Translate

venerdì 30 novembre 2012

Palestina 29-11-1967 - Palestina 29-11-2012




Comunità dell’Isolotto - Domenica 2 dicembre 2012-11-30
in via degli Aceri 1, alle ore 10,30

Riflessioni di Antonietta, Fiorella, Lucia, Paola, Piero, Urbano.


Palestina 29 novembre 1967   -    29 novembre 2012

Resteremo qui
sentinelle a guardia della nostra terra.

Se avremo sete,
spremeremo le pietre.
Se avremo fame,
mangeremo la terra,
ma non ce ne andremo.

Abbiamo un passato,
un presente,
un futuro.

Qui, siamo nella nostra terra
ed è qui che cresceranno le nostre radici
in profondità.


Lettura biblica

Esodo, cap.23
 “Quando il mio Angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l’Amorreo, l’Hittita, il Cananeo ecc. io li distruggerò, tu non ti prostrerai davanti ai loro dei e non li servirai”. … “Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai”.... “A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare tutto il paese”.
Levitico, cap. 26
 “Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno davanti a voi colpiti di spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila”
Numeri, cap.31
 “Il Signore disse a Mosé: Compi la vendetta degli Israeliti contro i Madianiti.”  “Marciarono dunque contro Madian come il Signore aveva ordinato, e uccisero tutti i maschi.” "Gli Israeliti fecero prigioniere le donne di Madian e i loro fanciulli e depredarono …ogni loro bene, appiccarono il fuoco a  tutte le loro città e presero tutto il loro bottino e la loro preda”
Vangelo di Marco, cap.7
Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate, i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame, quei farisei e scribi lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?".  
Ed egli rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. E aggiungeva: "Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Quindi soggiunse: "Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo.  Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo".
Fonte   


Premessa



Per capire in maniera corretta ciò che avviene oggi in Palestina, sia nella Striscia di Gaza che nella Cisgiordania occupata, dobbiamo non lasciarsi influenzare dalle notizie fuorvianti dei media e dalla loro propaganda strumentale. E’ invece necessario risalire indietro nel tempo e capire quali dinamiche hanno portato alla nascita dello stato di Israele e quali sono stati da sempre i suoi comportamenti nei confronti di un popolo “non prescelto da Dio”, e quindi da scacciare dalla” terra promessa”. Dobbiamo riflettere se tali comportamenti derivano davvero da una giusta esigenza di difendere la propria terra e la propria vita dagli attacchi del terrorismo o piuttosto non siano essi la causa principale della sua nascita. Anche se la vicenda israelo-palestinese è nata molto prima che Hamas nascesse nel 1988, sicuramente Hamas e i gruppi islamici più integralisti hanno avuto ed hanno nel contesto conflittuale una grossa responsabilità, per avere, almeno per un certo periodo, negato il diritto all’esistenza dello stato di Israele, ricorrendo spesso alla violenza. Ma prima dell’ultimo attacco di Israele su Gaza, l’Operazione “Colonna di Nuvole”, erano ormai diversi anni che non avvenivano azioni suicide o attacchi terroristici perchè il popolo palestinese ha scelto di percorrere la strada della resistenza non violenta. Tutto ciò è oggi rimesso in discussione dalle scelte guerrafondaie del governo israeliano, che in vista delle prossime elezioni tenta di ricompattare il paese intorno al sogno dello stato ebraico, della “terra promessa”. Ma qui Dio non c’entra, come sostengono soprattutto gli ebrei ultraortodossi, ma non solo loro. Può essere frutto del disegno divino la continua confisca di terre e di case, lo sradicamento degli ulivi, la limitazione alla libertà di movimento, le deportazioni continue e gli arresti indiscriminati? Può essere frutto del disegno divino la costruzione di un allucinante muro di separazione e di apartheid? Possono essere volute da Dio le uccisioni, le torture, le umiliazioni, i soprusi, gli attacchi ai bambini che ancora oggi quotidianamente avvengono? Può essere voluta da Dio l’appropriazione dell’acqua della Valle del Giordano da parte di 5000 coloni, privando così 55.000 palestinesi del diritto di usarla? Può essere davvero l’Onnipotente che favorisce il continuo espandersi delle colonie in tutta la Cisgiordania e la violenza dei coloni anche contro i bambini palestinesi? No,  nemmeno il Dio degli ebrei  può volere che a un popolo sia precluso il diritto alla dignità e alla sua stessa esistenza, Dio non può volere la realizzazione di un progetto criminale, che fa del sopruso, della violenza e dell’assassinio un mezzo per ottenere quella pulizia etnica, che mira alla creazione di uno Stato completamente e unicamente ebraico, uno stato teocratico. Ed è veramente grave e umanamente inconcepibile che di fronte a tutto ciò la comunità internazionale, oberata da sensi di colpa, oggetto di ricatti politici, interessata da convenienze economiche, non intervenga contro i governi responsabili, ma invece ne divenga complice,  giustificandone le azioni e i comportamenti, in nome del loro diritto alla difesa.  

