con grandi colpi di fiato
scolpendo con amore
le mille e una cosa
che mi fanno donna ogni giorno e
per le quali con orgoglio
mi alzo ogni mattina
e benedico il mio sesso.      
         

di Gioconda Belli



[1] queste considerazioni sono tratte dal Seminario “Tra fede e sacrilegio: le donne nel Vangelo”, tenuto dal biblista Alberto Maggi nel 2009.

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