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mercoledì 13 febbraio 2013

Nascita (e fine) del prete tridentino


Come nasce la casta sacerdotale
(dedicato alle dimissioni di papa Ratzinger, come segno dell'inizio della fine del Concilio di Trento e come segno di ripresa del Concilio Vaticano secondo che lentamente rinasce dalle sue ceneri)

Roberto Bartoli - Riforma cattolica e reazione antiprotestante

pp.64-65
... Il basso clero fu, infatti, strappato a forza dal suo ambiente naturale, a quel mondo dei rustici di cui era figlio ed al quale partecipava in modo totale, condividendone le tristi condizioni di vita materiale e gli originari ed autonomi valori culturali. Seguendo le linee di una politica religiosa e culturale elaborata, organizzata e diretta soprattutto dai gesuiti, i futuri curati di campagna vennero isolati dalle loro comunità per andare a ricevere la loro formazione intellettuale, teologica, religiosa e culturale in quella sorta di collegi per preti che furono i seminari. Nel seminario il futuro prete ebbe una cultura superiore di tipo letterario classico, conformemente al programma di studio modellato sulla "ratio studiorum" dei gesuiti, unitamente alla cura per la sua preparazione teologica. Uno dei segni di questa superiorità culturale dello stato ecclesiastico, fu il latino. Con la conoscenza del latino il prete entrava nella classe intellettuale, si appropriava di un linguaggio difficile ed incomprensibile per il popolo. Finiva, perciò, per essere investito di un'aureola di magica superiorità con l' accesso a questo esoterismo linguistico, che incantava e  suggestionava i semplici proprio attraverso il mistero di quelle parole incomprensibili. Orbene, questa formazione culturale superiore, accompagnata al riassetto della proprietà ecclesiastica nelle campagne che consentisse al curato una certa agiatezza economica, ebbe lo scopo di inquadrare il basso clero in modo organico nell'«ordo clericorum», in modo da farlo sentire partecipe di un corpo clericale nettamente separato dal mondo dei semplici rustici, nel quale doveva svolgere la sua missione sacerdotale. Come si è già messo in risalto, anche l'atteggiamento esterno del curato, il suo modo di comportarsi, di parlare, di gesticolare, il suo abito dovevano essere segni visibili di appartenenza ad un corpo privilegiato e superiore, con funzione di comando, e quindi tale da incutere rispetto già di per se stesso. In altre parole, tutto doveva indicare la rottura e la separazione più complete dai corrispondenti modi di vita del mondo contadino.
Le prescrizioni conciliari erano in proposito tassative. Il già ricordato Canone I della XXII sessione del 17 settembre 156266, stabiliva norme precise per il comportamento esterno dei chierici. Abbiamo visto in precedenza che non fu il solo. Infatti il già citato canone IV della XIV sessione del 25 novembre 1551, li richiamava a portare l'abito conforme al proprio stato. Anche i seminaristi dovevano prendere subito la tonsura ed indossare la veste clericale, come disponeva la sessione XXIII del 15 luglio 1563 al canone XVIII. Nella sessione XXI del 15 giugno 1562, il canone primo vietava a coloro che entravano al servizio di Dio, di mendicare o di esercitare un mestiere ignobile come mezzo di guadagno. Da queste prescrizioni, come da molte altre -ad esempio i canoni IV e V della XXIII sessione del 15 luglio 1563 facevano divieto di ammettere alla prima tonsura "quelli che non sappiano leggere e scrivere" e si dispone (canone V) "che i chierici ammogliati debbano prestare servizio nella chiesa in cui sono destinati e portino I' abito clericale e la tonsura" -emerge con estrema chiarezza quella che doveva essere la condizione del prete, così come viene confermata da altri documenti e testimonianze 67. A questo riguardo i canoni tridentini costituiscono una fonte preziosa per la conoscenza della situazione religiosa del popolo e del clero prima di Trento. In sostanza, per riepilogare gli aspetti più rilevanti messi in risalto anche nelle pagine precedenti, quello del clero e quello dei laici incolti erano due stili di condotta e di contegno esterni che rivelavano, già nell'immediatezza delle apparenze, due condizioni sociali e, sul piano ecclesiale, fissavano in maniera definitiva e completa la scissione fra Chiesa sacerdotale e gerarchica e quella discente degli umili fedeli. Agli occhi del povero contadino, il curato doveva perciò rappresentare la superiorità della gerarchia e, pertanto, incutergli un senso di deferente e filiale devozione, in modo da instillare nel suo animo quel complesso di inferiorità e di nullità personale che lo rendesse pronto ad accogliere con obbedienza filiale l'indottrinamento e la disciplina pratica trasmessigli autoritativamente dal prete.
66. Documenti cit. pag. 651
67. Documenti cit. pag. 617, 673, 636/7, 666/7
68. Si veda il paragrafo in questo capitolo "Gli strumenti per il controllo della fede popolare nel
programma tridentino: il ruolo del clero e la nuova figura del prete"

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