Ma il vento della storia, come sempre è avvenuto, prima o poi dovrà girare e ristabilire verità e giustizia. Cerchiamo dal basso di aiutarlo a soffiare nella giusta direzione. Lo stesso popolo israeliano trarrà grande vantaggio in termini di sicurezza e tranquillità dal raggiungimento della pace nella giustizia.



Un po’ di storia

  • Il Sionismo



L’idea di una colonizzazione ebraica della Palestina si sviluppò in Europa a metà del diciannovesimo secolo. Nacque così il Sionismo come movimento politico che rifletteva il clima nazionalista dell’epoca, con teorie sulla non assimilazione delle razze, l’inferiorità del popolo arabo e l’espansione coloniale. 



1897: gli aderenti al movimento si riunirono a Basilea e approvarono il programma fondamentale del movimento, la cui componente centrale era la colonizzazione della Palestina, con l’obiettivo di creare uno stato ebraico. La giustificazione era “ il diritto ebraico alla proprietà della Palestina”. “Il popolo palestinese era destinato a diventare straniero nella propria terra” (Nathan Weistock). Il Regno Unito fu il principale alleato politico del sionismo. 

1917: il ministro degli esteri A. Balfour così introdusse la Dichiarazione Balfour: “Con piacere comunichiamo la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che sono state presentate e approvate dal governo. Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico (National Home for Jewish People), e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che possa  pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina.” La dichiarazione non teneva conto evidentemente che all’epoca la popolazione era per oltre il 90% arabo-palestinese e questo suscitò grande sconcerto fra i Palestinesi e nel mondo arabo.



14 maggio 1948: nascita dello Stato di Israele.



1949-1953: Israele dette consistenza legale al Sionismo, promulgando la “Legge del ritorno”, che dà diritto ad ogni ebreo, di qualsiasi origine e provenienza, di stabilirsi nello Stato di Israele e acquisirne la cittadinanza.

1975: l’Assemblea delle Nazioni Unite condannò l’ideologia sionista come “forma di razzismo e di discriminazione razziale” (Risoluzione 3379).

1991: a conclusione della conferenza di Madrid, il Primo Ministro israeliano Shamir riuscì ad ottenere l’annullamento della 3379. Il Sionismo ne uscì vittorioso e nel decennio successivo un milione di ebrei russi emigrò in Israele.
2001: le organizzazioni per i diritti umani presenti alla conferenza mondiale di Durban contro il razzismo e la discriminazione razziale, condannarono Israele per “discriminazione razziale contro i suoi stessi cittadini” ( i palestinesi cittadini israeliani) e contro i palestinesi dei territori occupati dal 1967.

Oggi nel 2012 la situazione palestinese e gli avvenimenti di Gaza e dei territori occupati della Cisgiordania sono lì a dimostrare che l’ideologia sionista è ancora viva e presente nel governo israeliano, nei comportamenti dei coloni e degli ultraortodossi ed anche nella grande maggioranza della popolazione ebrea di Israele.


  • La Nakba (catastrofe) – 1948, i massacri dei civili palestinesi.

Dopo una serie di piani di spartizione e persino proposte di trasferimento della popolazione araba, avanzate nel 1944 dal partito laburista britannico e dal presidente americano Roosevelt, nel novembre del 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò un piano di spartizione, la risoluzione 181. Questo piano assegnava allo stato ebraico il 56% del territorio palestinese  e a quello arabo il 42,9, sebbene gli ebrei detenessero la proprietà privata o collettiva di appena il 6,5% delle terre della Palestina. Le organizzazioni sioniste ne uscirono vittoriose. Il secondo passo della loro strategia, con una politica fatta di terrore e conquiste militari, avrebbe portato alla creazione dello Stato di Israele. Infatti nel dicembre 1947 il movimento sionista lanciò la sua offensiva nota come “Piano C”, che vide l’intensificarsi degli attacchi ai civili palestinesi, ma anche alle truppe britanniche. Ecco il susseguirsi delle uccisioni.
 Il 4 gennaio 1948 in un attentato al vecchio palazzo del governo di Jaffa furono uccisi 26 palestinesi. Il 5 gennaio 1948, in un assalto all’hotel Semiramis a Gerusalemme furono uccise 20 persone, quasi tutte palestinesi. Nell’aprile del 1948, poco prima della fine del mandato britannico e l’effettiva partenza delle truppe inglesi, fu lanciata un’offensiva su larga scala in tutta la Palestina (Piano D). Questa guerra di indipendenza sionista (4 aprile – 15 maggio 1948) fu accompagnata da una sistematica pulizia etnica delle città e dei villaggi palestinesi. Nella guerra erano impegnati 50.000 soldati ebrei della Haganah contro 2.500 combattenti palestinesi, appoggiati da 4.000 volontari arabi. I massacri di civili si intensificarono. Il 9 aprile 1948 a Deir Yassin, vicino a Gerusalemme, furono massacrati tra i 100 e 254 palestinesi (le stime sono discordanti) e i sopravvissuti deportati al di là della linea di demarcazione. All’epoca della dichiarazione della fondazione dello stato di Israele (14 maggio 1948) i rifugiati palestinesi erano circa 350.000, ai quali se ne aggiunsero nei mesi successivi altri 500.000. Gli stati della coalizione araba si astennero da qualsiasi coinvolgimento militare fino al giorno successivo alla dichiarazione dello stato di Israele. Solo allora intervennero e soltanto nelle regioni non ancora sotto il controllo sionista: fu l’inizio della prima guerra arabo-israeliana (15 maggio 1948 - gennaio 1949). Tuttavia il conflitto rimase fondamentalmente impari sia in termini di uomini (meno di 14.000 dalla parte araba) che di equipaggiamenti e strategia. Col proposito di spianare la strada al progetto sionista, la banda Stern guidata da Shamir (leader del partito del Likud negli anni ’80 e più volte primo ministro tra il 1983 e il 1992), con l’obiettivo di superare ogni ostacolo sul cammino del progetto sionista, rivendicò l’assassinio del mediatore delle Nazioni Unite in Palestina, il conte Folke Bernadotte, ucciso il 17 settembre 1948 per aver espresso forti obiezioni alla politica di etnocidio sionista. All’epoca degli accordi per l’armistizio con l’Egitto nel febbraio 1949, Israele controllava già il 78% della Palestina storica, molto più di quanto il piano di spartizione ONU del ’47 avesse mai previsto; la restante Parte fu annessa da re Abdullah alla Transgiordania e nota come la Cisgiordania (la West Bank per gli inglesi), mentre la striscia di terra a sud di Gaza fu posta sotto il controllo militare egiziano.


  • La resistenza palestinese: la nascita di Fatah e dell’OLP

Nel corso degli anni ’50 le espulsioni e i massacri continuarono. 
Ottobre 1953: 53 palestinesi uccisi nei bombardamenti del villaggio di Qibya (distretto di Qalqilya). 
Ottobre 1956:  49 palestinesi massacrati nel villaggio di Kufr Qassem (Tel Aviv)
3 novembre 1956:  più di 273 civili palestinesi massacrati nel campo profughi di Khan Younis.
12 novembre 1956100 civili palestinesi massacrati nel campo profughi di Rafah.
A partire dal 1949 piccole frange della resistenza condussero operazioni militari contro Israele, il cui esercito intensificò gli attacchi ai villaggi di confine e a Gaza. Nel 1959 un gruppo di combattenti progettò di riunire tutti i militanti in un’unica organizzazione, portatrice della lotta per la libertà. Speravano di incoraggiare una lotta armata sul modello delle guerre di liberazione algerina e vietnamita e di spingere gli stati arabi all’azione. Nacque così il movimento clandestino di Fatah, che condusse la sua prima operazione militare  il 1 gennaio 1965.

Nel giugno 1967 Israele sferrò un attacco a sorpresa contro Egitto, Giordania e Siria e occupò la Cisgiordania, Gaza, il Sinai e le alture del Golan, dando inizio a un nuovo conflitto. Più di 300.000 palestinesi furono esiliati e una brutale repressine si abbattè su Gaza e la Cisgiordania. L’ONU allora (20 anni dopo il piano di spartizione!) approvò la risoluzione 242, documento vago che non fissava né da dove Israele si dovesse ritirare  né i tempi  del ritiro. Dopo la sconfitta degli eserciti arabi i gruppi di resistenza palestinese diedero avvio alla guerra di liberazione, rifiutando in massa la risoluzione 242 che, Fatah affermava, “ignora i diritti nazionali del popolo palestinese. Non accenna all’esistenza di questo popolo”. Subito dopo l’occupazione del 1967, i gruppi di resistenza condivisero la linea adottata dall’OLP (creata nel 1964 su iniziativa di Nasser) e nel 1969 elessero Abu Ammar (Yasser Arafat) presidente. Movimenti di resistenza si svilupparono in Giordania, Siria, Libano. La comunità internazionale nel frattempo ignorava le sorti del popolo palestinese. Così le organizzazioni palestinesi portarono la loro lotta sulla scena internazionale con tre obiettivi: ricordare al mondo l’esistenza del popolo palestinese attraverso azioni spettacolari (dirottamento di aerei e cattura di ostaggi), radunare forze progressiste e minacciare gli interessi di Israele. Così si diffuse l’assioma  palestinesi = terroristi.
La repressione di questi movimenti giunse all’apice in Giordania nel 1970. Re Hussein di Giordania utilizzò nel settembre 1970 il piano di “pace” americano Rogers, che imponeva il cessate il fuoco, per uccidere migliaia di palestinesi; poi nel 1971 attaccò le ultime roccaforti della guerriglia palestinese sulle montagne d Ajloun. Gli Stati Uniti, insieme all’esercito israeliano, minacciarono rappresaglie qualora uno dei governi arabi progressisti avesse osato intervenire in favore dei palestinesi. 
Così, sconfitto, il movimento di resistenza si trasferì in Libano, ultimo fronte rimasto al di fuori della Palestina.


  • La guerra civile libanese e l’invasione israeliana, l’Intifada, la repressione

Nel 1975 scoppiò la guerra civile libanese, provocata in larga pare da Israele e Stati Uniti. Nel 1976 i campi profughi palestinesi nei dintorni di Beirut furono assediati e sistematicamente bombardati e molti furono interamente distrutti. Nel 1978 il presidente egiziano Sadat firmava con Israele e Stati Uniti gli accordi di Camp David, che autorizzavano Israele a concentrare tutte le sue forze militari al confine settentrionale. Così nel giugno 1982 Israele invadeva il Libano, con l‘obiettivo di liberare Beirut dall’Olp e dal movimento nazionale libanese e di piazzare un alleato  capo dello stato. L’assedio che seguì fu tremendo: bombe a frammentazione vennero sganciate su campi e città; nei campi profughi di Rashidiya e Ein al-Hilweh circa il 70% delle case venne interamente distrutto. Secondo le stime la guerra costò la vita a 10.000 – 30.000 libanesi e palestinesi. Alla fine di agosto le forze delle Nazioni Unite si ritirarono dalla capitale libanese, lasciando campo libero a una nuova ondata di aggressioni da parte israeliana. Il  15 settembre l’esercito israeliano entrava a Beirut ovest per “ristabilire la pace”. Tra il 16 e il 18 settembre l’orrore giunse al culmine nei campi di Sabra e Shatila, dove oltre 3.000 rifugiati palestinesi disarmati furono massacrati dalle milizie libanesi sotto la direzione e supervisione dell’esercito israeliano, che controllava tutte le uscite. I campi del Libano meridionale rimasero sotto il controllo delle milizie israeliane e libanesi fino al 1985. Diversi campi profughi furono distrutti.
L’Intifada - Di fronte all’occupazione e alle sue implicazioni (repressione, deportazioni, confisca delle terre, insediamenti, umiliazioni, ecc. ), i palestinesi dei territori occupati ricominciarono la lotta. Il 9 dicembre 1987 scoppiò l’Intifada (rivolta), alla quale aderì l’intera comunità palestinese rispondendo agli ordini del Comando Unificato dell’Intifada o agli appelli del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas, fondato il 14 dicembre 1988). La lotta contro l’occupazione israeliana prevedeva una politica di scontro diretto con soldati e coloni israeliani, azioni di disobbedienza civile e una riorganizzazione della società attraverso comitati popolari di solidarietà e di mutua assistenza, responsabili principalmente dell’approvvigionamento di derrate alimentari, istruzione e sanità.
La repressione – Davanti a quella che il governo israeliano etichettò come “sovversione”, Rabin, in qualità di ministro della difesa e futuro primo ministro del governo di coalizione, Shamir e Sharon del Likud e Shimon Peres del Partito Laburista risposero con una politica detta  di “forza, potere e percosse” ovvero la politica delle “ossa rotte”. Venne dichiarato lo stato di assedio, dando campo libero alle forze occupanti a Gaza e nella Cisgiordania di imporre la legge militare con la forza; il coprifuoco venne inasprito. Decine di migliaia di palestinesi furono picchiati, arrestati e torturati, tra questi anche donne e bambini; le case dei militanti demolite come forma di rappresaglia. Circa 1.400 civili palestinesi furono uccisi e decine di migliaia torturati, molti mutilati a vita. La repressione investì tutti gli aspetti della vita quotidiana, portando alla chiusura di scuole e università, cliniche e ospedali. All’inizio degli anni ’90 la repressione israeliana nei territori occupati veniva raddoppiata; su città, campagne e villaggi fu imposto il coprifuoco più lungo dall’inizio dell’Intifada. 

Fra il 2.000 e il 2.006, durante la seconda Intifada, quella di al-Aqsa,  i palestinesi uccisi dalla hrepressione di Barak furono 4521 e 30.714 i feriti, mentre migliaia di abitazioni furono demolite,  più di 300.000 ettari di terre furono espropriate e più di 1 milione di ulivi sradicati. 
Nel dicembre 2008 l’attacco  dell’esercito israeliano alla Striscia di Gaza con l’operazione “Piombo Fuso”, ha causato oltre 1.400 morti e 5.000 feriti, nonché distruzioni di case, scuole, ospedali, infrastrutture,  rendendo sempre più drammatica la crisi umanitaria.

L’ultimo attacco a Gaza, che ha causato 171 morti palestinesi (71 civili, 34 bambini) contro 6 morti e 17 feriti da parte israeliana, ma soprattutto la contemporanea proliferazione delle colonie in Cisgiordania, è l’effetto più recente della logica politica dell’escalation sionista, per la completa ebraizzazione della Palestina,  “l’Operazione Stella di Davide”.




Il verde è Palestina, il bianco è Israele

Cartina ONU del febbraio 1911

APPELLO DEGLI ENTI LOCALI DI FIRENZE, COMUNI E PROVINCIA, PER CHIEDERE AL GOVERNO ITALIANO DI SOSTENERE IL
RICONOSCIMENTO DELLA PALESTINA ALL'ONU

Il prossimo 29 novembre ricorre la Giornata Internazionale per la Solidarietà con il Popolo Palestinese, istituita con una Risoluzione ONU nel 1977. In questa data simbolica, il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen presenterà ufficialmente all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite la richiesta del riconoscimento della Palestina come Stato non membro osservatore, che verrà votata il giorno stesso in seduta plenaria.
In qualità di rappresentanti istituzionali del territorio fiorentino, rivolgiamo un appello al Governo Italiano affinché la posizione dell'Italia sia di completo sostegno a questa legittima richiesta, e che questo supporto si traduca in un voto favorevole alla candidatura palestinese ed in un'azione diplomatica positiva nei confronti degli altri Paesi presenti all'Assemblea ONU.
Riteniamo che tale riconoscimento da parte delle Nazioni Unite sia non solo un legittimo diritto del popolo palestinese, fin troppo rimandato, ma che rappresenti anche l'unico fattore di deterrenza per evitare che la crisi mediorientale si aggravi ulteriormente. È necessario che l'opzione della diplomazia e l'accantonamento della violenza, che segnano la linea politica dell'OLP, raggiungano un risultato tangibile il prima possibile. La gravità della situazione, testimoniata dagli ultimi eventi, impone alla comunità internazionale di agire con saggezza e giustizia, e dunque di sostenere ad ogni livello diplomatico la candidatura della Palestina all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Consideriamo fondamentale la ripresa del processo negoziale, interrotto un anno fa a causa della prosecuzione delle politiche di espansione degli insediamenti illegali da parte del Governo Netanyahu. L'espansione delle colonie è il motivo per cui i negoziati si sono interrotti, e chiediamo al Governo italiano e alla nostra diplomazia di sfruttare i buoni rapporti con entrambe le parti in causa affinché Israele ponga fine alla pianificazione e costruzione di nuovi insediamenti nei territori occupati, in modo che le due delegazioni possano tornare al tavolo delle trattative.
L'ammissione dell'ANP come Stato non membro osservatore all'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite rappresenta il riconoscimento dell'opzione della non violenza e della diplomazia come strumento di risoluzione della questione israelo-palestinese. Questo riconoscimento è non solo giusto, ma anche urgente.
Come amministratori locali, abbiamo a cuore che i valori della pace, della non violenza, e soprattutto il rispetto dei diritti umani, siano la base su cui costruire e rinsaldare le comunità in cui viviamo. Nella nostra azione quotidiana cerchiamo di tutelare la cultura del dialogo e del confronto non violento come bene prezioso. Per questa ragione non possiamo che guardare con apprensione e dolore a quanto sta avvenendo in Palestina.
Noi chiediamo formalmente al nostro Governo, al Primo Ministro Monti e al Ministro degli Esteri Terzi, di sostenere le legittime aspirazioni statuali dell'Autorità Palestinese. Due anni fa, in occasione della prima Giornata Internazionale per la solidarietà con il popolo palestinese, i 44 Sindaci del territorio fiorentino e il Presidente della Provincia di Firenze hanno sottoscritto un appello pubblico che si concludeva con questo richiamo: “Due popoli, due Stati, pari dignità e diritti per tutti: questa è l'unica soluzione per il conflitto tra Israele e Palestina, l'unica garanzia per la sicurezza reciproca e la convivenza pacifica tra i due popoli.
Ancora oggi, questa è l'unica soluzione possibile, giusta ed equa, per la ricomposizione della questione israelo-palestinese, per l'affermazione del diritto internazionale e dei diritti umani. È per questo che il nostro appello riprende quelle parole e le rilancia con forza: DUE POPOLI, DUE STATI.
 Il Presidente della Provincia di Firenze; i Sindaci dei Comuni di: Bagno a Ripoli; Barberino di Mugello; Barberino Val d'Elsa; Borgo San Lorenzo; Calenzano; Campi Bisenzio; Capraia e Limite; Castelfiorentino; Cerreto Guidi; Certaldo; Dicomano; Empoli; Fiesole; Figline Valdarno; Firenzuola; Fucecchio; Gambassi Terme; Greve in Chianti; Impruneta; Incisa Valdarno; Lastra a Signa; Londa; Marradi; Montaione; Montelupo Fiorentino; Montespertoli; Palazzuolo sul Senio; Pelago; Pontassieve; Reggello; Rignano; Rufina; San Casciano Val di Pesa; San Godenzo; San Piero a Sieve; Scandicci; Scarperia; Sesto Fiorentino;  Signa; Tavarnelle Val di Pesa; Vaglia; Vicchio; Vinci. Con l'adesione e il patrocinio di UPI Toscana e Anci Toscana.

(nota: firmatari 43 Comuni su 44; Comune mancante:Firenze)

Messaggio del Segretario Generale in occasione della Giornata Mondiale delle Nazioni Unite, 24 ottobre 2012


Oggi viviamo un momento di profondo disordine, di transizione e trasformazione. La continua diffusione di insicurezza, ineguaglianza e intolleranza mette duramente alla prova i governi internazionali e le istituzioni nazionali. Di fronte a tali sfide, le Nazioni Unite devono restare al passo con le attività in materia di pace, sviluppo, diritti umani, stato di diritto, emancipazione delle donne e dei giovani.
 Ci sono stati progressi importanti su molti fronti. La povertà estrema è stata dimezzata dal 2000. In molti Paesi si stanno svolgendo processi di transizione democratica, e incoraggianti segnali di crescita economica si registrano in tutte le aree del mondo in via di sviluppo.
 Ora è tempo di diventare tutti ancora più ambiziosi. Con l’approssimarsi del 2015, dobbiamo intensificare i nostri sforzi per raggiungere i vitali Obiettivi di sviluppo del millennio. Occorre poi sviluppare un’agenda per lo sviluppo post-2015 che sia audace ma anche pratica. Inoltre, dobbiamo continuare a combattere l’intolleranza, a salvare le persone vittime dei conflitti e a stabilire unapace duratura.
 Le Nazioni Unite non sono solo un luogo d’incontro per i diplomatici. Esse vivono nell’operatore di pace che disarma combattenti, nel personale sanitario che distribuisce medicine, nelle squadre di soccorso che aiutano i rifugiati, negli esperti in diritti umani che aiutano la giustizia a compiere il proprio cammino.
 Nel condurre questa missione globale facciamo affidamento su innumerevoli amici e sostenitori. Organizzazioni non governative, scienziati, accademici, filantropi, leader religiosi, dirigenti d’impresa e cittadini motivati sono fondamentali per il nostro successo. Nessun leader, paese o istituzione può fare tutto da sé; ciascuno di noi, invece, può a suo modo fare qualcosa.
 In occasione di questa Giornata delle Nazioni Unite, affermiamo ancora una volta il nostro impegno, individuale e collettivo, per la realizzazione degli ideali della Carta delle Nazioni Unite e la costruzione di un mondo migliore per tutti.

Nota - Verranno proiettati brevi video di resistenza non violenta, di obiettori di coscienza israeliani, di marines nordamericani...
Alcuni esempi:

Manifestazione a Firenze del 20 novembre 2012 (Adesione della Comunità dell'Isolotto):  video








La valle del Giordano infestata dai coloni: video



Bambini aggrediti dai coloni: video


Il contadino del caravanserraglio: video


obiettori israeliani: video


marines nordamericani gettano via le medaglie della NATO: video


Amici dei palestinesi:

http://www.amiciziaitalo-palestinese.org/
Associazione di amicizia italo-palestinese onlus

http://assopace.altervista.org/
In questa sezione verranno inseriti tutti i documenti relativi alla questione Israelo Palestinese. L'Intento è di dare un panorama completo della situazione storica e contemporanea. Sono in corso l'inserimento e la correzione dei documenti, se desideri aiutarci scrivici a: medioriente@assopace.org

Appendice
Il voto del 29 novembre 2012 all'ONU
(In verde favorevoli 138, in nero astenuti 41, in rosso contrari n.9, assenti 5)

Europa: 1 solo voto contrario





L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato il 29 novembre 2012 per il riconoscimento della Palestina come “stato osservatore non membro”, status che le consentirà di partecipare ai dibattiti delle Nazioni Unite e di far parte in futuro della Corte Penale Internazionale. I voti favorevoli sono stati 138, quelli contrari 9, quelli astenuti 41.
Hanno votato a favore:
Afghanistan, Algeria, Angola, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Argentina, Armenia, Austria, Azerbaijan, Bahrain, Bangladesh, Bielorussia, Belgio, Belize, Benin, Bhutan, Birmania, Bolivia, Botswana, Brasile, Brunei, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Capo Verde, Repubblica Centrale Africana, Chad, Cile, Cina, Unione delle Comore, Congo, CostaRica, Costa d’Avorio, Cuba, Cipro, Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord), Danimarca, Dominica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Egitto, El Salvador, Emirati Arabi Uniti, Eritrea, Etiopia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Ghana, Giamaica, Giappone, Gibuti, Giordania, Grecia, Grenada, Guinea, Guinea Bissau, Guyana, Honduras, India, Indonesia, Iran, Iraq, Irlanda, Islanda, Italia, Kazakistan, Kenya, Kuwait, Kirghizistan, Laos, Lesotho, Libano, Libia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malesia, Maldive, Mali, Malta, Marocco, Mauritania, Mauritius, Messico, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Oman, Pakistan, Perù, Portogallo, Qatar, Russia, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, São Tomé e Principe, Isole Salomone, Senegal, Serbia, Seychelles, Sierra Leone, Siria, Somalia, Spagna, Sri Lanka, Sudafrica, Sudan, Sud Sudan, Suriname, Svezia, Svizzera, Swaziland, Tagikistan, Tailandia, Tanzania, Timor Est, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Uganda, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Yemen, Zambia, Zimbabwe.
Hanno votato contro:
Israele, Stati Uniti, Panama, Palau, Canada, Isole Marshall, Narau, Repubblica Ceca e Micronesia.
Si sono astenuti:
Albania, Andorra, Australia, Bahamas, Barbados, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Colombia, Repubblica di Corea (Corea del Sud), Croazia, Repubblica Democratica del Congo, Estonia, Fiji, Germania, Guatemala, Haiti, Lettonia, Lituania, Repubblica di Macedonia, Malawi, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Paesi Bassi, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Polonia, Regno Unito, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Togo, Tonga, Ungheria, Vanuatu.
Erano assenti alla votazione:
Guinea Equatoriale, Kiribati, Liberia, Madagascar, Ucraina
In Europa, l’unico paese a votare no è stato la Repubblica Ceca. Il Washington Post ha una cartina che mostra il solo voto in Europa, quella sotto invece tutti i paesi del mondo.

Il voto degli Stati chiave (da FB di Michael Moore):

Voted for: France, Spain, Belgium, Norway, Switzerland, Austria, Denmark, Turkey, China, Russia, India, Brazil, South Africa, Nigeria

Voted against: Israel, US, Canada

Abstained: UK, Germany, Australia, Colombia



Nessun commento:

Posta un commento